Forze armate mondiali dal secondo dopoguerra al XXI secolo/Unione sovietica-Strikers: differenze tra le versioni

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====Origini====
Per dare un degno sostituto ai Tu-16 e Il-28 vennero ipotizzati dei nuovi bombardieri supersonici i sovietici già dal '53 emisero una specifica per i loro sostituti; ma questa prima generazione fallì sostanzialmente gli impegni presi, solo lo Yak-28 che si dimostrò accettabile, ma non così lo Il-54 e sopratutto, il Tu-98, noto in ambito NATO come Backfin(c'era anche il competizione il Tu-82).
 
Tuttavia, da questo fallimento germogliarono sviluppi comunque interessanti, anche se difficili da valutare, perché si era abbandonato 'l'effetto specchio'. Si può dire che gli americani ebbero successo con il B-58 e poi con l'FB-111, ma nessuno dei due tipi era totalmente raffrontabile con quanto stavano sviluppando i sovietici, né tecnicamente, né in termini di capacità operative. Il Tu-98 aprì la strada a due diverse tipologie di aerei: il Tu-102 del '57, un enorme caccia lungo 27 metri, e come tale ritenuto un bombardiere, quando in realtà si sviluppò piuttosto quale intercettore strategico, culminando poi con il Tu-128. Dall'altro lato, il Tu-105 diede origine al Tu-22 da bombardamento supersonico. Presto tuttavia ci si avvide che il nuovo aereo non possedeva l'autonomia (e anche la velocità) sufficienti, e così ci si interessò ad una soluzione che stava cominciando a prendere piede in Occidente: l'ala a geometria variabile in volo. Stavano nascendo quindi i presupposti per il rimpiazzo del 'Blinder', con un velivolo che tuttavia, non era poi così diverso, almeno inizialmente.
 
Lo sviluppo di questo aereo iniziò nel 1964, quando l'ingegner D. Markov ebbe l'incarico di avviare la progettazione preliminare di un sostituto del bombardiere medio supersonico Tupolev Tu-22 ''Blinder'', che non era risultato soddisfacente per autonomia e anche per velocità. Il nuovo aereo avrebbe dovuto essere caratterizzato da prestazioni decisamente più elevate, per ottenere le quali era previsto il ricorso ad ali a geometria variabie e motori più potenti. Tuttavia, il progetto preliminare del nuovo velivolo (noto con la sigla interna di 106) non possedeva le caratteristiche richieste, e quindi, l'OKB Tupolev fu costretto a rivederlo. Il risultato fu il Progetto 125: il nuovo aereo avrebbe dovuto montare motori VK-6, in grado di spingerlo alla velocità di 2.500 km/h e con un'autonomia nell'ordine dei 4.500 km. Per raggiungere prestazioni simili, era previsto il ricorso, per la costruzione, di leghe di titanio.
 
Il progetto 125 fu effettivamente esaminato dagli esperti del governo sovietico, ma gli fu preferito il Sukhoi T-4, dalle prestazioni decisamente più elevate. La Tupolev, tuttavia, decise di realizzare una propria risposta al modello Sukhoi, ed iniziò a lavorare al Progetto 145: questo, in pratica, era un'ampia riprogettazione del precedente Tu-22 Blinder. Questo progetto venne autorizzato dal governo nel 1967, dopo che si decise di interrompere il programma relativo al T-4. I requisiti che la nuova macchina avrebbe dovuto soddisfare erano una velocità di 2.300 km/h ed un'autonomia di 7.000 km senza rifornimento in volo. Il prototipo volò per la prima volta il 30 agosto 1969. Secondo Bill Gunston, fino a 14 Tu-22 originari vennero modificati a questo standard, definito Tu-22M0, seguiti poi da 12 di preserie Tu-22M1.
 
Nel frattempo, già da circa il 1966-67 si stavano iniziando a diffondere, anche in Occidente, le notizie su di un T-22GV: il vantaggio nelle operazioni di decollo e atterraggio (si pensi al Su-17, che con due semplici semiali esterne mobili abbassò di circa 100 kmh la velocità in queste delicate fasi della missione, oltre a migliorare in generale le qualità di volo e di carico utile).
Il Tu-22M, presso la Tupolev, aveva la designazione interna di Progetto 145 o Tu-145, ed in seguito venne anche chiamato AM. La lettera M, nel nome di un aereo, sta per 'Modifikatsirovanny', modificato, che stava ad indicare una versione migliorata di un certo velivolo. Tuttavia, il Tu-22M, considerando le sue prestazioni ed il suo aspetto, può essere considerato un aereo completamente nuovo rispetto al Tupolev Tu-22, più che una sua versione riprogettata.
 
Secondo alcune fonti, l’aereo stava per ricevere il nome di Tu-26. Non è chiaro il motivo che spinse la Tupolev a rinunciare a questa denominazione a favore dell’altra. Le spiegazioni che vengono comunemente date sono di due tipi.:
*Depistaggio nei confronti della NATO. Secondo alcuni, la designazione Tu-22M era stata utilizzata per dare l’impressione che si trattasse di una variante del Tu-22, e quindi per indurre gli occidentali a sottovalutare le reali capacità del nuovo aereo. Il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, tuttavia, in sede di discussione per il trattato SALT II , adottò ufficialmente il nome.
*Motivi economici interni. facendo passare il Backfire per una nuova versione del Blinder si sarebbe evitata una nuova gara contro altri modelli presentati dagli altri OKB e si poteva dirottare i soldi destinati al Blinder a questo nuovo aereo, ufficialmente solo una 'nuova' versione del precedente.
*Precedenti e intoppi vari: basti pensare all'evoluzione: si partì con i Tu-22 con ali ad estremità variabile, per poi giungere ad aerei di tipo del tutto riprogettato. La base di partenza era teoricamente e sperabilmente, la modifica del Tu-22 base, che poi è andata molto oltre questo limitato obiettivo: del resto, in Occidente il Super Etendard ha finito per differire al 90% dall'Etendard e l'F-16, a furia di 'Blocks' ha visto le capacità più varie in un aereo ancora con lo stesso nome (si pensi ai Block 50-60 o all'XL).
 
In tutti i modi, il Tu-22M venne inizialmente chiamato dagli occidentali Tu-26, malgrado che i russi insistessero che il suo vero nome era Tu-22M. Occorre precisare che gli errori di denominazione riguardanti gli aerei (e non solo) di produzione sovietica erano piuttosto frequenti: infatti, le informazioni “ufficiali” a carattere militare provenienti dal Patto di Varsavia erano scarsissime, e quasi tutti i dati in tal senso erano prodotti da attività di intelligence.
 
Ad ogni modo la costruzione del T-22M venne iniziata con la modifica di alcuni Tu-22 in costruzione, che ebbero l'ala a geometria variabile, come al solito per l'epoca (si pensi al Su-17), e così questo programma, già noto ai servizi occidentali a metà anni '60, venne fotografato all'impianto di produzione S.P. Gorbunov di Kazan, Russia Occidentale, nel luglio del 1970. In realtà il prototipo era già completo all'inizio del 1969, volando già quell'estate. In seguito, le tappe fondamentali della sua carriera furono poi: la produzione di preserie, iniziata nel '73; l'inizio dei lavori per il Tu-22M2, più o meno in contemporanea, e in servizio dal '76, successiva al ridotto numero di Tu-22M1; infine il Tu-22M3 è stato messo in servizio attorno al 1983; a metà anni '90 c'erano le Armate aeree di Smolensk e Irtkutsk, con circa 100 aerei, più ben 130 (e una dozzina di aerei 'elettronici') per l'aviazione navale, con unità per le varie flotte.
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Gli aerei in servizio non hanno una sonda per il rifornimento in volo, che potrebbe essere sistemata sulla punta del muso (caratteristicamente angolato verso l'alto nella). Infatti, questa risulta essere stata rimossa da tutti gli esemplari a partire dalla versione M-2, in modo da evitare che questi aerei fossero considerati in grado di attaccare gli Stati Uniti continentali, in accordo ai trattati SALT. L’equipaggio è composto da quattro uomini, ognuno dei quali munito di seggiolino eiettabile. La visibilità è invero piuttosto scarsa: i 2 tecnici di bordo hanno solo due piccoli finestrini, meglio va invece per i piloti, sistemati (come diciamo, nell'EA-6B Prowler) in un doppio tandem. I trasparenti frontali appaiono di spessore sufficiente per resistere all'impatto con i volatili a bassa quota, ma in genere quest'aereo vola ad alta quota, dove massimizza le sue prestazioni. L'abitacolo non ha una grande visuale per i piloti, e i tecnici hanno solo dei piccoli finestrini laterali. La parte migliore è per i due piloti, che hanno un parabrezza molto generoso verso il basso, più due finestrini laterali e superiori; ogni pilota ha un portello che si solleva verso l'alto, anche qui in discreta similitudine con l'EA-6B.
 
I primi motori iniziali furono gli NK-144-22 da 20.000 kg/s (in pratica, i motori del Tu-144), che vennero montati solo sui prototipi (Tu-22M0). La velocità raggiunta con questi propulsori fu di poco superiore ai 1.500 km/h. Per aumentare le prestazioni, vennero successivamente sostituiti dagli '''NK-22''' da 22.000 kg/s, utilizzati sui successivi Tu-22M1 ed M2.
I primi motori iniziali furono gli NK-144-22 da 20.000 kg/s (in pratica, i motori del Tu-144), che vennero montati solo sui prototipi (Tu-22M0). La velocità raggiunta con questi propulsori fu di poco superiore ai 1.500 km/h. Per aumentare le prestazioni, vennero successivamente sostituiti dagli '''NK-22''' da 22.000 kg/s, utilizzati sui successivi Tu-22M1 ed M2. Tuttavia, anche in questo caso non si riuscì a raggiungere le velocità richieste dai vertici dell’aviazione (il requisito era di 2.300 orari, e la velocità massima raggiunta con gli NK-22 fu di “solo” 1.800 km/h). Anche i valori relativi all’autonomia erano bassi rispetto alle richieste. Si decise quindi di utilizzare i più efficaci '''NK-25''', da 25.000 kg/s, che vennero montati sulla versione M3. Con questi propulsori, turbofan ad alto rapporto di diluizione (similmente a quelli dei Su-27 o dei Tornado), pari a circa 0,7-0,8:1, i Tu-22M riuscirono a raggiungere i 2.300 km/h ed i 7.000 km di autonomia. Che il motore fosse diverso è stato chiarito anche dall'osservazione delle prese d'aria, passate da quelle bidimensionali modello Phantom con piastra dello strato limite, a grandi prese d'aria da 1,4 mq di sezione, simili a quelle degli F-15 e MiG-25/31 e capaci di ottimizzarsi meglio a seconda della velocità. Per ottimizzare il flusso dell'aria, vi sono ben 9 portelli ausiliari apribili al decollo, che consentono di evitare prese d'aria troppo grandi, poi penalizzanti in supersonico (il Tu-22, dopotutto, deve volare a circa la velocità del Concorde, al limite della fattibilità per un grosso bombardiere), così si è risolto con questa serie di prese d'aria ausiliarie, grossomodo a metà aereo. I condotti sono una novità per questi bombardieri, dopo l'evoluzione dai Tu-22. Le prese d'aria erano lunghe quasi quanto l'aereo, pesanti e ingombranti, laterali rispetto alle ali di piccole dimensioni, con il sistema di movimentazione sotto la parte centrale della fusoliera. E' una soluzione impegnativa rispetto a quella del Tu-22, e piuttosto simile, invece, a quella del Su-24.
 
I primi motori iniziali furono gli NK-144-22 da 20.000 kg/s (in pratica, i motori del Tu-144), che vennero montati solo sui prototipi (Tu-22M0). La velocità raggiunta con questi propulsori fu di poco superiore ai 1.500 km/h. Per aumentare le prestazioni, vennero successivamente sostituiti dagli '''NK-22''' da 22.000 kg/s, utilizzati sui successivi Tu-22M1 ed M2. Tuttavia, anche in questo caso non si riuscì a raggiungere le velocità richieste dai vertici dell’aviazione (il requisito era di 2.300 orari, e la velocità massima raggiunta con gli NK-22 fu di “solo” 1.800 km/h). Anche i valori relativi all’autonomia erano bassi rispetto alle richieste. Si decise quindi di utilizzare i più efficaci '''NK-25''', da 25.000 kg/s, che vennero montati sulla versione M3. Con questi propulsori, turbofan ad alto rapporto di diluizione (similmente a quelli dei Su-27 o dei Tornado), pari a circa 0,7-0,8:1, i Tu-22M riuscirono a raggiungere i 2.300 km/h ed i 7.000 km di autonomia. Che il motore fosse diverso è stato chiarito anche dall'osservazione delle prese d'aria, passate da quelle bidimensionali modello Phantom con piastra dello strato limite, a grandi prese d'aria da 1,4 mq di sezione, simili a quelle degli F-15 e MiG-25/31 e capaci di ottimizzarsi meglio a seconda della velocità. Per ottimizzare il flusso dell'aria, vi sono ben 9 portelli ausiliari apribili al decollo, che consentono di evitare prese d'aria troppo grandi, poi penalizzanti in supersonico (il Tu-22, dopotutto, deve volare a circa la velocità del Concorde, al limite della fattibilità per un grosso bombardiere), così si è risolto con questa serie di prese d'aria ausiliarie, grossomodo a metà aereo. I condotti sono una novità per questi bombardieri, dopo l'evoluzione dai Tu-22. Le prese d'aria erano lunghe quasi quanto l'aereo, pesanti e ingombranti, laterali rispetto alle ali di piccole dimensioni, con il sistema di movimentazione sotto la parte centrale della fusoliera. E' una soluzione impegnativa rispetto a quella del Tu-22, e piuttosto simile, invece, a quella del Su-24. Infine il carburante, variamente valutato (come anche l'autonomia, tra 2.188 e 8.000 km), nei primi anni '90 era inteso in circa 68.750 l più un eventuale serbatoio interno nel vano portabombe, da 7.500 litri.
Da notare che il Tu-22M è ben diverso dal vecchio Tu-22, la cui forma era aerodinamicamente eccelsa data l'esclusione dei motori stessi dalla fusoliera e dalle ali, relegati piuttosto ai lati della coda in maniera inconfondibile (visto che non aveva la coda a T, ma di tipo convenzionale), ma con lunghe prese d'aria che corrono lungo la fusoliera e arrivano alla coda, dentro cui sono inglobati i motori. In pratica, quindi, la fisionomia dell'aereo è quella di un enorme interdittore modello Tornado, piuttosto che un bombardiere classico. Per ospitare i motori, però, è stato necessario ricorrere ad una fusoliera pesante e con vari compromessi. La situazione ideale, motori sotto o dentro le ali, era preclusa dalla geometria variabile e dal poco spazio sotto la parte fissa delle ali. L'ideale è stato raggiunto dopo, con il Tu-160, aereo nettamente più grande, con 2 coppie di motori sotto le ali, come nel caso del B-1B americano del resto. Il Tu-22M è stato disegnato per profili di volo veloci e ad alta quota. A bassa quota, invece, ha limitazioni non indifferenti. La struttura è leggera, con scuotimenti e le sottili ali piegate verso l'alto anche in condizioni non critiche di volo. Quanto ai carrelli, essi sono tre: uno doppio anteriore, due posteriori con tre coppie in tandem di ruote, pneumatici da 1.030x350 mm (anteriori: 1.000 x280 mm) e pressione 11,96 kg/cm2 (9,6 per il carrello anteriore). Un'altra caratteristica è l'enorme deriva verticale: il timone, a doppio angolo di freccia nella superficie d'entrata (57° per la parte inferiore) e superficie di quasi 62 m2, tanto che deve allungarsi fino all'altezza delle ali. Così è stato tuttavia possibile eliminare eventuali pinne ventrali di stabilizzazione, un problema non di poco conto per i velivoli a geometria variabile (vedi la pinna ventrale piegabile del MiG-23/27). Infine, in termini tecnici, notevole è anche la presenza della turbinetta ausiliaria TA-6 nella stessa coda. Il carburante usato è il T-1, l'RS-1 e l'RT, ovvero quelli principali per i motori russi. VI è anche la predisposizione per razzi RATO ausiliari, talvolta utili per decolli a pieno carico. In tutto, il turbofan ad alto rapporto di diluizione significa una valida velocità in crociera, ma non così per l'accelerazione ad alta velocità supersonica, con il postbruciatore. Le superfici di controllo hanno slat in tre sezioni, e tre sezioni sono pure con i flap, abbassabili di 23 gradi in decollo e 40 in atterraggio. Il raccordo dell'ala non rappresenta una costruzione particolare, senza attenzioni per la riduzione radar o per benefici aerodinamici o volumetrici, essendo un tipo molto convenzionale e semplice, con i meccanismi di movimento esterni in pratica alla fusoliera. I piani di coda sono mobili per gli equilibratori, con oltre 11 m di apertura e 32,98 m2 di superficie. La deriva ha una lunga costola di raccordo, è molto alta e offre un notevole livello di resistenza allo stallo; l'altezza supera i sei metri dall fusoliera, e la superficie di 61,7 m2. Al suo interno vi è anche l'APU TA-6.
 
Da notare che il Tu-22M è ben diverso dal vecchio Tu-22, la cui forma era aerodinamicamente eccelsa data l'esclusione dei motori stessi dalla fusoliera e dalle ali, relegati piuttosto ai lati della coda in maniera inconfondibile (visto che non aveva la coda a T, ma di tipo convenzionale), ma con lunghe prese d'aria che corrono lungo la fusoliera e arrivano alla coda, dentro cui sono inglobati i motori. In pratica, quindi, la fisionomia dell'aereo è quella di un enorme interdittore modello Tornado, piuttosto che un bombardiere classico. Per ospitare i motori, però, è stato necessario ricorrere ad una fusoliera pesante e con vari compromessi. La situazione ideale, motori sotto o dentro le ali, era preclusa dalla geometria variabile e dal poco spazio sotto la parte fissa delle ali. L'ideale è stato raggiunto dopo, con il Tu-160, aereo nettamente più grande, con 2 coppie di motori sotto le ali, come nel caso del B-1B americano del resto. Il Tu-22M è stato disegnato per profili di volo veloci e ad alta quota. A bassa quota, invece, ha limitazioni non indifferenti. La struttura è leggera, con scuotimenti e le sottili ali piegate verso l'alto anche in condizioni non critiche di volo. Quanto ai carrelli, essi sono tre: uno doppio anteriore, due posteriori con tre coppie in tandem di ruote, pneumatici da 1.030x350 mm (anteriori: 1.000 x280 mm) e pressione 11,96 kg/cm2 (9,6 per il carrello anteriore). Un'altra caratteristica è l'enorme deriva verticale: il timone, a doppio angolo di freccia nella superficie d'entrata (57° per la parte inferiore) e superficie di quasi 62 m2, tanto che deve allungarsi fino all'altezza delle ali. Così è stato tuttavia possibile eliminare eventuali pinne ventrali di stabilizzazione, un problema non di poco conto per i velivoli a geometria variabile (vedi la pinna ventrale piegabile del MiG-23/27). Infine, in termini tecnici, notevole è anche la presenza della turbinetta ausiliaria TA-6 nella stessa coda. Il carburante usato è il T-1, l'RS-1 e l'RT, ovvero quelli principali per i motori russi. VI è anche la predisposizione per razzi RATO ausiliari, talvolta utili per decolli a pieno carico. In tutto, il turbofan ad alto rapporto di diluizione significa una valida velocità in crociera, ma non così per l'accelerazione ad alta velocità supersonica, con il postbruciatore. Le superfici di controllo hanno slat in tre sezioni, e tre sezioni sono pure con i flap, abbassabili di 23 gradi in decollo e 40 in atterraggio. Il raccordo dell'ala non rappresenta una costruzione particolare, senza attenzioni per la riduzione radar o per benefici aerodinamici o volumetrici, essendo un tipo molto convenzionale e semplice, con i meccanismi di movimento esterni in pratica alla fusoliera. I piani di coda sono mobili per gli equilibratori, con oltre 11 m di apertura e 32,98 m2 di superficie. La deriva ha una lunga costola di raccordo, è molto alta e offre un notevole livello di resistenza allo stallo; l'altezza supera i sei metri dall fusoliera, e la superficie di 61,7 m2. Al suo interno vi è anche l'APU TA-6.
L’equipaggiamento di bordo è sofisticato, ed include un radar di grande potenza che lo mette in grado di individuare bersagli sia terrestri sia navali in qualunque condizione meteo, noto in ambito nato come A-322Z 'Down Beat' e con portata stimata di 400 km, congrua con la missione d'attacco antinave, assieme ad un sistema di guida dei missili A-359Z. Forse ha una certa capacità TFR, ma non autonomatica. Il radar sistema di puntamento è ottico-elettronico di tipo '''OPB-15'' (o AFA-15, come era noto anni prima, vedi RiD luglio 1995) sistemato sotto il muso e rivolto in avanti, in un'apposita finestrella', mentre sistema di navigazione è di tipo inerziale, più vari sistemi di navigazione a lungo raggio. Ovviamente presenti anche sistemi ECM di notevole potenza, con antenne sulla deriva (sia al suo vertice che ai lati), specie nell'M3, che ha anche un apparato MAWS dorsale. Infine, il radar 'Box-Tail' e sistema TV sono asserviti in coda alla torretta UK-9A-802 con un cannone GSh-23-2, almeno nel tipo Tu-22M3 (inizialmente c'erano due cannoni monocanna da 23 mm).
 
Infine, in termini tecnici, notevole è anche la presenza della turbinetta ausiliaria TA-6 nella stessa coda. Il carburante usato è il T-1, l'RS-1 e l'RT, ovvero quelli principali per i motori russi. VI è anche la predisposizione per razzi RATO ausiliari, talvolta utili per decolli a pieno carico. In tutto, il turbofan ad alto rapporto di diluizione significa una valida velocità in crociera, ma non così per l'accelerazione ad alta velocità supersonica, con il postbruciatore. Le superfici di controllo hanno slat in tre sezioni, e tre sezioni sono pure con i flap, abbassabili di 23 gradi in decollo e 40 in atterraggio. Il raccordo dell'ala non rappresenta una costruzione particolare, senza attenzioni per la riduzione radar o per benefici aerodinamici o volumetrici, essendo un tipo molto convenzionale e semplice, con i meccanismi di movimento esterni in pratica alla fusoliera. I piani di coda sono mobili per gli equilibratori, con oltre 11 m di apertura e 32,98 m2 di superficie. La deriva ha una lunga costola di raccordo, è molto alta e offre un notevole livello di resistenza allo stallo; l'altezza supera i sei metri dall fusoliera, e la superficie di 61,7 m2. Al suo interno vi è anche l'APU TA-6.
 
L’equipaggiamento di bordo è sofisticato, ed include un radar di grande potenza che lo mette in grado di individuare bersagli sia terrestri sia navali in qualunque condizione meteo, noto in ambito nato come A-322Z 'Down Beat' e con portata stimata di 400 km, congrua con la missione d'attacco antinave, assieme ad un sistema di guida dei missili A-359Z. Forse ha una certa capacità TFR, ma non autonomatica. Il radar sistema di puntamento è ottico-elettronico di tipo '''OPB-15'' (o AFA-15, come era noto anni prima, vedi RiD luglio 1995) sistemato sotto il muso e rivolto in avanti, in un'apposita finestrella', mentre sistema di navigazione è di tipo inerziale, più vari sistemi di navigazione a lungo raggio. Ovviamente presenti anche sistemi ECM di notevole potenza, con antenne sulla deriva (sia al suo vertice che ai lati), specie nell'M3, che ha anche un apparato MAWS dorsale. Infine, il radar 'Box-Tail' di scoperta, associato a telemetro radar 'Swift Rod' e sistema TV sono asserviti in coda alla torretta UK-9A-802 con un cannone GSh-23-2, almeno nel tipo Tu-22M3 (inizialmente c'erano due cannoni monocanna da 23 mm).
Le comunicazioni sono assicurate da due UHF R-832M ed un SW R-846 con equipaggiamento per la codifica dei messaggi.
 
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*fino a tre AS-4 'Kitchen' o forse altrettanti AS-6 'Kingfish' sistemati nella stiva o appesi a piloni esterni. In pratica essi sono limitati a due sotto le ali (lunghi oltre 6,5 m), o uno semiaffogato in fusoliera: in genere il missile singolo è stato visto con i Tu-22M2, mentre due armi, raramente osservate, lo sono state con i Tu-22M3, più potenti;
*sei AS-16 'Kickback' in un lanciatore rotante nella stiva, oltre ad altri quattro appesi ai due piloni esterni; essi sono armi da 4,78 m, , diametro 455 mm e apertura alare di 900, pesanti 1.200 kg, raggio di 150 km, testata da 150-350 kT. L'AS-15, seppure valutato sperimentalmente e per qualificazione, pare troppo grande per essere stato adottato dal Tu-22M. Se fosse così, il raggio, anche senza rifornimento, potrebbe consentirgli di attaccare gli USA.
*circa 69 bombe a caduta libera da 250 kg, oppure un minor numero di altri tipi più pesanti, fino alle FAB-3000 da altrettanti kg. Tra le combinazioni citate si parla di 9,5 t di bombe interne e fino a sei esterne.
 
Il carico massimo complessivo trasportabile è di 24 tonnellate di bombe, con testata sia convenzionale, sia nucleare. Il Tu-22M3 è capace di trasportare ben 20 bombe da 500 kg nella stiva, e altre 18 esterne. Le versioni precedenti avevano un carico bellico estremamente inferiore: infatti, la versione M2 era in grado di trasportare solo gli AS-4, mentre non si hanno informazioni sulla quantità di bombe imbarcabili su M0 ed M1.
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I Tu-22M hanno anche una capacità di autodifesa attiva, per l'ultima volta nella storia dei bombardieri. Infatti, tutte le versioni hanno montato in coda uno o più cannoni da 23 mm. In dettaglio, si tratta di un singolo GSh-23 a doppia canna sul Tu-22M3, e di due GSh-23 a singola canna sulle altre versioni.
 
'''Tu-22M0''': versione di pre-serie costruito in 12 esemplari, utilizzato per le valutazioni a partire dal 1971. Spinto da due reattori NK-144-22 da 20.000 kg/s, poteva raggiungere la velocità di 1.530 km/h. La lunghezza era di di 41,5 metri, mentre l'altezza raggiungeva gli 11,05. L'apertura alare variava tra i 22,75 (freccia minima) ed i 31,6 (freccia massima) metri, mentre il peso massimo al decollo era di 121 tonnellate. L'autonomia massima raggiungeva i 4.140 km. Esso aveva il carrello interno a due grossi fusi alari (le carote di Whitcomb), in maniera simile a quanto avvenuto con il
 
'''Tu-22M1''': (Backfire-A) primoI esemplareprimi 12 aerei di serie, completato nel luglio 1971 e costruito a Kazan a partire dal 1972. Si trattava di un aereo caratterizzato da diverse modifiche rispetto agli esemplari di pre-serie, tra cui nuovi motori (NK-22 da 21.900 kg/s) che consentivano una velocità ed una autonomia superiori (rispettivamente, 1.660 km/h e 5.000 km). Le dimensioni erano praticamente le stesse, tranne che per l'apertura alare (tra i 25 ed i 34,28 metri). Anche il peso al decollo era di poco superiore (122 tonnellate contro le 121 della versione precedente). Questa versione non fu ritenuta soddisfacente.
 
'''Tu-22M2''': (Backfire-B) versione migliorata del Tu-22M1, che volò per la prima volta nel 1973. Entrato in servizio operativo dal 1976, è stato costruito in ben 211 esemplari tra il 1973 ed il 1983. La sua autonomia, insufficiente rispetto ai requisiti dell'aviazione, era di circa 5.100 km, e la velocità massima raggiungeva i 1.800 km/h. Le dimensioni (se si esclude il fatto che era più corto di quattro centimetri) erano esattamente le stesse degli M1. Subito dopo l'inizio della produzione in serie, l'aereo ricevette i nuovi motori NK-23, visto che la versione precedente non aveva avuto prestazioni soddisfacenti. La torretta posteriore era dotata di due cannoni, pare si trattasse dei monocanna AM-23 in torretta PV-23.
 
'''Tu-22M2Ye''': designazione di un piccolo numero di Tu-22M2 che vennero dotati di motori NK-25 e di strumentazione migliorata. Tuttavia, il miglioramento delle prestazioni non fu tale da giustificare la produzione su vasta scala. Infatti era in arrivo il Backfire di terza generazione:
 
'''Tu-22M3''': (Backfire-C) ulteriore variante sviluppata dal Tupolev OKB per ovviare il problema del raggio d'azione. Volò il 20 giugno 1977, con i nuovi motori NK-25 da 2500025.000 kg/s e differiva dalla versione precedente per il muso allungato, le prese d'aria simili a quelle del MiG-25 e l'angolo massimo delle ali aumentato a 65°. I dati tecnici sono quelli inseriti in tabella. Il Tu-22M3 è entrato in servizio nel 1983 e, pur non raggiungendo i valori di autonomia richiesti, è subito apparso come un aereo decisamente più affidabile e maturo rispetto ai predecessori. Il carico bellico venne raddoppiato rispetto alla precedente versione: infatti, aveva la capacità di trasportare 3 missili da crociera o 10 missili a corto raggio AS-16. Nel 1985 vennero effettuati dei test di volo a bassa quota ed alta velocità, in modo da dimostrare la capacità di soppressione delle difese aeree nemiche del velivolo. La diffusione è stata sopratutto per l'aviazione di Marina, che del resto richiedeva le missioni più difficili: principalmente, l'attacco ai gruppi navali NATO, specie quelli con le portaerei.
 
'''Tu-22MR''': si tratta della variante da ricognizione guerra elettronica, solo sei realizzati dal 1985 e mantenuti altamente segreti.
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Comunque, durante le trattative per gli accordi SALT II, gli Stati Uniti ottennero l'assicurazione dall'allora Premier sovietico Leonid Brezhnev che i Tu-22M non sarebbero stati aggiornati con il sistema di rifornimento in volo, e che la costruzione di questi aerei sarebbe stata limitata a 30 esemplari l'anno. In seguito, nonostante la mancata ratifica del SALT II, il sistema di rifornimento in volo fu rimosso da tutti i bombardieri. Inutilmente, dal punto di vista delle possibilità strategiche. Comunque si sarebbe potuto, volendo, ristabilire la situazione: i missili Kh-55, ovvero gli AS-15, hanno una portata di circa 2.500 km. Se si fosse adottato un profilo molto favorevole, magari ad alta quota e con i Tu-22M3, forse ci si poteva ancora fare. Anche perché, pare che l'autonomia dei Tu-22M3 fosse di circa 7.000 km sì, ma con 6 missili AS-16. In ogni caso, anche il caso Backfire, e forse sopratutto questo, è stato un caso in cui i servizi di intelligence americani hanno sopravvalutato di molto la minaccia e, dati i consumi e la quantità di carburante ipotizzabile (circa 50 t) non è stata una valutazione così 'in buona fede', ma facente parte di tante altre (vedi MiG-25) che hanno portato molto denaro alla causa del riarmo americano dopo-Vietnam. Avevano insomma ragione i sovietici che non volevano considerarlo aereo inteso quale minaccia per gli USA stessi.
 
Ma sopratutto, questo aereo, assieme ai missilisuoi antinaveenormi missili, è stato considerato, nella linea dei grandi bombardieri missilistici russi (in pratica succedeva al Tu-16) un bombardiere d'attacco antinave, potente vettore supersonico (ad alta quota) di missili ipersonici Kh-22, ovvero gli AS-4 'Kitchen', missili con capacità di attacco fino a 400 km, presenti con varie versioni d'attacco antiradar, antinave e da attacco strategico (senza guida finale, ma solo con l'INS), sia convenzionali (testata da circa 1.000 kg) che nucleari. Di fatto, non vi sono mai stati altri aerei così potenti nel ruolo antinave come questi: volare per circa 1.000 km ad alta quota in subsonico, poi accelerare a mach 1,5 circa (quasi 500 m.sec) per 200-300 km, localizzare una nave e lanciarvi contro da 200-300 e più km un missile (o due-tre, ma solo con un notevole degrado delle prestazioni, e in generale, una pratica più diffusa nei Tu-22M3), che avrebbe continuato la rotta d'attacco a mach 3 e ad altissima quota, rendendosi un bersaglio estremamente difficile, specie poi nella traiettoria d'attacco finale.

La minaccia di un reggimento di Tu-22 era quella di attaccare con una forza di 18-20 aerei, localizzando le navi americane di una formazione di portaerei e attaccandole da distanze di 300-400 km, dopo un avvicinamento a velocità supersonica sostenuta, per poi disimpegnarsi. Ogni Tu-22M aveva in genere un solo missile semi-annegato nel vano portabombe, per cui la capacità d'attacco multiplo non era stata realizzata; al massimo si potevano portare due armi sotto le ali, oppure anche una sola sotto un'ala. Probabilmente, data la capacità di portare un missile sotto un'ala (dal peso di 6 t e lunghezza di 11 m) era possibile anche portarne due, uno semiannegato in fusoliera, l'altro sotto un'ala (teoricamente si potevano trasportare anche tre armi), ma in pratica i Tu-22M2 sono stati visti quasi sempre con un solo missile sotto le ali; forse era considerato più importante la velocità e l'autonomia per raggiungere le portaerei americane e sfuggire alla mortale minaccia degli F-14 Tomcat, praticamente coevi. Il raggio d'azione dei Tu-22, tra i 1.500 e i 2.500 o più km (versione M3) a seconda della quota e della velocità, era senz'altro maggiore di quello degli aerei imbarcati americani. Ora il problema era un altro: i sovietici avrebbero potuto coordinare un attacco contro le elusive portaerei americane? Avrebbero potuto localizzarle in tempo per scatenare un attacco antinave a lunga portata? I satelliti radar sovietici in orbita erano una prima risposta alla situazione, ma dovendo volare a quote piuttosto ridotte, avevano una limitata capacità di copertura e le loro traiettorie erano prevedibili. I ricognitori aerei avrebbero dovuto fare i conti con la formidabile triade E-2C/F-14/EA-6B, quest'ultimo impegnato a disturbare i radar dei velivoli attaccanti e a rilevarne la minaccia. In caso di 'targeting', i 18-20 (o forse il doppio) dei missili AS-4 sarebbero stati un grave problema. I Tomcat con i missili Phoenix sarebbero stati una parte della risposta, ma della dotazione teorica di 6 missili, in genere ne portavano 2, massimo 4, e solo una parte poteva essere in volo o lanciata per tempo, contro un attaccante che riusciva a lanciare le sue armi oltre i tipici 250 km di distanza delle CAP di F-14: se i sovietici riuscivano a localizzare gli E-2C e ad 'aggirarli' prima di essere visti dai loro radar, avrebbero potuto anche piombare sulle navi americane e colpirle con missili quasi impossibili da intercettare. Anche per questo gli americani pensarono ai sistemi AEGIS, capaci di colpire anche bersagli attaccanti in massa, ad alte prestazioni e innell'arco pocodi tempo,pochi secondi; ma ancora a metà anni '80 avevano solo 3-4 incrociatori 'Ticos' in carico.

Solo nel 1991 erano diventati diffusi, come anche il rimodernamento dei vecchi incrociatori con gli SM-2ER. Per questo sarebbero stati necessari missili più piccoli e da trasportare in maggiori quantità: gli AS-16, la cui versione antinave era però ancora in sviluppo. In ogni caso non erano capaci di attaccare da oltre 150 km, sia pure con velocità ipersoniche. Ma se i Backfire riuscivano a portarsi abbastanza vicini, ne potevano usare 6 (anche 10 con agganci esterni) per ciascun aereo. Comunque, buona parte dei Tu-22M erano in carico all'aviazione strategica o DA, e non alla AV-MF, che aveva circa un reggimento per ogni Flotta. Come le cose sarebbero andate, non lo sappiamo né lo si potrà mai sapere. In ogni caso, gli AS-4 e i Tu-22M venivano visti come la principale minaccia aerea, in uno con i sottomarini lanciamissili o 'convenzionali', dall'USN. Difficile dire come se la sarebbero cavata contro gli F-14 e i Phoenix.
 
Se un aereo come questo riesce a scappare, a virare dopo l’attacco o durante l’avvicinamento (operazione che, specie in supersonico, richiede parecchi secondi) e porsi alle spalle la minaccia, la sua velocità avrebbe ridotto rapidamente la gittata utile dei missili Phoenix (che sono capaci di quasi mach 3 come media sui tiri a lunga gittata, quindi a mach 1,5 la loro portata può aumentare del 50% o dimezzarsi, a seconda dell’angolo di intercettazione). Inoltre, ECM a parte, il cannone di coda poteva certamente essere usato anche come arma CIWS: con una cadenza di 3.400 c.min (pari a quella di un Phalanx), contro il Phoenix grande quasi come un Exocet, qualora questo avesse avuto una velocità residua ridotta (con i tiri a lungo raggio), diciamo meno di mach 1 di margine (300 m.sec), per esempio una velocità d'approccio di 2,5 mach contro il Backfire in fuga a 1,5+ mach, il cannone poteva certamente intervenire, anche con le munizioni contenenti chaff (il cui uso peraltro è piuttosto difficile da capire). Non avendo il clutter a coprirlo (come nei missili sea skimmer), il Phoenix avrebbe corso il rischio di essere abbattuto avvicinandosi in coda, così come anche vari tipi di SAM. In tal senso, i Tu-22M2 erano meglio piazzati, avendo ben 2 cannoni GSh-23 (oltre 6.000 c.min), inizialmente scambiati per due NR-23 (850 c.min l'uno) dalla NATO che non era riuscita a vederli abbastanza da vicino. Oppure, forse, la torre aveva due cannoni AM-23 (1.200 c.min l’uno). Tutto sarebbe dipeso dalla capacità del radar di ricerca, ma considerando le esperienze sovietiche con gli ZSU e i primi CIWS del mondo (gli AK-630) l'ipotesi di una certa capacità antimissile delle torrette di coda è concreta, anche per la grande velocità dei Backfire lanciati in fuga. Stando così le cose, un Phoenix, capace di una portata di 150 km, dovendo inseguire un bersaglio supersonico vede il raggio d'azione già ridursi a 70 km (o a 40-50 km se il bersaglio raggiunge mach 2), ma se questo è anche capace di localizzarlo e abbatterlo, si ridurrebbe di altre decine di km, dovendo conservare quantomeno uno scarto di velocità elevato. Ma questa possibilità non è stata mai collaudata in un'azione di guerra reale o ,per quel che se ne sa, in test operativi, per cui resta solo speculativa.