Caccia tattici in azione/Monoplani della Regia: differenze tra le versioni

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Andato in volo per la prima volta nel '37, il Macchi 200 entrò in servizio nel '39, e all'inizio del '40 serviva in 3 gruppi da caccia. Ma il primo stormo che l'ebbe, il 4°, ad un certo lo dismise e nel '40 andò a combattere in Africa con i C.R.42. Il Macchi ebbe dei problemi iniziali, ma nondimeno si concretizzò come il migliore dei Serie 0, almeno stando alle classificazioni redatte all'epoca. Il Macchi vinse a man basse il confronto con il G.50, sia come valutazioni, che come servizio operativo. La sua carriera non fu però libera da parecchi problemi. All'inizio del '40, la R.A. aveva avuto grosse grane alla propria linea di volo. Si è già detto dei 3 BR.20 persi per avere raggiunto una quota troppo alta causa un temporale, qualche tempo prima. Ma quando fu l'aprile del '40, accadde che due S.79, in circostanze diverse, prendessero fuoco e precipitassero. Si trovarono difetti ai tubi di benzina, ma per 20 giorni, ricorderà Pricolo, si trattenne il fiato: l'S.79 era pur sempre -nonostante i suoi difetti- il pilastro del bombardamento nella R.A. (tant'é che all'inizio della guerra vi sono valutazioni che comportano un massimo di ben 612 aerei di questo tipo in servizio, in 14 dei 25 stormi di bombardieri). Nel contempo, l'altra specialità, la caccia, aveva come aereo di punta, o almeno destinato ad esserlo, il C.200. Ma in marzo uno degli aerei del 1° Stormo, pilotato da un valido pilota, tale ten. Tinti, precipitò in vite da 2.000 m di quota e si schiantò al suolo. L'11 aprile toccò ad un altro esperto pilota del 1° Stormo, De Bernardinis. Il Gen. Pricolo ordinò la messa a terra di questi velivoli, in attesa di chiarire quel che stava succedendo. Poco dopo un pilota -ironicamente un 'pivello' in addestramento- di un reparto scuola subì lo stesso violento avvitamento, tanto che batté la testa e perse i sensi (all'epoca non c'erano i caschetti anti-urto come quelli usati dagli anni '50 in poi); ma a differenza degli altri, rinvenne abbastanza presto da riprendere i comandi. Così, grazie alla sua testimonianza si capì cosa stava succedendo: l'ala, con un profilo troppo semplice, entrava in autorotazione. Grazie agli studi di Stefanutti, tale problema verrà risolto (o almeno, fortemente mitigato) studiando dei nuovi profili alari, ma il 1° Stormo non riebbe i suoi Macchi fino all'ottobre del '40. Comunque sia, la storia dei Macchi è davvero strana e non-lineare. A parte il 'gran rifiuto' del 4° Stormo, e i problemi del 1°, i Macchi davvero entrarono in azione fin da giugno, ma non contro la Francia, ma contro Malta, dove uno di essi venne abbattuto da un Gloster Gladiator durante un combattimento aereo.
 
 
Detto questo, il Macchi 200, all'epoca in servizio con uno stormo e un gruppo, il che darebbe circa 90-110 aerei. Del resto, dei 118 G.50 in servizio con altrettante unità non più di 97 erano davvero ai reparti. I C.200 pare che fossero invece in servizio con 156 velivoli.
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Spesso si sente affermare che il Macchi 200 fosse un velivolo talmente valido, da superare l'Hurricane. È un'affermazione che episodicamente potrà anche essere supportabile, ma qui va aperta una lunga parentesi. Nella vecchia ma valida enciclopedia Armi da Guerra (De Agostini, ma è la versione italiana di un'opera britannica) n.99, si legge in proposito che il Macchi 200 che esso, svantaggiato da un motore abbastanza potente, quando entrò in servizio nel '391939 ''era già surclassato dall'Hurricane che volò 2 anni prima''. Ancora, si dice che i Saetta ''si batterono bene contro gli Hurricane Mk.I'', che non è necessariamente in contraddizione. Infatti si afferma poi che ''poterono confrontarsi quasi alla pari con i primi Hurricane Mk.I''. Infine, nella sezione 'I Caccia dell'Asse nel deserto'', si dice che ''Ovviamente, di fronte a macchine come l'Hurricane e il Tomawhak, che equipaggiavano sei squadroni britannici e della SAAF, gli italiani non erano riusciti ad assicurarsi l'iniziativa tattica, perché i loro G.50 e C.200 erano alquanto inferiori ai caccia Alleati''.
 
Poi si racconta di come le cose cambiarono quando entrarono in servizio i Bf-109E del I/JG 27, che iniziarono abbattendo un Hurricane il 19 aprile 1941; nel corso di sei settimane i 37 piloti del gruppo distrussero 63 aerei, quasi quanto gli italiani negli 8 mesi precedenti sulla guerra del deserto. Si parla anche dei CR.42 e dei Gladiator: inizialmente gli italiani avevano il CR.42 e i britannici erano parimenti 'poveramente equipaggiati con alcuni Gladiator'. ''Nelle relativamente rare occasioni in cui questi due protagonisti ebbero modo di incontrarsi ottennero risultati pressoché pari: in generale la R.A. aveva piloti molto abili (acrobaticamente) e l'equilibrio tattico era mantenuto dall'aggressiva attitudine dei piloti della RAF'' (tradotto,meno andavanopiroette e più al sodosostanza, con meno piroette nel cieloinsomma).
 
In tutto, i Macchi 200 vengono dunque considerati inferiori, seppure di poco, agli Hurricane Mk.I. In termini di prestazioni, l'Hurricane Mk I era capace di 280 miglia orarie o 450 kmh slm, vs i 430 kmh del C.200 (che sono nb. il Macchi aveva quindi 20 kmh in meno rispetto anche al D.520, -10 kmh vs. il Re.2001 e RE.2002, -36/73 kmh vs il Bf-109E, -67 kmh vs il C.202; ma +20 kmh vs il RE.2000 e +30 kmh vs il G.50, +70 kmh vs il CR.42).
 
A media quota l'Hurricane era forse ripreso: il Macchi a 4.500 m arrivava ad almeno 503 kmh, anche se riduceva a 491 kmh a 6.000 m; l'Hurricane, che era valutato a circa 508/5.334 m, ma a 6.096 m arrivava a 524-528 kmh. Così il miglior settore per il Macchi era quello delle quote, diciamo, tra 3.000 e 5.000 m, sotto invece poteva far maggiore conto sull'agilità, e in generale sulla velocità di salita, che era molto elevata e superiore anche a quella dell'Hurricane Mk II, almeno sotto i 6.000 m, che il Macchi raggiungeva in circa 6,5 o 7,5 minuti. L'Hurricane impiegava 1m56 s per i 1.524 m, 3,66 m per i 3.050 m, 6,3 min per i 4.572 m, circa 9 minuti per i 6.100 m, e 17,66 min per i 9.144 m; l'Mk II era nettamente più potente, e la salita a 4.500 m la daceva in circa 5,35 min (5,8 per l'Mk IIC), mentre a 6.096 m arrivava in 7,5 min (9+ per il C). La velocità massima, però, aumentava notevolemente e l'Mk.II arivava a 518 kmh a 4.115 m, 529 a 5.500 m, 545-550 kmh a 6.705 m. A 7.000 m pare che il Macchi non arrivasse nemmeno a 400 kmh, e del resto la quota massima era di circa 8.800 m contro i 10.400 m dell'Hurricane Mk.I, 11.200 dell'Mk.IIB e 10.850 m dell'Mk.IIC<ref>Monografia Hurricane, Delta Editrice</ref>.
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Questo dà l'idea di come le cose prendano una forma diversa quando c'é da verificare le affermazioni con i controlli incrociati, sebbene qualche margine di incertezza resti sempre.
 
È un dato di fatto che i Macchi 200 non intaccarono la potenza aerea britannica e che gli Hurricane, e poi i P-40, risultarono in grado di dominare le proprie zone operative. Naturalmente non sempre le cose andavano così, e in altri teatri (per esempio in URSS) vennero ottenuti risultati migliori di questi; tuttavia il Macchi non fu mai un grosso problema per i monoplani anglo-americani, anche se si può osservare che il demerito fosse forse, più ancora dell'aereo, dei piloti o meglio ancora, delle loro tattiche di combattimento, come osservava l'asso Pickering, uno dei difensori di Malta. In ogni caso, la tipica formula assolutoria, per la quale le macchine erano tra lo scarso e l'eccellente, ma i piloti tra l'ottimo e l'eccezionale, va quasi ribaltata. A prescindere dal coraggio e dalle acrobazie aeree, i risultati non furono eccezionali. E dato quanto visto sopra, no vi è un supporto concreto a certe affermazioni recentemente scritte da alcuni autori. Marcon, in un articolo sull’Hurricane (Storia Militare mag. 2000) affermò che il Macchi era ‘leggermente inferiore in prestazioni, ma superiore in maneggevolezza, e quindi pericoloso se in mani esperte’. Il che è veroVero, anche perché è inutile affidare ad un pilota incompetente un qualsivoglia tipo di caccia, specialmente se dall’altra parte vi sono avversari che sanno il fatto loro. In seguito Marcon parla dei P-40 (sempre su Storia Militare, ma del gennaio 2001) e ci dice che questi caccia americani erano capaci di affrontare ad armi pari il C.200 e di superate tanto l’Hurricane quanto i CR.42 e G.50. Il che, per sillogismo aristotelico, significa che il Saetta era (secondo Marcon) migliore dell’Hurricane, promosso quindi da ‘pericoloso’ a ‘superiore’.
 
Poi vi sono anche più recenti affermazioni come quelle di D.Lembo ''una volta superati i problemi di dentizione, il Macchi 200 si dimostrò il miglior caccia della sua epoca, come dimostrato dai numerosi successi su di uno dei suoi avversari: l'Hurricane''<ref>Supplemento ad Aerei nella Storia, n.27, 2003</ref>. Che il Macchi 200 fosse 'il migliore' in un'epoca che vedeva già in servizio Bf-109E, Spitfire e Zero è altamente opinabile (a meno che non si riferisse solo all’Italia), ma di sicuro non è supportata dall'invocazione dei 'numerosi successi' contro l'Hurricane, specialmente quando si consideri che Malta fu davvero l'apice della qualità per i cacciatori ('a Malta non c'é posto per piloti mediocri' sbottò un ufficiale inglese), con gli aerei sfruttati al meglio (mentre il gran numero di cacciatori del Commonwealth non era necessariamente di gran valore ed esperienza, si pensi invece alla concentrazione di ‘assi’ che volarono con i pochi Macchi 205). Quello che succedeva su Malta rappresentava l’apice della qualità di entrambe le parti in lotta. E, dati alla mano, i risultati non supportano tali giudizi, a meno di non implicare che i piloti italiani fossero delle scamorze totali e che i Macchi contennero almeno i danni (in effetti, fecero certo meglio dei G.50 e CR.42). Quanto alle dichiarazioni delle perdite, esse prese da sole sono inaffidabili. Lo stesso Marcon (S.M. ago. 1997) ricorda come per il gen. Santoro la RAF perse 844 aerei da caccia (di cui 300 al suolo) con 518 piloti, contro 897 aerei tedeschi (di cui 403 caccia) e 570 italiani (237 caccia). Ma queste cifre non sono confermate dalle ricerche dei decenni successivi: nel 1940, a Malta, c’erano solo sei caccia, rinforzati da altri 21 per la fine dell’anno, 211 nel ’41 e 382 nel ’42, per un totale di 620 aerei. Le perdite di caccia (eccetto quindi altri tipi) sarebbero state solo di 465, di cui 6 nel ’40, 120 nel ’41 e 339 nel ’42. Per gli italiani e i tedeschi, le cose sono anche meno semplici da rilevare: Santoro ha dato 199 aerei italiani persi più 349 tedeschi: 35 nel ’40, 146 (68 italiani) nel ’41, 367 (96 italiani) nel ’42. Quindi l’unico modo per raccapezzarsi e avvicinarsi alla realtà è quello di indagare negli archivi esistenti e portare fuori tutto quello che è ancora disponibile,o altrimenti prendere per buone le rivendicazioni e le valutazioni di parte, che in pratica superano il totale degli aerei messi in campo e quindi sono certamente esagerate. In ogni caso, che gli italiani non siano riusciti con le loro forze a battere i britannici è vero, anzi non riuscirono nemmeno a togliergli l’iniziativa strategica. E per la fine del 1940 stavano perdendo pesantemente in tutti i teatri d’operazioni: Manica, Malta, Africa, Grecia, Mediterraneo in generale. Non riuscivano nemmeno a difendersi dalle poche incursioni aeree e navali avversarie. Alla fine, se l’Italia non uscì battuta in pochi mesi di guerra e contro un nemico tutt’altro che superiore in termini quantitativi, fu solo per il precipitoso intervento tedesco.
 
Molto spesso l'unico modo di uscire da questo dubbio (a chi addebitare la sconfitta) è di invocare la schiacciante superiorità numerica del nemico, capace di sopraffare da sola ogni velleità, ogni prodotto del genio italico e ogni episodio di sovrumano valore; insomma, il peso delle ‘orde’ avrebbe vinto l’eroica resistenza dell’Asse. Ma questo manca di prospettiva storica: in Mediterraneo fu vero solo dalla fine del ’42. Prima erano i britannici che -specie a Malta- combattevano in inferiorità numerica. E non per questo cedettero (al contrario, la caduta di Pantelleria -la ‘Malta’ italiana- dopo un mese di bombardamenti diede adito a critiche ferocissime, proprio per comparazione con la piazzaforte britannica).