Forze armate mondiali dal secondo dopoguerra al XXI secolo/Unione sovietica-6: differenze tra le versioni

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Ivlev arrivò su di un aeroporto Afghano con i MiG-25PD. Questi erano quindi, a quel punto, usati anche come caccia tattici. Lo scopo era quello di proteggere il dispiegamento sovietico da eventuali 'interferenze' come quelle pakistane. Ivlev e i suoi arrivarono con 12 aerei scortati da 2 altri come 'rimpiazzi' eventuali. La permanenza in Afghanistan fu breve, qualche mese appena. Del resto i MiG-25PD (con radar migliorato) non erano certo macchine d'attacco, nonostante la cosa possa sembrare strana visto che tale compito era svolto dai ricognitori.. I MiG-25 ottennero vari lock on con il lor potentissimo radar sui Mirage pakistani che volavano oltreconfine. La permanenza sulla base era durissima: faceva freddo, molto freddo, anche se l'umidità non era un problema. La sabbia molto di più. Non c'era alcuna forma di protezione per i caccia, erano lasciati all'aperto e alle intemperie. Ma il MiG-25 era davvero una macchina eccezionale, e nonostante questo la loro operatività continuò sull'ordine dell'80-90%, anche aiutata dal fatto che all'epoca questi caccia erano nuovi. I problemi maggiori vi furono con l'avionica, che non era certo fatta d'acciaio come invece l'aereo e il radar soffrì di diverse avarie totali durante le missioni. Date le circostanze non ci si deve stupire più di tanto. Durante il periodo Ivlev notò che l'operatività delle forze afghane regolari era molto bassa, pur possedendo circa 180 apparecchi inclusi degli Il-28 da bombardamento leggero. Sulla base dei MiG-25 c'erano i MiG-17 di un intero reggimento di 48 velivoli: in circa un mese 2 andarono persi in incidenti e un terzo abbattuto da armi leggere: i MiG-17, che col loro potente armamento cannoniero erano valide macchine da supporto aerotattico, al dunque erano, nonostante la loro semplicità, in media disponibili per appena il 25%. Inizialmente i MiG-25PD erano sempre in azione: 2 aerei erano in volo su tutte le 24 ore. Poi si passò a decolli solo su allarme (con gran sollievo della logistica) e infine, dato che non c'erano pericoli gravi, vennero rimpacchettati tutti i materiali e l'Afhganistan venne abbandonato. Sempre Ivlev descrive una cosa curiosa al riguardo del MiG-25: la volta in cui venne abbattuto da un aerobersaglio. Si trattava di un test con avvicinamento a collisione contro un missile Kennel modificato in radiobersaglio. Nonostante le relativamente piccole dimensioni, fu possibile individuarlo a 50 km di distanza. Poi si trattava di attaccarlo con una coppia di AA-8 (che il MiG-25, come eterogenesi della sua specie, portava abitualmente pur non essendo certo un caccia da duello aereo: vedi i confronti tra Libici e americani). Ma nella virata perse il contatto radar con il bersaglio, provò anche con l'IRST ma niente: poi sentì un'esplosione e un rumore di sassi contro le lamiere: era il bersaglio, che era entrato in stallo proprio sotto il MiG e automaticamente esploso: le schegge investirono l'aereo e tranciarono i circuiti idraulici. Il Foxbat cominciò a perdere controli e motori ma Ivlev tentò di salvarlo anche se il caccia plana come un ferro da stiro: ma partito il circuito dei comandi idraulici, fu impossibile sperare ancora e il pilota dovette eiettarsi. In seguito Ivlev collaudò il Mig-31 che grazie ai suoi test, attorno alla metà anni '80 volò fin sull'artico per testare i sistemi di navigazione, ottenne un longherone aggiuntivo nelle ali per consentire un volo supersonico a bassissima quota, e slat su tutto il bordo d'attacco per ottenere una insospettabile maneggevolezza per un bestione in acciaio e titanio come questo erede del Foxbat. Dell'attività con i MiG-23 a contatto, nell'Estremo Oriente con i ricognitori americani, invece, Ivlev non ha voluto parlare: 'questa è un'altra storia'. Che fa parte di alcune delle 2.700 ore di volo accumulate in una forza aerea che pure non fa fare moltissime ore ai suoi piloti, nell'arco di circa 20 anni di servizio.
 
 
===Addestramento e turismo a Vjasma, 1997<ref>Mambour e Bannwarth, Aerei Feb 1998, p.6-10</ref>===
Negli anni '90 la V-VS ha avuto i suoi giorni peggiori di tutto il dopoguerra, con una carenza di fondi drammatica e la riduzione dell'attività di volo e dei programmi addestrativi, oltre che degli aerei e dei reparti. Una contrazione gigantesca, che ha persino indotto a cercare una soluzione drastica: far volare danarosi appassionati del volo. Vi è l'International FIghter Pilot's Academy in Ucraina, a Kirovsrkoie, e persino gli aviogetti da caccia di Zhukovsky. Ma per arrotondare, era possibile anche una terza via: a Vjasma, 250 km ad Ovest di Mosca, era basato un centro addestrativo importante, per l'impiego di jet monoposto. A suo tempoVjasma era un reggimento addestrativo della DOSAAF, con una poderosa forza aerea, degna di molte nazioni del Terzo mondo: circa 80 MiG-17, ovviamente tutti monoposto (il tipo biposto è stato prodotto solo in Cina, indubbiamente un peccato perché è un ottimo apparecchio, a differenza del bizzoso MiG-15UTI); non mancavano però anche i più numerosi addestratori avanzati sovietici, i MiG-15UTI, con due esemplari appena, che servivano per svezzare gli allievi che venivano dai lenti Aero L-29 o 39. Attorno al 1980 la forza d'impiego era ancora questa; ma successivamente il reggimento ricevette i vecchi L-29 e i più moderni L-39, per un totale non meno indifferente, circa 70 aerei. In tutto, prima dello scioglimento della DOSAAF come entità sovietica dedicata all'addestramento, i 57 istruttori della base avevano addestrato 4.500 allievi in 35 anni (non è chiaro se gli istruttori erano numericamente quelli presenti alla fine oppure tutti quelli della storia della base, molto più probabile la prima delle due ipotesi; nel 1991 la DOSAAF venne sostituita dalla ROS-TO, come è noto in termini internazionali questo nuovo ente (Russian Technical and Sporting Defence Organization), ma gli istruttori e gli aerei ridussero notevolmente la loro attività; dei primi solo 14 restavano 7 anni dopo alla base, di cui dieci istruttori sugli L-39, che venivano anche impiegati per la pattuglia acrobatica 'Rus': questa aveva otto piloti. Un altro istruttore era per i vecchi L-29, un altro ancora per gli An-24, e infine due erano per gli elicotteri Mi-2. Gli aerei in tutto disponibili erano circa 30 L-39 e ben quaranta (circa) L-29, sebbene fossero decisamente obsoleti. Gli Albatros erano del modello C. Nonostante l'inclemenza del tempo in Russia, non c'erano hangar: gli aerei in efficienza, praticamente tutti L-39C, erano sulla linea di volo; gli altri, invece, parcheggiati in un piazzale assieme agli L-29 oppure in riserva, su di un prato. Dall'altra parte della base c'era il singolo An-24 e tre Mi-2. Sempre all'aria aperta tranne che per brevi soste all'officina, una vita davvero dura. Del resto la base, ben lontana dal fronte, era solo d'addestramento, anche se fa impressione che questi velivoli potessero operare così anche con 20 o 30 gradi sotto zero, così come con il sole della calda ma breve estate o la pioggia insistente delle stagioni di mezzo (come disse un ufficiale tedesco 'in Russia il clima è un succedersi di disastri naturali'). Visto dall'alto il campo ha una forma di 'O', con la pista per raccordo e rullaggio, parcheggio e ben poche infrastrutture, tanto che gli aerei erano anche ospitati sui prati; c'erano anche parecchi elicotteri di grosse dimensioni -quasi sicuramente Mi-8- appena oltre la zona di parcheggio aerei e infrastrutture; oltre questa pista e parcheggi vari si sviluppava prontamente una foresta piuttosto ampia, certo non l'ideale se si voleva difendere la base da eventuali aggressori. La pista di decollo era invece un centinaio di metri sulla sinistra, di dimensioni piuttosto generose, specie in lunghezza (qualche chilometro), mentre non c'era apparentemente traccia di sistemazioni difensive. Del resto gli aerei, che avrebbero potuto essere spazzati via in toto da poche bombe a grappolo di un eventuale interdittore, difficilmente erano in pericolo di attacco imminente, la loro base non costituiva certo un target di grande importanza. In caso di guerra, probabilmente, sarebbero stati dispersi maggiormente, e almeno gli L-39C, con la loro tenuta mimetica, mandati a fare un qualche compito utile, come la ricognizione o il collegamento.
 
Quanto alla pattuglia acrobatica, essa nacque già nel 1987; inizialmente si voleva fare un pò come le 'Frecce Tricolori', ovvero ben dieci aerei. Dal momento che la pattuglia costava assai così costituita (malgrado il turbofan), è stato invece concesso di usarne solo sette, peraltro piuttosto intensamente, con un massimo di 14 uscite annuali. L'Albatros, malgrado l'aspetto 'acuminato', per qualche ragione che allo scrivente sfugge un pò, è alquanto più lento dell'MB-339A e meno 'cattivo' nella manovra. Per il programma acrobatico bastava un addestramento di 15 ore, e in media i piloti potevano permettersi di volarne 50-60, un lusso per la disastrata aviazione post-sovietica, dove i caccia (peraltro più costosi) arrivavano ad appena 20 ore annuali. La livrea era bianca e rossa, un pò in stile 'Austria', mentre mancava il blu.
 
Prima della caduta del colosso sovietico, non era così. Il leader dei 'Rus' era nel 1997, Evgeny V.Burchanov, leader già dal 1989, un 'manico' con 3.000 ore di volo; il leader della formazione a tre, nonché fanalino di quella a sei, era Marunko, in squadra dal 1993, con 'sole' 1.720 ore. C'erano altri piloti, che per la cronaca, avevano macinato 2.510, 2.430, 1.610 e 1.700 ore. Ma V.J. Seljavin, leader della formazione a due, era senz'altro degno di menzione: ben 5.020 ore di volo. infine era presente un ottavo pilota di riserva. Certo che la passata attività della V-VS doveva essere molto più vivace per accumulare un tale numero di ore: i sette piloti 'di ruolo', insieme, assicuravano 17.990 ore, pari a 2.570 di media. Mica male, davvero. Il solita delle 'Frecce' caduto nel disastro del 1988 in Germania, a Rhamstein, ne aveva 4.200 di cui 1.700 sul '339A.
 
Ma non è questo il punto. Il grande cambiamento, rispetto alla segretezza originale, era che la struttura dava modo a chi volesse permetterselo, di volare -ovviamente pagando- sugli addestratori della scuola. Erano sempre disponibili gli L-29 Delfin (Maya per la Nato), dato che essi erano poco usati per l'attività operativa; spesso si poteva fare lo stesso anche con gli L-39, dei quali c'era un buon numero. Era necessario un controllo medico per la pressione e peso, poi un briefing per illustrare il funzionamento basico dei comandi e in particolare dell'efficiente sedile eiettabile 0-0, mentre non era obbligatorio, data la quota bassa, volare con la maschera d'ossigeno. Gli L-39C, pur non essendo 'fulmini di guerra', erano pur sempre veloci quanto o più di un P-51 Mustang (sarebbe davvero un 'bel match' in qualche airshow o programma aviatorio virtuale), ed è interessante notare come, nonostante la robusta semplicità, avessero una strumentazione piuttosto completa (c'erano non meno di 13 'orologi' solo considerando il più semplice abitacolo, quello posteriore), con tanto di collimatore (malgrado l'armamento fosse pressoché sconosciuto per l'L-39C, mentre non era così per i più rari ZO, ZA e successivi). La visuale, malgrado la minore altezza dell'abitacolo rispetto a tipi come l'MB-339 e il muso più corto, era valida e certo migliore di quella della vecchia generazione, come l'L-29 e l'MB-326. L'affidabilità era a tutta prova: in quasi 20 anni d'impiego, a Vjasma non c'erano stati incidenti fatali per gli Albatros, o almeno risulta che non c'erano state eiezioni. Era possibile fare anche voli di gruppo, ma le acrobazie, benché il piano di volo fosse concordato con il 'cliente', si limitavano ai looping e allo specchio. Un fatto di sicurezza, ma ben accetto da parte dei clienti, così come degli istruttori. Vale anche la pena di considerare come l'L-39C fosse economico nell'uso: il pieno era di circa 1.600 litri, mentre il consumo era di appena 380 litri l'ora, 480 se si volava a bassa quota. Non c'é confronto con i proverbiali 'pozzi' consumati dai MiG-21, 29 e sopratutto, 25, anch'essi aperti alla clientela più danarosa. Emozioni indimenticabili, ma certo, anche il conto non era da meno. Non stupisce che quindi, negli stessi Stati Uniti, chi voleva gustarsi il volo su jet aveva, come scelta pratica, o quella dei vecchi MiG-15 e 17 (questi ultimi erano molto meglio, con qualità di volo molto più benevole e 'facili' da padroneggiare), oppure, e sempre più apprezzati, gli L-39C, che avevano una minore velocità ma erano decisamente la migliore opzione disponibile. I piccoli L-39C, con i loro aguzzi musetti dalla punta gialla, così come del resto i serbatoi fissi alari e le estremità di coda, erano senz'altro una valida opzione per i turisti, con un costo di 250-300 dollari per mezz'ora di volo (425.000/510.000 lire), uno sfizio anche per gente non così danarosa. Le accelerazioni di volo non erano così forti: massimo per brevi periodi 5 g, normalmente non più di 3,5-4, per cui era assolutamente sopportabile per una persona in buona salute. L'acrobazia con gli Albatros era poi dolce, graduale: i piccoli aerei acrobatici individuali, per esempio, malgrado siano molto più lenti, hanno delle manovre talmente veloci da causare accelerazioni molto peggiori (tanto da possedere spesso carichi di rottura di 10 g), per cui in proporzione sono molto più difficili da gestire.
 
A proposito delle difficoltà di gestione, la fine dei Blocchi aveva ovviamente causato anche difficoltà ai russi: gli L-29 e 39 erano stati preferiti alle proposte nazionali, ma pur essendo validi, si trattava pur sempre di macchine estere. Ora, dato che il governo aveva sospeso l'acquistizione di materiali non nazionali, la manutenzione era difficile e alcuni aerei erano stati anche venduti al mercato civile, e probabilmente facevano parte di quelli finiti negli USA. Il prezzo, inizialmente assai sostenuto, era adesso veramente 'stracciato': appena 20.000 dollari ad esemplare, per macchine economiche e facili nell'impiego, e con una vita utile praticamente infinita. Mjasischven-Molnja aveva proposto un upgrade delle macchine con materiali nazionali, ma questa soluzione era forse troppo costosa per la disastrata V-VS, che per ora, per garantirsi i soldi per l'attività, doveva svendere aerei e servizi.
 
L'aeroporto di Vjasma, però, non è solo dedicato all'aviazione addestrativa e al turismo. Nel 1997 era usato, per esempio, anche per l'Armetskaja Aviatsija, ovvero l'aviazione dell'Esercito russo. I reparti di Vjasma erano bsati in Germania prima del ritiro, ed erano stati arretrati qui negli anni '90. Si trattava del 55 OVP, proveniente da Borstel. La zona a tutti gli effetti 'militare' era popolata così da grandi Mi-24D, V, K, RKhR, nonché i cargo Mi-8TV, MT e MTV; solo questi ultimi erano circa 20. Si aveva anche, per constatazione diretta, le versioni PPA, SMV e almeno un Mi-8MTPI (che in realtà pare sia un Mi-17, ma in versione ECM). Non è chiaro se questi elicotteri fossero dello stesso 55 OVP oppure di altri reparti di volo, e le notizie erano scarse in merito. DI sicuro, peraltro, il 55 OVP era un reparto 'privilegiato': non era stato mandato a fare la guerra in Cecenia, mentre le famiglie del personale avevano ricevuto alloggi nuovi vicino alla città di Vjasma, in un apposito villaggio costruito addirittura a spese del governo tedesco. Cronache dall'ex-Impero.
 
 
 
 
== Note ==