Forze armate mondiali dal secondo dopoguerra al XXI secolo/India-4: differenze tra le versioni

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Ma la politica era un peso inscindibile nel sistema militare-industriale sovietico. Mentre Chelomey era fuori dagli intrighi politici, il MIG DB era diventato molto influente e si associò al KB-1 DB, specializzato in sistemi di guerra elettronica; il primo era diretto a Mikoyan, il secondo da Sergei Beria, il figlio del temutissimo capo della polizia segreta Lavrenty Beria; nel '52, lavorando a missili da crociera come già il Chelomey DB, lo mise di fatto fuori dai giochi; ma finalmente Stalin morì e venne alla ribalta il più giovane Khrushov, che inaugurò l'era tecnologica e la 'rivoluzione degli affari militari', puntando molto sulla missilistica. Ora che il figlio del premier (Sergei Khrushov) lavorava all'OKB-52 le cose cominciarono a cambiare e nel '54 il Comitato Centrale incaricò questo ufficio di progettazione di armare di missili la flotta russa (Voyenno Morskoi Flot). Il primo risultato fu il P-5, noto in Occidente come SS-N-3 Shaddock, in servizio dal '59 sulle unità Progetto 644 (Whiskey Twin Cylinder), 651 (Juliett) e 659 (Echo I), essenzialmente per attacchi nucleari. Venne fuori presto anche la versione da difesa costiera S-5 e il migliorato sistema P-5D; simile al Regulus e allo Snark degli americani, ma con velocità supersonica e portata più ridotta, aveva l'importante compito di attaccare il territorio americano da parte dei sottomarini sovietici, e solo in seguito anche di colpire le portaerei nemiche. Sostituì il poco riuscito SS-N-1 Scrubber e integrò i Raduga P-15, -15U, ovvero gli Styx, in servizio dal '58. Poi Chelomey riuscì, oramai da smaliziato politico, a convincere Krushov a inglobare nel suo DB anche i DB Lavochkin e Myasishev; il primo fu importante per realizzare i satelliti Polyot e Proton, e poi i mezzi spaziali ERS; il secondo fu invece usato per i missili balistici UR-100, 200 e 500; lo stabilimento di Fili accrebbe notevolmente le capacità produttive collegate all'OKB-52. Nel frattempo, nel '62, arrivò il P-35 o SS-N-3B, per i Project 58 (Kynda), i primi mezzi realmente 'missilistici' tra le grandi navi sovietiche; e poi i Project 1134 'Kara'; nel '64 arrivò il P-6 per i sottomarini Progetto 675 (Echo II) e 651B (Juliett Mod), armi antinave a guida radar attiva; nel '68 toccò ai missili 4K66 Amethyst ovvero gli SS-N-7 lanciabili da sottomarini Project 670 (Charlie I); nel '72 fu la volta del P-120 o 4K85 Malakit, per la NATO l'SS-N-9 Siren; esso venne usato per gli SSGN Project 670M (Charlie II) e le corvette Project 1234 (Nanuchka); nel '75 venne fuori il 4K80 BAZALT (SS-N-12 Sandbox) per gli SSGN Project 675MK e MKB (Echo II Modernizzati), le portaerei Project 1143 (Kiev) e 1143.4 (Admiral Gorshkov) nonché i Project 1164 (gli incrociatori Slava, ben 16 missili per nave); era il successore dello Shaddock, ma con velocità di circa 2,5 mach e profilo d'attacco a bassa quota; non era che una soluzione ad interim (così come il Malakit, che almeno dai sottomarini, ebbe parecchi problemi di accensione del turbogetto), in attesa del P-700 o 3M45 Granit, per la NATO SS-N-19 Shipwreck, destinato ai Project 949 e 949A (Oscar I e II), Project 1144 (Kirov), e 1144.2 (Kanilin), nonché le portaerei 1143.5 (Kutsnetsov); infine nel 1982 venne fuori il 4K44 Progress, un P-35 migliorato che venne definito dalla NATO come SS-N-3C Shaddock. Ma, sebbene non entrato in servizio, vi fu anche un altro progetto. Esso era il P-750 Meteorit. Un missile con una struttura simile ad un B-70 miniaturizzato: ali a delta ripiegabili, motore con presa d'aria ventrale, come lo Shaddock, ma di tipo più sofisticato, alette canard anteriori. Quest'arma del 1983 venne ignorata in Occidente, ma era un oggetto di straordinaria sofisticazione. Era destinato agli ex-SSBN Project 667M ovvero gli 'Yankee' trasformati in SSGN; ma sebbene sperimentata fino al 1989 a bordo del K-420, quest'arma ipersonica a lunga gittata non ebbe successo. Di fatto gli 'Yankee' ebbero i missili SS-N-21 Sampson e i Tu-95 gli AS-15, entrambi subsonici, ma anche molto meno costosi e pesanti, potendo quindi con il numero, la discrezione e la quota di volo fare bene il loro compito rispetto ai grandi missili supersonici. Questo sembrò segnare la fine della genia, fino a non molti anni fa, quando successe qualcosa di diverso dal passato. Infatti questi grandi missili non sono mai stati esportati e di essi poco si è sempre saputo, ma dove non poterono i servizi segreti, persino negli anni '80 incapaci di penetrare i segreti di queste grandi armi installate sulle navi più potenti della Marina, riusciranno in parte le esigenze di marketing. Ed ecco spuntare una nuova famiglia di missili antinave, forse la prima dell'era post-sovietica.
 
Tra i non molti programmi di successo dell'industria militare indiana vi è un potente missile antinave, adottato da tutte le piattaforme (a parte gli elicotteri), ma che non ha origini propriamente indiane. Si tratta dell'3M55 ONIKS, per la NATO l'SS-N-26, in versione export noto come Yakhont, e adattato dall'industria indiana e russa per le esigenze locali. BRAHMOS è l'abbreviazione di Brahmaputra e Moskova, due famosi fiumi, che di fatto costituiscono una 'mappa' di come il programma è stato portato avanti. Nasce come realizzazione dell'OKB-52, ora NPO Mashinostroyenia. Inizialmente era noto come ONIKS, la sigla del sistema completo era P-800, sviluppato dall'inizio degli anni '90, un po' in concorrenza con la Novator che proponeva il KLUB (SS-N-27) come arma in versioni diverse, qui invece si parlava di un missile da usare per lo stesso scopo, ma con diverse modifiche per adeguarlo ai possibili tipi di piattaforme, sistemi di lancio terrestri, navali, subacquei, aerei, e con una velocità supersonica per tutto il profilo di volo. La configurazione di questo grosso ordigno è infatti quella di un'arma a statoreattore, con presa d'aria nel muso tipo MiG-21, Sea Dart o Talos, ma sopratutto come discendente diretto, sia pure rimpicciolito, del P-700 Granit o SS-N-19, arma nota in maniera incompleta in Occidente fino al 2001, ma in servizio per l'epoca già da 20 anni, sulle classi 'Kirov', 'Oscar' e la portaerei Kutsnetsov. Arma capace di volare per 550 km e armabile con testata da 500 kT, velocità di circa mach 3 e avionica sofisticatissima, era davvero un missile micidiale, inteso sopratutto come arma anti-portaerei. Lo Yakhont ha un diametro di 640 mm per essere lanciabile anche dai tubi da 650 mm dei sottomarini russi, anche se con le alette dispiegate arriva a 1.280 mm di apertura; la lunghezza è di 8,75 m e il peso al lancio arriva a 2,99 t, 3,99 con la capsula SM 315 dal diametro esterno di 73 0mm (ma allora non sarebbe utilizzabile dai tls da 650 mm) e lunga 8,99 metri, dove il sofisticato missile può essere mantenuto per 3 anni senza controlli, e lanciato verticalmente o con angolo di 15 gradi. La velocità in quota è di mach 2,8 e in questo l'arma è simile al 3M80 Moskit della Raduga, l'SS-N-22, che però ha una fusoliera meno tozza in quanto le prese d'aria sono quattro, sistemate lateralmente al corpo dell'ordigno, che del resto è ancora più grande di questo missile.
 
Lo statoreattore è il PLAMIA (fiamma), con ben 500 kg di cherosene T-6, per una spinta di 39 kN, insomma per un'arma diverse volte più grossa e pesante di un Harpoon o di un OTOMAT, e con un ordine di grandezza in più quanto a spinta e carburante, con un rapporto potenza peso eccezionale di oltre 1 kgs per kg di peso, molto di più dei tipi occidentali. La spiegazione, ovviamente, è che si tratta di un'arma altamente supersonica e quindi con la necessità di molta più potenza installata per raggiungere le prestazioni desiderate. Ovviamente lo statoreattore è ideale per questo scopo, data la sua semplicità ed efficienza a velocità elevatissime, ma pone anche un problema non indifferente, ovvero il raggiungimento della velocità di accensione, perché lo statoreattore non parte mai da zero.Così è installato un booster di adeguate dimensioni e potenza, pesante ben 450 kg, per portarlo in pochi secondi a velocità supersoniche; questo è un passo fondamentale e la propulsione mista razzo-statoreattore è una faccenda delicata; è vero che anche i missili con motori a turbogetto ne hanno bisogno, ma qui il booster è molto più piccolo perché quel che serve è solo di raggiungere una velocità sufficiente per ottenere la portanza e restare in aria quel che basta per non avere problemi di sostentamento, mentre il motore dà la spinta e accelera ulteriormente il missile. Chiaramente un conto è accelerare un'arma da 600 kg a circa 500 kmh, un conto è portare un bestione da quasi 3 t a oltre mach 1. Non solo, ma le prese d'aria dello statoreattore vanno difese da eventuali ingestioni (FOD) e così anche per la primissima parte del volo, nonché ovviamente per il trasporto; il missile è quindi dotato di una copertura anteriore che resta anche dopo il lancio dal tubo contenitore-lanciatore, contribuendo a proteggere il 'naso' dell'arma durante la rottura della parete anteriore del contenitore-lanciatore. Questa capsula per il trasporto e lancio è addirittura presente nella versione aria-superficie, ma stavolta senza, ovviamente, il tubo di lancio.
 
Una volta lanciato, il missile si libera anche del 'tappo' anteriore, ma solo quando la velocità è sufficiente per l'azionamento dello statoreattore. La quota di crociera è di 14.000 metri con avvinamento finale a 10-15, nel qual caso è capace di volare per 300 km; se il missile è tirato con un profilo d'attacco interamente a bassa quota, però, oltre ad essere più lento è anche ridotto in portata a soli 120 km, grossomodo come un Harpoon e meno di un Otomat. La quota di crociera è fondamentale per ottenere una portata ideale, ma il missile si espone notevolmente alla scoperta da parte dei radar e all'abbattimento da parte delle difese aeree; se non si ottiene la sorpresa, la nave potrà difendersi molto più efficacemente (ECM incluse), così se è possibile, sarebbe sempre meglio selezionare la quota 'bassa' per tutto il tragitto. La testa di guida SGH pesa 89 kg e ovviamente è un ordigno complesso, al pari dell'arma di cui costituisce occhi e cervello. E'È in proporzione più leggera che negli altri missili antinave occidentali, ma del resto le dimensioni maggiori sono richieste dalle prestazioni supersoniche più che altro, e quindi è il corpo a costituire una struttura pesante, in questo caso circa 30 volte il sistema di guida (quando altri missili arrivano a 1/10). E' realizzata dalla Granit di S.Pietroburgo, con un INS basato su piattaforma SzJu 80-066B, prodotta a Omsk, un Navstar (Glonass?), radar altimetro e radar attivo-passivo ARG-55 o un sistema simile; la portata del quale è notevolmente elevata, giungendo a 50 km e, nella modalità ricettiva (grossomodo una ESM), di ben 80 km. Se si considera che i missili antinave in genere hanno sensori da circa 10 km di portata, questo dà l'idea della potenza nominale di quest'arma, ovviamente l'apparato è descritto come particolarmente resistente alle ECM, come del resto tutti i sistemi di guida moderni (l'era dello Styx è finita da un pezzo). La portata è veramente impressionante, anche perché è data da un'antenna costretta dentro il cono frontale, il che significa poche decine di cm di diametro; la modalità passiva potrebbe essere usata per prima, per ottenere dati su eventuali sorgenti elettromagnetiche. Questo dà vantaggi e svantaggi, ovviamente, con il profilo di volo 'hi-lo', perché la nave, una volta localizzatolo (nell'ipotesi che abbia un sistema d'arma adatto allo scopo) attaccherebbe il missile ma potrebbe anche disturbarlo. Anche le ECM potrebbero però essere usate come radiofaro (funzione 'home on jam'), il che consentirebbe di ignorare i falsi bersagli radar; ma esistono anche decoys con emittenti di disturbo attivo, e la nave potrebbe anche usare questi e spegnere i propri radar di tiro; solo che così rischierebbe che il missile 'non abbocchi' e localizzi la nave con il radar di bordo. Insomma, vantaggi e svantaggi, ma è meglio avere questa doppia funzione. In questo modo, per esempio, il missile può avere i dati con i sensori passivi da grande distanza, e poi affinarli per usare, al momento giusto, anche il radar attivo, lasciando poco tempo alla nave per difendersi; teoricamente, il sistema ESM eccede l'orizzonte radar, e così anche per il radar di bordo, beninteso quando il missile vola a bassa quota. Però l'eccesso di portata è utile per ovviare ai disturbi che ne degradino l'efficacia, per cui se il missile è programmato bene (e con la velocità che ha, non è difficile) viene 'piazzato' a meno di 8-10 km dal bersaglio e lì lo ingaggia con un radar largamente eccedente le necessità, mentre i radar di vecchio tipo occidentali erano già al limite (per l'Otomat si parla di 8 km per una motocannoniera, e 10 per una fregata) della portata utile e dunque più vulnerabili alla degradazione da disturbi radar; la funzione ESM aiuta nel contempo a localizzare la nave che a quel punto, vistosi sotto tiro, accende i radar di controllo del fuoco e le ECM. Se tutto funziona bene, non ha scampo. Anche il Tomawhak antinave ha (aveva) le ESM oltre alla testa radar dell'Harpoon, ma era necessario perché si tratta di un'arma subsonica piuttosto lenta (grossomodo stesso motore dell'Harpoon, ma quasi il triplo più pesante), e la lunga gittata causava problemi notevoli nella localizzazione dei bersagli in movimento, senza possibilità di aggiornamento datalink. Lo Yakhont non ha a sua volta un datalink, ma persino alla massima distanza è capace di arrivare (300 km ad alta quota) in appena 6-7 minuti, così ne ha poco bisogno, specie considerando la portata dei sensori di bordo. Chiaramente si tratta di un'arma costosa e impegnativa (anche per le piattaforme, difese terrestri escluse), diretta alle navi più potenti del nemico, sulle quali recapita una testata da 250 kg di cui ben 200 di esplosivo (una percentuale insolitamente alta, evidentemente non è una testata SAP), che assieme alla velocità e massa (energia cinetica) e carburante residuo consentono di distruggere anche navi importanti con un colpo solo. Inoltre, l'arma ha capacità di manovra fino a 20 g, per eludere le difese antimissile, sebbene più si avvicina al bersaglio, più è difficile (ovviamente) manovrare in maniera ampia, specie considerando che si tratta di un'arma velocissima e quindi con necessità di distanze di manovra elevate: a 750 m.sec, in 5 secondi vola per 3,7 km, mentre un Exocet si accontenterebbe di 1,5.
 
Detto del missile, resta da parlare della designazione del bersaglio. Questa è data dal radar di controllo DUBRAWA, imbarcato per prova sulla corvetta 'Nakat', un sistema russo di designazione bersagli in lunghezza d'onda D, E e F. La sua capacità di tracciamento bersagli, però, non è esaltante, appena 15 contemporaneamente. Tuttavia ha un vantaggio notevole, quello della designazione oltre l'orizzonte. La portata oltre l'orizzonte, con modalità attiva (rimbalzando le onde sulla ionosfera), è di 45-200 km, ma in modalità passiva (recependo le onde emesse da altre fonti, forse i radar delle navi da cercare) arriva a ben 500. Peccato dunque che gli elaboratori siano capaci di tenere sotto controllo così pochi bersagli, data la portata utile.
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I primi lanci dell'ONIKS risalgono a metà anni '90, prima con lanci da parte della marina russa dal poligono di Nenoska, poi da parte della già citata Nakat, una 'Nanucha IV', e per i sottomarini da parte del 'Novgorod Velikiy', un Project 670M (Charlie II) modificato. Le navi che avranno l'Oniks nella marina russa sono le nuove corvette Project 20380 'Stieriegushchyi', ma non è ancora certo se sarà così, del resto la concorrenza è forte e l'economia russa debole. Ma vi è anche il sistema BASTION terrestre, o SS-C-5 per la NATO, con un mezzo 6x6 di comando e controlo su autocarro KamAZ 43101 e 5 uomini d'equipaggio, almeno 4 lanciatori (si può anche arrivare a 12) per tre missili l'uno, elevabili con tanto di contenitori-lanciatori, a 90 gradi e lanciabili in 2-5 secondi l'uno, in questo caso sono impiegati i grossi 8x8 MZKT 7930 con tre uomin d'equipaggio e 80 kmh di velocità su strada, autonomia di ben 1.000 km e vari sistemi di comunicazione e trasferimento dati, possibilità di passare dalla configurazione di marcia a quella di lancio in 5 minuti e vari sistemi di rifornimento e trasporto.
 
Quanto al programma BRAHMOS, questo nasce dalla necessità di trovare un patner internazionale e chi meglio della DRDO (Defence Research and Development Organization) indiana, che era impegnata con un progetto da 300 km chiamato SAGARIKA e destinato a piattaforme di lancio di superficie e subacquee? Alla fine, per non inventarsi duplicati inutili e ottenere due debolezze al posto di una forza (esempio, An-70 e FLA), il 12 febbraio 1998 venne già fatto un accordo preliminare da parte della Difesa di entrambe le nazioni, per poi perfezionare a tutti gli effetti questa collaborazione a luglio del '99 con la formazione di una joint-venture DRDO e NAPO Mashinostroyenia, con la nascita di una BRAHMOS Aerospace con sede a N.Deli, inagurata niente di meno che da Putin. E il primo lancio di quello che è rimasto il più importante programma indo-russo (considerando lo sviluppo e non la produzione su licenza), è presto seguito. Per la precisione il 12 giugno 2001, da un centro di prova indiano nella regione di Orissa, con lancio verticale e centro sul bersaglio. Questo era il test DO1, a cui sono seguiti altri nel 2002 e il 13 febbraio 2003. Quest'ultimo test, che avveniva grossomodo in contemporanea della grande manifestazione pacifista anti-guerra del Golfo (per dare l'idea dell'inquadramento storico), è stto fatto al caccia RAJPUT, un vecchio 'Kashin' modificato (Project 61ME) nel golfo del Bengala. Il lancio DO4 venne fatto dal solito poligono di Chandipur con centro su di un bersaglio a 290 km di raggio, un test riuscito per sperimentare alcune modifiche al sistema di controllo. Il 9 novembre 2003 c'é stato il primo lancio da parte del tipo da difesa costiera, su autocarro Tatra 8x8 di costruzione indiana, altro centro nel Golfo del Bengala, e sempre a 290 km di raggi. E'È seguito un altro test, il DO6, da parte del Rajput contro la nave bersaglio Kaling, e il DO7, da parte stavolta dell'Esercito indiano, ma sempre a Chandipur. Questo ordigno era il primo prodotto dal complesso BrahMos (la dizione corretta della società) di Hyderabad, inaugurato nel 2003. Sono coinvolte 20 industrie indiane e 10 russe per costruire questo bestione, che nel frattempo, entro l'aprile 2005, è stato tirato 10 volte e per dieci volte ha colpito il bersaglio o comunque ha avuto successo; tanto che il 21 dicembre 2004 è stato tirato anche contro un bersaglio terrestre, da parte di un autocarro dell'esercito; l'ultimo tiro era stato fatto il 21 aprile 2005 distruggendo invece una nave bersaglio. Questi missili sono quindi una realtà di tutto rispetto, e come tali, destinati ai tre caccia 'Bengalore' o Type 15A autorizzati nel maggio del 2000 dal governo. Essi hanno, differentemente che il Rajput (che ha rampe di lancio inclinate) di lanciatori verticali, ben sedici missili disponibili a bordo in altrettanti tubi di lancio. A parte questo, la versione da difesa costiera, con tre missili trasportati 'nudi' dall'autocarro (molto meno massiccio di quello russo) è già in servizio; e infine il 5 dicembre 2004 è stato dato il via anche alla versione BRAHMOS-A, da parte dei governi indiano e russo; essa pesa solo 2,5 t perché è trasportata a bordo di aerei e quindi ha un booster più piccolo, ma la testata è di 300 kg. E'È previsto per i Su-30MKI e i Tu-142 ME della Marina.
 
A tutti gli effetti il BRAHMOS, per una volta, è stato un programma di successo, ma anche un enigma. Con l'adozione dei missili URAN (SS-N-25) e del Novator 3M54E1 KLUB (quest'ultimo sulle fregate 'Nilgiri') è difficile capire come la pur grande marina indiana abbia deciso per ben tre tipi di missile. Forse la minaccia degli SS-N-22 dei caccia 'Sovremenny' russi consegnati alla rivale Cina (i russi, come gli israeliani del resto, fanno affari senza badare alle bandiere, e del resto sono interessati ad avere come amici sia l'una che l'altra potenza asiatica), ha innescato il desiderio di armi analoghe per contrastarli. Anche se non si capisce perché non comprare semplicemente lo stesso missile, che è disponibile in una serie di versioni incluso il P-100 per sottomarini e il Moskit per cacciabombardieri Su-27-30. L'Uran è il più piccolo, economico e semplice (è l'Harpoonsky, una specie di equivalente dell'Harpoon), ma è anche subsonico; il KLUB/ALFA è supersonico, ma solo nella traiettoria finale; il BRAHMOS, pur se con una massa molto inferiore rispetto agli SS-N-22, è dotato di una portata maggiore di tutte le altre armi russe antinave (tra quelle esportate), ed è supersonico per tutta la traiettoria, tutto sommato è un progetto valido, ma risulta difficile capire come una marina abbia ben tre sistemi missilistici antinave moderni in servizio; anche se la Cina fa persino .. peggio, con un gran numero di modelli locali, russi o locali ma di derivazione russa. Nell'insieme, con questo programma anche l'industria russa è entrata nell'era delle Join-venture, e le conviene se vuol sopravvivere. Del resto l'industria missilistica russa è erede di un grande passato, ma con poco mercato -specie interno- attuale, e quindi con competenze in rottamazione. Solo nel mondo dei missili antinave operano la Zvezda, Novator, Raduga e NPO, davvero troppe perché qualcuna non ceda.