Caccia tattici in azione/Anni '30: differenze tra le versioni

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==P-26==
 
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La storia dei caccia americani di tipo 'moderno' è fatta di tanti passi. Uno di essi è il P-26, aereo che a vederlo, a stento dà l'idea di essere un caccia intercettore. Eppure a suo tempo fu il primo caccia monoplano e totalmente metallico a servire nell'USAAC. Peraltro fu anche l'ultimo ad avere abitacolo aperto e carrello fisso, per non dire delle ali con tiranti esterni; per la Boeing fu invece l'ultimo caccia prodotto, dopo tre lustri di dominio nei servizi aerei sia dell'Esercito che della Marina americani. Esso nacque da una richiesta del settembre 1931, per un caccia veloce a sufficienza per acchiappare i bombardieri moderni, a loro volta sempre più veloci, metallici e monoplani. IL Model 248 fu la risposta, ordinato già in tre prototipi il 5 dicembre 1931. La costruzione ebbe luogo dal gennaio successivo, e nonostante avesse sia caratteristiche avanzate che un pò obsolete, alla fine dimostrò di possedere il giusto 'mix' di innovazione e tradizione. Un aereo che guardava in avanti e all'indietro nell'evoluzione tecnica, e come tale, scelto dall'USAAC ma rimasto un pò un punto interrogativo per gli storici dell'aviazione. L'ala era a due longheroni, ma non sufficientemente robusta da tenersi da sola, così aveva anche la controventatura di diversi cavetti d'acciaio. Era così possibile fare un'ala talmente leggera, e sottile, che anche con i cavi era meno resistente all'attrito e meno pesante. Invece i piani di coda erano totalmente a sbalzo, a differenza, curiosamente, di progetti avanzati come sarebbe stato il Bf-109 iniziale. Il carrello, pesantemente provvisto di una carenatura a 'calzoni', che aveva a che fare sia con le ruote che con gli assi, era decisamente caratteristico. Il motore era ben collaudato e collocato dentro la fusoliera in lega leggera, un'unità radiale R-1340-9. C'era una nuova M2 da 12,7 mm e una da 7,62 mm nel muso, e la possibilità di portare 5 bombe da 13,6 kg o due da 122 lbs (circa 50 kg), o due bengala. Il cannocchiale di puntamento del tipo C-3, altro elemento caratterizzante dell'aereo, gli farà guadagnare il suo nome, di Peachshooter (sparapiselli). Il primo volo avvenne il 20 marzo 1932, all'epoca c'era davvero poco da aspettare per sviluppare un caccia: appena 9 settimane. Con un peso di circa 1.200 kg era capace di 227 mph a 3.048 m, e manteneva 210 mph a 6.096 e 174 a 8.473; poteva salire a circa 11 m.sec e arrivare a circa 9.000 m; l'autonomia, come in genere accadeva per i caccia USA, era commisurata -entro certi limiti- all'enorme superficie del territorio USA, e permetteva così ben 1.220 km.
 
Dopo i tre prototipi, venne fuori la produzione di serie, leggermente migliorata; l'11 gennaio 1933, grossomodo ai tempi dell'entrata in servizio del CR.32, vennero ordinati 111 P-26A, il cui primo esemplare volò il 10 gennaio 1934. L'ultimo venne consegnato il 30 giugno, il prezzo unitario -eccetto tutto quello che non era della Boeing, motore incluso- era di 9.999 dollari. Così il P-26 nacque all'epoca della Depressione e sarà destinato, malgrado i piccoli numeri, a durare in servizio fino a tempi tutto sommato più felici per l'economia USA (che venne 'rivitalizzata' dalle spese statali, specie quelle belliche degli anni '40). Battuto il rivale Curtiss XP-31 Swift, il P-26A ebbe come seguito altri velivoli; interessante notare che i vecchi caccia biplani che sostituiva, i P-12E, costavano 10.197 dollari, per una rara volta accadde quindi che un prodotto innovativo riuscì anche ad essere meno costoso di quello che sostituiva. E anche per questo, presto ne vennero fuori altri 25 esemplari come P-26B e C migliorati. Nonostante la potenza del motore limitata ad appena 500 hp, l'aereo era abbastanza veloce, ma il problema era che esso era anche troppo rapido all'atterraggio. Il 22 febbraio 1934 uno di essi si ribaltò, riportando pochi danni, ma uccidendo sul colpo il malcapitato pilota (tale F.I.Patrick). Per questo il poggiatesta, onde proteggere il collo (e la pelle) del pilota, venne rialzato di 203 mm, modifica che venne poi applicata a tutti gli aerei nuovi e retrofittata a quelli vecchi. Nel frattempo, giova ricordare che lo strano caccia Boeing appesantì la sua forma con un'altra novità, un'antenna radio con relativo filo, una cosa rara, forse unica, per un caccia dell'epoca. Non solo, ma i P-26 ebbero anche, ad un certo punto, dei galleggianti gonfiabili per l'ammaraggio d'emergenza. Non si sa di alcun pilota salvato da tali congegni, ma in compenso un caccia andò perso per via del gonfiaggio in volo di uno dei 'palloni'. Il problema maggiore però era l'atterraggio, con una velocità di ben 82,5 miglia orarie; questo rendeva pericoloso l'aereo, più che per esso stesso, per il fatto che i campi d'aviazione dell'epoca erano in effetti, dei veri 'campi', con ciocche d'erba e buche. Sebbene il P-26 non pesasse molto, veniva giù veloce e la concentrazione -per una migliore agilità- delle masse in avanti lo faceva cappottare rapidamente. Grazie ai contratti di produzione esteri si pensò a dei flap che abbassavano la velocità a 73 mph, un vantaggio che era più che sensibile, e che venne retrofittato a tutti i P-26A, B e C. Alla fine il peso, che era eccezionalmente basso, aumentò di poco, ma ne valse la pena: il P-26A pesava appena 996 kg a vuoto e circa 1.360 al decollo.
 
[[File:Boeing P-26 in flight, 9 aircraft formation 060907-F-1234P-004.jpg|350px|left|]]
Così, in un'epoca in cui era esperienza piuttosto rara la vista di un monoplano, i P-26A entrarono in servizio con l'USAAC: era l'inizio del 1934 e il primo beneficiario fu il 20th Pursuit Group con i suoi 3 squadroni, basato in Louisiana, poi seguì il 1st PG di Selfridge e il 17th PG con altri 3 squadroni, ma basato in California. In seguito vi furono vari altri gruppi interessati all'aereo, tra cui il 18th e il 15th PG, quest'ultimo alle Hawaii, ma nel 1940 questi aerei erano del tutto superati. I P-26 rimasero nondimeno parecchio tempo in servizio, accanto ai loro sostituti designati, ovvero i P-35 e P-36. Il P-26 era un aereo popolare, ancorché dall'apparenza strana e anche un pò goffa, con quell'ala media e controventata, e il carrello fisso e carenato. Il pilota poteva assicurarsi una valida capacità di manovra grazie alle masse, tutte molto vicine al CG del velivolo. IL problema era un altro, e cioé il rischio di cappottare all'atterraggio, per questo l'aereo ebbe presto una struttura di rinforzo dietro il sedile. I P-26, oramai obsolescenti nel '38-40, vennero trasferiti anche in America Centrale nel febbraio 1939, con il 37th PG, ma solo nove erano ancora funzionanti all'epoca dell'attacco a P.Harbour, e sei di essi andarono distrutti al suolo dall'attacco giapponese quel fatidico sette dicembre 1941. C'erano anche nelle Filippine, con il 3rd Sqn, ma sopratutto molti vennero venduti al governo locale, se per molti si possono intendere 12 P-26A, comprati ne luglio del 1941 per il 6th PS dell'Aviazione dell'Esercito filippina. Incredibilmente, nonostante la loro totale obsolescenza e l'inferiorità complessiva, gli agili P-26 riuscirono a colpire qualche caccia A6M giapponese, specialmente nell'azione del 12 dicembre, quando sei di essi combatterono contro una formazione che attaccava Manila; il risultato fu di un bombardiere e due Zero abbattuti, contro la perdita di tre P-26. Evidentemente, non ci sono limiti a quello che può fare un pilota determinato e un aereo agile e minimamente armato. Ma presto i pochi caccia filippini (come anche quelli americani) vennero abbattuti o distrutti al suolo, o infine bruciati per impedire che cadessero nelle mani dei giapponesi avanzanti da terra. Altri 9 P-26 rimasero in servizio nella zona del Canale di Panama, fino a che nel giugno del '42 vennero finalmente rimpiazzati dai P-40. Ma non fu la fine, perché il Guatemala, nel novembre del '42 volle comprare gli aerei ex-USAAC; dato che c'era una legge del Congresso che proibiva la vendita di caccia nell'America Latina (l'abituale contraddizione americana, da un lato il controllo e il dominio nel 'giardino di casa', dall'altro molta ritrosia a vendere alcunché di bellico, con il risultato di far comprare al loro posto prodotti europei o di altra provenienza), li si fece passare per PT-26A, una specie di addestratori armati. In tutto ne vennero passati di mano sette fino al 4 maggio 1943. Potrà sembrare assurdo, ma alcuni di questi aerei, già totalmente obsoleti nel '41, riuscirono a sopravvivere -come addestratori- fino al '57, quando per esempio, gli Spitfire erano stati ritirati dalla RAF e da quasi tutti i loro utenti, e così i P-47. Uno di essi tornò negli USA ed è visibile nel Museo aeronautico di Chino (California), restaurato e in condizioni di volo, con i colori USAAC. Un altro è al museo Smithsonian.
Così, in un'epoca in cui era esperienza piuttosto rara la vista di un monoplano, i P-26A entrarono in servizio con l'USAAC: era l'inizio del 1934 e il primo beneficiario fu il 20th Pursuit Group con i suoi 3 squadroni, basato in Louisiana, poi seguì il 1st PG di Selfridge e il 17th PG con altri 3 squadroni, ma basato in California. In seguito vi furono vari altri gruppi interessati all'aereo, tra cui il 18th e il 15th PG, quest'ultimo alle Hawaii, ma nel 1940 questi aerei erano del tutto superati. I P-26 rimasero nondimeno parecchio tempo in servizio, accanto ai loro sostituti designati, ovvero i P-35 e P-36. Il P-26 era un aereo popolare, ancorché dall'apparenza strana e anche un pò goffa, con quell'ala media e controventata, e il carrello fisso e carenato. Il pilota poteva assicurarsi una valida capacità di manovra grazie alle masse, tutte molto vicine al CG del velivolo.
 
IL problema vero era un altro, e cioé il rischio di cappottare all'atterraggio, per questo l'aereo ebbe presto una struttura di rinforzo dietro il sedile. I P-26, oramai obsolescenti nel '38-40, vennero trasferiti anche in America Centrale nel febbraio 1939, con il 37th PG, ma solo nove erano ancora funzionanti all'epoca dell'attacco a P.Harbour, e sei di essi andarono distrutti al suolo dall'attacco giapponese quel fatidico sette dicembre 1941.
 
Così, in un'epoca in cui era esperienza piuttosto rara la vista di un monoplano, i P-26A entrarono in servizio con l'USAAC: era l'inizio del 1934 e il primo beneficiario fu il 20th Pursuit Group con i suoi 3 squadroni, basato in Louisiana, poi seguì il 1st PG di Selfridge e il 17th PG con altri 3 squadroni, ma basato in California. In seguito vi furono vari altri gruppi interessati all'aereo, tra cui il 18th e il 15th PG, quest'ultimo alle Hawaii, ma nel 1940 questi aerei erano del tutto superati. I P-26 rimasero nondimeno parecchio tempo in servizio, accanto ai loro sostituti designati, ovvero i P-35 e P-36. Il P-26 era un aereo popolare, ancorché dall'apparenza strana e anche un pò goffa, con quell'ala media e controventata, e il carrello fisso e carenato. Il pilota poteva assicurarsi una valida capacità di manovra grazie alle masse, tutte molto vicine al CG del velivolo. IL problema era un altro, e cioé il rischio di cappottare all'atterraggio, per questo l'aereo ebbe presto una struttura di rinforzo dietro il sedile. I P-26, oramai obsolescenti nel '38-40, vennero trasferiti anche in America Centrale nel febbraio 1939, con il 37th PG, ma solo nove erano ancora funzionanti all'epoca dell'attacco a P.Harbour, e sei di essi andarono distrutti al suolo dall'attacco giapponese quel fatidico sette dicembre 1941. C'erano anche nelle Filippine, con il 3rd Sqn, ma sopratutto molti vennero venduti al governo locale, se per molti si possono intendere 12 P-26A, comprati ne luglio del 1941 per il 6th PS dell'Aviazione dell'Esercito filippina. Incredibilmente, nonostante la loro totale obsolescenza e l'inferiorità complessiva, gli agili P-26 riuscirono a colpire qualche caccia A6M giapponese, specialmente nell'azione del 12 dicembre, quando sei di essi combatterono contro una formazione che attaccava Manila; il risultato fu di un bombardiere e due Zero abbattuti, contro la perdita di tre P-26. Evidentemente, non ci sono limiti a quello che può fare un pilota determinato e un aereo agile e minimamente armato. Ma presto i pochi caccia filippini (come anche quelli americani) vennero abbattuti o distrutti al suolo, o infine bruciati per impedire che cadessero nelle mani dei giapponesi avanzanti da terra. Altri 9 P-26 rimasero in servizio nella zona del Canale di Panama, fino a che nel giugno del '42 vennero finalmente rimpiazzati dai P-40. Ma non fu la fine, perché il Guatemala, nel novembre del '42 volle comprare gli aerei ex-USAAC; dato che c'era una legge del Congresso che proibiva la vendita di caccia nell'America Latina (l'abituale contraddizione americana, da un lato il controllo e il dominio nel 'giardino di casa', dall'altro molta ritrosia a vendere alcunché di bellico, con il risultato di far comprare al loro posto prodotti europei o di altra provenienza), li si fece passare per PT-26A, una specie di addestratori armati. In tutto ne vennero passati di mano sette fino al 4 maggio 1943. Potrà sembrare assurdo, ma alcuni di questi aerei, già totalmente obsoleti nel '41, riuscirono a sopravvivere -come addestratori- fino al '57, quando per esempio, gli Spitfire erano stati ritirati dalla RAF e da quasi tutti i loro utenti, e così i P-47. Uno di essi tornò negli USA ed è visibile nel Museo aeronautico di Chino (California), restaurato e in condizioni di volo, con i colori USAAC. Un altro è al museo Smithsonian.
 
 
[[File:Boeing P-26A USAF.jpg|350px|right|thumb|Un P-26 è sopravvissuto fino ai nostri giorni]]
Il tipo export era il Model 281, che era diverso dal P-26A solo nei dettagli, tra cui i flap di atterraggio, per correggere l'eccessiva velocità dell'aereo, pericolosa nel toccare terra su piste erbose e dal fondo non sufficientemente duro: questa modifica ebbe luogo in maniera talmente soddisfacente che anche i P-26A vennero sottoposti a tale cambiamento. Il Model 281 aveva anche caratteristiche del P-26C ma al contempo lo precedeva temporalmente nella linea di produzione, e per migliorare la sua mobilità a terra aveva pneumatici Goodyear a bassa pressione. La protezione per la testa del pilota era già presente, in uno stile simile a quello delle auto da corsa. La velocità massima era 235 mph a 1.814 m, salita a circa 11 m.sec.
 
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Pagine del P-26 dal sito di Joe Baugher
 
Enciclopedia Armi da guerra fascicolo 42
 
Aerei nella Storia 12/2006
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