Caccia tattici in azione/Anni '30-2: differenze tra le versioni

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==P-26==
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La storia dei caccia americani di tipo 'moderno' è fatta di tanti passi. Uno di essi è il P-26, aereo che a vederlo, a stento dà l'idea di essere un caccia intercettore. Eppure a suo tempo fu il primo caccia monoplano e totalmente metallico a servire nell'USAAC. Peraltro fu anche l'ultimo ad avere abitacolo aperto e carrello fisso, per non dire delle ali con tiranti esterni; per la Boeing fu invece l'ultimo caccia prodotto, dopo tre lustri di dominio nei servizi aerei sia dell'Esercito che della Marina americani. Esso nacque da una richiesta del settembre 1931, per un caccia veloce a sufficienza per acchiappare i bombardieri moderni, a loro volta sempre più veloci, metallici e monoplani. IL Model 248 fu la risposta, ordinato già in tre prototipi il 5 dicembre 1931. La costruzione ebbe luogo dal gennaio successivo, e nonostante avesse sia caratteristiche avanzate che un po' obsolete, alla fine dimostrò di possedere il giusto 'mix' di innovazione e tradizione. Un aereo che guardava in avanti e all'indietro nell'evoluzione tecnica, e come tale, scelto dall'USAAC ma rimasto un po' un punto interrogativo per gli storici dell'aviazione. L'ala era a due longheroni, ma non sufficientemente robusta da tenersi da sola, così aveva anche la controventatura di diversi cavetti d'acciaio. Era così possibile fare un'ala talmente leggera, e sottile, che anche con i cavi era meno resistente all'attrito e meno pesante. Invece i piani di coda erano totalmente a sbalzo, a differenza, curiosamente, di progetti avanzati come sarebbe stato il Bf-109 iniziale. Il carrello, pesantemente provvisto di una carenatura a 'calzoni', che aveva a che fare sia con le ruote che con gli assi, era decisamente caratteristico. Il motore era ben collaudato e collocato dentro la fusoliera in lega leggera, un'unità radiale R-1340-9. C'era una nuova M2 da 12,7 mm e una da 7,62 mm nel muso, e la possibilità di portare 5 bombe da 13,6 kg o due da 122 lbs (circa 50 kg), o due bengala. Il cannocchiale di puntamento del tipo C-3, altro elemento caratterizzante dell'aereo, gli farà guadagnare il suo nome, di Peachshooter (sparapiselli). Il primo volo avvenne il 20 marzo 1932, all'epoca c'era davvero poco da aspettare per sviluppare un caccia: appena 9 settimane. Con un peso di circa 1.200 kg era capace di 227 mph a 3.048 m, e manteneva 210 mph a 6.096 e 174 a 8.473; poteva salire a circa 11 m.sec e arrivare a circa 9.000 m; l'autonomia, come in genere accadeva per i caccia USA, era commisurata -entro certi limiti- all'enorme superficie del territorio USA, e permetteva così ben 1.220 km.
 
Dopo i tre prototipi, venne fuori la produzione di serie, leggermente migliorata; l'11 gennaio 1933, grossomodo ai tempi dell'entrata in servizio del CR.32, vennero ordinati 111 P-26A, il cui primo esemplare volò il 10 gennaio 1934. L'ultimo venne consegnato il 30 giugno, il prezzo unitario -eccetto tutto quello che non era della Boeing, motore incluso- era di 9.999 dollari. Così il P-26 nacque all'epoca della Depressione e sarà destinato, malgrado i piccoli numeri, a durare in servizio fino a tempi tutto sommato più felici per l'economia USA (che venne 'rivitalizzata' dalle spese statali, specie quelle belliche degli anni '40). Battuto il rivale Curtiss XP-31 Swift, il P-26A ebbe come seguito altri velivoli; interessante notare che i vecchi caccia biplani che sostituiva, i P-12E, costavano 10.197 dollari, per una rara volta accadde quindi che un prodotto innovativo riuscì anche ad essere meno costoso di quello che sostituiva. E anche per questo, presto ne vennero fuori altri 25 esemplari come P-26B e C migliorati. Nonostante la potenza del motore limitata ad appena 500 hp, l'aereo era abbastanza veloce, ma il problema era che esso era anche troppo rapido all'atterraggio. Il 22 febbraio 1934 uno di essi si ribaltò, riportando pochi danni, ma uccidendo sul colpo il malcapitato pilota (tale F.I.Patrick). Per questo il poggiatesta, onde proteggere il collo (e la pelle) del pilota, venne rialzato di 203 mm, modifica che venne poi applicata a tutti gli aerei nuovi e retrofittata a quelli vecchi. Nel frattempo, giova ricordare che lo strano caccia Boeing appesantì la sua forma con un'altra novità, un'antenna radio con relativo filo, una cosa rara, forse unica, per un caccia dell'epoca. Non solo, ma i P-26 ebbero anche, ad un certo punto, dei galleggianti gonfiabili per l'ammaraggio d'emergenza. Non si sa di alcun pilota salvato da tali congegni, ma in compenso un caccia andò perso per via del gonfiaggio in volo di uno dei 'palloni'. Il problema maggiore però era l'atterraggio, con una velocità di ben 82,5 miglia orarie; questo rendeva pericoloso l'aereo, più che per esso stesso, per il fatto che i campi d'aviazione dell'epoca erano in effetti, dei veri 'campi', con ciocche d'erba e buche. Sebbene il P-26 non pesasse molto, veniva giù veloce e la concentrazione -per una migliore agilità- delle masse in avanti lo faceva cappottare rapidamente. Grazie ai contratti di produzione esteri si pensò a dei flap che abbassavano la velocità a 73 mph, un vantaggio che era più che sensibile, e che venne retrofittato a tutti i P-26A, B e C. Alla fine il peso, che era eccezionalmente basso, aumentò di poco, ma ne valse la pena: il P-26A pesava appena 996 kg a vuoto e circa 1.360 al decollo.
 
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Così, in un'epoca in cui era esperienza piuttosto rara la vista di un monoplano, i P-26A entrarono in servizio con l'USAAC: era l'inizio del 1934 e il primo beneficiario fu il 20th Pursuit Group con i suoi 3 squadroni, basato in Louisiana, poi seguì il 1st PG di Selfridge e il 17th PG con altri 3 squadroni, ma basato in California. In seguito vi furono vari altri gruppi interessati all'aereo, tra cui il 18th e il 15th PG, quest'ultimo alle Hawaii, ma nel 1940 questi aerei erano del tutto superati. I P-26 rimasero nondimeno parecchio tempo in servizio, accanto ai loro sostituti designati, ovvero i P-35 e P-36. Il P-26 era un aereo popolare, ancorché dall'apparenza strana e anche un po' goffa, con quell'ala media e controventata, e il carrello fisso e carenato. Il pilota poteva assicurarsi una valida capacità di manovra grazie alle masse, tutte molto vicine al CG del velivolo.
 
IL problema vero era un altro, e cioécioè il rischio di cappottare all'atterraggio, per questo l'aereo ebbe presto una struttura di rinforzo dietro il sedile. I P-26, oramai obsolescenti nel '38-40, vennero trasferiti anche in America Centrale nel febbraio 1939, con il 37th PG, ma solo nove erano ancora funzionanti all'epoca dell'attacco a P.Harbour, e sei di essi andarono distrutti al suolo dall'attacco giapponese quel fatidico sette dicembre 1941.
 
C'erano anche nelle Filippine, con il 3rd Sqn, ma sopratutto molti vennero venduti al governo locale, se per molti si possono intendere 12 P-26A, comprati ne luglio del 1941 per il 6th PS dell'Aviazione dell'Esercito filippina. Incredibilmente, nonostante la loro totale obsolescenza e l'inferiorità complessiva, gli agili P-26 riuscirono a colpire qualche caccia A6M giapponese, specialmente nell'azione del 12 dicembre, quando sei di essi combatterono contro una formazione che attaccava Manila; il risultato fu di un bombardiere e due Zero abbattuti, contro la perdita di tre P-26. Evidentemente, non ci sono limiti a quello che può fare un pilota determinato e un aereo agile e minimamente armato. Ma presto i pochi caccia filippini (come anche quelli americani) vennero abbattuti o distrutti al suolo, o infine bruciati per impedire che cadessero nelle mani dei giapponesi avanzanti da terra. Altri 9 P-26 rimasero in servizio nella zona del Canale di Panama, fino a che nel giugno del '42 vennero finalmente rimpiazzati dai P-40. Ma non fu la fine, perché il Guatemala, nel novembre del '42 volle comprare gli aerei ex-USAAC; dato che c'era una legge del Congresso che proibiva la vendita di caccia nell'America Latina (l'abituale contraddizione americana, da un lato il controllo e il dominio nel 'giardino di casa', dall'altro molta ritrosia a vendere alcunché di bellico, con il risultato di far comprare al loro posto prodotti europei o di altra provenienza), li si fece passare per PT-26A, una specie di addestratori armati. In tutto ne vennero passati di mano sette fino al 4 maggio 1943. Potrà sembrare assurdo, ma alcuni di questi aerei, già totalmente obsoleti nel '41, riuscirono a sopravvivere -come addestratori- fino al '57, quando per esempio, gli Spitfire erano stati ritirati dalla RAF e da quasi tutti i loro utenti, e così i P-47. Uno di essi tornò negli USA ed è visibile nel Museo aeronautico di Chino (California), restaurato e in condizioni di volo, con i colori USAAC. Un altro è al museo Smithsonian.
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Molte sono le tappe per la costruzione di un caccia totalmente moderno. L'I-16 è una delle più importanti, e certamente la più consistente per esperienza di combattimento e numero di esemplari prodotti. Nel '35, l'Hurricane e sopratutto il Bf-109 furono la maturazione della formula. Peraltro, l'Hurricane era ancora in struttura parzialmente intelata, mentre il Bf-109 aveva un motore alquanto debole; anche se gettò la base di un aereo realmente moderno, il primo caccia definibile come 'completamente moderno' fu lo Spitfire nel '36. Fermo restando che l'elica era ancora una bipala in legno, degna di un Camel del '18.
 
Torniamo all'I-16. E'È un caccia di tipo moderno, dalla sagoma eccezionalmente compatta: la lunghezza stentava a raggiungere i 6 metri, mentre la fusoliera, come al solito, era tozza; tuttavia, la costruzione era in legno, mentre l'ala era metallica con doppio longherone, ma era almeno in parte rivestita in tela; l'abitacolo aveva tettuccio scorrevole, ma ai piloti non piaceva. Questo minuscolo caccia ('Mosca', come era noto ai Repubblicani, o 'Rata', topo, come era noto ai Nazionalisti) era un aereo talmente ignoto all'estero, malgrado che avesse partecipato a diverse manifestazioni aeree, che all'inizio lo consideravano come una sorta di caccia Boeing (che era per l'appunto monoplano) prodotto in URSS. La sua velocità ed energia erano impressionanti, ma non venne usato al meglio (come del resto non sarà nemmeno per i primi caccia '0' italiani) per quel che era, un velivolo meno agile dei biplani ma più di altri monoplani, specie nella velocità di virata. In Spagna, però, finirà per essere superato in agilità dal CR.32 e in velocità dal Bf-109, ma questa è un'altra storia.
 
La nascita di questo caccia venne decisa per rispondere alla competione per il nuovo caccia per la V-VS, in concorso contro l'ANT-31 (primo caccia moderno a tutti gli effetti, primo volo 27 maggio 1933) dell'ufficio Tupolev, ma sviluppato grazie alle invenzioni dello TSAGI (all'epoca diretto da Sukhoi). Era il marzo 1933, e Polikarpov era stato appena liberato dalla prigione. La base di partenza, come è facile da notare, era lo stesso I-15, che a sua volta era il miglioramento netto dell'I-5. Già il 30 dicembre 1933 volò per la prima volta, ancora con l'M-22 da 480 hp, poi con un SGR-1820 americano (il Cyclone) da 710 hp, il 18 febbraio 1934.
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Non finì qui: il Tip 27 era simile al Tip 17 ma con motore M-62, il Tip 28 era simile al -24 ma con due armi da 7,62 e 2 da 20 mm; il Tip 29 aveva carello abbassato e allargato, motore M-63, cannone da 20 e due UBS da 12,7; il Tip 30 era simile al -24 con motore M-63, in produzione dal 1941.
 
Non mancò un I-16 con motore M-22 e funzione di attacco al suolo, il che comportava corazze protettive per l'abitacolo, 4 ShKAS e due bombe da 50 kg; ancora più impressionante era però l'I-16SPB che era un vero bombardiere in picchiata, con tanto di freni aerodinamici e il carrello con comando pneumatico, anziché meccanico come i tipi precedenti. L'I-16TK era invece turbocompresso con 494 kmh a 8.600 m. Tuttavia, tutti questi tipi rimasero prototipi. Così avvenne anche per l'I-17, un caccia con motore in linea basato sull'HS 12Y da 760 hp. L'obiettivo era una velocità di 500 kmh e il nuovo aereo, derivato dal precedente, venne pensato già nel '33, tanto che volò il 1 settembre 1934. Ma in tal caso risultò non più veloce dei tipi con motori radiali, ovvero 455 kmh. Il migliorato TsKB-19 aveva un valore di ben 485 kmh, ancora un po' poco. Venne presentato a Parigi nel '36 e a Milano nel '37 (quando gli I-16 stavano combattendo contro i C.R.32 in Spagna!). Con un cannone da 20 ShVAK e due ShKAS era senz'altro un velivolo interessante. Ve ne fu anche un tipo che tornava ai radiali GR.14K, noto come I-19 o TsKB-25. Ma tutto finì perché nel frattempo venne studiato l'I-180. Questo sfortunato aereo ebbe un paio di prototipi in volo dal 14 giugno 1938, ma precipitarono nei collaudi. Ne seguì un terzo con un radiale M-88 da 1.000 hp, febbraio 1939. Ma nonostante questo e altri sviluppi, alla fine verrà scelto un progetto nuovo, e per tanti aspetto simile concettualmente all'I-16 primigenio: il LaGG-5.
 
 
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L'I-16 entrò inizialmente in servizio con il Tip 1, una specie di macchina di preserie, ma già con il motore da 480 hp M-22 era capace di volare ad alta velocità; ma fu solo con i motori potenziati che la sua formula poté essere sfruttata, e lo fu. Il problema erano i piloti, perché non era facile far capire come si combattesse in velocità, come una sorta di FW-190 ante-litteram. Il fatto è che l'I-16 era anche molto agile e non si lasciava intimidire negli scontri manovrati con i biplani. Ma gli unici caccia monoplani capaci di primeggiare persino in questi scontri erano quelli giapponesi, e paradossalmente l'I-16, proprio per la sua agilità, rischiava di fare brutti scherzi ai suoi piloti, che erano piuttosto propensi ad accettare lo scontro con biplani inevitabilmente più lenti, ma anche più agili. Del resto anche il CR.32 era meno agile del NiD.52, ma -come anche l'He-51- sfruttava la maggiore velocità per non farsi abbattere. Il CR era più agile dell'I-16, e di qualcosina più veloce dell'I-15. Quest'ultimo era un caccia eccezionalmente agile. I piloti italiani che lo provarono in Spagna lo definirono proprio così, 'eccezionale'. I Russi che provarono i CR.32 catturati, invece, li trovarono difficili da far decollare e duri in manovra. L'I-15 era più leggero e rapido in salita -anche se inizialmente vennero mandati in Spagna, presumibilmente, solo i tipi con l'M-22-, era grossomodo altrettanto veloce, se non qualcosa di più (dipende dalle versioni) in orizzontale, mentre era più lento in picchiata, sia per la fusoliera tozza (dopo tutto era noto in Spagna come 'Chatos', naso piatto), sia perché le sue ali, prive della robustezza del sistema Warren (con montanti alari a.. W), tendevano a spezzarsi nelle picchiate più accentuate. La velocità di salita era oltremodo vantaggiosa per i caccia intercettori; quella di picchiata, invece, è un vantaggio tattico importante per i caccia da superiorità aerea, o in generale impegnati negli scontri con aerei simili. Questo è quello che si sarebbe visto, per esempio, tra l'AVG e i caccia giapponesi: mentre i Ki-27 e 43 erano certo più rapidi in salita, i P-40 potevano scappare in picchiata lasciandoli nettamente dietro. Anche in Corea, forse l'unico altro parallelo con la Spagna, le cose andarono così: l'F-86 poteva seminare in picchiata il MiG-15 (degno erede dell'I-15, nonché dello stesso I-16), mentre in orizzontale non c'era quasi differenza, e in salita (e accelerazione) il MiG superava largamente l'F-86, tant'é che mentre l'americano si buttava in picchiata per disimpegnarsi (come del resto facevano anche i caccia tedeschi), il russo accelerava e saliva in quota, tanto da arrivare in alto a sufficienza per lasciarsi indietro il rivale, e-o superarlo in agilità (specie sopra i 10.000 m).
 
Nel caso del CR.32 c'era una struttura robusta che aiutava a resistere a danni e sollecitazioni, e un motore a cilindri in linea che permetteva una fusoliera fine. Non è noto fino a che punto fosse in grado di arrivare in picchiata: l'anemometro arrivava a 460 kmh, ma i piloti superavano di sicuro i 500. Al di là dell'inaffidabilità degli strumenti dell'epoca, che fossero veloci era verificabile sia dalla possibilità di lasciarsi dietro gli I-15, che dalla capacità di raggiungere gli SB-2 (in volo orizzontale, se anche loro si fossero buttati in picchiata non ci sarebbe stata storia). Gli I-15 non erano tanto robusti, e gli I-153 raggiunsero un po' il limite della struttura: pare che uno di essi si disintegrò in picchiata a circa 500 kmh. Questo non vuol dire che gli I-153 non sarebbero stati un caccia superiore ai CR.32, in verità la loro salita era talmente rapida da lasciarsi indietro anche i successivi CR.42. In termini di velocità, sarebbe interessante conoscere le prestazioni dei successori del CR.32, il '42. Ma, nonostante la potenza molto maggiore, è probabile che non potessero andare molto più veloce, a causa della resistenza di una fusoliera dalla sezione nettamente più larga (motore radiale). Un paragone può essere il P-36/H-75, dalla potenza motrice paragonabile a quella di Bf-109 e Spitfire, ma nettamente più lento in picchiata data la diversa motorizzazione (radiale vs lineare).
 
In ogni caso, il CR.32 aveva anche altre due capacità extra: una era la potenza del motore, che permetteva di mantenere una quota maggiore di quella pratica dei caccia sovietici, il che contribuiva a sfruttare la picchiata sia in attacco che in difesa, potendo partire da quote maggiori. Certo che è strano, se si pensa che proprio l'I-15 ottenne un record di quota massima, ma in pratica le cose stavano diversamente, persino contro un caccia come il Freccia, che non era niente di eccezionale quanto a tangenza. L'altra era la presenza delle Breda-SAFAT. I CR.32 entrarono in servizio attorno al '34, quando queste non erano ancora presenti, così inizialmente ebbero solo due armi da 7,7 mm Mod 1928. Ma il CR.32bis, che seguì attorno al '35-36, era invece armato sia di due 12,7 mm, che di due 7,7 mm. Persino troppo, visto che questo gli aumentava i pesi, e le versioni successive omisero (come anche molti tipi bis) le armi da 7,7 subalari. Le Breda da 12,7 erano potenti e rispettate, con una portata utile e una distruttività notevoli. E dire che esse potevano solo essere descritte come 'inferiori' rispetto alle loro progenitrici, le Browning (+60% di potenza, nonché maggiore cadenza di tiro).
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Per il presente di allora, i caccia che comparvero furono il Tipo 5 e poi il Tipo 6. I primi vennero scaricati ancora imballati a Cartagena, nell'ottobre del '36. Si trattava di un primo lotto di 31 apparecchi Tipo 5, che vennero seguiti da altrettanti verso la fine dell'anno. Entro l'estate successiva, ulteriori consegne arrivarono a circa 130 apparecchi. Nell'immediato, vennero presto costituite tre squadriglie di I-16, raddoppiate nell'anno successivo: inizialmente ebbero 12 aerei di linea e tre di riserva; poi questo lusso calò e si ridussero in tutto a solo 9 esemplari. Le tecniche dell'epoca erano ancora basate sulle formazioni a tre aerei, per cui ogni squadriglia aveva tre sezioni, ciascuna formata da capopattuglia e da due 'punti', o se si preferisce, guardiaspalle. Quando i piloti spagnoli e internazionali cominciarono ad affluire a queste unità, i capi restavano russi, mentre i 'novizi' facevano i gregari. I primi spagnoli vennero addestrati a Kirovabad e presero servizio nel luglio del '37. I piccoli caccia erano usualmente dipinti in verde oliva sui lati e superiormente, azzurro chiaro sulle superfici inferiori, nero nel muso (ma non sempre), rosso per le estremità alari e la fascia di fusoliera, spesso anche la bandiera repubblicana aveva i suoi colori dipinti in coda. Noti dal maggio del '37 come CM (Caza Mosca), questi caccia erano sempre più importanti per i Repubblicani, sopratutto dopo il debutto del Bf-109, che chiamava per macchine ad alte prestazioni, e sopratutto, capaci di scortare gli SB-2.
 
Quanto al nome, Mosca era quello assegnato dai repubblicani, ma per i Nazionalisti era noto come Rata, sorcio, per via che i suoi stormi apparivano come i branchi di topi che sbucavano dai canali. I sovietici lo chiamavano Ishak, che vuoli dire asinello, ma non tanto per la sua forma un po' da 'pony' più che da cavallo da battaglia (anche per l'epoca era un velivolo davvero minuscolo), ma per via della similitudine di pronuncia con il 16 in russo.
 
I primi Moscas erano i Tipo 5, con motore M.25 da 700 hp e capaci di 450 kmh. Avevano solo due armi, che notare bene, non erano nel muso come ci si potrebbe aspettare (in genere quando ce ne sono solo due, sono sempre 'lì'), ma nelle ali. Questo rendeva piuttosto imprecisa la mira, che si poteva fare tra l'altro con diversi tipi di mirini a cannocchiale o a reticolo libero, e nonostante che le armi di per sé fossero molto precise. La cadenza di tiro, almeno 1.500 c.min, era per l'epoca scioccante e queste armi erano considerate qualcosa di più di una normale arma della categoria: come la MG42 diverrà in seguito nota come 'sega di Hitler', anche queste armi (persino superiori come cadenza di tiro) non mancavano di colpire. Laddove le vecchie mitragliatrici sparavano in maniera simile al latrato di un cane, queste tiravano ad una velocità tale da crivellare qualunque cosa trovassero di fronte. Erano definite 'rabbiose'. E nononostante la loro potenza, molto affidabili in azione, pressoché esenti da inceppamenti di sorta (che invece non mancheranno di affliggere anche le pur affidabili SAFAT). Ma, un po' per il consumo di munizioni, un po' per l'inevitabile surriscaldamento (specie nel clima ispanico), le raffiche erano da limitarsi a 3-5 secondi. Ad alcuni piloti piacevano, erano considerate capaci di 'segare un aereo a fette'. Molti però rimarcavano il fatto che non c'era modo di abbattere gli aerei da bombardamento, specie quelli tedeschi (totalmente metallici), o che il raggio di tiro utile fosse di una trentina di metri, o che bisognasse mirare alla testa del pilota nemico per ottenere un risultato pratico.
 
Il Mosca, se ben pilotato era capace di sopraffare i rivali. Ma se si metteva a duellare con il CR.32, allora la maggiore agilità del biplano si trasformava in 'veleno' per l'I-16. L'abitacolo dell'aereo era chiuso, ma ai piloti non piaceva molto questa soluzione, che penalizzava la velocità e l'uscita in emergenza. Da notare che il tettuccio si apriva scorrendo in avanti e non all'indietro, il che non era certo ideale per l'abbandono in velocità. Così i piloti, in genere, lasciavano aperto l'abitacolo, ma questo non mancava di causare loro l'inalazione dei gas di scarico, dato che i tubi erano sistemati ognuno per un cilindro, anche nella parte superiore del muso. L'I-16 Tipo 6, consegnato in una trentina di esemplari, era provvisto fin dall'inizio di abitacolo aperto, nonché di motore M.25A da 750 hp. Ma anche il peso aumentava e così il vantaggio era poco sensibile.
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Per ottenere un risultato maggiore venne fornito il Tipo 10 o 'Supermosca'. Era stato necessario in quanto dal luglio del '37 i Tedeschi uscirono finalmente dall'impasse, allorché ai loro He-51 (apparentemente paragonabili ai CR.32, in realtà, malgrado un carico alare inferiore e una potenza maggiore, decisamente inferiori rispetto a questo e all'I-15). Era pronto già dall'inizio del '38. L'esame della sua struttura lo mostra più semplice di quanto non si possa immaginare, l'uso di profilati metallici, anche per una parte delle centine, lo rende più attuale delle analoghe soluzioni impostate per i Macchi 205 di 4 anni successivi. Il motore M-25V era capace di maggiore potenza, purtuttavia l'aereo era anche più pesante dei predecessori e così continuava a perdere in agilità. Ma nell'insieme era chiaramente un passo in avanti, a cominciare dalla presenza di altre due armi nel muso. Inizialmente queste erano PV-1, proprio perché sincronizzare il tiro delle ShKAS con l'elica (che pure era solo una bipala) era difficile. Questo significa che le due armi alari erano disposte a distanza dall'asse dell'aereo, sparavano fuori dal disco dell'elica, ma al contempo perdevano in stabilità di tiro (l'I-16 ondeggiava con facilità). Questo rendeva possibile sparare con 4 armi anziché due, ma la leva di comando aveva 4 bottoni, ognuno associato ad una mitragliatrice, nonché una per sparare con tutte, che poi era quella usata in combattimento. L'I-16 Tip 10 aveva una diversa disposizione dei tubi di scarico, così si teneva di conto dell'abitacolo aperto, evitando di affumicare il pilota al decollo. Poi c'era la corazzatura protettiva, verificata da uno dei piloti, tale Luis Sirvent. Prese una piastra dei sedili, caricò il fucile Mauser (un'arma dotata di notevole potenza penetrante anche per la sua categoria) con 5 proiettili perforanti, e sparò da 20 metri. Il risultato era confortante: tutti e 5 si erano schiacciati contro la piastra senza passarla. Questo significa che le Breda da 7,7 e le MG-15 o 17 da 7,92 mm non potevano passare le protezioni, anche se queste erano relativamente limitate in estensione. Le Breda da 12,7 avrebbero potuto ancora farcela, ma non da grande distanza.
 
L'acciaio sovietico era di qualità, meno validi gli alettoni-flap, ora che l'aereo era più pesante. Erano scarsi in efficacia, pur essendo estesi per tutta l'ala. Ma ora che l'aereo si era appesantito, diventavano quasi inuti e spesso nemmeno venivano usati. L'atterraggio era fatto a 160-180 kmh, oggi sembra uno scherzo, ma all'epoca no, e i campi d'aviazione (in genere sterrati o a prato) non erano certo dalle superfici perfette. Se l'aereo si impuntava in qualche ostacolo, si ribaltava e ammazzava il pilota (un po' come i primi P-26). Così l'ordine era chiaro: se c'erano problemi (danni in combattimento, ferite al pilota ecc) si doveva atterrare senza estrarre il carrello, frenando col ventre del caccia. L'I-16 non disponeva di struttura anti-cappottamento e questo era l'unico modo per non rimetterci il collo.
 
Tutta la fornitura di I-16 è stata costituita, in Spagna, da circa 130 Tipo 5, 30 Tipo 6, 120 Tipo 10. Non è assolutamente certo, e vi sono anche dati che parlano di 180, come di 475. Il numero di serie progressivo più alto conosciuto è il CM-276. Così il Mosca non sarebbe stato un po' più numeroso dei 380 (o più probabilmente, oltre 400) CR.32, ma assai meno diffuso.
 
In volo, malgrado tutto, l'I-16 si faceva rispettare: ''un vero gioello: fantastico per il combattimento rapido, delizioso per il combattimento acrobatico, salita ecc, tranne che per l'armamento''. Questo secondo Miguel Sanz. Andrés Fierro, che si è accreditato ben 6 Bf-109 e 3 CR-32, abbattere da parte di un singolo I-16 un bombardiere era pressoché impossibile, specie contro quelli tedeschi, interamente metallici, come il Do-17 e l'He-111. Mentre esistevano dimostrazioni di abbattimenti contro l'S-79, di struttura mista. In effetti vi sono dati che dimostrano il contrario, i bombardieri tedeschi erano indubbiamente meno vulnerabili, ma erano anche più lenti e meno armati.
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Contro i Bf-109 l'abilità del pilota poteva fare la differenza. In termini di maturazione, l'I-16 era già un progetto collaudato, il Bf-109 nella sua infanzia. Era potenzialmente superiore, ma non ancora al livello degli anni successivi.
 
Uno dei piloti spagnoli, Tarazona, definisce il Bf-109 come bello, snello ed elegante. Ma l'I-16 è 'tozzo, virile, forte'. E Tinker avrebbe preferito l'I-16 al Bf-109 per un duello aereo. Pare che i Bf-109B non fossero superiori agli I-16, meno armati, agili e robusti (niente corazze), erano superiori solo per via della tangenza e della velocità un po' più alta. I Bf-109C e D raddoppiavano le mitragliatrici e introducevano il motore a iniezione, buono per l'accelerazione in picchiata; ma i supermosca non erano inferiori.
 
Forse questo giudizio può sorprendere. Ma c'é anche da aggiungere quello del collaudatore più celebre tra i 'moderni' che si sono cimentati con i 'classici'. Mark Hanna, compianto esperto di aerei storici (morì anni fa durante un ennesimo volo) ebbe il privilegio di provare in volo I-15 e I-153 ricostruiti, e il suo giudizio, al di là di problemi di dettaglio, è stato lusinghiero. E'È possibile ricostruire la 'rinascita del Rata' grazie ad internet, una storia molto interessante: [http://www.nzfpm.co.nz/article.asp?id=ratacwd2]. Il Rata e l'I-153 sono stati ricreati in piccola serie, grazie all'uso dei motori radiali che adesso sono gli ASh-62. Si è scoperto qualcosa anche grazie a quest'esperienza. I Rata e ancora di più gli I-153, nonostante il naso così piatto, hanno dimostrato di avere una maggiore spinta dai gas riscaldati di quanto sia la resistenza data dal loro muso piatto, e anche per questo sono macchine così veloci. In generale, hanno conquistato pienamente il rispetto di chi ne ha curato la ricostruzione e li ha provati in volo. Mark Hanna ha riportato diversi dati interessanti. Per esempio, che lo stallo, ancorché a velocità abbastanza elevate per un velivolo da 2 t (130-140 kmh) è gentile e non causa problemi di uscita (differentemente dall'I-153, che è l'esatto contrario: entra in stallo con estrema difficoltà, ma è difficile uscirne). Il rateo di rollio è eccellente, 100-120 gradi/sec, grazie alle corte e tozze ali (pesantemente raccordate sul bordo d'uscita con la fusoliera, un po' all'incontrario di quel che si fa attualmente con gli aerei); così lo è quello di beccheggio e in generale, l'aereo è delizioso in acrobazia, oltre a dare un'impressione di velocità eccezionale quando visto da terra (essendo lungo appena 6 metri). La retrazione del carrello è possibile, ma con 44 rotazioni dell'apposita manovella. Decollo in circa 270 m, atterraggio in circa 450 anche senza usare i freni. E come macchina bellica, Hanna si era fatto un'idea precisa: [http://www.alpinefighter.co.nz/pages/i_16pr.html]
 
''How do they compare with other WW2 fighters? Well, I believe, very favourably with some of the other aeroplanes. I had just flown a Hurricane for the first time, a week before ..and sorry to Hurricane aficionados, but I was really surprised and disappointed in the aeroplane's handling and performance (although very interesting and lovely to fly the type). I felt that you would be better off fighting in a Rata. At any rate I felt quickly far more comfortable in it.. In air combat against early low powered 109's, I would suspect that the two aircraft were very comparable. Later variants of the Messerschmitt would easily be able to dictate the fight against the Rata due to the 109's superior speed and vertical performance.''
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[[File:Zveno tb.jpg|350px|left|thumb|Ecco la ricostruzione virtuale del primo 'bombardiere lancia-missili': i due I-16 hanno a loro volta due armi da 250 kg subalari]]
Il programma per le portaerei volanti, così fallimentare negli USA con i dirigibili Akron e Macon, in URSS ebbe un diverso sviluppo. Infatti, piuttosto che usare i dirigibili, si preferì affidarsi al 'più pesante dell'aria', perché i Sovietici avevano una delle poche, forse la sola, forze di efficienti quadrimotori degli anni '30. Questi erano i Tupolev TB-3, resistenti e robusti aerei metallici, non solo capaci di portare un gran carico utile, ma anche affidabili. E sopratutto, ce n'erano moltissimi: ne vennero prodotti più di 800, il che, assieme ai leggeri SB-2 bimotori da attacco veloce, faceva della V-VS una potenza irraggiungibile quanto a capacità di bombardamento. In pratica, gli SB-2 erano equivalenti degli F-111, i TB-3 dei B-52, e poi i DB-3 (bimotori, ma strategici e veloci quasi quanto gli SB-2) che si potrebbero considerare un po' i B-58 o i Tu-16 della situazione, dipende da come si vuol impostare il parallelismo. Tutti questi tipi cominciarono ad invecchiare (come un po' tutti i velivoli della metà anni '30) verso la fine del decennio, ma fornirono una solida esperienza per i progetti successivi, e per la grande famiglia di Tupolev da bombardamento strategico. I TB-3 vennero anche usati come aerei-portaerei. Si arrivò ad un tale parossismo, che un singolo apparecchio era caricato con più velivoli monomotori. Era il progetto 'Sweno' (catena) che inizialmente era stato pensato nel 1930 con un TB-1 e due I-4, collaudati dal tardo 1931. Ma questo era ancora un bimotore, mentre dal '33 apparve il quadrimotore TB-3. Quest'ultimo aereo, costruito con tecniche Junkers in solido metallo, poteva portare due I-5 sopra le ali (stranamente non vennero considerati gli I-15), due I-16 sotto, e tra le gambe del carrello un I-Z monoplano. Alla fine, l'unico impiego pratico che se ne poté fare fu il 'vettore' per missili cruise ante-litteram. Grazie allo sviluppo del Polikarpov I-16 SPB, si ottenne un cacciabombardiere d'attacco in picchiata capace di portare due bombe da 250 kg sotto le ali. Questo minuscolo caccia diventava quindi capace di trasportare un rilevante carico di bombe, ma era necessario colpire obiettivi che fossero vicini. Oppure portare l'aereo vicino a loro. Così durante la prima fase dell'invasione tedesca vi furono diversi casi in cui due I-16 vennero portati appesi sotto le ali del bombardiere, come 'postini' per recapitare quattro bombe da 250 kg. L'ultima missione di cui si ha notizia fu un attacco da parte di un aereo TB-3 contro il ponte di Cernovoda, sul Danubio. I due I-16 sganciati nelle sue vicinanze si approssimarono sul bersaglio, e le loro minuscole e veloci sagome passarono inosservate finché fu troppo tardi: il ponte venne distrutto. E i due I-16, ancora con sufficiente carburante, tornarono alla base assieme al bombardiere (non è chiaro se riagganciandosi sotto le ali oppure no). Così 'L'aereo portaerei' divenne non un mezzo difensivo per portarsi dietro caccia di scorta, ma una realtà di natura offensiva e notevolmente efficiente. Tutte le missioni volate da aerei lanciamissili, in definitiva, discendono da quelle esperienze primitive ma valide, solo che nel frattempo ai cacciabombardieri pilotati si sono preferiti o il rifornimento in volo (un altro modo per risolvere il problema, in fondo è sempre un aereo di grosse dimensioni che fornisce l'autonomia ad un piccolo cacciabombardiere) oppure i missili da crociera come gli ALCM.
 
 
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==L'A5M: il 'papà' dello Zero==
[[File:A5M Claude.jpg|350px|right|]]
Frutto del lavoro di Jiro Horikoshi, che diverrà in seguito ben più noto per l'A6M Zero, questo caccia navale era il primo in assoluto che poteva confrontarsi in condizioni di superiorità rispetto agli equivalenti terrestri. Aereo con carrello fisso, ma estremamente 'pulito' in termini di aerodinamica, con una carenatura per la testa del pilota onde diminuire la sezione della lunga fusoliera posteriore, esso aveva struttura interamente metallica con rivettatura a filo e rivestimento a guscio, per ottenere un peso strutturale inferiore (se il rivestimento esterno era sufficientemente spesso, calava il peso della struttura di sostegno interna). Il prototipo dell'A6M volò già nel febbraio del 1935, e all'epoca non c'erano forse altri caccia altrettanto moderni già in aria, anche perché gli I-16 delle prime generazioni erano ancora ancorati ai motori M-22, dalla scarsa potenza. In tutto vennero prodotti 982 A5M in 4 versioni principali; solo una aveva il tettuccio scorrevole, che i piloti giapponesi -al pari di altri- odiavano, tanto da toglierlo ben presto dagli apparecchi in produzione. Per il resto era un caccia estremamente moderno: radio, luci per il volo notturno, ossigeno. L'elica di serie (tripala metallica) però, aveva un passo regolabile solo a terra. Ma nonostante questo (chissà cosa sarebbe stato in grado di fare con un sistema a giri costanti), il 'Claude' (come fu chiamato in seguito dagli americani) era un aereo sorprendentemente veloce sia in orizzontale che in salita, pur avendo solo 780 hp di potenza, per giunta assicurati da un robusto, ma largo, motore radiale Nakajima Kotobuki (ovvero un Bristol Jupiter su licenza) a 9 cilindri. Era lo stesso motore che poi motorizzerà il successivo (circa un anno) Ki-27, il quale era capace di prestazioni persino migliori: 470 kmh vs 434 (A5M4), salita a 3.000 m in 3 minuti anziché 3,6, tangenza 12.500 m anziché 9.800, nonché un'agilità persino superiore. Ma l'A5M, circa 100 kg più pesante a vuoto (a pieno carico erano grossomodo alla pari) era capace di una maggiore autonomia ed era eccezionalmente robusto, ben più di quello che sarebbe stato il suo più potente successore, l'A6M. Inoltre, sebbene un po' inferiore al Ki-27 dell'esercito, era eccezionalmente maneggevole, tanto da competere in condizioni di parità con i biplani pur conservando una superiore velocità, mentre al contempo era altrettanto veloce dei monoplani Polikarpov pur essendone più agile.
 
[[File:Sakai Cockpit A5M.jpg|350px|right|thumb|Anche se può stupire, l'esordio dell'asso Saburo Sakai non fu con lo Zero, ma con il 'Claude']]
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In Francia si seguì una via simile, con il Dewoitine D.371 e poi, circa 5 anni dopo (1935) con il Loire 46, ma senza molto entusiasmo perché oramai stavano entrando in servizio i primi monoplani ad ala bassa e senza supporti esterni.
 
I Polacchi costruirono diverse centinaia di P.7 e poi di P.11c, i quali ultimi erano i principali velivoli intercettori dell'aviazione nel '39. Essi erano il frutto della collaborazione con i francesi, i quali offrirono il motore G.R. del tipo da ben 760 hp (14 cilindri). In teoria sarebbe potuto diventare il caccia 'comune' anche per Parigi, ma data l'anarchia che regnava nel settore delle ditte aeronautiche d'oltralpe, stupisce poco che la cosa non sia stata concretizzata e che ognuno andasse per la sua via. Erano capaci di 390 kmh e armati con due mitragliatrici ai fianchi della fusoliera e due nelle ali interne. Il primo settembre, con l'attacco tedesco alla Polonia, i P.11 combatterono duramente, sebbene fossero superati. Durante i primi attacchi, un paio di questi caccia salirono in per affrontare le formazioni della Luftwaffe, allorché finirono senza accorgersene in una formazione di Ju-87. Questi, grossomodo altrettanto veloci, erano armati di due mitragliatrici offensive e una difensiva. Ineditamente, però, gli Ju-87 si comportarono come caccia: avendo visto salire i PZL non esitarono un istante a gettarglisi addosso, e una raffica di mitragliatrice centrò il serbatoio del capo-coppia, facendolo esplodere. Il gregario, tale ten. Gnys, si disimpegnò rapidamente dalla minaccia mortale. Non ebbe molto tempo per pensare alla perdita del suo comandante o alla propria incolumità, perché di lì a poco si imbatté in due Do-17E. Fece fuoco su entrambi e poi li perse tra le nubi. Non confermò di averli abbattuti. Ma non andarono lontano. Si trattava di due aerei del KG 77, di ritorno dal bombardamento su Cracovia, ed entrambi si schiantarono al suolo, a circa 100 metri di distanza l'uno dall'altro. Così la Luftwaffe ottenne la sua prima vittoria della II GM, non per mano dei Bf-109 o 110, ma di uno Ju-87; e subì le sue prime perdite, due anziani ma ancora validi bombardieri Dornier<ref>Monografia Bf-109, Osprey aviation</ref>. Con una buona posizione anche dei relativamente moderni e veloci bombardieri erano quindi vulnerabili ad un caccia mediocre, che si permise una doppietta, evento raro (per esempio, tra i caccia CR.32 e 42 accadde molto di rado che si riuscisse anche solo a rivendicare due bombardieri Blenheim da parte di un solo cacciatore), ma date certe condizioni, possibile. Contro i Bf-110 già era diverso. Sebbene meno agili, già nel primo incontro dichiararono 5 vittorie senza perdite, nel pomeriggio del 1 settembre. Si trattava dell'LG 1, in scorta agli He 111. Mentre in seguito lo ZG 76 dichiarò 3 aerei con due perdite, e -sempre nei primissimi giorni di guerra, l'LG 1 abbatté altri 5 aerei con una sola perdita. Bisognava solo evitare di scendere di velocità e affrontare i nemici in duelli manovrati, dove erano superiori. I Bf-110, dopo questi primi 3 giorni di combattimento incontrarono molta meno resistenza: entro la fine della guerra ebbero solo 12 perdite contro 68 vittorie aeree accreditate. Molto più rari i Bf-109, per lo più D, in quanto le lunghe distanze li tagliavano un po' fuori dalle principali azioni belliche e finirono per lo più per mitragliare gli obiettivi a terra, perdendo in tutto ben 67 aerei (da l'enciclopedia l'Aviazione e Osprey), anche se il solo JGr.102 dichiarò 68 aerei, di cui 29 distrutti al suolo (spesso i polacchi li nascondevano sotto dei covoni di fieno, se c'erano i tedeschi se ne accorgevano mitragliandoli e mettendoli a fuoco).