Caccia tattici in azione/Monoplani della Regia: differenze tra le versioni

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Gli Ungheresi ebbero una vita più breve e movimentata. Vennero ordinati già il 27 dicembre 1939 e sopratutto, oltre a ben 70 aerei, l'Ungheria avrà altri 191 apparecchi prodotti su licenza (il numero è controverso, a dire il vero). Noti come Falcone, o meglio, Héja, erano in due lotti, il I e il II con motore e mitragliatrici ungheresi. I motori di entrambi i tipi (nel caso di quelli ungheresi, i Manfred-Weiss K.14B da 986 hp) erano in entrambi i casi derivati dallo stesso tipo francese, ma la mitragliatrice ungherese era un'arma da 12,7 mm bicanna, un tipo davvero raro all'epoca. Forse per il cambiamento dei pesi, forse per l'aggiunta di corazzature protettive, il Falco ungherese era sì efficiente come macchina da combattimento, ma anche molto prone allo stallo e alla vite, con incidenti anche mortali assai frequenti. La squadriglia dislocata sul fronte orientale ebbe tutti i suoi 24 aerei incidentati almeno una volta ed entro il primo mese di guerra. Gli Ungheresi erano abituati ai CR.32, molto meno critici in termini di agilità, e molto più solidi quanto a carrello d'atterraggio. Uno dei peggiori episodi fu quello che vide Istvan Horthy, pilota di lustro (figlio del reggente d'Ungheria) precipitare con il suo apparecchio, nel 1942.
 
 
Uno sviluppo diretto fu il RE.2002 Ariete II, originariamente nato come un'alternativa autarchica al RE.2001 con il DB-601. IN pratica si sostituiva il P.XI con il P.XIX RC.40 da 1.160 hp, teoricamente nazionale ma in pratica derivato da precedente. Entrambi gli sviluppi del RE.2000 erano chiamati Ariete, e il RE.2002, che volò secondo una richiesta dell'aprile del '40 da parte della RA. Del resto anche Longhi preferiva un motore radiale. Il prototipo volò sempre a Reggio Emilia con De Bernardi, come già gli altri Reggiane, nell'ottobre 1940. Ma il motore causò molti problemi e così venne afflitto da notevoli ritardi. Nel novembre 1941 vennero chiesti 100 aerei e il primo di serie volò il 18 maggio 1942, stavolta con Tullio de Prato. L'ultimo di questi aerei, consegnati in circa 8 mesi, fu consegnato solo il 29 luglio 1943, quando oramai molti di essi erano andati distrutti già in un tentativo disperato di fermare gli Alleati in Sicilia. La Serie II venne ordinata contemporaneamente, ma i collaudi iniziarono solo il 28 giugno 1943. Solo 40 vennero completati all'Armistizio, altri 25 venero prodotti tra ottobre e gennaio del '44, sotto controllo tedesco. La LW era interessata al RE.2002, come piccolo FW-190. Dopotutto, per quanto inefficiente per molti aspetti, e tutto sommato obsoleto nel '43, era pur sempre il più potente dei cacciabombardieri italiani. Almeno 40 finirono con insegne tedesche. In tutto si arrivò secondo alcune fonti, ad altri 100 aerei Serie II. Ma non è chiaro affatto come le cose andarono. La LW era interessata ad un altro lotto di 30 aerei e a un RE.2002 con ala a cinque longheroni, serbatoi integrali (aboliti dopo il RE.2000) e motore BMW 801, quello del '190. Ne voleva ben 300, ma dopo i bombardamenti del 7-8 gennaio 1944, le cose cambiarono in peggio. Non è affatto chiaro quanti RE.2002 venissero costruiti: dopo i bombardamenti di Reggio Emilia, la produzione sarebbe stata spostata alla Caproni di Biella (2) e Milano (forse 60, 27 dei quali però subito demoliti). In tutto si potrebbe anche arrivare ad un totale di 250 aerei di serie e il RE.2000 modificato. Tuttavia, solo 140 di essi vennero realizzati prima dell'armistizio. 18 aerei vennero adattati al bombardamento in picchiata (prodotti nell'agosto del '43, forse con freni di picchiata), e altre versioni studiate rimasero sulla carta. Il Reggiane 2002 entrò in servizio solo il 18 dicembre 1942 e non ebbe mai un motore pienamente soddisfacente. Nondimeno venne usato dal 5° Stormo e uscì in azione, dopo un addestramento intenso, dal 10 luglio 1943 con i gruppi 101 e 102 a Crotone. Fu un impiego disperato. Vi furono attacchi al suolo con mitragliamenti di mezzi da sbarco e di azioni antinave con bombe da 100 e 250 kg, le prime sotto le ali e le altre sotto la fusoliera. Il risultato netto fu la perdita di 14 aerei in aria, tra cui quello del grande Giuseppe Cenni, e di altrettanti al suolo. I RE.2002 superstiti rientrarono in azione poco dopo l'armistizio, dal 18 settembre, per supportare le truppe del Dodecanneso, talvolta intercettando gli Ju-87 tedeschi. Al 2 giugno i logori Reggiane erano rimasti solo 11, usati dalla Scuola Addestramento Caccia di Lecce-Leverano. Attorno al maggio '45 vennero radiati, per cui fecero appena in tempo a vedere la fine della guerra. Dal canto loro, i Re.2002 tedeschi vennero invece usati in azione contro la resistenza francese (i 'maquisards'), ottenendo discreti risultati, con almeno un aereo abbattuto dal fuoco contraerei. La carriera del RE.2002, tutto sommato, fu piuttosto intensa per una macchina apparsa palesemente tardi e che venne prodotta solo in poche centinaia di esemplari. In pratica, esso fu il 'vero' RE.2000 della Regia Aeronautica, di cui era a tutti gli effetti una versione cacciabombardiere, con 160 hp e due mitragliatrici da 7,7 in più.
===Re.2000===
Roberto Longhi era stato in America e come per Casiraghi della Piaggio, questa si dimostrerà un'esperienza importante per la sua formazione professionale. Così si spiegano le tante illazioni sulla produzione/clonazione del P-35. Accentuata dal fatto che il prodotto finale è rimasto pressoché sconosciuto ai più, dato che il Re.2000, prodotto in non molti esemplari ed esportato per la gran parte, non è stato mai particolarmente noto. Circa 10 anni fa, apparve su RID una lettera di un discendente del comandate de Prato, il collaudatore della Reggiane. Secondo quanto ne sapeva lui, c'erano due verità sul Reggiane RE.2000 Falco (a parte che dev'essere stato un periodo in cui l'Italia era davvero a corto d'idee, con almeno 3 o 4 aerei con lo stesso nome, più Saette e Folgori assortite; ad ogni modo il nome non venne ufficializzato dalla R.A. perché c'era già il CR.42, ma allora perché il CR.32 e G.50 portavano lo stesso nome, Freccia?). Una era 'la dannata tendenza dell'aereo a cadere in vite', cosa in genere negata dalla bibliografia italiana in quanto dotato di ali semiellittiche, a profilo variabile (come l'F.5) e quindi esenti da fenomeni di autorotazione. Stranamente, anche gli Ungheresi ebbero problemi del genere con il Falco, quindi forse le cose non erano poi così buone come vengono descritte da vari autori. Un'altra cosa era la derivazione dal P-35: non si sa come e quando, ma la discendenza pare sicura.
 
Detto questo, vi sono anche delle differenze tra questi due caccia, entrambi destinati a restare prodotti 'di nicchia'. Gli aerei americani erano nati anni prima, ed era naturale che fossero meno avanzati in termini aerodinamici e di efficienza generale: dopotutto, il modello da cui discendevano era un idrovolante triposto. I Re.2000 volarono nel '39 ed erano quindi più avanzati, dopo tutto si trattava di macchine coeve dei FW-190, tanto per dirne uno. Gli aerei americani avevano un R-1830, quelli italiani, dal tettuccio più basso e dall'aspetto generale più compatto, il Piaggio P.XI RC.40, derivato dal GR.14N francese e riprogettato da Spolti e Mancini, con una potenza di 1.000 hp. Del resto attorno al '34 già la Seversky aveva offerto la licenza di produzione del SEV-3, l'antenato del P-35, e verso il '38 la Curtiss si sarebbe fatta avanti con il P-36/H-75. In effetti, l'autarchia italica proclamata da Mussolini, era più che altro propaganda: i motori erano quasi tutti produzioni estere rielaborate. Non importa se l'AS.6 del famoso Macchi MC.72 poteva erogare 2.600 hp, quello era un motore da record, sarebbe come se un'auto berlinetta ospitasse un motore da F.1. Di tipi realmente adatti ad impieghi operativi e continuativi c'erano molti modelli, ma tutti derivati da licenze francesi, inglesi e americane (spesso ulteriormente intrecciate tra di loro), mentre i tentativi di costruire (specie dalla I.F.) un motore valido per i caccia moderni finì in una serie di fallimenti imbarazzante. La soluzione, come sappiamo, fu la licenza dei DB-601 e 605. Quanto all'ufficio Reggiane, per partecipare alla gara del nuovo caccia venne costituito un ufficio che si appoggiò al progetto base del P-35 e lo rielaborò a partire dal '37. Alla fine ne venne fuori un velivolo dall'aspetto 'sgrassato' e più snello, ma la velatura, inclusa la coda, era ancora pressoché uguale, e a differenza dell'evoluzione della Republic (con il P-47), resterà in stile 'Seversky' anche dopo anni, con il Sagittario, sempre provvisto della classica coda romboidale. Dentro la struttura, per ottenere una grossa quantità di carburante, vennero invece usati i serbatoi integrali, scelta decisamente d'avanguardia (e forse troppo, visto che i problemi e le perplessità non mancarono).
 
Come primo aereo realizzato vi fu il prototipo MM.408. Era il solito dilemma: da un lato l'aereo era arrivato tardi rispetto agli altri competitori G.50 e C.200, dall'altro proprio per questo, era più avanzato. Il secondo prototipo MM.409 diverrà invece direttamente il Re.2001. Qui venne fuori una discussa gara per stabilire il caccia 'Serie 0' utile per la Regia in cui il caccia si dimostrava superiore nella maggior parte delle prestazioni, ma alla fine non venne adottato. Sul perché vi sono state molte discussioni nella nicchia di storici che si occupano della dinastia Reggiane: ufficialmente non piacevano i serbatoi integrali, troppo vulnerabili. Ma in realtà era il motore che veniva considerato poco adatto per un caccia, e in generale il costo dev'essere stato alto. Ma sopratutto, e questo vale anche per l'economico F.5 (sempre del gruppo Caproni), con già ben 3 tipi di caccia (G.50, CR.42 e C.200) in produzione, non tanto inferiori come capacità complessive, non si vede come l'aereo potesse, nel '39, essere interessante per la Regia Aeronautica, quale posto avrebbe potuto ottenere. Inoltre, presto sarebbe venuta l'era del motore DB-601: appena nell'anno successivo venne fuori il Re.2001. Inoltre, se il Re.2000 fosse entrato in servizio, questo avrebbe potuto accadere non prima del '41, quando sarebbe stato decisamente sorpassato: fino ad allora con cosa la R.A. avrebbe potuto affrontare il problema del riequipaggiamento della sua linea? Avrebbero costruito centinaia di aerei nel '39-40 e poi li avrebbero rottamati nel '41, solo per passare ad un velivolo ancora da mettere a punto e con capacità appena maggiori? In toto, riesce difficile criticare la scelta fatta (eccetto per i caccia Fiat, il cui unico pregio fu di dare il là al successivo G.55, mentre si sarebbe fatto meglio ad accettare la costruzione su licenza del Macchi 200). Il Re.2000 dimostrò, in combattimenti aerei simulati durante il '40, di essere più agile del Bf-109E (cosa non difficile, in verità) e dicono alcune fonti, del CR.42 (molto difficile da credere, forse volevano dire che si dimostrò superiore in combattimento, ma non è la stessa cosa). Tuttavia l'armamento era sempre di due armi da 12,7, e la velocità non superava i 515 o 530 kmh. Quindi la sua vocazione 'export' e il suo aspetto, erano analoghi alla storia del coevo P-43 Lancer della Republic.
 
I Reggiane RE.2000 erano i primi caccia metallici del gruppo Caproni, ma volarono solo il 24 maggio 1939, quando gli ordini per i Macchi e i G.50 erano già in essere. Questi primi caccia erano afflitti da problemi di autorotazione dati da profili alari troppo semplici. Nel caso dei Macchi almeno, vennero risolti, ma di fatto non venne trovato lo spazio per i successivi RE.2000 e F.5, che invece nascevano con ali semiellittiche. La velocità massima del prototipo del RE.2000 Falco era di 515 kmh a 5.000, e mostrò di essere un aereo molto agile, ma il motore Piaggio, per quanto più potente, non piaceva per la scarsa affidabilità, e i serbatoi integrali alari, per quanto molto validi in termini di capacità di carburante, non erano graditi in quanto ritenuti vulnerabili: la RA all'epoca era una delle poche aviazioni che si preoccupava di costruire dei serbatoi autostagnanti, o meglio 'semapizzati'.
 
In definitiva, la Reggiane, in un certo senso, era più che l'equivalente della Republic, l'equivalente della Seversky, se non della Brewster. Le commesse possibili per tanti clienti esteri, tra cui anche Portogallo, Svizzera (50), Spagna (altri 50), Yugoslavia (50 e la licenza di produzione), Finlandia (100), di fatto non potevano essere soddisfatte. La R.A. ebbe poco da fare con questi numeri, ottenendone in tutto 26-28. Quattro ebbero poi una trasformazione, nei tipi GA a grande autonomia, con circa 800 litri di benzina, tra otto e 10 erano del tipo Cat. e dodici erano nati come RE.2000GA o RE.2000bis, con i P.XIbis leggermente migliorati.
 
Alla RA vennero consegnati 5 aerei, incluso il prototipo, che servirono nella 74ima Sq in Sicilia, poi ribattezzata 377a Sq Autonoma Caccia Terrestre, ricevendo successivamente 9 Serie III. L'aereo ebbe un certo impiego, ma di sicuro questi pochi velivoli, che tra l'altro erano piuttosto bisognosi di messa a punto, non lasciarono molta traccia di sé, pur operando su Malta e Pantelleria. La versione GA, e in generale l'acquisizione del RE.2000 nella Regia fu dovuta al fatto che nel tipo GA era l'unico che poteva andare a trasferirsi in Africa Orientale, senza andare dentro la pancia degli SM.82 da trasporto (il che significa che la tratta superabile doveva essere di circa 2.000 km). Ma gli aerei arrivarono solo nell'aprile 1941, troppo tardi (stava finendo la battaglia di Cheren). Non solo, erano anche da mettere a punto, con problemi così gravi che alla fine dovettero essere radiati, già nel novembre 1942.
 
La Regia Marina pensò bene di usare i Reggiane per sostituire i vecchi Romeo Ro.43 o 44, come caccia catapultabili (come stavano anche pensando i britannici per gli Hurricane e le navi CAM), con motore XIbis e tettuccio modificato. Il prototipo andò in volo il 12 luglio 1941 e alcuni entrarono davvero in servizio, tanto che le corazzate italiane l'8 settembre avevano a bordo alcuni di questi aerei. Le Sr. II e III ebbero la radio a bordo, cosa che la prima non aveva. Solo due Reggiane 2000 Cat sopravvivevano all'8 settembre (forse escludendo le perdite sulla Roma?) e uno alla fine della guerra. Per il resto vi furono prototipi ricognitori (destinati a diventare il Re.2003) e con il DB-601 (RE.2001), anche un RE-2001bis (MM.538) e l'Mm.5070 come prototipo RE.2002.
 
Il Reggiane fu molto importante per l'uso da parte degli Ungheresi e della Svezia. In tutto ben 70 aerei raggiunsero i Magiari, e 60 la Fligvapnet. Non solo, ma fino al '40 vi fu il concreto interesse di altre nazioni, in particolare la Gran Bretagna, disperatamente in cerca di qualsiasi aereo utilizzabile, stabilì contatti anche con l'Italia. Si parlava di 300 (alcune fonti addirittura 1.000) caccia, così come si volevano centinaia di bimotori Caproni da addestramento (Ca.313). Del resto anche i Francesi ebbero la stessa necessità, tanto che al momento della guerra tra le due nazioni erano stati consegnati i primi 5 dei 300 Ca.313F ordinati. Il servizio in Svezia ebbe luogo nominando l'aereo come J20 (erano dei Serie I), consegnati tra il 1941 e il 1943.
 
Gli Svedesi li ordinarono il 28 novembre 1940 con motore RC.40D, e inizialmente dovevano chiamarsi J-12, il che però avrebbe portato della confusione con altri tipi con la stessa sigla numerica.
Servirono con l'F10 di Bulltofta (Malmo), ed ebbero molto da fare per mantenere la neutralità svedese dalle incursioni aeree di entrambe le parti. Un J20 venne abbattuto il 3 aprile 1945 dalla Luftwaffe, che del resto abbatté anche altri aerei italiani in servizio con i colori svedesi, i Ca.313. Il Reggiane era discretamente considerato, ma bisognoso di troppa manutenzione e non molto affidabile, francamente la messa a punto lasciava parecchio a desiderare. Alla fine della guerra i 37 J20 rimasti, oramai logori, vennero tolti rapidamente dal servizio, già nel luglio 1945. Uno è sopravvissuto, praticamente l'unico Re.2000 di cui si abbia notizia, almeno tra quelli in condizioni discrete di conservazione.
 
Gli Ungheresi ebbero una vita più breve e movimentata. Vennero ordinati già il 27 dicembre 1939 e sopratutto, oltre a ben 70 aerei, l'Ungheria avrà altri 191 apparecchi prodotti su licenza (il numero è controverso, a dire il vero). Noti come Falcone, o meglio, Héja, erano in due lotti, il I e il II con motore e mitragliatrici ungheresi. I motori di entrambi i tipi (nel caso di quelli ungheresi, i Manfred-Weiss K.14B da 986 hp) erano in entrambi i casi derivati dallo stesso tipo francese, ma la mitragliatrice ungherese era un'arma da 12,7 mm bicanna, un tipo davvero raro all'epoca. Forse per il cambiamento dei pesi, forse per l'aggiunta di corazzature protettive, il Falco ungherese era sì efficiente come macchina da combattimento, ma anche molto prone allo stallo e alla vite, con incidenti anche mortali assai frequenti. La squadriglia dislocata sul fronte orientale ebbe tutti i suoi 24 aerei incidentati almeno una volta ed entro il primo mese di guerra. Gli Ungheresi erano abituati ai CR.32, molto meno critici in termini di agilità, e molto più solidi quanto a carrello d'atterraggio. Uno dei peggiori episodi fu quello che vide Istvan Horthy, pilota di lustro (figlio del reggente d'Ungheria) precipitare con il suo apparecchio, nel 1942.
 
===Il RE.2002 Ariete II===
Uno sviluppo diretto fu il RE.2002 Ariete II, originariamente nato come un'alternativa autarchica al RE.2001 con il DB-601. IN pratica si sostituiva il P.XI con il P.XIX RC.40 da 1.160 hp, teoricamente nazionale ma in pratica derivato da precedente. Entrambi gli sviluppi del RE.2000 erano chiamati Ariete, e il RE.2002, che volò secondo una richiesta dell'aprile del '40 da parte della RA. Del resto anche Longhi preferiva un motore radiale. Il prototipo volò sempre a Reggio Emilia con De Bernardi, come già gli altri Reggiane, nell'ottobre 1940. Ma il motore causò molti problemi e così venne afflitto da notevoli ritardi. Nel novembre 1941 vennero chiesti 100 aerei e il primo di serie volò il 18 maggio 1942, stavolta con Tullio de Prato. L'ultimo di questi aerei, consegnati in circa 8 mesi, fu consegnato solo il 29 luglio 1943, quando oramai molti di essi erano andati distrutti già in un tentativo disperato di fermare gli Alleati in Sicilia. La Serie II venne ordinata contemporaneamente, ma i collaudi iniziarono solo il 28 giugno 1943. Solo 40 vennero completati all'Armistizio, altri 25 venero prodotti tra ottobre e gennaio del '44, sotto controllo tedesco. La LW era interessata al RE.2002, come piccolo FW-190. Dopotutto, per quanto inefficiente per molti aspetti, e tutto sommato obsoleto nel '43, era pur sempre il più potente dei cacciabombardieri italiani. Almeno 40 finirono con insegne tedesche. In tutto si arrivò secondo alcune fonti, ad altri 100 aerei Serie II. Ma non è chiaro affatto come le cose andarono. La LW era interessata ad un altro lotto di 30 aerei e a un RE.2002 con ala a cinque longheroni, serbatoi integrali (aboliti dopo il RE.2000) e motore BMW 801, quello del '190. Ne voleva ben 300, ma dopo i bombardamenti del 7-8 gennaio 1944, le cose cambiarono in peggio. Non è affatto chiaro quanti RE.2002 venissero costruiti: dopo i bombardamenti di Reggio Emilia, la produzione sarebbe stata spostata alla Caproni di Biella (2) e Milano (forse 60, 27 dei quali però subito demoliti). In tutto si potrebbe anche arrivare ad un totale di 250 aerei di serie e il RE.2000 modificato. Tuttavia, solo 140 di essi vennero realizzati prima dell'armistizio. 18 aerei vennero adattati al bombardamento in picchiata (prodotti nell'agosto del '43, forse con freni di picchiata), e altre versioni studiate rimasero sulla carta. Il Reggiane 2002 entrò in servizio solo il 18 dicembre 1942 e non ebbe mai un motore pienamente soddisfacente. Nondimeno venne usato dal 5° Stormo e uscì in azione, dopo un addestramento intenso, dal 10 luglio 1943 con i gruppi 101 e 102 a Crotone. Fu un impiego disperato. Vi furono attacchi al suolo con mitragliamenti di mezzi da sbarco e di azioni antinave con bombe da 100 e 250 kg, le prime sotto le ali e le altre sotto la fusoliera. Il risultato netto fu la perdita di 14 aerei in aria, trae cuidi quelloaltrettanti delal grandesuolo Giuseppeentro Cennipochi giorni dall’inizio dell’attività, durante la quale pare che colpissero diverse navi e in qualche caso potrebbero essere stati gli artefici di altrettantiqualche alaffondamento suolo(ma data la presenza dei ‘Jabo’ tedeschi con i FW-190, non è facile stabilire chi avesse colpito cosa). I RE.2002 continuarono a combattere anche in seguito, e a bordo di uno di questi cadde anche il grande Giuseppe Cenni; gli Ariete superstiti rientrarono in azione poco dopo l'armistizio, dal 18 settembre, per supportare le truppe del Dodecanneso, talvolta intercettando gli Ju-87 tedeschi. Al 2 giugno i logori Reggiane erano rimasti solo 11, usati dalla Scuola Addestramento Caccia di Lecce-Leverano. Attorno al maggio '45 vennero radiati, per cui fecero appena in tempo a vedere la fine della guerra. Dal canto loro, i Re.2002 tedeschi vennero invece usati in azione contro la resistenza francese (i 'maquisards'), ottenendo discreti risultati, con almeno un aereo abbattuto dal fuoco contraerei. La carriera del RE.2002, tutto sommato, fu piuttosto intensa per una macchina apparsa palesemente tardi e che venne prodotta solo in poche centinaia di esemplari. In pratica, esso fu il 'vero' RE.2000 della Regia Aeronautica, di cui era a tutti gli effetti una versione cacciabombardiere, con 160 hp e due mitragliatrici da 7,7 in più.
 
La battaglia di Sicilia merita senz'altro un approfondimento. Giuseppe Pesce, ''La Guerra in Mediterraneo al giro di boa'', RID Ott 1992. Gli Alleati assaltarono la Sicilia iniziando alle 2,45 del 10 luglio. Mentre la flotta italiana restava alla fonda, lanciando solo una parte della loro flotta in azione, giusto 'per fare qualcosa per tenere buoni i Tedeschi'. La Regia Aeronautica invece ebbe una parte tale da consumarsi pressoché totalmente in quella fornace. Alla mattina del 10, alle 7.30, arrivarono a Crotone i RE.2002 del 5° Stormo, seguiti da altri 10 un'ora dopo. Già il pomeriggio i RE.2002 ebbero a bordo due bombe sotto le ali (in realtà circa 69 kg) e una sotto la fusoliera da 250 kg. Vennero mandati su Augusta, a colpire le navi da sbarco. Erano solo 9 aerei comandati dal T.Col. Guido Nobili, e si buttarono in picchiata dichiarando due navi colpite; poi alcuni Ariete si lanciarono in alcuni mitragliamenti al suolo, specie contro degli alianti arrivati a Pachino sul locale campo d'aviazione. La RAF, però, non fece finta di nulla: circa 12 Spitfire Mk V del No.229 Sqn con un totale di 3 vittorie aeree, più un quarto cacciabombardiere costretto ad un atterraggio d'emergenza a R.Calabria. Nobili rimase ucciso nell'azione. L'11 vi fu un'altra azione da parte di 9 aerei, che stavolta omisero di restare a mitragliare obiettivi al suolo, e così si salvarono. Almeno per ora. Il pomeriggio tornarono all'attacco sia i RE.2002 che i G.50bis. Questi ultimi erano stati mandati anch'essi a Crotone, con il compito di attacco al suolo e antinave. Il G.50 era oramai radiato come caccia di prima linea, ma in mancanza di meglio venne assegnato ai gruppi d'assalto, in particolare il 158° di Osoppo e il 159° di Pistoia, che nell'insieme costituivano il 50° Stormo d'assalto. Questi gruppi erano arrivati il 10 luglio a Crotone, con circa 30 apparecchi. Quel pomeriggio salirono in quota 10 G.50 bis, mandati su Siracusa con 12 RE.2002 del 101° Gruppo. Alle 18.40, dopo circa 30 minuti, arrivarono sui mezzi da sbarco. Attaccarono con decisione, dopo tutto erano molto numerosi per gli standard italiani e causarono qualche danno. Tuttavia, pagarono pegno allorché, usciti dalla picchiata, si trovarono di fronte alcuni Spitfire V e IX del No.72 Sqn, che erano passati attraverso la protezione data dai potenti, ma pochi, Reggiane 2005 della 362ima sq. In tutto vennero abbattuti ben sei aerei italiani, 3 Re.2002 e altrettanti G.50 bis. Non solo, ma gli ultimi 7 G.50 vennero costretti ad atterrare a Reggio Calabria. Poco dopo, quasi non si aspettasse altro, vennero distrutti da un violento bombardamento aereo. Dopo la perdita dei 6 piloti (su 50 dello Stormo) e di altrettanti Ariete (nuovi di fabbrica, e ancora da mettere a punto), il 5° Stormo era stato pesantemente colpito. Però l'11 luglio si parla di una LST affondata per la mattina, il pomeriggio toccò ad una nave da trasporto munizioni (Baarn), e un trasporto venne danneggiato gravemente. Non è chiarissimo se fossero stati i RE.2002, ma sopratutto il pomeriggio è probabile che così fosse accaduto. Nel frattempo i Savoia S.79 bis dei gruppi 130 e 132imi, che rivendicarono tre navi affondate già tra il 9 e il 10 luglio, nella notte successiva dichiararono altre tre navi, e in quella dopo ancora ne avrebbero silurate altre due, per poi finire il 12-13 per colpire altre tre navi. A dire il vero non risultano perdite di navi alleate (malgrado ne siano state dichiarate 11), mentre in contro sette S.89 andarono perduti. Solo il 16 luglio vi sarà un successo verificabile, danneggiando una portaerei classe ‘Illustrious’.
 
Gli Ju-87R e D andarono all'attacco, sempre operando da Crotone, così accadde anche con gli S.84 da bombardamento e con gli Z.1007. Gli S.84 ebbero danni elevati e dimostrarono prestazioni risibili, pur essendo del tipo bis (leggermente migliorato), tanto che operarono solo a velocità di circa 280 kmh, a 4.000-4.500 m, con un raggio d'azione di circa 400 km, ottenuto solo con un consumo di circa 2.000 kg di carburante; le mitragliatrici non erano affidabili (non una novità per le Scotti-IF). Un fallimento fino all'ultimo, insomma, del potente S.84. Gli Ju-87 erano con il 103° Gr. Tuffatori, e con il 121° Gruppo appena formato il 3 luglio. L'11 luglio 15 Ju-87B del 121° Gruppo e 5 Ju-87D del 103imo arrivarono a Crotone. Il 12 luglio, a mattina, sette Ju-87 attaccarono le navi e rivendicarono due unità colpite, nonché alcuni mezzi da sbarco. Poi vennero affrontati dai caccia P-38 e Spitfire, che distrussero due aerei e danneggiarono tutti gli altri. Il 12 tornarono anche i RE.2002, e stavolta ne vennero mandati in azione ben 22 esemplari con bombe sotto le ali. La mattina ne vennero inviati 10, e nonostante la mancanza dei caccia di scorta, riuscirono a sorprendere le navi senza scorta caccia -forse per l'ora- e riuscirono anche a mitragliare dei bersagli al suolo, dopo le 20 bombe da 100 kg scaricate. Nel frattempo, le navi erano entrate ad Augusta, dove le difese costiere erano già sparite, tanto che i cannoni da 381 mm saltarono in aria il pomeriggio del 10 luglio, autodistrutti dal personale. Il pomeriggio vennero mandati in azione altri 12 RE.2002, stavolta attaccarono mezzi corazzati per appoggiare la 1a Divisione paracadutisti tedesca, poi aiutarono a difendere gli Ju-52 per il lancio di parà. Un Re.2002 atterrò in emergenza poco dopo.
 
Nel frattempo, mentre i politici stavano giocando le loro carte dietro le quinte, la R.A. continuava a combattere. Il 12 luglio lo stesso Patton, sceso dall'USS Monrovia per dirigere le operazioni di guerra, venne attaccato da un Macchi 202, sbucato all'improvviso dal cielo senza che qualcuno potesse contrastarlo. Poi riprovò, ma stavolta le armi aprirono il fuoco e l'abbatterono. Nel frattempo, il 13 luglio tornarono in azione 8 Ju-87 del 121° Gruppo, tutti quelli ancora efficienti. La caccia nemica vide i vecchi Ju-87B e se ne approfittò, non avendo apparentemente nemmeno un caccia di scorta. Un pilota urlò: 'ne ho preso uno!' e un altro gli disse: 'e con questo? io ne ho presi due'. In tutto vennero abbattuti sette Ju-87 e l'ultimo riuscì ad atterrare giusto in tempo prima di essere distrutto dalle fiamme. Un massacro totale.
 
Nel frattempo, salirono in aria anche i Re.2002, con bombe da 250 e 100 kg, sempre contro Augusta. Al solito, arrivarono e sganciarono senza essere contrastati in maniera tempestiva (forse per via di qualche caccia di scorta?), ma quando uscirono dalla picchiata vennero affrontati dagli Spitfire del No.243 (erano aerei del tipo Mk.IX), abbattendo in fiamme due degli 11 attaccanti, e danneggiandone gravemente un terzo. Durante quest'azione pare che i Re.2002 riuscissero a colpire una nave da battaglia classe Nelson, nella zona prodiera; ma non vi è nota di questo negli archivi inglesi. Piuttosto, nel pomeriggio la USS Timoty Pickering, in fase di scarico di esplosivi, venne colpita da due bombe da 250 kg saltando in aria e uccidendo circa 130 soldati e marinai dei 160 a bordo. Nel frattempo, i Re.2002 erano tornati a terra, sul campo di Crotone-Caporizzuto. Però questo piccolo aeroporto, prima ignorato dagli Alleati, non era più segreto e i Re.2002 avevano dato abbastanza grane per essere degni d'attenzione. Così all'una di pomeriggio arrivarono a bassa quota 24 B-24, seguiti poi da altrettanti alle 14.30. Sorpresi dall'azione, data la mancanza di radar di scoperta, gli aerei italiani vennero annientati. C'erano i Re.2002, i Ro.57 bis del 57° Gruppo, i G.50 bis già visti, e i Bf-109 del 150° Gruppo. 14 Re.2002, 10 Ro.57, numerosi G.50 e Bf-109 andarono distrutti.
 
Non casualmente, le navi e le grandi basi della Marina, nel contempo, non erano state più attaccate in maniera apprezzabile dal 23 giugno 1943. Il giorno dopo, il 14 luglio, i pochi aerei efficienti vennero trasferiti in altre basi aeree, per i Re.2002 era Manduria. Durante il resto della campagna, non ci sarebbero state altre seccature, a parte gli aerosiluranti (di cui altri 3 vennero abbattuti il 16 luglio, il giorno del siluramento della portaerei inglese, che subì vari danni) e le incursioni di vari sottomarini (4-5 dei quali affondati in 8 giorni dal momento dello sbarco), motosiluranti e il veloce incrociatore Scipione l'Africano, che si trasferì da La Spezia a Taranto, passando per lo Stretto di Sicilia, e nonostante fosse stato avvistato da un ricognitore, non venne contrastato se non da 4 motosiluranti, una delle quali rimase affondata, mentre le artiglierie costiere italo-tedesche avevano invece sparato causando dei danni con un proiettile a segno. Il 18 luglio i Re.2002 erano stati mandati a Botricello: 16 aerei armati con bombe da 420 kg antinave. La mattina dopo quindici decollarono e volarono verso la zona degli sbarchi, con la scorta di 6 Macchi 202 e 14 Bf-109, ancora in zona di Augusta. Uno, stavolta, venne colpito già dalla contraerea durante la picchiata, altri 5 vennero abbattuti dagli Spitfire. Pare che anche stavolta, data l'abbondanza di mezzi (2.770 navi di tutti i tipi) ottennero di colpirne due: un transatlantico, affondato (ma non è affatto chiaro come le cose siano andate davvero), e una nave di grosse dimensioni danneggiata. In compenso, i Reggiane erano mortalmente vulnerabili agli Spitfire, specie se li sorprendevano mentre uscivano dalla picchiata: assieme agli Ju-87, furono gli unici aerei italiani a ‘cadere a grappoli’ con una certa regolarità, una volta ingaggiati dai caccia nemici. Fino ad allora i Re.2002 avevano perso 14 aerei e 10 piloti, più altrettanti aerei al suolo. In seguito avrebbero operato per appoggio a terra, il 1 agosto, il 6 e il 13, forse anche una il 16 agosto, e poi ancora attacchi fino a settembre.
 
Stranamente, nonostante che la Regia Aeronautica fosse oramai annientata, la Regia Marina aveva concepito un'idea per attaccare la flotta con due divisioni di incrociatori leggeri (7a e 8a divisione) la zona di Palermo e Bona (il che sarebbe stato ben più proponibile all’inizio dell’invasione). I 4 incrociatori Savoia, Montecuccoli, Aosta e Garibaldi andarono davvero in azione, scortati da alcuni Macchi 200, ma non arrivarono al loro proposito di attaccare le navi. In seguito, sarà Cenni e altri piloti a cadere con il suo RE.2002 il 4 settembre, assieme ad altri due piloti degli Ariete. Nell'insieme i Reggiane avevano causato parecchi danni, forse più di ogni altro tipo italiano. Al di là del numero e identità delle vittime (molto difficili da stabilire), non c’è dubbio che per fermare l’invasione sarebbe servito ben altro, magari l’intervento delle ‘Littorio’ che non ci fu, e che diede adito a moltissime polemiche tra aviazione e Marina, in pratica mai sopite. Per colmo di beffa, subito dopo l’Armistizio, la più potente delle corazzate italiane, la Roma, andrà perduta, ma per l’azione dei bombardieri tedeschi, i quali considereranno ‘la grande fuga’ di navi e governo (a bordo di una corvetta), una ragione in più per disprezzare il debole alleato italiano. Sarebbe stato tutt’altro discorso se la Roma fosse andata perduta durante un’incursione come la Bismarck, o in una missione ‘senza ritorno’ come la Yamato. L’attendismo e manovre politiche oscure a tutt’oggi, invece, produrranno un risultato del tutto controproducente, oltre a non salvare la più potente delle navi italiane, dal nome prestigioso (come del resto la Yamato). Nel mentre l’armistizio era già previsto, i piloti della R.A., ignari di tali intrallazzi, pur di ‘conservare la fiducia dei Tedeschi’, si sacrificarono a dozzine e persero quasi tutti gli aerei disponibili, invero pochi. A parte i pochi reparti per difendere Roma, non la R.A. rimase pressoché annientata. In un contesto del genere, chiaramente, le recriminazioni verso la Marina, che conservò il proprio nucleo di corazzate intatto e immobile ‘in attesa di occasioni più favorevoli’ furono inevitabili e feroci, specie dal dopoguerra.
 
 
===MC.200===