Forze armate mondiali dal secondo dopoguerra al XXI secolo/Italia: esercito 7: differenze tra le versioni

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===A.109===
Il programma per questo elicottero nacque negli anni '60, tanto che il primo volo giunse già il 4 agosto del 1971. Lo sviluppo continuò per diversi anni, tanto che la produzione partì nel 1975. In pratica, questo era un esponente della terribile generazione del '71: gli altri erano il Lynx e il Dauphin. I motori erano in tutti i casi gli Allison 250, gli stessi che erano impiegati, ma in un solo esemplare, sugli Hughes 360/500 e Bell 206. Erano anche impiegati, da qualche anno, dagli elicotteri BO 105 (quelli di 'Big Jim', dall'aspetto vagamente simile a quello degli Hughes ma con fusoliera allungata). Questi elicotteri erano importantissimi, perché erano i primi nella categoria 'leggeri' (circa 2 t) ad offrire la grande sicurezza intrinseca di un doppio apparato motore: per quanto affidabili ed efficienti, gli elicotteri americani non potevano invece fare lo stesso, né ne sono mai state prodotte versioni bimotore in seguito, il che li rendeva prima o poi vittime di atterraggi di fortuna o di crash. Naturalmente il contrario della medaglia è stato che il BO 105 è risultato piuttosto costoso per le dimensioni e capacità di carico. Il prototipo venne approntato già nel (o dal?) 1964, i voli iniziarono nel 1967, con diverse soluzioni come motori (Allison 250 o il tedesco MAN-Turbo 6022) ed eliche, fino a quando non comparve nel '71 il tipo definitivo, poi andato in produzione. È difficile capire il perché dei ritardi di approntamento. Il Gazelle francese ebbe la stessa tempistica, per esempio, ma apparentemente fu più rapido nella messa a punto. Sopratutto per quando i BO 105 'definitivi' volarono, era anche il turno dell'A.109, anche se pure questo ebbe parecchi ritardi di messa a punto. Il BO105 era agile, ma piuttosto lento, decisamente di più anche del Gazelle (che d'altro canto aveva un solo motore, ma di potenza paragonabile ai due della macchina tedesca), e con una ridotta autonomia, anche se eccellente come maneggevolezza. L'A.109 era successivo di vari anni, e venne inteso sopratutto con criteri aerodinamici. La fusoliera era più affusolata, con un musetto a punta, coda abbastanza ben raccordata alla fusoliera, e tanto rastremata da terminare in un cono appuntito. Era un po' figlio delle esperienze col Bell 206, a cui il raddoppio della potenza non ha fatto altro che dare più velocità. L'affusolata fusoliera, nonostante la cura dell'aerodinamica, è stata intesa per portare un pilota e 7 passeggeri contro i 5 (o 6, nel caso di un tipo allungato, e il BK117 con 8-10 posti). La fusoliera non era l'unico esempio di cura aerodinamica, perché il carrello è di tipo del tutto retrattile, triciclo anteriore. La velocità massima è arrivata così a circa 260-270 kmh contro i 210 del BO105P pur pesando di più, con ovvie note positive sull'autonomia, velocità di crociera e la facilità di collegare con rapidità località distanti. Inoltre, l'A.109, pur costando parecchio, è una macchina notevole anche come estetica: è uno degli elicotteri più belli, se non il più bello, tra quelli costruiti, essenzialmente grazie alla cura per l'aerodinamica e le forme affusolate. La struttura è metallica, l'elica principale quadripala e quella anticoppia bipala.
 
Dati A.109A Mk II:
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Nel caso belga vi sono stati ben 18 elicotteri controcarri e 28 di altro genere, anche se questa mega-commessa è stata infamata dallo scandalo con mazzette e corruzioni in cui sono rimasti coinvolti sia l'Agusta (ma forse sarebbe meglio dire i referenti politici), che la Dassault, nonostante che la perdente è stata un'altra ditta francese, l'Aerospatiale che avrebbe dovuto piazzare il Dauphin, altra macchine fatta in maniera simile all'A.109, coeva, ma di dimensioni e pesi più vicini a quelli del Lynx.
 
L'evoluzione è continuata con diversi altri modelli (uno di questi è l'A.109K), specialmente in quella che è grossomodo la terza-quarta generazione di macchine, la A.109E Power. Tra i clienti che nel frattempo, negli anni '90, si sono aggiunti vi sono il Sudafrica con gli A.109LUH, e la Svezia, con un'altra ventina di macchine. Anche l'US Coast Guard ha comprato alcuni elicotteri di questo tipo e li usa come macchina anti-contrabbando. Il nome dell'A.109 avrebbe dovuto essere Hirundo, ovvero rondine in latino. Ma come per altri apparecchi, la disponibilità di una sigla e al tempo stesso, di un nome per nulla aggraziato (era meglio chiamarlo ..in italiano) ha fatto sì che la sigla sia stata il vero nome, un po' come il Bf-109. I nomi commerciali attuali, 'Power', 'Elite', 'Grand' non sono proprio il massimo della fantasia. Oltre 700 elicotteri sono in servizio, di cui un terzo per clienti militari o paramilitari. La produzione continua anche oggi, sia pure a ritmi ridotti.
 
===A.129<ref>Nativi, Andrea: ''A.129 Mangusta: il punto'', RID Marzo 1991 pagg. 28-40</ref><ref>Niccoli, Riccardo: ''Mangusta per l'Esercito'', JP-4 Maggio 1991 pagg.28-35 </ref>===
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Quanto riguarda la trasmissione, ha 5 moduli con 3 stadi di riduzione, con 3 trasmissioni di cui una principale ad olio, e due secondarie funzionanti a grasso. Funzionano anche a secco per 30 minuti se necessario. L'albero di coda è ad autoallineamento ed è facile sostituirlo sul campo. Vi sono due circuiti idraulici a 3000 psi sdoppiati per migliorare le possibilità di sopravvivenza. I comandi di volo sono misti, sia fly by wire che meccanici: il pilota ha comandi meccanici con back up FBW, il contrario per l'operatore ai sistemi. Il rotore di coda ha comandi FBW per entrambi. L'impianto elettrico ha due sistemi, a corrente continua e alternata con rispettivamente 28V e 115/26V. Vi sono due generatori e una batteria da 24V, nonché l'alternatore nella scatola trasmissione del motore. La corrente alternata serve per i sistemi di bordo. Vi sono anche altri sottosistemi, per esempio l'ECS di condizionamento aria e protezione NBC, funzionante tra -40 e +71°.
 
Così la fusoliera e il rotore dell'A.129 sono molto avanzati, e nella loro piccola massa e volume concentrano molta tecnologia avanzata: FBW, comandi di volo HOTAS (in pratica, i due concetti che sono stati introdotti dall'F-16, di cui il Mangusta è un po' la versione ad ala rotante), rotore protetto e in materiali compositi, protezioni balistiche, sistema di protezione NBC etc. La capacità di manovra comprende virate con oltre 2 g sostenuti, non certo pochi per un elicottero. La struttura della macchina è sufficientemente robusta per resistere a -1/+3,5 gradi. Sopratutto il valore negativo è notevole, visto che in genere gli elicotteri sono limitati a -0,5 g (ma anche nel caso del Mangusta il libretto di volo parla di -0,5 gradi, forse per sicurezza). I motori non sono invece eccezionali, ma sono stati scelti tipi americani per non avere problemi di veto da parte di 'Zio Sam' (come è accaduto anche per l'AMX). Ma proprio come nel caso dell'AMX, la scelta di questi motori sarà un vantaggio per l'export solo teorico. Di fatto la motoristica inglese non riusciva più a esprimere i successi di cui era a suo tempo artefice, specie per problemi di potenza e di affidabilità dei suoi prodotti, ma sopratutto per la logistica oramai dominata dall'industria americana. In ogni caso l'A.129 è installato il sistema propulsivo del Lynx. Si tratta del R.R. 1004, prodotto su licenza dalla Piaggio. La potenza, non eccelsa, è compensata dalle dimensioni ridotte, bialbero, ma senza livelli di potenza eccezionali. Hanno compressore assiale a 4 stadi e centrifugo (per il settore HP, alta pressione) monostadio Ecco le caratteristiche complessive:
 
*Tipo: turboalbero
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====In missione<ref>Nativi, Andrea: ''A.129 Mangusta: il punto'', RID Marzo 1991 pagg. 28-40</ref> <ref>Niccoli, Riccardo: ''Mangusta per l'Esercito'', JP-4 Maggio 1991 pagg.28-35, </ref>====
Non particolarmente veloce, abbastanza ben protetto, con un'autonomia di tutto rispetto in termini pratici (superano le 2 ore di volo, non poche per un elicottero leggero), l'A.129 dimostra come possa essere complicato costruire un elicottero militare moderno, anche se è leggero. Ovvero, nel muso, basti vedere come l'elicottero sia munito di: FLIR di navigazione HIRNS, di osservazione e attacco HELITOW, due sensori RWR ai lati, un'antenna ECM appena sotto. Il cannoniere ha il posto anteriore, piuttosto impedito alla visuale per via dell'HELITOW, ma al tempo stesso con una valida visibilità laterale. In caso di necessità può volare il Mangusta fino alla base. Il pilota è sopra e dietro con un abitacolo del tutto separato. Non ha più gli specchietti retrovisori dei prototipi, il che non aiuta a dire il vero se c'é da controllare a 'ore 6'. Ma oltretutto i motori sono montati in alto, e con le prese d'aria ostruiscono la visuale posteriore, il che lascia necessario virare un po' per controllare la coda. I motori sono ampiamente spaziati per evitare che un colpo singolo distrugga entrambi, gli scarichi mescolano l'aria calda e quella fredda (passata tra il motore e la parete interna della gondola) e riducono la traccia IR, tanto che normalmente non sono montati nemmeno filtri anti-IR, più che altro perché tendono a diminuire la potenza disponibile. I motori, in alto sulla fusoliera, sono anche protetti al meglio nei confronti del FOD. Il pilota però, se ha un campo visivo di 56 gradi verso l'alto e 34 verso il basso, ha un limite di 260 a giro d'orizzonte, il che lascia un settore cieco di 100 gradi. D'altro canto non è possibile, in un elicottero, ottenere un campo visivo come nel caso dell'F-16. In ogni caso il Cobra, e anche il Super Cobra, hanno qui un vantaggio innegabile. La visibilità anteriore, se non altro, è maggiore data la netta scanalatura degli abitacoli. I trasparenti sono piatti, quindi con capacità antiriflesso (rispetto ai tettucci curvi, che spesso causano fastidiose riflessioni: però se da un lato i Cobra più recenti hanno adottato anche loro questi tettucci squadrati, i Super Cobra sono rimasti a quelli classici: forse per via dei materiali migliorati?), ma non è chiaro se questi pannelli hanno una qualche resistenza balistica. Quelli dell'Apache, per esempio, non pare siano (da quello che si è visto su mezzi danneggiati) altro che spessi qualche centimetro. La protezione è dovuta alle zone vitali corazzate (sedili, serbatoi autostagnanti, trasmissione) ma un elemento importante è la stealthness. Essendo poco rumoroso, con ridotta emissione IR, il Mangusta passa abbastanza inosservato. Le dimensioni sono modeste, mezzo metro più basso e 3 m più corto dell'Apache e con un aspetto piuttosto 'minimale' specie se visto frontalmente. L'evidenza visiva è importante per un elicottero: come il Tornado verso l'F-111, o l'F-16 verso l'F-15: la contraerea tattica spesso è a puntamento meramente ottico. La traccia radar è ridotta, e questo, assieme alle ECM passive e attive, aiuta a ridurre le possibilità di essere localizzati, assieme alle tattiche d'impiego tipo 'colpisci e scappa', con rapide salite, mira e lancio armi. Però la mancanza di un sensore sopra l'albero rende necessario esporsi appieno in caso di attacco, e i 20 secondi necessari per guidare i TOW (alla massima distanza) possono non finire mai. Lanciarli tutti alla massima distanza richiede 160 secondi, non pochi. Il lancio dei razzi con il computer è efficace con una forte distruttività. L'abitacolo sia del pilota che del secondo pilota hanno un display multifunzione a fosfori verdi a sinistra, per il resto vi sono sopratutto strumenti analogici. Il periscopio del cannoniere binoculare dell'HELITOW domina su tutto, mentre il pilota ha un display da 3 pollici (7,6 cm) per le indicazioni sulla guerra elettronica. La cloche è a destra sull'abitacolo del cannoniere, a sinistra su quello del pilota.
 
Nonostante certi limiti di potenza (salita e velocità massima tra le più basse della categoria), la mancanza del cannone di bordo (particolarmente grave per un elicottero cannoniera) il Mangusta, che pure non ha avuto il sistema missilistico dedicato (magari il MAF, sviluppato all'epoca ma rimasto senza seguito) per mancanza di fondi, ma ripiegando sul TOW (già disponibile e forse il migliore sul mercato degli ATGW) per il resto i fondi disponibili hanno creato un elicottero di notevole modernità. Ergo, la cellula e i rotori sono molto moderni e funzionali, l'avionica è stata sviluppata senza risparmio con componenti ampiamente prese dai fornitori internazionali come Emerson, Marconi, Saab, Honeywell, il tutto integrato in una cellula essenziale, con un sistema Multiplex della Harris
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===Battesimo del fuoco<ref>Valpolini, Paolo:''L'esperienza di IBIS, P&D N.102/Agosto 1993 pagg. 18-25</ref>===
Gli elicotteri Mangusta sono sopratutto arrivati alla fine della guerra Fredda, un po' troppo tardi per quegli scenari da Guerra fredda che si sono dissolti alla fine degli anni '80. Per ironia della sorte sono stati consegnati nel 1990, quando è finito il confronto con il Patto di Varsavia. Così per ironia della sorte, il primo impiego in combattimento è avvenuto niente di meno che in Somalia, niente male rispetto al fatto che s'immaginasse piuttosto alla soglia di Gorizia. 3 elicotteri vennero rischierati in zona, il 915, 917 e 919 nell'ambito dell'operazione Ibis (coeva della Restor Hope americana, a cui gli italiani andarono al traino). Uno di questi, il 919 stava appoggiando l'Operazione 'Canguro 1' (la prima grande azione per il rintracciamento e la confisca di armi) quando il 13 gennaio venne colpito da un proiettile di piccolo calibro che non fece danni seri, ma attraversò tutta la sezione della coda. Il battesimo del fuoco vero e proprio arrivò dopo, sopratutto durante la battaglia del pastificio, nel luglio dello stesso anno. E così, per ironia della sorte, l'impiego del sofisticato sistema d'arma è avvenuto per la prima volta centrando con un TOW una camionetta VM-90 catturata dai guerriglieri somali, che a causa dell'esplosione del C4 a bordo andò totalmente distrutta, uccidendone gli occupanti (una decina). Nessun T-72 nel mirino, insomma. Durante i primi 3 mesi e mezzo i Mangusta dimostrarono un'efficienza buona (non eccezionale) di oltre l'80%, e volarono 350 missioni per 233 ore. Questi elicotteri, inquadrati nel contingente ITALHELY, avevano solo 3 equipaggi e un pilota di riserva, con 4 specialisti e 2 armieri, tutti provenienti dal CALE, dal 49 Gr. Sqn e dal 1° RRALE di Bracciano. Un motore è stato sostituito in questo periodo, la sabbia è stata un problema da curare intensamente nelle ispezioni giornaliere e in quelle delle 25 ore di volo, e le operazioni su terra battuta hanno messo alla prova, tutto sommato positiva, i filtri antisabbia. L'impianto di condizionamento funzionava bene (la stessa cosa non si poteva dire di quello delle Centauro, privo di un sistema di ricarica rapida), ma l'attività di volo, per quanto importante, non è andata, a conti fatti, oltre una media di una missione per velivolo ogni giorno, con un tempo di volo di circa 40 minuti. Insomma, non un'attività frenetica. La manutenzione, all'aperto, non era certo piacevole o facile con le temperature e la sabbia, senza nemmeno un riparo contro il sole. Meno male che si tratta di un elicottero con ridotte necessità di supporti a terra, ma certo che la missione è stata organizzata in maniera fin troppo 'spartana'. Il sistema di navigazione funzionava bene, ma era integrato per ridondanza con un GPS commerciale. Gli elicotteri provenivano in due casi dal 49imo e uno dal CALE.
 
Le missioni riguardavano pattugliamenti e scorte ad altri elicotteri come i CH-47 (peraltro più veloci e armati di 3 MG 42/59, una per lato e una per il portellone di carico). L'unico armamento era costituito dai TOW, almeno per i primi mesi, mentre erano attesi ma ancora non giunti a destinazione i razzi da 81 mm, che erano capaci di un CEP di 100 m dal bersaglio sparati da 7 km. Ma per l'appunto, queste armi non erano ancora disponibili in zona, nonostante che la missione fosse partita da mesi e che non vi fossero certo molti corazzati da distruggere a colpi di TOW. Per il 1994 erano attese modifiche per rendere possibile il ripiegamento delle pale dell'elica, per un uso maggiormente flessibile quanto all'operatività su navi, cosa spesso predicata ma di fatto non ancora affrontata da parte delle F.A. italiane (cosa invece fatta dagli inglesi nelle Falklands). Un Mangusta ha effettuato il primo appontaggio su nave, precisamente il 21 gennaio 1993 a bordo dell'incrociatore VENETO, che certo non dava problemi di spazio anche a rotori non ripiegabili.