Caccia tattici in azione/URSS: differenze tra le versioni

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Lo Yak-9 iniziale era dotato dell’M-105PF, come gli ultimi Yak-1, da 1.180 hp, cannone da 20 mm con 120 colpi e una sola UBS con 200 proiettili. Date le dimensioni così ridotte del caccia, la potenza di fuoco era davvero il minimo indispensabile. Fallita l’introduzione dello Yak-9 con l’M-106 da 1.350 hp, un’altra versione di rilievo fu la '''Yak-9T''' con l’NS-37, cannone potente con 30 proiettili, un po’ in stile P-39. Non fu facile, perché l’abitacolo dovette essere mosso 40 cm indietro per compensare un muso diventato più pesante mentre il controllo qualità, al solito carente per i prodotti sovietici del periodo, fu causa di problemi notevoli, perché già la piccola cellula era stressata al massimo (vedi anche il Mosquito con il cannone da 57 mm Molins) per il forte rinculo dell’arma. Era opportuno quindi sparare solo 2-3 colpi per raffica. I bersagli non erano in genere dei caccia ma mezzi navali del Mar Nero e i carri armati. Quando era possibile, non si faceva ovviamente mancare tra le prede i bombardieri e talvolta i caccia, che ovviamente erano i bersagli più difficili da ingaggiare. In concreto, si trattava di una sorta d’alternativa allo Il-2, con molta più velocità e agilità al posto dell’armatura e della postazione difensiva. La maneggevolezza era ancora sufficiente per virare in 18-19 secondi. Ma se si pensasse che lo Yak-9T fosse il massimo che la cellula potesse esprimere, ci si sbaglierebbe. Infatti lo '''Yak-9TK''' aveva un’istallazione che consentiva di portare nel muso sia il 20 mm, che il potente Vya da 23 mm, l’NS-37 e, infine, l’NS-45 da 45 mm. Non fu per il momento un successo, dato che le differenze tra il 20 e il 23 mm non erano sufficienti a giustificare il cambio, e l’arma da 45 mm era inaffidabile. La cosa venne risolta con lo''' Yak-9K''' il cui NS-45 era munito di 29 proiettili e soprattutto, di un freno di bocca sufficiente per ridurre gli effetti del rinculo. Però attenzione: sparare sotto i 350 kmh con il cannone causava problemi di controllo e frenava l’aereo tanto da sbatacchiare il pilota nell’abitacolo. Il fuoco del cannone da 45 mm era peraltro micidiale e preciso, con piccole raffiche, o a colpi singoli, era possibile distruggere quanto era inquadrato. Forse era un po’ troppo per il caccia e il rinculo, nonostante il freno di bocca, causava perdite nei circuiti dell’olio e del liquido di raffreddamento, mentre le prestazioni calavano al punto da richiedere la scorta dei caccia per un uso più sicuro dell’aereo. L’arma di suo era per giunta alquanto inaffidabile. Nell’insieme ne vennero prodotte piccole quantità, buone più che altro per dimostrare come si potevano raggiungere i limiti d’armamento di un piccolo caccia tattico. Ma non finì qui, perché ad un certo punto si tentò addirittura l’istallazione di un cannone da 57 mm, tentativo fallito data la potenza eccessiva dell’arma per un velivolo così piccolo. In un certo senso, quindi, lo Yak-9T e K operava come una sorta di A-10 ante litteram, usando la potenza del suo cannone per distruggere tutto quello che gli capitava sotto tiro.
 
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Per compiti strategici c’era lo '''Yak-9D'''. Esso era un caccia a lungo raggio, la cui capacità interna di carburante passava da 440 a ben 650 o 670 litri, con il che l’autonomia giungeva a 1.360 km. Non era però particolarmente utile perché non aveva radio e sistemi di navigazione adatti per le lunghe missioni. Così spesso era usato per compiti d’intercettazione a corto raggio con i soli serbatoi delle ali interne riempiti, mentre l’agilità e la potenza di fuoco (2kg/sec) erano simili al tipo base. Lo '''Yak-9TD''' era un successivo sviluppo ma con l’NS-37 e 4 bombe da 50 kg subalari. Sviluppando ulteriormente la formula venne fuori lo '''Yak-9B''', un vero e proprio bombardiere, che si caratterizzava non solo per portare le bombe, ma perché esse erano portate internamente, addirittura in vani di forma tubolare e in posizione verticali: quattro di essi erano capaci ciascuno di portare una bomba da 100 kg, ed erano sistemati dietro il pilota. Le armi in genere erano o le FAB-100 a frammentazione, oppure spezzoniere PTAB, ciascuna con 32 ordigni da 1,5 o 2,5 kg. Il carico massimo era di 400 kg, quello tipico però di appena 200, sistemati nei vani anteriori. Notare come per questo modesto carico bellico fosse stato concepito addirittura un caccia modificato completamente come bombardiere tattico. L’idea, un po’ come gli Yak-9 cannonieri, era interessante, ma a pieno carico di bombe, nonostante la posizione tutto sommato favorevole delle stesse, l’aereo era poco agile. Peggio che mai, però, non aveva un sistema di mira adatto al bombardamento, per cui la sua utilità pratica non era particolarmente di rilievo. Oltre alle bombe, per un minimo di capacità di autodifesa possedeva una UBS e talvolta, anche uno ShVAK. La quantità di carburante spesso era limitata a 360 l per l'armamento, corrispondenti a circa un raggio d'azione di 150-200 km.
 
Proseguendo l’evoluzione nel settore caccia di scorta, invece, venne fuori lo '''Yak-9DD''', modificato rispetto ai D e T precedenti grazie ad un carico di ben 845 litri di benzina. Questo dava un raggio operativo notevole, con un’autonomia di 2.285 km. Finalmente erano presenti sistemi di navigazione e radiocomunicazione all’altezza, anche per missioni notturne e ognitempo. Già lo Yak-9D avrebbe potuto scortare i bombardieri leggeri, ma fu più facile con il DD (per i Pe-2 in particolare). Lo svantaggio era la velocità, appena sufficiente per tenere il passo con i veloci bombardieri della V-VS (sembra proprio che non si riuscisse a farne una giusta..). Nel ’44 sperimentarono il volo ad alta quota, scortando i più lenti B-17 e B-24 nelle missioni navetta contro la Romania e altri obiettivi. Erano un utile supporto per i pochi P-51 ancora presenti in zona operativa. Migliorare invece lo Yak-9 come intercettore fu fatto con il tipo '''M''', da 1.240 hp, utile per la difesa aerea ognitempo, che aveva un po’ meno di carburante del normale e abitacolo arretrato di 40 cm; il tipo MPVO aveva un proiettore alare e radiogoniometri. L’S era una versione con il VK-105PF e cannone da 23 mm NS-23 (60 cp) e due da 20 B-20 (120 cp l’uno), però non entrò in servizio, sconfitto dal tipo U e dallo Yak-3. L’'''R''' era un ricognitore tattico, il '''P''' aveva due cannoni da 20 mm (un secondo ShVAK con 175 cp), però non entrò in servizio data la preferenza per cannoni di maggior calibro. Questo non fu il P definitivo. Il secondo era lo Yak-9U con l’ala metallica e due ShVAK, vedi sotto. Lo '''Yak-9PD''' era un intercettore d’alta quota con l’M-105PD, era inteso per colpire gli Ju-86R che sorvolavano impunemente Mosca nel periodo 1942-43. Prima ebbero problemi di affidabilità, ma poi l’M-106PV (potenziato con miscela acqua-metanolo) consentì di arrivare fino a ben 13.500 metri. L’unico problema a quel punto fu l’armamento, che per ragioni di peso era ridotto ad un solo ShVAK.
[[File:Yakovlev_Yak-9U_Barbarossa_at_PCDM_2009_2.JPG|350px400px|left|thumb|Ironia del destino, i caccia nati per difendere il comunismo sono adessoambiti prede ambite perda ricchi collezionisti. QuestoQuesta 'Ferrari' del cielo è uno Yak-9U]]
Il più potente fu lo '''Yak-9U''', però non il primo tipo con l’M-105PF2, caccia con radiatori dell’olio nelle ali come nello Yak-3, e compensato anziché tela per la copertura della fusoliera (cannone da 23 mm Vya con 60 cp e 2 UBS con 170 l’una). Questo tipo non entrò in servizio a causa della scarsa soddisfazione per il cannone Vya e per lo scarso raggio d’azione. Lo Yak-9U definitivo ebbe il VK-107 A, motore da ben 1.650 hp. Il cannone ShVAK rimpiazzò di nuovo lo Vya, con 120 cp (circa 2,72 kg/sec tra tutti gli armamenti disponibili). I test iniziarono all’inizio del ’43, e l’unico avversario in prestazioni venne trovato essere il Polikarpov I-185, che però era meno agile e più pesante. Il prototipo Yak-9U era capace di raggiungere i 700 kmh a 5.600 m e l’unico vero problema, almeno iniziale, era il raffreddamento del potente motore. L’agilità era sottolineata da un tempo di virata di 20 seondi per 360 gradi, e in generale ad alta quota era il migliore caccia sovietico. Ne vennero realizzati 3.900.
 
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Il La-5FN, costruito con struttura mista legno-metallo e con motore a iniezione diretta (FN) era anche superiore ai tipi precedenti e divenne presto un duro oppositore dei caccia tedeschi, specie dalla metà del '43. Era anche robusto e capace di operare come caccia di supporto tattico con razzi RS-82 e bombe leggere, più le armi. Aveva un paio di cannoni da 20 mm, corazze protettive, struttura robusta, serbatoi autostagnanti e sistema di soppressione degli incendi con gas di scarico spillati e invitati nei serbatoi stessi. Era normale, poco dopo il decollo, sparare una raffica dei cannoni durante l'inverno, per avere la certezza che essi non si fossero gelati.
[[File:La5-red66.jpg|350px400px|left|thumb|Tozzo, dalla fattura quasi rozzarozzo, il La-5 si dimostrò comunque un'eccellente velivolo da caccia per le basse quote]]
 
Uno degli aspetti più interessanti, come al solito, della storia dei caccia tattici è la loro comparazione con quelli nemici, il che è particolarmente significativo quando vi sono delle macchine catturate e usate direttamente dagli avversari. Successe anche al La-5FN, come era accaduto al FW-190 (il tipo più simile) con i britannici, allorché nell'estate del '43 un La-5 (non è chiarissimo se fosse un FN) venisse costretto ad un atterraggio d'emergenza in un campo tedesco. Il rapporto dettagliato dell'esperienza era interessante: il caccia era al meglio sotto ai 3.000 m, veloce e maneggevole. La stabilità, nonostante il grosso muso, era valida, gli alettoni eccezionali, mentre il piccolo timone non era del tutto valido per le basse velocità; al contrario, oltre i 600 kmh, le forze agenti sulle superfici di controllo diventavano troppo pesanti, per cui era difficile capire se questo fosse davvero un 'energy fighter' oppure fosse più un veloce 'turning fighter'. Il rateo di virata a 1.000 m era tale da ottenre, alla massima potenza del motore, un tempo di 25 secondi; il rateo di rollio era maggiore di quanto avvenisse con il Bf-109, così come minore era il raggio di virata. La salita era superiore a quella del FW-190 (ma non del Bf-109, almeno non in quota). Aveva però un'autonomia di appena 40 minuti a velocità di crociera e i controlli del motore, come la manetta, miscela, passo elica ecc, erano separati, il che significava un maggior carico di lavoro per il pilota in azione, e il rischio di ottenere prestazioni inferiori a quanto sarebbe stato teoricamente da attendersi. Accelerare rapidamente significava azionare on meno di sei controlli, mentre i caccia tedeschi avevano una grande semplicità di impiego: bastava spingere in avanti il gas, sostanzialmente. Inoltre il motore non era dotato di una superpotenza erogabile sopra i 2.000 m per problemi di flusso d'aria. In contrasto, un Bf-109G con l'MW50 ptoeva superarlo in prestazioni ad ogni quota, mentre i FW-190 (si mensionano in particolare gli A-8, ma forse vale per tutti) erano migliori in picchiata. Certo che con il sistema ad iniezione le capacità di picchiata del La-5FN erano senz'altro maggiori di quelle dei tipi precedenti. In tutto, il commento del pilota collaudatore (Lerche) fu di attirare per quanto possibile in azione ad alta quota il La-5 e cercare di evitarne gli attacchi in picchiata più una risalita a basso angolo e alta velocità; il combattimento contro i LA-5 in manovra era pericoloso per i caccia tedeschi.