Buchi neri e Universo/2. Le unità di Planck: differenze tra le versioni

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Per comprendere le proprietà di oggetti come i buchi neri dobbiamo riferirci a grandezze estreme, assai lontane non solo dalla nostra esperienza comune, ma anche da quelle ottenibili nei più potenti acceleratori di particelle. Nel 1899 Max Planck propose un insieme di unità di misura “naturali” basato su tre costanti fisiche: la velocità della luce nel vuoto c, la costante di gravitazione universale G e la costante dell’elettromagnetismo h da lui scoperta. In suo onore esse sono state chiamate unità di Planck o di Planck-Wheeler, dal nome del fisico americano John A. Wheeler che negli anni ’50 intuì il loro profondo significato per la comprensione delle leggi fisiche.
 
Come si possono calcolare queste unità fondamentali? Il metodo comunemente insegnato agli studenti, che consiste nel combinare opportunamente ''h'', ''c'' e ''G'' per ottenere delle grandezze aventi rispettivamente la dimensione di un tempo, una lunghezza, una massa ecc., rischia di farle apparire come un costrutto artificiale, privo di vero significato fisico; sembra dunque più opportuno ricavarle mediante un esperimento concettuale (''Gedanken experiment''). Nel modello atomico di Bohr l’elettrone è rappresentato da un’onda stazionaria circolare la cui energia <math>Mc^{2}</math> è uguale a <math>n{hc}nhc/{2\pi R}</math>, dove ''n'' è il numero di lunghezze d’onda contenute nell’orbita elettronica e ''R'' il raggio di essa; ponendo <math>''n'' = 1</math> e <math>R={2GM}/{c^{2}}</math> si ottengono la massa, l’energia, il tempo e la lunghezza di Planck (che è il raggio di Schwarzschild dell’Universo a <math>t_{P}</math>):
 
 
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