Caccia tattici in azione/USAAF-5: differenze tra le versioni

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===Pilotare il Mustang<ref>Mucia, Flavio, ''P-51 Mustang'', Aerei dic 1995 p.50-53</ref>===
Il nome dell'aereo era giustificato: la sua indone era un po' quella di 'cavallo selvaggio', e poteva 'disarcionare' chi l'avesse preso troppo alla leggera. Con i primi tettucci si trattava di una macchina piuttosto angusta, anche se aerodinamicamente fine e stabile; con il 'malcom hood' le cose divennero diverse, grazie alla capacità di vedere tutt'attorno per 360°, provando la sensazione che la fusoliera nemmeno esistesse. Inoltre l'abitacolo era ampio. L'aereo aveva alette correttrici d'assetto su tutte le superfici di comando, e sul lato sinistro dell'abitacolo c'erano tre volantini per regolarle oppurtunamente ('trimmaggio'), nello stesso pannello che aveva i comandi del passo dell'elica, arricchitore miscela ('starter'), manetta, comandi carrello e ipersostentatori. Sul lato destro c'erano i sistemi elettrici, come le radio e i sistemi di erogazione ossigeno. Sul cruscotto c'erano normalmente 14 indicatori e strumenti, sotto c'erano infine i comandi armi e interruttori del carburante. Quanto al sedile, esso era predisposto per accogliere il paracadute dorsale e anche quello a cuscino, su cui il pilota sedeva; tuttavia, non era mobile: solo la pedaliera lo era, per adattare i piloti di differente statura. Il sedile, se non altro, poteva essere alzato e abbassato, cosa utile sia per regolarlo in base alla statura, che per il rullaggio in generale.
 
I piloti del Mustang pensavano che fosse una macchina che non perdonava errori, ma in realtà si tratta di un tipo che richiedeva un notevole livello di tecnica durante il pilotaggio, dava molto ma chiedeva una notevole attenzione. Del resto, era uno dei primi caccia, se non il primo, a superare i 700 kmh. Per il pilota dell'epoca c'era poca attenzione: la mattina partivano dopo una colazione, spesso incompleta e un briefing per spiegare l'azione; il caschetto era appoggiato al blindovetro mentre il pilota controllava la macchina, gli interruttori della batteria, selettore magneti -che doveva essere su OFF- e che i comandi funzionassero; poi scendeva e faceva il walk-around, o in alternativa lo faceva il personale specialista. Si controlavano gli alettoni, alette di trimmaggio, pneumatici, prese d'aria, ammortizzatori ecc. Poi il pilota risaliva sull'abitacolo e per farlo usava come scaletta lo pneumatico dell'ala sinistra, quindi in pratica doveva camminare sopra questa per arrivare al suo 'ufficio'. Questo era senz'altro più spazioso di un tipico caccia europeo, come un Me.109 o uno Spitfire. Seduto sul paracadute (che era anche il 'cuscino'), era l'ora di selezionare le posizioni della presa d'aria (Ram Air), controllare che i flap fossero retratti, riscaldamento carburatore in posizione 'Normal'; poi spostava il trim del timone di 6° a destra, così da compensare il momento giroscopico dell'elica, mentre gli altri trim dovevano essere in posizione neutra (a zero gradi). Poi spostava la manetta in avanti di circa due cm, regolazione della frizione della manetta per farla restare stabile in tale posizione e controllava un'altra serie di cose, fino a che, se tutto era pronto, si partiva. L'azione del Merlin (Packard) andava fatto senza affacciarsi, perché le fiammate del motore inizialmente potevano anche causare delle bruciature al malcapitato. Facendo attenzione sulla temperatura e pressione dell'olio motore, per evitare i capricci che l'altrimenti affidabile motore poteva fare: i limiti della temperatura erano tra 60 a 100 gradi. Dopo di ché si toglievano i freni e il Mustang partiva. Ma con attenzione: manetta gradualmente avanti fino a 3.000 giri, il P-51 partiva con decisione. Il pilota doveva stare attento, perché l'accelerazione era tale, che poteva anche sbagliarsi e sollevare anzitempo il ruotino posteriore: solo che il timone avrebbe potuto essere ancora inefficace e a quel punto il P-51 andava pressoché fuori controllo: e meno male che il carrello largo aiutava -talvolta- a non scassare l'aereo. Anche l'atterraggio con il Mustang era delicato: non bisognava scendere sotto i 176 kmh, perché il P-51 era prono allo stallo, e come si interrompeva la planata per farlo toccare con tutti i ruotini e ruote, questo letteralmente 'sprofondava': l'ala laminare e il peso del P-51 facevano la loro parte. Inoltre era difficile, in rullaggio, controllare l'aereo, perché era controllabile con la pedaliera quando la cloche era tirata a sé (cosa che bloccava il ruotino), mentre il ruotino diventava libero se essa era portata in avanti.
 
Eppure, malgrado questo e altri problemi (come lo sbilanciamento con il serbatoio ventrale pieno, che inizialmente non era stato previsto dal progetto), il Mustang era piacevole e stabile, in volo si poteva controllare con due dita sulla barra, e se oppurtunamente trimmato, restava in volo rettilineo da solo. Se il serbatoio di fusoliera era pieno, il Mustang reagiva con violenza ai comandi della barra, essendo fin troppo instabile. Tant'é che secondo il manuale, il pilota doveva, con tale configurazione, volare solo diritto e livellato, senza manovre brusche, e tanto meno acrobatiche. In pratica, si decollava con il serbatoio di fusoliera selezionato per l'alimentazione, fino a consumare la metà del carburante (cosa non facile data la sua capienza), poi si passava ai serbatoi sganciabili, consumandoli alternativamente (o l'uno o l'altro, non entrambi), per mantenere il centraggio corretto. Insomma, con tutto quel carburante, la facilità di pilotaggio dei primi Mustang era un ricordo del passato. Se il P-51 doveva volare dalla Gran Bretagna sulla Germania non c'era problema, ma guai se fosse stato usato con quella configurazione come intercettore. Al più avrebbe potuto fare voli di crociera, per i quali si prevedeva almeno un po' di minuti prima di trovarsi ingaggiati in combattimento. Purtroppo all'epoca non era impiegato alcun sistema di scarico carburante d'emergenza, che pure sarebbe stato facile realizzare (in pratica, un tubo collegato con l'esterno, la pressione dell'aria avrebbe fatto il resto), e i 322 litri di benzina erano difficili da smaltire in fretta. Sebbene una salita a 9.150 m richiedesse almeno una dozzina di minuti alla massima potenza continua. Il serbatoio interno alla fusoliera non era nella zona ventrale, e forse questo aggravava il problema, né era nel lungo muso, come nello Spitfire. Dietro il motore infatti c'erano altre parti, tra cui il serbatoio olio motore. Dietro il pilota c'era la batteria e sotto la radio; dietro la radio c'era il serbatoio, e poi un gruppo di almeno quattro bombole d'ossigeno, dietro ancora c'era un'antenna VHF (negli ultimi esemplari era doppia), mentre i comandi erano a tiranti, e passavano sotto queste attrezzature.Infatti la spessa fusoliera del Mustang aveva due piani: quello inferiore conteneva il radiatore, e non come ci si potrebbe aspettare, il serbatoio. La presenza delle bombole era d'aiuto nel proteggere il serbatoio posteriore di carburante dalle pallottole (ovviamente con dei seri rischi, se esse e il serbatoio erano bucate insieme, la reazione non sarebbe stata piacevole..).
 
Con il serbatoio pieno, il pilota avrebbe avuto problemi sia per lo sforzo di controllo sulla barra, sia per il rischio di inversione dei comandi nelle virate strette. In ogni caso, i Mustang acceleravano in fretta, pesanti e aerodinamici come erano, e spesso si oltrepassavano le 500 miglia orarie (805 kmh), rischiando alle volte danni strutturali (addirittura si parlava di cedimenti delle ali se si azzardava a sparare, ma la cosa, contro i Me.262, non pare abbia dato molti fastidi), ma era possibile persino inseguire e talvolta raggiungere i jet tedeschi come il Me.262, mentre curiosamente il Me.109 era in grado di scappare con la sua accelerazione inizale molto migliore. Lo stallo con il Mustang era ragionevole con i serbatoi alari sganciati o vuoti, e così quello posteriore (in pratica, il vero punto di forza del Mustang erano quelli alari), con un certo scuotimento della coda a 6-8 nodi sopra la velocità di stallo e una successiva caduta d'ala destra. La rimessa era ragionevolmente piccola e graduale; con il serbatoio di fusoliera pieno invece c'erano delle vibrazioni della barra e l'ala destra cadeva in modo brusco. Peggio che mai, se il pilota a quel punto avesse spinto la cloche in avanti, sarebbe caduto in vite, che assieme al 'tonnau veloce' era la condizione più pericolosa con il Mustang. Del resto la vite è un problema anche per macchine ben più sofisticate: per esempio il Tomcat, a quote medio-basse specialmente, è da considerarsi perduto se cade in vite. Fino a quando non riuscì ad un pilota di rimettersi in volo orizzontale, si pensava che nemmeno ad alta quota fosse possibile salvare l'aereo (vedi anche 'Top Gun', con la perdita dell'aereo di Maverick).