Armi avanzate della Seconda Guerra Mondiale/Giappone: differenze tra le versioni

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Il successore non era il '''Ki-44''', come può sembrare. In effetti quest'aereo apparve dopo il Ki-43, ma la sua entrata in servizio fu piuttosto rapida e addirittura, quasi contemporanea. Anch'esso venne migliorato presto, passando da 2x12,7 e 2x7,7 mm a 4 armi da 12,7 mm. Presto sarebbero seguiti velivoli molto più armati, intesi sopratutto come caccia intercettori, cosa che in effetti erano. La loro carriera fu possibile perché le comparazioni con i Bf-109E e il Ki-60 risultarono positive, e questo dà l'idea di come fosse un aereo valido. Ma ai piloti non piacque per varie ragioni: era scarsamente manovrabile (nonostante l'adozione di flap di manovra), era troppo veloce all'atterraggio, e il pilota, nonostante la capottina a visibilità totale, aveva problemi di visuale anteriori (dovuti al grosso motore radiale e al basso tettuccio per ragioni aerodinamiche). I Ki-44 fecero anche missioni di scorta e supporto, ma il loro vero valore rimase nell'ombra per molto tempo.
 
Concepito dal team dell'ing Takeo Doi, il nuovo Nakajima era quasi un racer con ali di appena 9,45 m di apertura (la fusoliera era di 8,78 m) e di 15 mqm<sup>2</sup> di superficie, mentre i pesi erano di 2.100-2.900 kg. La sua ala era quindi molto caricata, e ricordava forse il P-44 Rocket, o certamente il P-43 Lancer americani. Volò nel '40 per cui era anche un coevo del Re.2001 o del simile Re.2002 successivo; vi furono problemi di vibrazioni eccessive e la velocità era troppo bassa rispetto le previsioni, nonostante i compromessi che ne fecero costruire la cellula 'ritagliata' sul motore, il cui grosso muso era l'elemento più caratteristico. La velocità era di 580 kmh e la salita a 5.000 m in meno di 6 minuti. Le prime macchine vennero costruite in 40 esemplari (Ki-44-I) e mandate in Indocina dove vennero testati dai piloti del 47° DDC; ma i giudizi furono negativi: lo Shoki era un velivolo con poca autonomia e poca agilità conparato al Ki-43 e non c'erano velivoli da intercettare, quindi a che serviva il nuovo e costoso intercettore? Da ricordare che tutti i caccia giapponesi erano di costruzione metallica in lega leggera, e che così avvenne anche con i bombardieri: differentemente da italiani e sovietici, non c'era più spazio per aerei di legno e tela. In ogni caso, il Ki-44 non venne totalmente affossato e sorprende che cominciò le operazioni già nel maggio del '42. Il fatto che all'epoca i Giapponesi erano all'offensiva però lasciava poca necessità di un intercettore costruito con criteri di prestazioni tipiche di velivoli quali, nel dopoguerra, il MiG-15 o meglio l'F-104. Lo Shoki era l'equivalente giapponese dell'epoca, e in questo non era del tutto solo: la Marina nel suo mondo parallelo a quello dell'Esercito poteva dire d'avere un velivolo simile, il J2M Raiden della Mitsubishi.
 
Ma con il tempo le doti dello Shoki cominciarono ad emergere. Anzitutto venne comparato con aerei come il P-40 E e il Bf-109E, dimostrandosi superiore; contro il Ki-43-II era meno valido in quanto più veloce ma molto meno agile e con minore autonomia. Il Ki43 del resto aveva un carico alare di poco oltre i 100 kg-m2 (il Ki-27 addirittura meno di 100), mentre lo Shoki arrivava quasi a 200. Poi c'era anche il 'terzo incomodo' tra Nakajima e Mitsubishi: il progetto della Kawasaki, il Ki-61 con motore derivato dal DB601 tedesco. Lo scontro fu molto duro e il Ki-44, pur non soccombendo, non si dimostrò nemmeno superiore. Ma l'Esercito soddisfatto decise che tutto sommato si potevano costruire tutti e tre, disperdendo le energie (come nel caso dei velivoli italiani serie 0 e serie 5), ma ottenendo vari tipi di macchine che si integravano tra di loro. Lo Shoki nel frattempo era rivalutato anche dai piloti, che si erano abituati un pò alla volta alla sua rudidezza, ma avevano apprezzato velocità e potenza di fuoco, nonché stabilità di tiro: un salto epocale rispetto ai leggeri caccia precedenti. Nel '43 la situazione era cambiata in peggio: i caccia Alleati erano troppo veloci e davano troppi problemi ai Giapponesi, che potevano solo difendersi usando l'agilità e facendo andare a vuoto i caccia nemici. I Ki-61 e i Ki-44 divennero una priorità, e il Ki-44 fu sempre di più un intercettore specializzato. La sua versione II aveva motore Ha.109 da 1.500 hp, che poi era lo stesso usato per il Ki-49 Donry. Presto ebbe varie versioni, come la IIc con 4 cannoni da 20 mm, e la IIc sperimentale con due cannoni da 40 e due mtg da 12,7 mm. I pezzi da 40 erano armi non usuali, essendo privi di bossolo e a bassa velocità iniziale, con appena 10 colpi l'uno. Erano dotati di un rinculo troppo forte e non vennero graditi. Pesavano 132 kg l'uno e tiravano 450 c.min a 230 msec, quindi una velocità subsonica. La velocità del caccia con il nuovo motore era di 605 kmh quando armato, nella solita configurazione, con 4 armi da 12,7 mm. Quando i B-29 apparvero ad alta quota sul Giappone vi fu sconcerto: era difficile raggiungerli e tanto più abbatterli. I caccia Ki-44 erano stati lasciati come intercettori grazie anche alla salita a 5.000 m in meno di 4,5 minuti. Ma sarebbero stati anche ottimi apparecchi per contrastare le tecniche di velocità applicate dagli americani, con aerei come i P-47 e i P-38 per esempio. I Ki-44 avevano anche un asso nella manica: erano velivoli affidabili, cosa che non si poteva dire dei Ki-61, specie nei teatri operativi decentrati. Inoltre le loro prestazioni in quota erano tali che furono gli unici caccia dell'Esercito capaci di raggiungere e provare ad abbattere i B-29, seguiti dai più numerosi ma più lenti Ki-61. Abbattere i B-29 non era facile e spesso si ricorse a tecniche tai-atari con collisioni in volo, non tattiche suicide ma comunque rischiosissime per il pilota, che doveva danneggiare il bombardiere scontrandocis fisicamente.