Forze armate mondiali dal secondo dopoguerra al XXI secolo/Italia: Aeronautica 3: differenze tra le versioni

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===MB.326: il 'Macchino'===
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Aereo tra i più famosi della produzione aeronautica italiana, l'MB.326 è un tipico aereo degli anni '50-60 che tuttavia, come altri della sua generazione, si è confermato solido e durevole a sufficienza per sopravvivere fino ai nostri giorni in qualche aviazione minore. I rivali della Fiat-Aeritalia ebbero modo di rispondere in una fascia più alta dei 'jet', con il G.91R, altrettanto riuscito nella sua categoria. Anche i numeri prodotti furono simili e queste due creazioni rilanciarono la realtà dell'industria italiana nel mondo, dopo oltre 10 anni di oblio. Tuttavia, malgrado tante similitudini, ebbero destini diversi: l'MB.326 non venne accettato da nazioni della NATO eccetto l'Italia, mentre il G.91, nato proprio per vincere il concorso del '56 per un caccia leggero dell'Alleanza atlantica, al contrario non mise quasi il naso al di fuori dell'Europa. Ma il destino, in realtà, fu più soddisfacente per il 'Macchino', sopratutto per le sue capacità di carico bellico, di fatto assai superiori rispetto a quelle del G.91R; quest'ultimo, invece, avrebbe dovuto conoscere un notevole successo all'export, ma al dunque, soltanto la Germania rimase fedele ai suoi propositi, coronando il vecchio sogno (vedi G.55) di Gabrielli di venderle un caccia tattico. Per cui, nonostante la similitudine in numeri prodotti, i risultati furono ben diversi rispetto alle prospettive: il Macchino, al contrario del Fiat, di cui poteva ben essere il complemento per molti aspetti (meno veloce ma meglio armato) si diffuse in quattro continenti .. e mezzo, in pratica con l'esclusione dell'America centro-settentrionale; ma non del mondo anglosassone, come dimostrarono i successi in Australia e sopratutto, in Sudafrica. Sia il G.91 che l'MB-326 hanno anche avuto un altro punto in comune: in entrambi i casi il successo è stato assicurato da un turbogetto inglese piccolo e affidabile, sufficientemente potente, che si è sposato ad una cellula strutturalmente e aerodinamicamente valida. Senza l'uno o l'altra non è pensabile di realizzare un progetto valido.
 
Storicamente, si tratta dell'aviogetto italiano più venduto della Storia, con dodici operatori diffusi in tutti e cinque i continenti, con non meno di 12 nazioni e 13 forze aeree interessate. Purtruppo, dopo una lunga e tranquilla carriera, qui da noi è rimasto indelebilmente collegato ad una delle peggiori tragedie aeronautiche del dopoguerra.
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L''''Aermacchi MB-326''' era un aereo da addestramento avanzato prodotto dalla Aermacchi di Varese e progettato dall'ingegnere Ermanno Bazzocchi. Venne anche sviluppata una versione destinata all'attacco che riscosse un discreto successo di vendite all'estero.
 
Compì il primo volo il 10 dicembre 1957 e fu realizzato per sviluppare un programma addestrativo avanzato su un jet a reazione per i piloti dell'Aeronautica Militare. Venne in seguito sostituito dal successore MB-339.
 
====Origini====
La velatura è in due parti con pianetto centrale (incorpora le prese d'aria) di continuità delle strutture del longherone , e quindi solidale alla fusoliera e alle semiali. Le ali sono a pianta trapezoidale con 8° 30' di freccia al quarto della corda alare e diedro di 2° 55'. Il profilo alare è un NACA 64A114 e 64A112 (all'estremità) del tipo laminare.
All'inizio degli anni '50 la propulsione a reazione aveva drasticamente cambiato il modo di intendere il volo, e con aerei quali gli F-84, Vampire, F-86 e altri ancora in servizio, i caccia ne beneficiavano il più possibile, visto che la velocità a scapito dell'autonomia per loro poteva andare bene; per i bombardieri, per i quali l'autonomia era invece più importante, la diffusione fu più lenta a causa della 'sete' di quei primi tipi di motori; questa differenza, in un certo senso, non era nuova. I bombardieri, ad un certo punto, paradossalmente furono i primi a scommettere sulla velocità, perché per essi fare capriole in cielo non significava nulla, mentre era maledettamente importante lasciarsi dietro i propri inseguitori. Non casualmente, i primi aerei monoplani erano essenzialmente bombardieri. I caccia dovettero adattarsi e barattare la maneggevolezza della formula biplana per la maggiore velocità di quella monoplana; un esempio tipico, gli S.79 o anche i Blenheim che stracciavano i caccia intercettori durante le manovre aeree, fino a che non comparvero macchine come gli Hurricane e i G.50. Nel dopoguerra tutti i caccia erano monoplani, e con i motori a reazione, spesso anche ali a freccia, erano anche molto veloci.
 
Per addestrare i piloti a questi nuovi velivoli si cominciò a fare affidamento su di un percorso a tre fasi: prima addestratori basici, come gli ottimi T-6 Texan, poi quelli avanzati come il G.59 (praticamente un caccia della II GM), e infine i T-33 o i Vampire, praticamente dei caccia di prima linea in versione biposto. Ma tutto questo era costoso, anche allora, quando il petrolio costava una sciocchezza rispetto ad oggi (due dollari al barile!), e così si cominciò a pensare di fare cose diverse. Attualmente si impiegano gli aerei a turboelica, capaci di sostituire macchine come il T-37 (l'esempio classico è in questo caso il T-6 Texan II, ovvero il PC-9 svizzero, scelto come JPATS dall'USAF); ma all'epoca non c'erano aerei a turboelica d'addestramento, le turbine di questo tipo non erano ancora affidabili e nell'insieme, poco diffuse. Per ottenere una certa unificazione nella formula addestrativa, non c'era che ricorrere ad un motore a reazione abbastanza economico, per ottenere una macchina capace di sostituire gli aerei di seconda e terza fase.
La fusoliera è a semiguscio in 4 tronchi: prua, tronco centrale (pressurizzato), tronco posteriore, poppino.
 
Cominciarono i francesi con i Magister, ma nemmeno questi erano i primi a pensarci, l'esigenza di avere addestratori veri e propri a reazione cominciava a prendere piede. Tra i primissimi esempi il G.80 della Fiat; gli italiani non avevano, malgrado i tentativi, la forza di imporre soluzioni autarchiche (ma con il motore, al solito, straniero) per la propria prima linea, per questo si dedicarono molto a macchine 'di contorno'. Ma il G.80 e successivi, pur essendo una macchina solida e dalle prestazioni adatte, non poteva certo scalzare i T-33, con i quali gli USA avevano inondato le aviazioni alleate, e che erano di loro eccellenti macchine, di prestazioni relativamente alte.
I flap (del tipo a fessura) hanno tre posizioni: DOWN (64°), T/O (28°) e UP. L'aerofreno ha un'apertura massima di 56°, e si ritrae automaticamente a 28° con l'abbassamento dei carrelli.
 
Il velivolo è dotato di seggiolino eiettabile Martin Baker Mk.04.
 
*Primo volo: 12 dicembre 1957
*Esemplari costruiti: 2 prototipi, il terzo in costruzione
*Dimensioni: lunghezza 10,650 m, 10,560 m (con tip tanks - senza: 10,04 m), altezza 3,720 m, superficie alare 19,350 m²
*Peso: 2237/5216 kg
*Motore: un turbogetto Bristol Siddeley Viper Mk.22 da 1135 kg o modelli potenziati da 1.500 kgs
*Prestazioni: 871 km/h, autonomia max 2445 km, tangenza 12500 m
*Armamento: armamento fino a 1814 kg
 
Un aereo di questo tipo fu coinvolto il 6 dicembre 1990 nella Strage dell'Istituto Salvemini di Casalecchio di Reno, in seguito al quale l'intera flotta fu temporaneamente messe a terra.
È stato l'aviogetto italiano più venduto nel dopoguerra, entrando in 800 esemplari nell'armamento di 12 nazioni.
 
Un aereo di questo tipo fu coinvolto il 6 dicembre 1990 nella Strage dell'Istituto Salvemini di Casalecchio di Reno, in seguito al quale l'intera flotta fu temporaneamente messe a terra.