Forze armate mondiali dal secondo dopoguerra al XXI secolo/Unione sovietica-Strikers: differenze tra le versioni

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Contemporaneamente, sotto la guida di Sergei Yeger, fu portato avanti lo sviluppo relativo ad un bombardiere per impiego navale, noto con la designazione interna di '''Tu-81'''.
 
Il prototipo fu realizzato nel 1948 nello stabilimento n. 156, e volò per la prima volta il 13 ottobre 1949. L’aereo fu testato dai vertici dell’aviazione sovietica fino all’autunno del 1950, quando ne fu autorizzata la produzione in serie. Ma, seppure con gli stessi motori, non era dello stesso livello dello Il-28: malgrado l'originaria volontà di costruire una macchina semplice (e il Tupolev OKB poteva farlo, la sua tradizione parte dall'SB-2 fino agli enormi TB-3), di fatto era più grande e complesso del rivale, e non ebbe molto successo operativo. Ma l'Aviazione di Marina era alla ricerca di una macchina d'attacco navale, e apprezzò la maggiore sofisticazione e autonomia del nuovo Tupolev, così da ordinarlo, un po' come 'premio di consolazione', e in attesa di tempi migliori (del resto i sovietici non avevano interesse al monopolio di un solo OKB in un determinato settore, la competizione, anche nella società marxista, non era certo malvista, almeno non nel progresso tecnologico).
Entrò così in servizio con l’aviazione di marina sovietica con il nome di '''Tu-14''', attorno al 1950 o 1951.
 
Il nuovo aereo si presentava come una grande macchina con due reattori a flusso centrifugo, ala diritta e piani di coda a marcata freccia.
 
Il Tu-81, progettualmente era ripreso dal Tu-72, del quale adottava la formula bimotore. La rinuncia ad un motore fu possibile grazie ai progressi della tecnica motoristica sovietica: la Kilmov realizzò il VK-1, una versione migliorata dei Rolls-Royce Nene (costruiti su licenza con il nome di RD-45) dei quali era prevista l’installazione sui progetti precedenti. I nuovi VK-1, infatti, oltre ad essere più leggeri, erano anche decisamente più potenti (2.740 kg/s, contro i 2.270 del modello occidentale). Questo significava una notevole semplificazione del progetto: di fatto, le soluzioni trimotori sono sempre un po' un 'ripiego' in assenza di motori sufficientemente potenti, e tendono a sparire appena questi divengono disponibili (si pensi in Italia, all'S-75/95 o allo Z.1007/1018). I due propulsori erano posizionati in gondole sotto le ali. All’interno delle gondole, inoltre, vi erano anche gli elementi principali del carrello d'atterraggio, che era a triciclo anteriore.
 
La fusoliera, che inconsuetamente uguagliava in lunghezza l'apertura alare, era caratterizzata da un abitacolo in posizione dominante, mentre il muso era vetrato per agevolare il lavoro del puntatore. La coda aveva i piani orizzontali sistemati nella parte bassa del timone verticale.
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===L'Il-54===
Abbiamo visto come lo Ilushin OKB era riuscito a vincere il primo 'round' nella corsa al bombardiere supersonico, battendo sostanzialmente la rivale Tupolev, ma la gara era ancora lunga. Esso conservava la fusoliera, poco modificata, del riuscito 'Beagle', solo più appuntita, specie il muso, mentre l'abitacolo era, nella parte posteriore, interamente metallico, riducendo un po' la visuale del pilota; le superfici di coda erano più marcatamente a freccia, ma sopratutto lo era l'ala, con fusi d'estremità piuttosto cospicui, dentro cui si annidavano i ruotini d'estremità alare. Il carrello era infatti monotraccia, con due grossi elementi, uno sotto la fusoliera e l'altro sotto il muso, più lungo e che aiutava ad aumentare l'assetto al momento del decollo. Ogni elemento aveva due grossi pneumatici. L'aereo volò nel '55 e sotto la spinta dei potenti Lyulka Al-7 da 6,5 t/s, era capace di arrivare quasi a mach 1. Le gondole dei motori erano sensibilmente distaccate dal ventre dell'ala, per consentirle un miglior flusso dell'aria, senza disturbi apprezzabili. In un certo senso, era una specie di B-66 sovietico, ma qualcosa non andò per il verso giusto. Le ali a freccia marcata erano fonte d'instabilità notevole, e le quattro grandi paretine antiscorrimento sopra il dorso della fusoliera aiutavano a migliorare il comportamento in volo, ma evidentemente, non abbastanza. Inoltre, la potenza dei motori richiedeva un maggiore consumo, con la conseguendte riduzione dell'autonomia massima. Nonostante le molte innovazioni, non andò oltre lo stadio di singolo prototipo, ma la NATO gli assegnò ugualmente il nickname 'Blowlamp'. Di fatto, il vero successore dello Il-28, sebbene di successo inferiore, fu lo Yak-28, ma questo aereo è trattato nella pagina degli[[Forze_armate_mondiali_dal_secondo_dopoguerra_al_XXI_secolo/Unione_sovietica-3|Yakovlev]], dove ho ritenuto più consono metterli per assonanza al resto della famiglia.
 
*ruolo: bombardiere leggero triposto
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*'''Tu-22KP o KPD''', che è il precedente modificato per la caccia ai radar strategici, con il missile Kh-22M a guida radar passiva, e il sistema di analisi ESM tipo Kurs-N o Kurs-NM.
 
*'''Tu-22P''' (Blinder-E): la versione per la guerra elettronica, con sistema REB-K sistemato sulla deriva, un po' come l'F-4G o l'EF-111; e un 'set' di ECM, incluso in vari casi un SPS-100A Redeza al posto della torretta caudale. I primi esemplari erano i sottotipi Tu-22P-1 e 2, con motori RD-7M-2, ma poi vi furono delle sigle differenti, corrispondenti ai continui aggiornamenti subiti, che comportarono i tipi Tu-22P-4, 6 e 7.
 
Infine il Tu-22M, ma questa, in effetti, è un'altra storia.
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Al 1999 i Tu-22 libici non apparivano più operativi.
 
Resta il fatto che, a differenza dei B-58, il Tu-22 dimostrò, malgrado una notevole carenza di prestazioni rispetto a quanto preventivato (e sopratutto, necessario), un'apprezzabile versatilità, essendo usato per un po' tutte le missioni, dallo 'strike' nucleare all'attacco antiradar. Moltissime missioni sono state volate largamente in azioni tattiche e strategiche con armi convenzionali e missili antinave o antiradar, grazie al notevole potenziale di trasporto dei carichi esterni.
 
 
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I primi motori iniziali furono gli NK-144-22 da 20.000 kg/s (in pratica, i motori del Tu-144), che vennero montati solo sui prototipi (Tu-22M0). La velocità raggiunta con questi propulsori fu di poco superiore ai 1.500 km/h. Per aumentare le prestazioni, vennero successivamente sostituiti dagli '''NK-22''' da 22.000 kg/s, utilizzati sui successivi Tu-22M1 ed M2.
 
Tuttavia, anche in questo caso non si riuscì a raggiungere le velocità richieste dai vertici dell’aviazione (il requisito era di 2.300 orari, e la velocità massima raggiunta con gli NK-22 fu di “solo” 1.800 km/h). Anche i valori relativi all’autonomia erano bassi rispetto alle richieste. Si decise quindi di utilizzare i più efficaci '''NK-25''', da 25.000 kg/s, che vennero montati sulla versione M3. Con questi propulsori, turbofan ad alto rapporto di diluizione (similmente a quelli dei Su-27 o dei Tornado), pari a circa 0,7-0,8:1, i Tu-22M riuscirono a raggiungere i 2.300 km/h ed i 7.000 km di autonomia. Che il motore fosse diverso è stato chiarito anche dall'osservazione delle prese d'aria, passate da quelle bidimensionali modello Phantom con piastra dello strato limite, a grandi prese d'aria da 1,4 mq di sezione, simili a quelle degli F-15 e MiG-25/31 e capaci di ottimizzarsi meglio a seconda della velocità. Per ottimizzare il flusso dell'aria, vi sono ben 9 portelli ausiliari apribili al decollo, che consentono di evitare prese d'aria troppo grandi, poi penalizzanti in supersonico (il Tu-22, dopotutto, deve volare a circa la velocità del Concorde, al limite della fattibilità per un grosso bombardiere), così si è risolto con questa serie di prese d'aria ausiliarie, grossomodo a metà aereo. I condotti sono una novità per questi bombardieri, dopo l'evoluzione dai Tu-22. Le prese d'aria erano lunghe quasi quanto l'aereo, pesanti e ingombranti, laterali rispetto alle ali di piccole dimensioni, con il sistema di movimentazione sotto la parte centrale della fusoliera. E'È una soluzione impegnativa rispetto a quella del Tu-22, e piuttosto simile, invece, a quella del Su-24. Infine il carburante, variamente valutato (come anche l'autonomia, tra 2.188 e 8.000 km), nei primi anni '90 era inteso in circa 68.750 l più un eventuale serbatoio interno nel vano portabombe, da 7.500 litri.
 
Da notare che il Tu-22M è ben diverso dal vecchio Tu-22, la cui forma era aerodinamicamente eccelsa data l'esclusione dei motori stessi dalla fusoliera e dalle ali, relegati piuttosto ai lati della coda in maniera inconfondibile (visto che non aveva la coda a T, ma di tipo convenzionale), ma con lunghe prese d'aria che corrono lungo la fusoliera e arrivano alla coda, dentro cui sono inglobati i motori. In pratica, quindi, la fisionomia dell'aereo è quella di un enorme interdittore modello Tornado, piuttosto che un bombardiere classico. Per ospitare i motori, però, è stato necessario ricorrere ad una fusoliera pesante e con vari compromessi. La situazione ideale, motori sotto o dentro le ali, era preclusa dalla geometria variabile e dal poco spazio sotto la parte fissa delle ali. L'ideale è stato raggiunto dopo, con il Tu-160, aereo nettamente più grande, con 2 coppie di motori sotto le ali, come nel caso del B-1B americano del resto. Il Tu-22M è stato disegnato per profili di volo veloci e ad alta quota. A bassa quota, invece, ha limitazioni non indifferenti. La struttura è leggera, con scuotimenti e le sottili ali piegate verso l'alto anche in condizioni non critiche di volo. Quanto ai carrelli, essi sono tre: uno doppio anteriore, due posteriori con tre coppie in tandem di ruote, pneumatici da 1.030x350 mm (anteriori: 1.000 x280 mm) e pressione 11,96 kg/cm2 (9,6 per il carrello anteriore). Un'altra caratteristica è l'enorme deriva verticale: il timone, a doppio angolo di freccia nella superficie d'entrata (57° per la parte inferiore) e superficie di quasi 62 m2, tanto che deve allungarsi fino all'altezza delle ali. Così è stato tuttavia possibile eliminare eventuali pinne ventrali di stabilizzazione, un problema non di poco conto per i velivoli a geometria variabile (vedi la pinna ventrale piegabile del MiG-23/27).