Forze armate mondiali dal secondo dopoguerra al XXI secolo/Italia: Aeronautica 3: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
mNessun oggetto della modifica
FrescoBot (discussione | contributi)
m Bot: accenti
Riga 300:
Il progetto divenne realtà presto e il 10 dicembre 1957 il prototipo eseguì il primo volo, dimostrandosi subito un aereo riuscito quanto a doti di volo (all'epoca i collaudi erano .. sbrigativi). Ma era anche 400 kg più pesante del preventivato, per via delle modifiche intercorse; notevolmente, però, a peso a vuoto era ancora più leggero di un vecchio Macchi MC.202. Il motore Viper Mk.8 era capace di 795 kgs, e non gli bastava per sviluppare appieno le doti del Macchi-Bazzocchi (MB) 326. Ma l'industria motoristica inglese aveva pronta la proposta alternativa, il Viper 9 da 862 kgs.
 
Con il motore un po' più potente, l'MB-326 I-MAKI venne portato in turnée, provato in Francia all'ONERA e al CEV di Brétigny per le prove sulle vibrazioni (flutter), e poi al Reparto Sperimentale di Pratica di Mare, intento anche a rivedere il ciclo addestrativo; dopo di questo, l'aereo venne mostrato all'estero; ma non ebbe fortuna, tanto che finirà i suoi giorni in Egitto, dove si schiantò al suolo. Seguì il secondo prototipo un anno dopo, il 22 settembre 1958. Stavolta il motore era davvero all'altezza della situazione, il R.R. Viper 11, da 1.134 kgs (2.500 lbs). Questo Macchi potenziato era certamente all'altezza della situazione e l'AMI lo ordinò con un contratto per 15 aerei di preserie, firmato il 15 dicembre del 1958.
 
Seguì un ordine per gli aerei di serie, ben 100, richiesti nel 1960. Essi erano, come gli altri che li avevano preceduti, del resto, del tutto disarmati. L'Aermacchi, già in competizione con la Fiat-Aeritalia ai tempi della II GM, si trovò di fronte gli epigoni del G.80, che come primo 'jet' italiano aveva volato cinque anni prima; pur essendo un velivolo valido e più potente, però, aveva una concezione più discutibile: gli ultimi modelli avevano addirittura il R.R. Nene, come molti caccia a reazione dell'epoca (ma senza le ali a freccia, per cui la velocità era inferiore); la Fiat perse contro il 'Macchino', che pure aveva circa la metà della potenza, e si rassegnò all'idea: producendo l'F-86K, oltretutto, si era 'mangiata' la possibilità di proporre un G.80 radarizzato (a mò di F-94 Starfire, grossomodo) come caccia notturno; alla fine si dedicò ai suoi G.91R/T e successivamente, a produrre l'F-104G. Il mercato degli addestratori rimase così in mano alla Macchi. Quanto alle 'matricole' degli MB-326, l'AMI applicò le seguenti:
Riga 342:
*dicembre 1966: altri record di velocità, stavolta combinati con una distanza di maggior impegno: 880,586 kmh sui 15-25 km (quindi ancora più veloce che sui 3 km); 831,007 kmh su percorso di 100 km; 777,667 kmh/500 km, e un altro record su distanza non (a me) nota, di 777,557 kmh.
 
Quindi, il 1966 fu un po' l'anno del leone per il 'Macchino'; con le acrobazie negli 'airshows', i primi clienti all'estero e la soddisfazione di quelli istituzionali, il futuro sarebbe stato senz'altro roseo, aicché i record ottenuti (ben dodici) indicavano che non c'erano all'orizzonte competitori di pari livello.
 
La RAAF australiana ottenne l' '''MB-326H''' come addestratore: esso fu il primo grosso contratto estero, con ben 97 aerei di cui 12 consegnati dall'Aermacchi, 18 assemblati in Australia con 'kit' forniti da Varese, e altri 67 costruiti su licenza dalle industrie locali, Commonwealth Aircraft Corporation and Hawker Aircraft, che comportò la denominazione di CA-30. Essi erano simili all'MB-326G, a parte l'avionica che era di tipo migliorato. Anche la pattuglia acrobatica della RAAF, ovvero The Roulettes, usò quest'aereo, precisamente dal dicembre 1970 al 1989. Tuttavia, sebbene graditi ai piloti, ad un certo punto i CA-30 dimostrarono fatica strutturale; negli anni '80 ebbero uno SLEP (programma di estensione vita operativa) e poi nei primi anni '90 vennero dotati di nuove ali, in seguito ad un incidente occorso a causa della rottura di una di esse. Tuttavia, alla fine i PC-9 hanno sostituito gli MB-326 (e quindi non gli Hawk, come ci si sarebbe potuto aspettare), fino a che l'ultimo esemplare venne radiato attorno al 2001.
Riga 350:
L'Argentina ordinò, per la sua aviazione navale un primo lotto di questi aerei, precisamente otto '''MB-326GB''', ma inizialmente erano noti come MB-326K. Il Brasile fece molto di più: nel 1970 ordinò due prototipi e ben 166 MB-326GC, localmente noti come AT-26 Xavante. Altri 17 MB-326GC vennero costruiti in Italia per lo Zaire (Force Arienne Zairoise) e 23 andarono ad un'altra aviazione afriacana, la Zambian Air Force. Quanto al Brasile, che produsse gran parte degli aerei su licenza dalla EMBRAER, ottenne anche dei successi commerciali propri con sei macchine per il Togo e 10 per il Paraguay.
 
Il Sud Africa venne a sua volta convinto da questo nuovo MB-326 potenziato, e lo ordinò come Impala Mk.I. Un ordine fondamentale per almeno due ragioni: la prima è che esso rappresentò il primo passo da parte di quello che poi diverrà il maggior acquirente dell'MB-326, e poi perché questi lo avrebbe largamente usato in guerra. In tutto, almeno 150 Impala vennero prodotti sia in configurazioni disarmate (addestrativi), che armati; ma sopratutto in quest'ultimo caso vennero impiegati gli Impala Mk II. Questi erano il tipo monoposto, con il secondo abitacolo soppresso (e non il primo, come nell'MB-339K e nell'Hawk Mk-200, entrambi con un muso un po' sgraziatamente allungato rispetto alla fusoliera), maggiore quantità di carburante, e sopratutto, due cannoni DEFA sistemati direttamente al suo interno, e non in gunpod alari, meno efficienti e assai pesanti per quest'aereo. Dell'MB-326K vennero comprati sette esemplari, altri 15 assemblati con i 'kit' appositi, e infine la Atlas sudafricana ne costruì attorno a 78 su licenza, tanto che questa macchina si potrebbe definire a tutti gli effetti 'tipicamente sudafricana'. La SAAF cercava un cacciabombardiere leggero d'appoggio tattico, e una fonte meno 'disturbabile' dall'embargo per la politica razzista all'epoca perseguita, e purtroppo, non ebbe molte difficoltà a 'bucare' l'embargo in certi settori, grazie a fornitori compiacenti (essenzialmente Francia e Italia, spesso 'triangolando' con Israele, che non era Paese sotto embargo). Gli Impala Mk 1 ebbero vari impieghi, a parte che servire nella scuola di Langebaanweg con il No.83 Sqn. Advanced Flying Schoole; tra questi c'era anche quello con i 'Silver Falcons', la pattuglia acrobatica sudafricana. Curiosamente le pattuglie che usarono i 'macchini' non erano italiane, perché l'AMI all'epoca preferiva i più veloci e 'nervosi' G-91R. Successivamente, però, come si sa, anche l'aeronautica dovette adattarsi ai tempi, ma passando all'epoca agli MB-339, 'figli' del '326 ma pur sempre un tipo ufficialmente diverso.
 
L'MB-326K era noto in origine anche come MB-336, ed era dotato di motore Viper Mk 600, con una potenza di ben 1.814 kgs, più che doppia rispetto a quella del prototipo originale; esso era capace di portare altrettanti kg di carichi esterni e due cannoni, ma perdeva la capacità di operare quale biposto. Il primo di questi aerei volò il 22 agosto 1970, e in tutto vennero realizzati due prototipi civili, I-AMKK e I-KMAK. Questi aerei non erano nient'altro che MB-326G convertiti in questo standard, e benché appaiano con le insegne dell'AMI, in realtà non entrarono mai in servizio in Italia. Così come del resto, malgrado la conclamata compatibilità con i missili R.550 Magic (importante aggiunta per le capacità dell'aereo), essi non pare siano mai stati usati operativamente, pur avendo il Macchi, con ben sei punti d'aggancio, spazio più che sufficiente per trasportarli (vedi anche l'episodio della 'caccia all'elicottero', che venne eseguita solo con i cannoni). Questo benché in teoria poteva operare con i due cannoni interni, due missili, due serbatoi ausiliari (a parte quelli d'estremità alari) e ancora, avere spazio per due altri carichi, per esempio razzi o bombe (le foto spesso lo ritraggono con quattro bombe e due missili, ma è, per l'appunto, solo pubblicità, vedi Armi da guerra n.3).