Caccia tattici in azione/URSS: differenze tra le versioni

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{{Caccia tattici in azione}}
Tra le armi sovietiche, tutte caratterizzate da un'elevata potenza di fuoco, anche se non necessariamente da un'elevata letalità dei colpi singoli, merita particolare attenzione la ShKAS, da 7,62x54 mm. Essa era una mitragliatrice ultrarapida capace di tirare 1.800 c.min alla velocità iniziale di 775-825 m.sec. Non solo, ma la Ultra ShKAS arrivava a circa 3.000 c.min. La sigla significa Shpitalny-Komaritski Aviatsionny Skorostrelny, ovvero un sistema a fuoco rapido per aerei. Fu a suo tempo una delle più innovative armi aeronautiche, allorché apparve non c'erano altre mitragliatrici così rapide e probabilmente non ce ne sono state nemmeno in seguito, a parte quelle multicanna. Bisogna ricordare che all'epoca -anni '30- erano piuttosto comuni armi come le Vickers, che sparavano circa 500-600 c.min, quindi un'inezia rispetto a queste nuove e rabbiose armi sovietiche. Disegnata da Shpitalniy e Komaritsky, entrò in produzione nel '34, giusto in tempo per armare il nuovo caccia ad alte prestazioni, l'I-16. Questo e le relative armi si possono ben considerare antisignani dell'F-104 e del suo cannone Vulcan, apparsi 20 anni dopo. All'epoca non c'erano caccia così veloci né armi dal volume di fuoco così elevato. Del resto l'I-16 era piccolo ed era necessario concentrare in un piccolo volume una grande potenza. Queste mitragliatrici l'ottenevano grazie ad un sistema a revolver con ben 10 camere di scoppio; stranamente, i Sovietici furono rapidi nell'applicare questo sistema, mentre saranno poi estremamente lenti nell'usarlo per i cannoni di calibro maggiore (cannoni-revolver), diventati in Occidente un concetto normale. Queste camere rotanti consentono un maggior ritmo di fuoco senza un eccessivo surriscaldamento, mentre la massa rinculante era necessariamente piccola, pesando solo 921 grammi, sì da ridurre l'inerzia e consentire un processo di fuoco rapido. Pare che le prime versioni fossero prive di sincronizzatore di tiro, ma la cosa significherebbe che i primissimi I-16 fossero armati con altre armi meno recenti. Dal '36 la cosa era comunque risolta, e le ShKAS erano lo standard per i caccia I-16 e i bombardieri SB-2. Le munizioni perforanti-incendiarie di nuova concezione erano efficaci, ma il rendimento complessivo non è mai stato univocamente riconosciuto. Per i piloti spagnoli, le mitragliatrici di questo tipo erano talvolta capaci di 'segare un aereo in due', spesso invece descritte come capaci di abbatterlo solo tirando 'alla nuca del pilota', specie per gli aerei tedeschi, che a differenza di quelli italiani erano costruti in metallo. Per gli I-16 vennero studiati molti tipi di armamento, inizialmente avevano solo due armi nel muso sincronizzate con l'elica bipala, poi ebbero anche le armi da 7,62 alari, che però -data la scarsa stabilità longitudinale del velivolo- non furono un grande miglioramento. Nel '39 vennero prodotte le Ultra-ShKAS, ma poche vennero usate per via di problemi di affidabilità considerando che una tale cadenza di tiro era davvero al limite per un'arma monocanna, e forse anche oltre. Sopratutto, ci si concentrò su armi di maggior calibro ed efficacia. Quanto a questa, si considerava che 4 di queste armi, istallate su I-153 e I-16, potessero piazzare 5 proiettili per m2 a distanza di 400 m, il che -almeno in teoria- era un eccellente risultato, specie contro i caccia dell'epoca -anni '30- che non avevano corazze protettive (eccetto proprio quelli sovietici, iniziando dall'I-16). Non solo, ma risulta -almeno in teoria- che ancora a quella distanza, fossero capaci di perforare ben 11 mm di acciaio (si consideri che spesso i caccia degli anni '40 non avevano che 8-10 mm di protezione, anche per il sedile del pilota, e che i combattimenti usualmente avvenivano a distanze molto minori), una potenza che a corta distanza aumentava ulteriormente, probabilmente almeno una quindicina di mm attorno ai 100 m (molto di più dei soliti 10-12 mm delle armi leggere dell'epoca), mentre la densità di proiettili avrebbe dovuto essere, a 100 m, circa 16 volte maggiore che a 400, ovvero 80 per m2. I colpi di per sé pesavano 9,6 grammi l'uno, tra i più leggeri per le armi di questo calibro, ma in totale con 4 armi se ne potevano tirare un quantitativo pari a circa 6.000/min, pari a 960 gr/sec. L'istallazione di 4 armi e 650 colpi per arma (2.600 totali) richiedeva solo 160 kg (40 kg per le mitragliatrici) e uno spazio limitato. Insomma, un'arma forse non così efficace per via della piattaforma di tiro, ma di per sé senz'altro degna di nota. Nel prosieguo della guerra venne sempre più sostituita con quelle da 12,7 e 20 mm, senza particolari rimpianti, visto che oramai la sua epoca volgeva al termine.
 
==Per cominciare: le armi dei caccia russi==
Tra le armi sovietiche, tutte caratterizzate da un'elevata potenza di fuoco, anche se non necessariamente da un'elevata letalità dei colpi singoli, merita particolare attenzione la ShKAS, da 7,62x54 mm. Essa era una mitragliatrice ultrarapida capace di tirare 1.800 c.min alla velocità iniziale di 775-825 m.sec. Non solo, ma la Ultra ShKAS arrivava a circa 3.000 c.min. La sigla significa Shpitalny-Komaritski Aviatsionny Skorostrelny, ovvero un sistema a fuoco rapido per aerei. Fu a suo tempo una delle più innovative armi aeronautiche, allorché apparve non c'erano altre mitragliatrici così rapide e probabilmente non ce ne sono state nemmeno in seguito, a parte quelle multicanna. Bisogna ricordare che all'epoca -anni '30- erano piuttosto comuni armi come le Vickers, che sparavano circa 500-600 c.min, quindi un'inezia rispetto a queste nuove e rabbiose armi sovietiche. Disegnata da Shpitalniy e Komaritsky, entrò in produzione nel '34, giusto in tempo per armare il nuovo caccia ad alte prestazioni, l'I-16. Questo e le relative armi si possono ben considerare antisignani dell'F-104 e del suo cannone Vulcan, apparsi 20 anni dopo. All'epoca non c'erano caccia così veloci né armi dal volume di fuoco così elevato. Del resto l'I-16 era piccolo ed era necessario concentrare in un piccolo volume una grande potenza. Queste mitragliatrici l'ottenevano grazie ad un sistema a revolver con ben 10 camere di scoppio; stranamente, i Sovietici furono rapidi nell'applicare questo sistema, mentre saranno poi estremamente lenti nell'usarlo per i cannoni di calibro maggiore (cannoni-revolver), diventati in Occidente un concetto normale. Queste camere rotanti consentono un maggior ritmo di fuoco senza un eccessivo surriscaldamento, mentre la massa rinculante era necessariamente piccola, pesando solo 921 grammi, sì da ridurre l'inerzia e consentire un processo di fuoco rapido. Pare che le prime versioni fossero prive di sincronizzatore di tiro, ma la cosa significherebbe che i primissimi I-16 fossero armati con altre armi meno recenti. Dal '36 la cosa era comunque risolta, e le ShKAS erano lo standard per i caccia I-16 e i bombardieri SB-2. Le munizioni perforanti-incendiarie di nuova concezione erano efficaci, ma il rendimento complessivo non è mai stato univocamente riconosciuto. Per i piloti spagnoli, le mitragliatrici di questo tipo erano talvolta capaci di 'segare un aereo in due', spesso invece descritte come capaci di abbatterlo solo tirando 'alla nuca del pilota', specie per gli aerei tedeschi, che a differenza di quelli italiani erano costruti in metallo. Per gli I-16 vennero studiati molti tipi di armamento, inizialmente avevano solo due armi nel muso sincronizzate con l'elica bipala, poi ebbero anche le armi da 7,62 alari, che però -data la scarsa stabilità longitudinale del velivolo- non furono un grande miglioramento. Nel '39 vennero prodotte le Ultra-ShKAS, ma poche vennero usate per via di problemi di affidabilità considerando che una tale cadenza di tiro era davvero al limite per un'arma monocanna, e forse anche oltre. Sopratutto, ci si concentrò su armi di maggior calibro ed efficacia. Quanto a questa, si considerava che 4 di queste armi, istallate su I-153 e I-16, potessero piazzare 5 proiettili per m2 a distanza di 400 m, il che -almeno in teoria- era un eccellente risultato, specie contro i caccia dell'epoca -anni '30- che non avevano corazze protettive (eccetto proprio quelli sovietici, iniziando dall'I-16). Non solo, ma risulta -almeno in teoria- che ancora a quella distanza, fossero capaci di perforare ben 11 mm di acciaio (si consideri che spesso i caccia degli anni '40 non avevano che 8-10 mm di protezione, anche per il sedile del pilota, e che i combattimenti usualmente avvenivano a distanze molto minori), una potenza che a corta distanza aumentava ulteriormente, probabilmente almeno una quindicina di mm attorno ai 100 m (molto di più dei soliti 10-12 mm delle armi leggere dell'epoca), mentre la densità di proiettili avrebbe dovuto essere, a 100 m, circa 16 volte maggiore che a 400, ovvero 80 per m2. I colpi di per sé pesavano 9,6 grammi l'uno, tra i più leggeri per le armi di questo calibro, ma in totale con 4 armi se ne potevano tirare un quantitativo pari a circa 6.000/min, pari a 960 gr/sec. L'istallazione di 4 armi e 650 colpi per arma (2.600 totali) richiedeva solo 160 kg (40 kg per le mitragliatrici) e uno spazio limitato. Insomma, un'arma forse non così efficace per via della piattaforma di tiro, ma di per sé senz'altro degna di nota. Nel prosieguo della guerra venne sempre più sostituita con quelle da 12,7 e 20 mm, senza particolari rimpianti, visto che oramai la sua epoca volgeva al termine.
 
==Il rinnovo della V-VS==
Per i sovietici, i tardi anni '30 furono un momento cruciale, in cui molte cose vennero decise circa il futuro della nazione e del suo poderoso apparato militare. Purtroppo quest'ultimo venne talmente malridotto dalla follia persecutoria delle 'Purghe staliniane' che resterà del tutto inefficiente rispetto agli invasori Tedeschi, pure governati da una dittatura ferocissima, ma che se non altro non aveva distrutto le F.A. per garantirsi l'assenza di opposizione interna. Tra i problemi c'era il rinnovo dell'aviazione: i sovietici, un pò come gli italiani, si erano ritrovati negli anni '30 con una flotta aerea molto moderna, e per giunta, di grandi proporzioni; ma ora, aerei come gli I-16 e SB-2 non erano più del tutto up-to-date, e occorreva sostituirli. Ma con che cosa? Finita l'era dei Polikarpov, avanzavano altri OKB con delle idee valide.
 
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===Lo Yak-9===
 
 
Prodotto in ben 16.769 esemplari, lo Yak-9 è diventato uno dei principali caccia della II GM e in particolare, della V-VS. Venne sviluppato dallo Yak-7, con tutte le esperienze preziose dei primi caccia della famiglia. Lo Yak-9 fu a sua volta tutt’altro che monolitico, anzi: ebbe due tipi di ali, 5 diversi tipi di motore e fatto interessante, 6 combinazioni di serbatoi interni e sette combinazioni. In tutto, questo tipo ebbe una notevole importanza, arrivando ad essere costruito per sei anni fino al 1948. La sua prima esperienza operativa fu a Stalingrado, dato che era appena entrato in servizio, nell’ottobre del ’42. Presto ebbe anche clienti esteri, soprattutto con lo Yak-9P che era un tipo largamente migliorato rispetto ai predecessori, anche se forse di qualcosa inferiore al top, almeno del periodo bellico, ovvero lo Yak-9U. Ecco le versioni, una per una.
 
 
Lo Yak-9 iniziale era dotato dell’M-105PF, come gli ultimi Yak-1, da 1.180 hp, cannone da 20 mm con 120 colpi e una sola UBS con 200 proiettili. Date le dimensioni così ridotte del caccia, la potenza di fuoco era davvero il minimo indispensabile. Fallita l’introduzione dello Yak-9 con l’M-106 da 1.350 hp, un’altra versione di rilievo fu la '''Yak-9T''' con l’NS-37, cannone potente con 30 proiettili, un po’ in stile P-39. Non fu facile, perché l’abitacolo dovette essere mosso 40 cm indietro per compensare un muso diventato più pesante mentre il controllo qualità, al solito carente per i prodotti sovietici del periodo, fu causa di problemi notevoli, perché già la piccola cellula era stressata al massimo (vedi anche il Mosquito con il cannone da 57 mm Molins) per il forte rinculo dell’arma. Era opportuno quindi sparare solo 2-3 colpi per raffica. I bersagli non erano in genere dei caccia ma mezzi navali del Mar Nero e i carri armati. Quando era possibile, non si faceva ovviamente mancare tra le prede i bombardieri e talvolta i caccia, che ovviamente erano i bersagli più difficili da ingaggiare. In concreto, si trattava di una sorta d’alternativa allo Il-2, con molta più velocità e agilità al posto dell’armatura e della postazione difensiva. La maneggevolezza era ancora sufficiente per virare in 18-19 secondi. Ma se si pensasse che lo Yak-9T fosse il massimo che la cellula potesse esprimere, ci si sbaglierebbe. Infatti lo '''Yak-9TK''' aveva un’istallazione che consentiva di portare nel muso sia il 20 mm, che il potente Vya da 23 mm, l’NS-37 e, infine, l’NS-45 da 45 mm. Non fu per il momento un successo, dato che le differenze tra il 20 e il 23 mm non erano sufficienti a giustificare il cambio, e l’arma da 45 mm era inaffidabile. La cosa venne risolta con lo''' Yak-9K''' il cui NS-45 era munito di 29 proiettili e soprattutto, di un freno di bocca sufficiente per ridurre gli effetti del rinculo. Però attenzione: sparare sotto i 350 kmh con il cannone causava problemi di controllo e frenava l’aereo tanto da sbatacchiare il pilota nell’abitacolo. Il fuoco del cannone da 45 mm era peraltro micidiale e preciso, con piccole raffiche, o a colpi singoli, era possibile distruggere quanto era inquadrato. Forse era un po’ troppo per il caccia e il rinculo, nonostante il freno di bocca, causava perdite nei circuiti dell’olio e del liquido di raffreddamento, mentre le prestazioni calavano al punto da richiedere la scorta dei caccia per un uso più sicuro dell’aereo. L’arma di suo era per giunta alquanto inaffidabile. Nell’insieme ne vennero prodotte piccole quantità, buone più che altro per dimostrare come si potevano raggiungere i limiti d’armamento di un piccolo caccia tattico. Ma non finì qui, perché ad un certo punto si tentò addirittura l’istallazione di un cannone da 57 mm, tentativo fallito data la potenza eccessiva dell’arma per un velivolo così piccolo. In un certo senso, quindi, lo Yak-9T e K operava come una sorta di A-10 ante litteram, usando la potenza del suo cannone per distruggere tutto quello che gli capitava sotto tiro.
 
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*Prestazioni: 642 kmh, autonomia 765 km, tangenza 11.000 m, salita 16,7 m/sec, salita a 5.000 m in 4,1 minuti
*Armamento: 2 ShVAK (200 cp l'uno), 6 RS-82, 2 bombe da 100 kg, o 2 da 100 kg e due da 50 kg.
 
==MiG: un esordio sfortunato==
Questa storica dinastia di caccia tattici e strategici nasce dalla risposta ad una richiesta per un nuovo caccia con motore a cilindri in linea, fatta dalla V-VS nel gennaio del '39. Quello che non è ben noto è che questa richiesta venne portata avanti dal Polikarpov OKB come I-61 e poi I-200, iniziando i lavori nel giugno 1939. Però Polikarpov si interessava di radiali e cambiò idea solo con il tempo, grazie all'apparizione dell'AM-37, un motore a cilindri in linea davvero potente del Mikulin OKB. Tuttavia, sebbene il nuovo caccia fosse previsto come capace di 670 kmh, il famoso progettista era diventato persona 'non grata' a Stalin, il quale approfittò del viaggio fatto in Germania nel novembre 1939 -quando c'erano ancora relazioni solide tra le due nazioni anche in termini aeronautici- per fargli chiudere bottega e creare al posto del suo OKB, una Sezione Costruzioni Sperimentali, a cui vennero posti a capo A.Mikoyan e M.Gurevich, sebbene in maniera formale essi fossero sotto il controllo di Polikarpov fino al giugno del '40. E così il loro primo caccia fu, in realtà, l'ultimo di Polikarpov, ma nell'URSS staliniana i progettisti non erano poi così importanti qualora fossero decaduti agli occhi del governo: già Stalin aveva fatto imprigionare Polikarpov in uno speciale carcere-laboratorio per mettere a punto l'I-5, il primo dei suoi caccia biplani, ora con un altro atto d'imperio gli chiudeva la carriera.
 
Artem Mikoyan, di origine armene, si era laureato dopo una carriera iniziale da operaio e una carriera da soldato, che gli aprì la possibilità di entrare nela Scuola Aeronautica di Zukovsky, per poi far parte del TsKB (Ufficio centrale di progettazione) dal '37. Questo ragazzo molto brillante avrebbe fatto coppia fissa con il più anziano Mikhail Gurevich, studente prma a Kharkov e poi alla Scuola superiore dell'Aeronautica, a Parigi, reduce dalla squadra del celebre Polikarpov. Nel '38 inizieranno a progettare i loro caccia, iniziando dallo I-61 (I sta per Istrebitel, ovvero caccia). Avevano fondato oramai un OKB (Opytno-Konstructorskoe Biuro) proprio e presto si distaccarono dalle precedenti esperienze: l'I-61, rielaborato, divenne l'I-200, un caccia con motore a cilindri in linea. Esso era niente di meno che l'AM-35, un 12 cilindri a V capace di 1.350 hp al decollo e 1.200 a 6.000 m. Era un motore potentissimo per i tardi anni '30, e nondimeno, già diventato un sistema conosciuto e affidabile. Il problema è che non nacque certo come propulsore per caccia: pesava ben 830 kg, più o meno come il DB-603 tedesco, ovvero circa 230-250 kg più dei tipi tedeschi e britannici equivalenti. Per giunta era anche molto lungo, il che mise i progettisti nella necessità di portare molto all'indietro l'abitacolo del pilota, e quel che è peggio, di ridurre al minimo la cellula tutt'attorno per rendere l'aereo il più prestante possibile. Il risultato di tale lavoro era un velivolo per certi versi simile alle tipologie all'italiana come il Macchi 202-205 o il Re.2005. Il problema è che qui il velivolo era davvero estremo, e sopratutto, con un motore troppo potente. I progettisti avrebbero fatto molto meglio ad accettare prestazioni meno spettacolari in cambio di una fusoliera più lunga diciamo di un metro, sia per le proporzioni del velivolo -che nonostante l'aspetto, era minuscolo- sia perché le superfici di coda erano davvero troppo vicine alle ali e al baricentro per essere del tutto efficaci. Per giunta l'aereo era costruito in materiale misto. per risparmiare le leghe metalliche strategiche, che in maniera altamente discutibile erano piuttosto destinate ai.. motori di carro armato. Così il caccia ebbe fusoliera anteriore metallica, con tubi in acciaio come scheletro e copertura in alluminio; la parte posteriore e l'ala, però, erano in legno. In tutto, nonostante tali inconvenienti, si trattava di un progetto estremamente fine e dalle ambizioni molto elevate, superiore sulla carta ai caccia con l'M-105. Per giunta venne completato in appena 3 mesi tant'é che volò il 5 aprile 1940. Il risultato delle prove fu un aereo capace di ben 648 kmh a 7.000 m, più di qualunque altro aereo sovietico se non mondiale (almeno tra quelli destinati a diventare operativi), però poco stabile in volo orizzontale e con altri difetti come l'imbardata al decollo, la scarsa visuale per il pilota, almeno a terra, lo stallo a 'ben' 145 kmh (valore in realtà risibile rispetto ai tipi che verranno), e una velocità d'atterraggio molto alta. Se si fosse resistito alla volontà di ottenere tali velocità, un caccia più grande e pesante sarebbe stato senz'altro una migliore soluzione, ma così si temeva di non fare meglio degli altri contendenti, che oltretutto usavano motori meno potenti. Il MiG-1 era più rapido di 65 kmh rispetto al pur veloce Yak-1, ma molto meno manovriero; il LaGG-3 era il più armato dei tre, ma anche il più lento, superato di circa 80 kmh dal MiG. La produzione partì prima ancora del completamento delle prove e l'accettazione avvenne nell'agosto del '40, sia pure con parecchie critiche da parte dei piloti, ma venne ufficialmente raccomandato ai progettisti di porre in essere almeno una parte delle soluzioni necessarie per aumentare l'agilità e la stabilità dell'aereo, che oltretutto era anche poco armato. Non è ben chiaro quando i primi MiG-1 uscirono dalle linee: c'é chi sostiene che già entro la fine del '40 ne venissero prodotti un'ottantina, e chi afferma che la produzione partì solo all'inizio del '41. C'erano varie modifiche rispetto al prototipo, come l'aumento del diedro alare a 6 gradi per migliorare la stabilità. Il motore era adesso in versione AM-35 con elica a giri costanti tripala metallica tipo VIsh-22 in varie sottoversioni; compariva l'armamento, due ShKAS e una BS, rispettivamente con 750 e 300 cp, e tutte nel muso.
 
Il MiG era una specie di F-104 ante-litteram. Nonostante una grossa quantità di carburante, non aveva una lunga autonomia, mentre era veloce in salita e in volo orizzontale, ideale per le alte quote. Purtroppo venne assegnato alle unità da caccia 'normali' anziché a reparti specializzati in tali azioni. Al 22 giugno 1941, i caccia sovietici erano davvero molti. E i MiG primeggiavano su tutti: si parla di ben 1.289 aerei tra MiG-1 e MiG-3 (la versione migliorata, entrata poco dopo in produzione), vs 335 Yak-1 e appena 322 LaGG-3. In tutto, però, costituivano una forza di circa 2.000 caccia moderni, che in teoria avrebbe dovuto surclassare gli aggressori. Invece non accadde nulla di ciò. Il MiG-3 era da poco entrato in servizio e aumentava il carico utile grazie ad un serbatoio dietro il pilota da 245 litri, che forse serviva anche a controbilanciare il peso del 'naso', peraltro aumentato da un ShVAK da 20 mm al posto della BS; altre due vennero sistemate sotto le ali, però tutto questo peggiorava le capacità dell'aereo e allora si ritornò, almeno per parte degli aerei, alla configurazione del MiG-1. Il MiG ebbe una situazione contingente non favorevole: la V-VS volle sopratutto aerei d'appoggio al suolo, ed esso era il peggiore in tale senso; lo Il-2 aveva un motore simile, l'AM-38, su cui venne dirottata tutta l'attenzione. L'OKB tentò di trovare un sostituto per il motore passato fuori produzione, ma fu tutto inutile.
 
 
Il MiG-3 nel frattempo era maturato in maniera apprezzabile, dopo il primo volo già nell'ottobre del '40 e l'inizio della produzione verso dicembre (anche qui vi sono dati contrastanti, altre fonti parlano di metà giugno '41). Era ottenuto muovendo il motore in avanti di 10 cm, con diedro aumentato da 5 a 6 gradi, in entrambi i casi per migliorare la stabilità, un nuovo radiatore che permetteva di ospitare un serbatoio aggiuntivo (quello da 245 litri), sistema di pressurizzazione a gas inerti per i serbatoi, 8 mm di acciaio per il pilota (poi aumentati a 9 negli ultimi esemplari), miglioramenti vari di dettaglio, ruote ingrandite, abitacolo migliorato e radio RSI-1, munizioni aumentate e punti subalari per 100 kg di bombe, razzi (fino a 8) e persino mortali serbatoi di sostanze chimiche da disperdere a terra, il tutto sperimentato sull'I-200 N.04, ovvero il quarto prototipo. I test furono davvero positivi, dato che le prestazioni- differentemente da quelle degli altri caccia sovietici- non solo non erano decadute, ma addirittura, a parità di motore, erano superiori. Se ne ordinarono ben 3.600 esemplari per il solo 1941, di quello che all'epoca era il caccia più veloce del mondo (o uno dei più veloci, quantomeno).
 
Tra le altre caratteristiche di questo caccia diurno da intercettazione, c'era l'ala bassa e la carreggiata larga del carrello, basato nelle ali, le quali a loro volta erano piuttosto rastremate. Il motore AM-35A aveva una velocità di rotazione molto più bassa dei tipi occidentali: al decollo i 1.350 hp li erogava ad appena 2.050 giri-min. Per sottolineare le capacità d'alta quota, il pilota, oltre che l'ossigeno di una bombola, aveva anche a disposizione un abitacolo pressurizzato, cosa molto rara a quei tempi e anche dopo. Dell'armamento si è già detto, della sistemazione del carburante, nel suo complesso, si sa che ammontava a 655 litri di cui due serbatoi da 150 litri nella parte centrale del caccia, nel cassone alare; un altro da 245 era dietro il pilota, uno anteriore da 150 litri davanti. L'abitacolo era riccamente equipaggiato con non meno di una quindicina di 'orologi' e un collimatore a riflessione. Vi era una paratia tagliafiamma anteriore, mentre il sedile del pilota aveva lo schienale spesso 9 mm, che era la paratia posteriore blindata. I serbatoi erano parzialmente protetti con gomma, però stranamente non erano considerati autosigillanti, formati come struttura base da lastre saldate in alluminio. VI era una radio RSI-3 e una RSI-4. Le prese d'aria erano per il carburatore, nei fianchi del muso. Altri particolari erano gli ipersostentatori in 3 sezioni, di tipo a spaco, più gli alettoni metallici con rivestimento in tela, ma sopratutto ipersostentatori automatici nel bordo d'entrata, un pò come nel Bf-109 e pochi altri caccia dell'epoca, il che aiutava a migliorare le non eccelse doti di agilità e di decollo dell'aereo. La fusoliera posteriore era in legno come scheletro, come copertura in compensato, ulteriormente ricoperta da tela verniciata. C'erano anche parti metalliche, i piani orizzontali e tutte le parti mobili, al solito ricoperte di tela verniciata e provviste di trim (come anche l'alettone sinistro). Il carrello posteriore era retrattile, ma apparentemente spesso era lasciato estratto. Travetti portabombe erano presenti per due armi da 50 o 100 kg, o ancora 4 da 25 kg o sei razzi RS-82; nell'ala sinistra c'era anche un faro d'atterraggio, in quella destra un tubo di Pitot. Per migliorare l'aerodinamica, il caccia aveva ali ben raccordate con profili Karman (le ali trapezioidali erano su profili Clark UN) alla fusoliera. Nonostante tutto, era un caccia di semplice realizzazione e semplificato nella sua struttura.
 
 
 
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I Grandi aerei storici: i Caccia Russi, N.37 nov dic 2008, Delta editrice
 
 
[[Categoria:Caccia tattici in azione]]