Utente:Hellisp/Sandbox/Terza guerra punica: differenze tra le versioni

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== Intestazione ==
La Terza guerra punica fu combattuta fra Cartagine e la Repubblica di Roma fra il 149 a.C. e il 146 a.C.. Fu l'ultima delle tre guerre fra le antiche superpotenze del Mar Mediterraneo.
 
 
== Situazione ==
===Cartagine===
Nella Prima guerra punica Cartagine aveva perso Sicilia, Sardegna e Corsica. Dopo l'avventura di Annibale, le cui imprese erano alla base della Seconda guerra punica, la città aveva dovuto cedere anche le redditizie conquiste in Spagna che l'avevano sostenuta finanziariamente - sia per il pagamento delle indennità conseguenti al primo conflitto, sia il quidicennio bellico di Annibale nella penisola italica. Inoltre, Cartagine stava pagando le nuove indennità richieste dopo la sconfitta di Annibale (200 talenti d'argento annui per 50 anni) e fu costretta a prestare un contingente alle forze di Roma nelle guerre contro Antioco III, Filippo V e Perseo. La relativa decadenza dello stato era mitigata da un riprendersi del commercio in cui i cartaginesi erano maestri e un nuovo impulso dato all'agricoltura e in particolare alle coltivazioni di ulivo e vite con tecniche moderne e ad alta resa suggerite dal manuale agronomico di Magone che era tradotto anche a Roma.
ROMA
 
===Roma ===
Per contro, subito dopo e in certi casi anche durante la Seconda guerra punica aveva iniziato una fase di espansione prodigiosa. Dal contrastato controllo dell'Italia a sud dell'Appennino tosco emiliano aveva esteso la sua influenza alla Pianura Padana alleandosi ai Veneti e chiudendo la partita con i Galli delle varie tribù padane.
 
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In sintesi di tutti i paesi costieri del Mediterraneo restavano indipendenti (ma politicamente condizionati) l'Egitto dei Tolomei, alcune città-stato come Marsiglia e la Numidia, il regno che Massinissa, alleato di Roma contro Annibale, aveva strappato a Siface alleato dei punici. E la Numidia confinava a est con quello che restava dei possedimenti di Cartagine.
atteggiamenti[[Media:[[File:Esempio.ogg]]
 
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==Atteggiamenti==
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Come si è detto, Cartagine subiva le pesanti condizioni di sconfitta e si atteneva ai patti in modo scrupoloso per evitare di dare ai romani l'occasione di gravare ulteriormente sulla città.
 
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E a ricordare ai romani la loro nemica pensava Catone il Censore che terminava tutti i suoi discorsi con la famosissima frase "Ceterum censeo Carthago delenda est" (Cartagine deve essere distrutta). non tutti erano dell'avviso, per esempio Scipione Nasica, cugino dell'Africano rispondeva:"per me deve vivere". Ma non aveva lo stesso potere mediatico. Nondimeno, la situazione poteva mantenersi in uno stato di precario equilibrio se non fosse intervenuto Massinissa.
 
==Massinissa==
Ripresosi il suo regno, che gli era stato tolto da Siface, Massinissa si era dedicato allo sviluppo dei suoi territori. Per prima cosa inglobò alcuni regni minori in modo più o meno pacifico fino a portare la Numidia a svilupparsi su quasi tutta la costa dalla Tunisia all'Atlantico. Con una serie di riforme sociali ed economiche iniziò la trasformazione del regno da pastorale ad agricolo. Fondò alcune città, ne ingrandì altre e in genere mostrava la sua aspirazione a fondare un grande stato moderno. Per raggiungere un reale sviluppo territoriale, umano e tecnico, per fornire ai suoi pastori e neo agricoltori una base culturale ed economica doveva, però incorporare anche Cartagine e le sue conoscenze agricole, navali, commerciali.