Forze armate mondiali dal secondo dopoguerra al XXI secolo/Italia: Aeronautica 3: differenze tra le versioni

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Il Sud Africa venne a sua volta convinto da questo nuovo MB-326 potenziato, e lo ordinò come Impala Mk.I. Un ordine fondamentale per almeno due ragioni: la prima è che esso rappresentò il primo passo da parte di quello che poi diverrà il maggior acquirente dell'MB-326, e poi perché questi lo avrebbe largamente usato in guerra. In tutto, almeno 150 Impala vennero prodotti sia in configurazioni disarmate (addestrativi), che armati; ma sopratutto in quest'ultimo caso vennero impiegati gli Impala Mk II. Questi erano il tipo monoposto, con il secondo abitacolo soppresso (e non il primo, come nell'MB-339K e nell'Hawk Mk-200, entrambi con un muso un pò sgraziatamente allungato rispetto alla fusoliera), maggiore quantità di carburante, e sopratutto, due cannoni DEFA sistemati direttamente al suo interno, e non in gunpod alari, meno efficienti e assai pesanti per quest'aereo. Dell'MB-326K vennero comprati sette esemplari, altri 15 assemblati con i 'kit' appositi, e infine la Atlas sudafricana ne costruì attorno a 78 su licenza, tanto che questa macchina si potrebbe definire a tutti gli effetti 'tipicamente sudafricana'. La SAAF cercava un cacciabombardiere leggero d'appoggio tattico, e una fonte meno 'disturbabile' dall'embargo per la politica razzista all'epoca perseguita, e purtroppo, non ebbe molte difficoltà a 'bucare' l'embargo in certi settori, grazie a fornitori compiacenti (essenzialmente Francia e Italia, spesso 'triangolando' con Israele, che non era Paese sotto embargo). Gli Impala Mk 1 ebbero vari impieghi, a parte che servire nella scuola di Langebaanweg con il No.83 Sqn. Advanced Flying Schoole; tra questi c'era anche quello con i 'Silver Falcons', la pattuglia acrobatica sudafricana. Curiosamente le pattuglie che usarono i 'macchini' non erano italiane, perché l'AMI all'epoca preferiva i più veloci e 'nervosi' G-91R. Successivamente, però, come si sa, anche l'aeronautica dovette adattarsi ai tempi, ma passando all'epoca agli MB-339, 'figli' del '326 ma pur sempre un tipo ufficialmente diverso.
 
L'MB-326K era noto in origine anche come MB-336, ed era dotato di motore Viper Mk 600, con una potenza di ben 1.814 kgs, più che doppia rispetto a quella del prototipo originale; esso era capace di portare altrettanti kg di carichi esterni e due cannoni, ma perdeva la capacità di operare quale biposto. Il primo di questi aerei volò il 22 agosto 1970, e in tutto vennero realizzati due prototipi civili, I-AMKK e I-KMAK. Questi aerei non erano nient'altro che MB-326G convertiti in questo standard, e benché appaiano con le insegne dell'AMI, in realtà non entrarono mai in servizio in Italia. Così come del resto, malgrado la conclamata compatibilità con i missili R.550 Magic (importante aggiunta per le capacità dell'aereo), essi non pare siano mai stati usati operativamente, pur avendo il Macchi, con ben sei punti d'aggancio, spazio più che sufficiente per trasportarli (vedi anche l'episodio della 'caccia all'elicottero', che venne eseguita solo con i cannoni). Questo benché in teoria poteva operare con i due cannoni interni, due missili, due serbatoi ausiliari (a parte quelli d'estremità alari) e ancora, avere spazio per due altri carichi, per esempio razzi o bombe (le foto spesso lo ritraggono con quattro bombe e due missili, ma è, per l'appunto, solo pubblicità, vedi Armi da guerra n.3).
 
Tuttavia, per quanto poco noto, l'MB-326K non prestò servizio solo in Sudafrica: gli ultimi clienti furono il Dubai, che ne comprò tre nel 1974, e altrettanti nel 1978 (erano del tipo MB-326KD); la Tunisia ne ebbe altri otto (MB-326KT), il Ghana nove (MB-326KB) e lo Zaire otto (MB-326KB), per un totale di altri 31 aerei con quattro clienti. Può essere che qualcuno di loro usò anche missili Magic o Sidewinder, ma non è dato sapere se questo sia mai accaduto.
 
L'MB326K ebbe una filiazione: l'MB-326L, che era un ritorno al tipo biposto, ma con tutti i miglioramenti precedentemente aggiunti: due MB-326LD per il Dubai e quattro per la Tunisia (MB-326LD) completarono la lunga lista degli ordini per l'aereo.
 
Da ricordare però anche l'AMI, che sempre verso la fine della produzione, ordinò altri 12 MB-326E; questi erano sei MB-326 base aggiornati allo standard G, e sei di nuova produzione (MM.54384/-89); essi erano così provvisti di armamento (gli unici dell'AMI che l'ebbero), ma il motore era ancora il Viper 11 Mk 200, e non il Viper 20 Mk 540, per cui erano molto meno potenti. Di fatto, probabilmente, non vennero mai usati (almeno non estensivamente) come aerei armati.
 
Però i tempi cambiavano, e anche per il Macchi 326 la parte migliore delle sue fortune stava finendo. La ragione principale era il costo del cherosene, ovviamente. Dopo lo shock petrolifero del '74 il mondo occidentale capì, finalmente, che non era più il tempo di sprecare quantità di carburante senza ritegno, pensando che tanto l'abbondanza non avrebbe mai avuto termine. E così gli addestratori a getto, specie se con un turbogetto puro e piuttosto potente, stavano finendo la loro popolarità. Tuttavia la RAAF ancora nel 1985 aveva un syllabus addestrativo di 60 ore di preselezione sul CAC Winjeels, poi 150 ore di addestramento medio e 75 di tipo avanzato, sempre sugli MB-326/CA-30, prima di arrivare ai Mirage IIIO e OD. Il Macchi, in altre parole, aveva dalla sua la possibilità di fare il syllabus completo: dalla prima fase, successiva alla preselezione, all'addestramento medio, a quello avanzato, all'uso delle armi e a compiti a tutti gli effetti operativi. Un aereo dai costi ragionevoli, molto docile e sicuro, ma anche di prestazioni elevate quando ce n'era bisogno.
Un aereo di questo tipo fu coinvolto il 6 dicembre 1990 nella Strage dell'Istituto Salvemini di Casalecchio di Reno, in seguito al quale l'intera flotta fu temporaneamente messe a terra
 
Forse anche per questo nell'AMI il Macchi venne sostituito dalla sua evoluzione diretta, l'MB-339A 'Macchino II', cosa che avvenne già tra il 1981 e il 1984; dopo di che l'MB-326 andò a svolgere i ruoli di aereo da collegamento veloce, dove rimpiazzò gli ultimi, gloriosi T-33. La mattina del 6 dicembre 1990, uno degli ultimi 'Macchini' ebbe un incendio al motore, proprio quel Viper che tanto aveva contribuito al successo dell'aereo. Il pilota cercò di portarlo fuori dall'abitato, ma il fuoco rese inefficienti le barre di controllo di coda e dovette lanciarsi. Purtroppo, il 'macchino' cadde dritto dentro un'aula di scuola, affollata di ragazzi, facendo una strage. Per questo è diventato noto alle cronache Casalicchio di Reno, altrimenti un paesone come tanti altri in Italia. La flotta aerea venne messa a terra precauzionalmente, anche se successivamente riprese a volare per qualche altro anno ancora. Attorno al 1990 c'erano circa 52 MB.236 ancora in servizio (Aerei mag 1991).