Forze armate mondiali dal secondo dopoguerra al XXI secolo/Italia: esercito 1: differenze tra le versioni

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La costituzione delle prime forze corazzate italiane del dopoguerra era basato su mezzi di varia provenienza. Non mancavano, per esempio, ancora i semoventi da 75 mm di produzione bellica, come anche vari mezzi corazzati ruotati o cingolati. Nel contempo stavano arrivando anche i primi mezzi Alleati, sia come forniture dirette che come mezzi reperiti tra quelli fuori uso o abbandonati sul territorio nazionale, a causa della catastrofica guerra durata anni sull'intera penisola.
 
Inizialmente l'Italia, piegata dalla Seconda guerra mondiale, era stata autorizzata a disporre solo di 200 carri armati: inizialmente si trattò di M13, M40 (i semoventi), e persino i minuscoli L3. Ma poi le cose cambiarono. La prima unità corazzata è stata l'Ariete, nata come divisione negli anni '30, rinata nel '48 come brigata corazzata. C'erano anche alcuni carri leggeri M5 Stuart, ed era grossomodo l'unica vera novità. Ma nel 1949 l'Italia entrò nella NATO: la furia di riarmarsi era data dal confronto sempre più teso con l'Est, dall'assedio di Berlino in particolare. L'invito all'Italia era stato dato dagli USA, e il trattato venne ratificato il 4 aprile 1949: era nata la NATO, North Atlantic Treaty Organization. Questo non rimase senza conseguenze: arrivarono cacciacarri M10, semoventi d'artiglieria M7, carri M4, ma sempre nel limite dei 200 corazzati da combattimento del trattato. Troppo pochi e questo significò cercare una soluzione. Questa fu trovata nel 1951 quando l'Italia chiese a tutti gli altri firmatari la revoca delle limitazioni militari. La Gran Bretagna era contraria ad alleggerire le sanzioni contro l'Italia, e certo nemmeno la Francia ebbe gioia nel ritrovarsi ancora una volta la 'cugina latina' elevata al rango delle maggiori potenze. Ma gli USA consideravano necessario riportare l'Italia in forze dopo che i cambiamenti politici avevano assicurato la 'svolta' definitiva rispetto al passato fascista, e poi (come già accadde o sarebbe di lì a poco successo con Germania e Giappone, peraltro in prima linea) era più sensato dare ad una nazione la possibilità di difendersi autonomamente (dopo averla 'pacificata') che sobbarcarsi gli oneri della sua difesa. E alla fine le potenze vincitrici occidentali (GB, USA ,Francia) si ritrovarono d'accordo. L'URSS, la Polonia e la Cecoslovacchia protestarono, ma non ci fu nulla da fare; da allora l'Italia potèpoté ignorare le limitazioni del Trattato. La fine delle sanzioni, nonostante fossero passati appena 6 anni dalla fine della guerra, non salvò le due poderose corazzate 'Littorio', che la marina tentò di salvare fino all'ultimo (trovandosi in particolare contro la Gran Bretagna, che non certo a torto ribadiva di avere vinto contro gli italiani una guerra iniziata da questi ultimi), ma per le unità terrestri era tutto molto più semplice: non occorrevano certo cantieri immensi e personale altamente specializzato per ricostituire unità corazzate terrestri, e specialmente se le forniture provenivano da altre nazioni. Così nel 1951 già si ebbe il primo risultato: la Brigata corazzata Ariete tornò al rango di Divisione Corazzata, completando gli organici l'anno dopo. Era organizzata in un grande reggimento carri, uno bersaglieri, un reggimento semoventi da 105 mm (M7). Ognuno di questi reggimenti aveva 3 battaglioni. La Brigata corazzata Centauro venne costituita nel '51, anch'essa in memoria di una divisione corazzata, ma dopo pochi mesi venne trasformata in divisione. Le divisioni corazzate italiane erano 3, come del resto le grandi unità da battaglia classe 'Littorio' (ma ve n'era una quarta in costruzione, mai completata, come del resto era stata riformata la divisione Centauro II, impegnata vicino Roma contro i tedeschi dopo l'Armistizio).
[[Immagine:M26-Pershing-Vettweiss-194503.jpg|300px|left|thumb|M26]]
 
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L'M48 apparve per merito della Chrysler, nello stabilimento del Delaware Tank Corporation che gestiva all'epoca, quando nel luglio 1952 (ancora prima della fine della guerra in Corea) venne ufficialmente presentato con una cerimonia in cui partecipò anche la vedova di George Patton. Nemmeno questo carro armato era del tutto avulso da problemi, anche se aveva una corazzatura migliore, senza i difetti e punti deboli precedenti, ma con una spiacevole risonanza interna nella torretta durante i movimenti (essendo un rozzo esempio di mezzo prodotto per fusione in un sol pezzo), e ancora un'autonomia limitata dal motore a benzina, ad appena 112 km. Solo in seguito sarebbe stato migliorato in maniera adeguata, con un motore a benzina ad iniezione (A2) che aumentò molto l'autonomia, uno diesel (A3), mentre solo negli anni '70 apparve l'A5 (preceduto da altre versioni analoghe) con cannone da 105/51 mm L7/M68. In ogni caso, ne vennero realizzati 11.700, seguiti da 13.000 ben più costosi M60, ma ancora nella stessa linea evolutiva. La differenza era una corazza più pesante, e una torretta pensata per il cannone da 105 mm. Tutto questo rese rapidamente eccedenti gli M47, che proprio per questo diventarono un mezzo destinato all'export: in pochi anni vennero tolti dal servizio dall'US Army e spediti ai 4 punti cardinali per una moltitudine di utenti esteri, che erano ben lieti di avere carri di 'seconda scelta' ma nondimeno nuovi e assai avanzati per l'epoca, mentre gli M48 restavano appannaggio degli americani.
 
Quanto all'M47, l'E.I. ne ha ricevuti moltissimi, circa 800 esemplari (forse non includendo le riserve). La corazzatura del veicolo era relativamente spessa, ma senza esagerare: la parte frontale dello scafo arrivava a 102 mm (4 pollici) a 60 gradi (per uno spessore virtuale di 203 mm, ovvero il doppio); la parte frontale della torretta raggiungeva lo stesso spessore ma con una inclinazione media di circa 40 gradi; i fianchi dello scafo erano verticali da 76 mm (3 pollici), quelli della torretta, leggermente inclinati e arrotondati, di 63 mm (2,5 in.); fondo e tetto erano di circa 12,5-25 mm (0,8-1 in), retro scafo 51 mm e torretta 76 mm (ovvero, per quanto possa sembrare strano, più spessore che per i fianchi del mezzo, pure più esposti, anche se muniti di corazze inclinate). Il veicolo aveva un telemetro stereoscopico per le distanze di 450-4500 m nella torretta, molto preciso rispetto ad uno stereoscopico ma meno rapido e facile nell'uso, abbinato ad un cannone da 90 mm munito di freno di bocca a 'T', ed estrattore di fumi. V'erano ben 70 proiettili da 90 mm, ma la varietà era ancora più impressionante dato che potevano essere di ben 11 tipi (per non parlare dei sottomodelli): tra questi c'erano quelli d'addestramento (più leggero di quelli 'da guerra', simulava la traiettoria delle munizioni HVAP e HE a seconda dei sottomodelli, aveva una testata sempre inerte e sopratutto produceva rimbalzi e traiettorie ridotte per non uscire dai poligoni dopo avere colpito le sagome di tela), a salve (con polvere nera, che poi andava tolta tassativamente con uno scovolone dalla canna, altrimenti l'avrebbe erosa con i successivi colpi sparati), perforante, perforante iperveloce, HE, HEAT, HESH e fumogeno. Una mitragliatrice da 12,7 mm sulla cupola del capocarro, una coassiale accanto al cannone, una nella parte anteriore dello scafo (l'ultima volta che un carro americano previde tale dotazione) completavano l'armamento. L'equipaggio era di 5 uomini, essenzialmente per via della presenza del mitragliere nello scafo. Nell'E.I come in altre F.A che usarono questo carro armato, questo posto era utile per accogliere personale extra, nonché per ospitare per i corsi d'aggiornamento degli 'ufficiali di complemento' che in teoria sarebbero stati necessari per la mobilitazione della riserva in caso di necessità, ma che erano ben poco pronti per una guerra reale. Se 3 uomini sono un po' pochi in un carro armato, 5 sono fin troppi (lo stesso vale per il numero di carri in un plotone); per cui non vi furono drammi quando arrivarono carri armati con 4 uomini d'equipaggio. Sommando la riduzione da 5 a 4 carri per plotone (fatta però solo nei tardi anni '80) questo ha significato ridurre da 25 a 16 i carristi per ciascun plotone.
 
Quanto all'armamento, tanto per precisare ulteriormente, v'era il pezzo T-119E1, poi sostituito dall'M36 come arma principale; una mitragliatrice M1919A4 nello scafo, impiegata dal 2° pilota, un'altra analoga coassiale (ma originariamente si trattava addirittura di una 12,7 mm); una M2 HB nella cupola; ma non mancavano per gli equipaggi anche altre armi, quelle leggere: nel caso dell'E.I. 5 Beretta Mod.34 da 9 mm (rimaste in servizio, nonostante l'avvento della Mod.92, fino agli anni '90), 2 'moschetti automatici' (mitra) Beretta MAB (altre armi prestigiose ma oramai obsolete), poi rimpiazzati dai FAL TA, e 12 bombe a mano SRCM. Quanto alla dotazione di colpi, una tipica era di 32 He, 21 APC-T (perforante con carica di scoppio per esplodere dentro il bersaglio, naturalmente ridotta rispetto a quella del proiettile HE) o HEAT (a carica cava), 10 HVAP (che con la loro leggerezza potevano raggiungere i 1250 ms anziché i 929 come le AP-T a pieno calibro, di tipo convenzionale), 7 WP (White Posphorous, per effetti incendiari ma sopratutto fumogeni, creando cortine fumogene di circostanza senza aspettare l'artiglieria). La telemetria era precisa, ma richiedeva fino a 5 secondi con un errore a 1500 yds (1.370 m) di 42 yds(38 m). Questo risultato, a dire il vero più che apprezzabile, era beninteso ottenibile solo con un addestramento molto accurato. La misurazione delle distanze avveniva con una marca stereoscopica con 5 lineette verticali a V. Facendo coincidere con una pedaliera o un bottone apposito il vertice della V con l'obiettivo appariva la distanza leggibile nell'oculare, mentre per effetto della regolazione in distanza che veniva fatta, un 'autocollimatore' funzionante a pantografo, alzava il cannone alla giusta angolazione per colpire l'obiettivo sulla distanza stabilita, rendendo più rapida l'operazione di ingaggio. I proiettili erano disposti sul fondo della torretta, a parte 11 stivati in torretta pronti al tiro.
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In tutto v'era, a parte il sistema di controllo del tiro M-3 -comprendente il telemetro M-12 e due periscopi, una serie di sottosistemi come i congegni di sparo elettrici e una radio AN/GRC 3 o 4, dalle prestazioni non eccelse data la portata di 16 km massima, e solo su terreno vario. Il capocarro e il cannoniere avevano due grandi periscopi M-20 entrambi a destra del cannone, scalati, e collegati (come il telemetro) al complesso balistico M-3, e utilizzabili in caso di guasto al telemetro (che funzionava anche da collimatore), e aventi un potere d'ingrandimento di 6x. Il complesso balistico aveva la necessità di calcolare anche il tipo di munizioni usate, per tenere conto delle differenti traiettorie balistiche, e questo avveniva con la regolazione di un un apposito rullo del tipo di munizioni da impiegare, per ciascuna delle quali era calcolata una certa elevazione corrispondente alle distanze utili di tiro (non c'era un calcolatore vero e proprio).
 
Inoltre, il carro armato aveva anche un'altra risorsa piuttosto insolita, forse conseguenza delle esperienze in Corea dove spesso i carri erano usati come artiglieria mobile. Questo sistema era costituito da congegni di puntamento indiretti, con un quadranti a livello M-13 e uno azimutale T-24 che permettevano di regolare l'alzo e la direzione della torretta per colpire bersagli designati da fonti esterne. Per il tiro diretto, la distanza ottimale per l'uso delle munizioni era attorno a 800-1000 m. Le munizioni erano di nuova generazione, ma il cannone M36 (derivato dall'M31 dell'M46 Pershing)poteva sparare anche le munizioni del pezzo paricalibro M3A1 dell'M26 Pershing (non era possibile il contrario). L'arma aveva otturatore a scorrimento verticale per consentire un rapido caricamento e le munizioni erano cartoccio-proietto, un po' ingombranti nella torretta di un carro armato ma più rapide da mettere all'interno della culatta avendo sia la carica che il proiettile.
 
Quanto alla torretta, dove erano ospitati 3 uomini era in acciaio speciale, monoblocco di fusione, brandeggiabile con un meccanismo oleodinamico su sfere metalliche fino a 1440 gradi.min (4 giri).
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Per il motore AV-1790-5B da 820 hp a 2.900 giri/min., 12 cilindri a V raffreddato ad aria da ben 29,361 litri di cilindrata. Movimentava un carro armato che raggiungeva le 44 t, di 7,091 m di lunghezza col cannone in avanti, 3,51 m di larghezza e 2,96 di altezza. Era un grosso bestione se si considera che il T-54 era rispettivamente 6,45 m (ma senza cannone)x3,27 e 2,40 m e 35 t complessive. La potenza del motore non era tutta per la mobilità: i 2 ventilatori di raffreddamento assorbivano qualcosa come 60 hp, per cui la potenza 'netta' era di 760 hp. Il consumo non era certo il punto forte di questo carro armato: 140 m per litro di benzina, per cui gli 880 l di 'super' assicuravano solo 128 km su strada o circa 7 ore di operazioni (il che significa, in caso di guerra intensa, 4 pieni al giorno..). La trasmissione era attuata con un complesso cambio-sterzo Allison GM, il cosidetto 'Cross-Drive', che era un sistema integrato che aveva una cloche che controllava lo sterzo, cambio, differenziale etc, praticamente una specie di equivalente del manubrio motociclistico. Questo era, per i primi carri, replicato anche per il secondo posto di guida nello scafo, che in effetti non era semplicemente per un mitragliere ma per un mitragliere-secondo pilota. Per scaricare la potenza a terra v'erano due tipi di cingolo, ovvero il T-80 E6 con elementi in gomma, e il T-84E1 con pattini interamente in gomma anziché il misto nervature d'acciaio-cuscinetti gommati. V'erano 3 rulli guidacingolo a doppia ruota su ciascun lato, sospensioni a barra di torsione con ammortizzatori idraulici e limitatori di fine corsa, con 6 ruote per ciascun lato, oltre a due rulli compensatori (nei modelli più vecchi), uno per lato, per permettere di mantenere la giusta tensione. L'impianto elettrico era costituito da 4 batterie da 12 V in parallelo per un totale però di 24 V. Inoltre v'erano innovazioni per l'equipaggio: motorgeneratore ausiliario per avviamento, un refrigeratore (praticamente un condizionatore d'aria rudimentale) per l'equipaggio, pompe di drenaggio elettriche, estintori fissi antincendio e per la prima volta in un mezzo americano, un paio di fari anteriori ad infrarossi per la marcia notturna. La pressione specifica sul terreno era di 0,935 kg/cm2, relativamente bassa ma non trascurabile.
 
Gli M47 finirono per fare un po' tutti i ruoli nell'E.I: radiato l'M24 senza rimpiazzi (l'M41 arrivò solo come versioni semovente d'artiglieria), anche le missioni di ricognizione offensiva vennero affidate all'M47, anche se la sua sagoma di 2,96 m misurata all'altezza della mitragliatrice contraerea non era certo d'aiuto a non farsi vedere, nonostante la sua torretta fosse piuttosto piccola. La cosa che fa impressione è che però anche la Centauro arriva a ben 2,72 m, decisamente non pochi per un corazzato 'da esplorazione' (il Leopard 1 si mantiene invece ad appena 2,68 m).
 
I carri M47, che almeno nei primi lotti provenivano dai reparti americani stanziati in Germania, appena riequipaggiati con l'M48, divennero ad un certo punto l'unico carro dell'Esercito. Erano in forza alle divisioni corazzate ARIETE e CENTAURO, alle divisioni di fanteria GRANATIERI DI SARDEGNA, LEGNANO e FOLGORE; e persino allle divisioni di montagna MANTOVA e CREMONA. Non mancava poi la brigata POZZUOLO DEL FRIULI, che era stata formata come divisione corazzata ma ben presto ridotta a brigata.
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La protezione è stata studiata dalla OTO Melara su specifiche dell'Esercito. E' composita sul frontale dello scafo sul frontale e sui lati della torre, ma nonostante le dimensioni limitate del mezzo la massa complessiva suggerisce che essa non sia particolarmente robusta rispetto ai carri armati coevi, specie le versioni avanzate dei vari Leopard 2, M1A1, Challenger etc. Non ha elementi di tipo ERA o aggiuntivi, beninteso nella configurazione originale. I sistemi di protezione non sono solo lo spessore e la qualità delle corazze: infatti, a parte la mobilità i carri moderni fanno affidamento, e l'Ariete non fa eccezione, anche su: apparato NBC (qui sistemato nella parte posteriore della torretta), sistema di soppressione antincendio automatico o manuale sia per il comparto motore che equipaggio; la vernice, di tipo piuttosto 'stealth', nel senso che (come per esempio anche nel caso dei carri Leopard e degli elicotteri) si tratta di un composto piuttosto opaco nel settore infrarosso: riflette poco la luce IR, e isola piuttosto bene il calore interno (evidentemente si tratta di vernici, dato anche il colore opaco, con una base importante di carbonio). Sempre in tema di visibilità, da segnalare la presenza degli 8 lanciagranate Weggmann da 3 pollici/76 mm (praticamente gli stessi del Leopard) sistemati in una fila di 4 per ciascun lato della torretta, per disimpegnarsi da situazioni tattiche pericolose (a maggior ragione se sono usati sistemi di tipo speciale, per esempio per assicurare anche la copertura nel settore IR), mentre non pare vi sia anche l'iniettore di gasolio dei tubi di scarico per consentire una cortina nebbiogena mobile. Infine, già all'epoca dei primi prototipi si stava pensando ad un eventuale sistema di allarme capace di rilevare raggi laser (sia come armi d'illuminazione che come sistemi telemetrici). La sinergia, specie se vi fosse stato un sistema automatico, tra l'allarme sui laser e la rapida produzione di una cortina nebbiogena ad alto potere di sbarramento (lanciando per esempio 4 degli 8 candelotti pronti al tiro) avrebbe potuto fare la differenza tra la vita e la morte in molte situazioni tattiche.
 
L'armamento è costituito da un pezzo da 120/44 mm OTO, con canna ad anima liscia realizzata con procedura ad autoforzatura per incrementarne la resistenza, organi elastici coassiali, otturatore a cuneo verticale. Non è ben chiaro che tipo di arma sia: viste le caratteristiche generali, la lunghezza, il calibro etc. dovrebbe essere una sorta di versione prodotta su licenza del cannone del Leopard 2 tedesco. Le munizioni sono di tipo APDFSDS ed HEAT-MP, ma non sono più presenti i tipi HE puri, come anche gli HESH e i WP. I proiettili sono del tipo a 'cartoccio-proietto' che sono più rapidi da caricare, ma pesano 23 kg e sono lunghi 90 cm, cosa non certo d'aiuto specie se il carro spara in movimento veloce su terreno vario. La riserva è di 42 colpi. Notare bene che questi non sono sistemati in un sistema antiesplosione tipo la controcarena dell'M1 Abrams, ma non sono nemmeno sistemati un po' dappertutto come sul carro M60 (diretto predecessore) o Leopard 1 (diretto antenato, non sono, come è stato chiarito, la stessa cosa: l'Ariete succede agli M60 ma discende alla lunga dai Leopard e dall'esperienza con questi ottenuta). Questo munizionamento è presente così nella parte anteriore dello scafo e nel cesto di torretta, in una riservetta corazzata a pianta di 'ferro di cavallo'. La cosa non è tuttavia paragonabile alla sicurezza offerta dai pannelli di sfogo e dalle paratie che servono a tenere il vano equipaggio fuori dall'esplosione. La questione è che, in buona sostanza, se un colpo penetrasse nel carro non lo farebbe quasi automaticamente esplodere come un pacco di fuochi d'artificio, come accade nel caso dei carri T-64/72/80 (tristemente noti per questo 'difetto'), ma lo stivaggio del 90% dei colpi in una controcarena corazzata (M1 Abrams), idem ma solo per il 50% (Leopard 2), le cariche di lancio protette da cassette con liquido ignifugo (Challenger) sono un'altra cosa. Così un Ariete potrebbe benissimo essere colpito, per esempio su di un fianco, ed esplodere con la perdita della torretta. Della corazzatura non si sa bene di che si tratti, ma nel caso del Leopard 2, per esempio, non è una composita Chobbam, ma è un tipo di corazzatura 'perforata'. Per quanto possa sembrare assurdo, questo tipo di armatura aiuta molto a destabilizzare proiettili e granate in fase di perforazione, e non richiede studi su materiali esotici e costosi. Lo scafo è leggermente più basso, in proporzione, rispetto al layout del Leopard 1 e quindi le pareti sopra i cingoli sono di tipo verticale, come del resto i lati della torretta. Le prese d'aria sono sui lati delle stesse, nella zona posteriore, giusto come nel caso del Leopard 1.
 
L'apparato di controllo del tiro è molto avanzato, e si è posto, assieme a quello del Leclerc, in una categoria più evoluta rispetto a quella, già molto avanzata e costosa (il costo di un sistema di osservazione e controllo del tiro moderno arriva anche al 20% di quello totale di un carro armato, se non di più: i tempi dei 'fuciloni d'aggiustamento' sono finiti..) dei carri come l'M1 e il Leopard 2. Il primo non ha praticamente un periscopio per il capocarro (eccetto il minuscolo mirino 3x per il controllo della mitragliatrice M2 HB da dentro il carro), il secondo ha un visore valido, ma privo di una via notturna. L'Ariete adotta una soluzione intermedia tra questa e quella 'definitiva' ovvero una costosissima camera indipendente per la visione IR a parte del capocarro (che nei due casi precedenti era prevista per l'M1A2 e per il Leopard 2A5), ovvero un periscopio panoramico stabilizzato che è semplicemente un modello della SFIM francese, specializzata in questi sistemi di visione. Ha una via diurna e una via notturna con sistema IL, meno efficace ma anche molto meno costoso di una camera termica. Per il resto v'é una camera termica e un sistema ottico per il periscopio del cannoniere, fisso in avanti, con visione stabilizzata, e telemetro laser con portata di 9995 m, simile a quello del SIDAM ma più compatto. Vi è un calcolatore balistico digitale Cosmo, della Marconi italia, che opera i calcoli di tiro utile in base alla munizione impiegata, alla temperatura delle cariche di lancio, ai sensori meteo (umidità, vento etc.), velocità del veicolo e così via. È possibile far funzionare il sistema anche in modalità 'degradata' con l'esclusione del computer, sistema di stabilizzazione e di movimentazione della torretta (di tipo elettroidraulico). Per aiutare la mira in caso di emergenza vi è anche un cannocchiale di puntamento abbinato al cannone con reticolo balisticio per il puntamento, affidandosi più che altro alla traiettoria molto tesa dei colpi (specie i perforanti decalibrati). Il sistema di controllo del tiro, nell'insieme, è noto come TURMS, roboante acronimo di Tank Universal Reconfigurable Modular System). Nel caso dell'Ariete è installato quello di terza generazione, ma in futuro si pensava anche ad un sistema di visione indipendente, con camera termica, per il capocarro, e quello sarebbe stato il TURMS di quarta generazione, ma anche il più costoso di tutti. Difficile dire quali erano i due precedenti TURMS, forse quelli sviluppati per l'OF-40 e l'OF-40 Mk 2. Si tratta del primo sistema italiano con ottica 'master' ovvero con la linea di mira del cannone stabilizzata in relazione (con spostamenti massimi di 0,1 mrad) a dove sia puntato il periscopio di mira, sia quello del cannoniere o quello del capocarro. I sistemi di stabilizzazione precedenti invece 'trascinavano' il periscopio di puntamento dove era diretto il cannone. Il modo operativo è filosoficamente (nemmeno a dirlo) tedesco, con 3 modalità principali: osservazione da parte del capocarro, mira da parte del cannoniere che manda anche al capocarro l'immagine di quello che vede, e il sistema opposto con il capocarro che prende il controllo della situazione e punta l'arma verso il bersaglio, realizzando così una maggiore velocità di ingaggio dato che ha un periscopio panoramico che sfrutta per guardarsi attorno. Esistono anche periscopi per capocarro, cannoniere e caricatore (dall'altro lato della torretta, a sinistra del cannone). Il cannone di per sé ha un manicotto termico antidistorsione, e per incrementare ancora la precisione ha un sistema MRS che gli dà la caratteristica forma di un 'mirino' alla fine della canna. In effetti è proprio questo a cui serve: controllare l'effettivo parallelismo tra ottiche e cannone, che talvolta può essere sballato da varie cause, grazie allo specchietto che contiene e che guarda verso una finestrella attraverso cui viene percepita l'esatta posizione della canna. Questo sistema non è presente sul Leopard 2, ma lo è, curiosamente, sull'M1 Abrams, fin dal tempo dei carri con il cannone da 105 mm. La stabilizzazione dell'armamento e le sospensioni consentono il tiro in movimento: ma mentre un mezzo come il Leclerc spara con precisione anche sui 30-40 kmh, l'Ariete è costretto a rallentare a 15-20 kmh a seconda del terreno.
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Le Centauro, quindi, come spiegamento strategico non sono affatto 'rapide' da schierare: poco più veloci dei rimorchi autocarrati, e forse dei treni (sempre che le strade siano decenti), non trasportabili da nessun aereo italiano (anche se i C-130 hanno il vano di carico largo 3,12 m contro 3,05 della Centauro, questa a pieno carico è troppo pesante), sono trasportabili solo via mare o via terra. Come autoblindo sono molto grandi e visibili, addirittura più grosse di un carro. Come cacciacarri sono abbastanza efficienti, ma un veicolo ben più semplice con missili TOW può colpire con efficacia un carro armato moderno anche a 4 km di distanza, cosa che ben difficilmente un pezzo da 105 mm può eguagliare, anche nelle migliori condizioni. Inoltre le Centauro 'trasporto truppe' sono (come del resto il Merkava) nel migliore dei casi un ripiego. Infine, come carro da combattimento sono troppo vulnerabili. Si criticano i carri armati sovietici per la vulnerabilità alle armi occidentali, ma se non altro non hanno bisogno di corazze aggiuntive per resistere ai colpi di mitragliatrice pesante, anzi frontalmente hanno una buona resistenza ai colpi da 105 e anche da 120 mm, dipende dalle versioni. Inoltre le ruote sono sempre vulnerabili a schegge e pallottole, se non al fuoco nel senso più letterale del termine (leggi napalm e molotov).
 
Poi c'é il costo: quasi 4 mld per blindo. L'E.I. ha rottamato i suoi carri Leopard 1 senza nemmeno tentare (eccetto che nel caso dei Leopard 1A5, e giusto grazie alle torrette di 'seconda mano') di aggiornarli, come avrebbero indubbiamente meritato (e come è stato fatto da molti utenti: Germania, Canada, Belgio etc). Il costo per 400 carri era stimato in circa 650-700 mld comprendento il sistema di controllo del tiro TURMS. Questo significa che a parità di costo tutti i Leopard 1 dell'EI avrebbero potuto essere ammodernati. E'È significativo poi considerare il successo all'export' della Centauro. Questa è stata valutata (negativamente) dall'US Army, è stata comprata in alcuni esemplari dagli spagnoli. Ma questi successi dovrebbero piuttosto dimostrare, paradossalmente, come la Centauro non sia stata un progetto 'di successo'. Essendo tanto avanzata e moderna, e diversa da altre blindo, avrebbe dovuto ottenere molti più successi rispetto a quel poco che ha raccolto, e solo dopo ben 10 anni dal prototipo. Gli altri eserciti hanno preferito ammodernare i loro carri armati o comprarne di nuovi, assieme a mezzi per la fanteria e artiglieria. Per i movimenti rapidi degli MBT è stata incrementata la forza di veicoli portacarri. Nessun altro esercito ha seguito quindi lo stesso ordine di preferenza per investire i propri denari nell'ammodernamento: prima sono venuti i carri e la fanteria, poi l'artiglieria, ma i mezzi esploranti molto indietro. Forse l'E.I., non avendo soldi per tutto, avrà prediletto un mezzo piuttosto flessible per vari ruoli, ma di sicuro non per ragioni di 'peace Keeping' che non erano contemplate all'epoca della Guerra Fredda, almeno non nella misura in cui sono state compiute poi, con mezzi pesanti.
 
Come mezzo tattico la Centauro non è affatto di dimensioni trascurabili, e non è anfibia: due cose tutt'altro che secondarie per l'ambiente italiano, montuoso e ricco di fiumi. È vero che anche la Rooikat sudafricana è grossa e non anfibia, ma si tratta di un ambiente del tutto diverso operativamente e sarebbe semplicemente disonesto fare tale paragone. Si pensi solo che, tornando allo stretto di Sicilia, una AMX-10RC potrebbe, con mare non troppo proibitivo, persino attraversarlo speditamente a 10 kmh.
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E adesso l'organico dell'unità base, il battaglione corazzato: compagnia comando e servizi con plotone comando e servizi, riparazioni-recuperi, trasporti. Poi le 3 cp carri con 13 carri l'uno con 4 carri armati l'uno per ciascuno dei 3 plotoni, più il carro comando compagnia. Quindi, comprendendo il carro comando battaglione, si tratta di 40 carri armati. Originariamente erano 49 (1 in più per ciascuno dei 9 plotoni, ripartiti sempre in 3 compagnie), anzi molti anni prima erano 51-52 per battaglione (forse perché esisteva un intero plotone comando battaglione). Oltre ai 40 carri armati veri e propri, esistevano (presumibilmente tutti nella cp comando e servizi) una decina di Leopard soccorso, M113 posto comando e in versione ambulanza, nonché veicoli e moto vari.
 
Il passaggio tra il plotone da 5 a quello di 4 carri ha comportato una struttura più agile, già adottata dall'US Army, esercito tedesco-occidentale e israeliani, permette infatti di una più facile condotta in azione da parte del capo plotone, con sezioni di 2 carri armati che si alternanto e si coprono a vicenda (un po' come la formazione 'a 4' dei caccia tedeschi della II GM..). Naturalmente tale riduzione è meno efficace in termini di potenza di fuoco ma la cosa sarebbe stata permessa dall'introduzione di carri armati e blindo con sistemi di puntamento computerizzati e stabilizzati, che consentono anche il tiro in movimento con precisione non riducendo quindi il volume di fuoco, e in particolare permettendo azioni di fuoco continue anziché una alternaza di 'sbalzi tattici' come con i mezzi più vecchi.
 
Il problema, ovviamente, è che nel 1987 non c'era traccia di carri moderni o ammodernati agli ultimi standard nell'E.I. e fino al 1992 sarebbe stato così, quando arrivarono le Centauro (però pressoché incapaci di sparare col cannone in movimento) mentre per gli Ariete si dovette aspettare oltre il 1995. Ma questo nel 1987 non lo sapevano (anche se già allora era chiaro che i nuovi mezzi avrebbero impiegato anni per entrare in servizio). Il problema era probabilmente un altro: quello di rimpiazzare finalmente i quasi quarantenni M47 liberando alcune centinaia di Leopard 1.