Forze armate mondiali dal secondo dopoguerra al XXI secolo/Siria: differenze tra le versioni
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Lo sfondamento doveva essere anche a Nord del Mt Hermon con due divisioni israeliane, la prima in offensiva e la seconda in riserva. I Siriani tentarono di fermare l'avanzata degli Israeliani, ma non ci riuscirono e allora richiesero l'aiuto dell'Egitto, che non si decideva a sferrare un'offensiva violenta sul Sinai. L'URSS era già impegnata nel ponte aereo di aiuti, e lo incrementò, ma data la sconfitta siriana a Lakatia, c'era anche da proteggere le coste e allora la Eskadra sovietica venne schierata, proveniendo dal Mar Nero, a difesa di Lakatia e Tartus. La minaccia di mandare truppe aviotrasportate a difesa di Damasco era poi ancora più gravida di conseguenze. Gli Americani, 'padrini' convinti di Israele rafforzarono la 6a Flotta e cominciarono il ponte aereo di aiuti, che in poche settimane avrebbre raggiunto migliaia di tonnellate. Del resto la stessa Israele dichiarò dopo 5 giorni che stava esaurendo le scorte e le risorse a sua disposizione. Una sorpresa per il mondo e l'ammissione che da soli gli Israeliani erano incapaci di sostenere lo sforzo bellico. Naturalmente su tale affermazione non venne mensionata la disponibilità della prima ventina di armi nucleari, disponibili per missili balistici o aerei tattici.
I corazzati contro la fanteria sono un
Gli Irakeni avevano tenuto fin'allora una disposizione di riserva e difesa, ma la loro armata, spinta dal fallimento dei Siriani, dovette andare all'attacco, sia pure ostacolata dalla ritirata degli Alleati. Qui si può descrivere meglio i punti di forza e sopratutto, di debolezza, degli eserciti arabi e in particolare del pur formidabile corpo di spedizione irakeno. Questo portava il nome del Saladino, e si componeva tra di 2 divisioni corazzate, due brigate di fanteria, una brigata di forze speciali. Totale, 30.000 uomini e 500 carri armati. Ma la carenza di mezzi porta-carri per percorrere centinaia di km fece sì che i mezzi cingolati, per quanto fossero materiali moderni, subissero un grave logorio che mandò in crisi il loro spiegamento, e con esso il sistema di comando e controllo, dimostratosi parimenti inadeguato come lo era il numero di portacarri. Nondimeno, il 13 ottobre gli Irakeni fermarono l'avanzata israeliana con la 3a Divisione corazzata (che però per Eshel ebbe successo, senza fornire dettagli ulteriori, mentre per Remino subì la perdita di 80 carri contro nessuno nemico, risultandone dimezzata, a causa della mancanza d'informazioni siriane che la fece letteralmente cadere in trappola; in ogni caso la logistica israeliana ne venne afflitta a sufficienza per finire l'avanzata) e il 16 passarono all'attacco, sempre con la 6a Brigata corazzata già protagonista del precedente combattimento. Il tutto venne pianificato con cura e con ampio fuoco d'appoggio delle artiglierie siriane e irakene, per giunta muovendosi con il sole negli occhi dei difensori. Ma i tre gruppi misti (a livello di battaglione) impiegarono quasi tre ore per coprire poco oltre 5 km di distanza, malgrado la copertura d'artiglieria, così che vennero aggirati sui fianchi dagli israeliani e fatti progressivamente a pezzi, nel corso di tre attacchi senza risultati pratici. Nel mentre c'erano altre 4 brigate corazzate, due di fanteria e quella forze speciali che erano disponibili, ma alle quali non venne dato ordine di intervenire<ref>Eshel, David: 'Speciale Desert Storm', Monografia RID 1991</ref>.
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