Caccia tattici in azione/USAAF-2: differenze tra le versioni

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La Bell è attualmente nota sopratutto per gli elicotteri, ma prima ha lavorato e molto nel settore dei caccia. Il suo principale 'articolo' è stato senz'altro il P-39, che è anche considerato uno dei più discutibili caccia della II GM.

Per dare l'idea, secondo le parole di Chuck Yeager, quando i piloti dei Mustang venivano addestrati, inizialmente avevano da volare sui P-39. Quest'aggraziato aereo dal caratteristico muso a punta e motore posteriore all'abitacolo era però odiato dai giovani piloti. Girava anche una canzone che diceva più o meno: non datemi un P-39 o finirò 6 metri dentro Madre Terra, no non datemi un P-39. Yeager, al contrario, considerava delizioso il P-39 una volta che si capiva come farlo volare. Lui voleva sapere tutto degli aerei, come volavano e perché. Del resto si tratta di un pilota fuori dall'ordinario, che ottenne 5 vittorie nella prima battaglia aerea che combatté (con un P-51), e che sarà poi collaudatore eccezionale e il primo uomo oltre mach 1 (o almeno, così è riportato nella storia ufficiale, vi sono però anche delle possibili altre 'prime', ma alla fine è una questione un pò oziosa come il reale primato dei fratelli Wright). Ma Yeager, per l'appunto, era un pilota attento ed eccezionalmente abile e attento, di una professionalità rara per l'epoca. La media non era così abile; del resto, a maggior ragione il P-39 non doveva piacere agli aviatori sovietici, che invece ne fecero il loro cavallo da battaglia preferito tra gli aerei occidentali, e forse non solo tra questi, a giudicare il numero di vittorie che venne attribuito a molti assi russi volando con il P-39.

All'inizio della guerra, il P-39 e il P-40 erano gli unici caccia moderni americani presenti in quantità apprezzabili nell'eterogeneo parco dell'USAAF. Confrontato con lo Zero, ad alta quota, però, il P-39 non ebbe scampo. Combatté però valorosamente e alla fine aiutò a contenere l'avanzata dell'Asse nel biennio critico 1941-42. Tra le sue pecche le modeste prestazioni in quota, la scarsa velocità di salita e in generale tutti i problemi dati dalla mancanza del previsto turbocompressore, nonché alla 'strana' distribuzione delle masse con il motore dietro l'abitacolo. Tant'é che una delle migliori doti che spesso venivano attribuite beffardamente all'aereo era la presenza di 600 kg di corazzatura Allison. Peraltro, così facendo ovviamente il pilota era meno protetto frontalmente, ma non si poteva avere tutto. Le doti del P-39 erano la costruzione accurata, tutto sommato affidabile, capace di incassare duri colpi e le prestazioni a bassa quota, molto valide; infine l'armamento, decisamente pesante e utile anche contro i carri armati. Tutto questo portò a costruire 9.589 o 9.558 esemplari.

La storia partì dal giugno 1936, quando già in Europa cominciavano a volare aerei come l'Hurricane, Bf-109 e Spitfire. Il nuovo caccia venne proposto all'USAAC dal team diretto da Robert J. Woods. L'innovazione più evidente era il motore centrale nella fusoliera, che mobilitava l'elica con un albero di circa 3 metri passante sotto l'abitacolo, uno dei primi -ma non il primo- tentativo di fare un caccia che avesse il muso più acuto e aerodinamico, con più spazio per le armi e definitivamente diverso dal P-40. Il carrello triciclo avrebbe aiutato il pilota a vedere meglio in avanti, la massa del motore insisteva attorno al centro di gravità, il che avrebbe dovuto aiutare l'agilità complessiva. Questa stesura era successiva ad una prima che vedeva il pilota dietro il motore, con il Model 3, poi trasformato nel Model 4 con la disposizione finale di cui sopra. Si pensava di raggiungere con circa 1.000 hp una velocità di circa 644 kmh a 6.100 m, con un peso di appena 2,5 t circa. Il prototipo venne ordinato il 7 ottobre 1937 come XP-39 o Model 12, con un V-1710-17 da 1.150 hp e turbocompressore B-5, due armi 12,7 e un cannone da 25 mm nel muso, poi rimpiazzato dal T9 da 37 mm della Oldsmobile. In ogni caso, almeno inizialmente non c'era armamento sull'XP-39. La costruzione era interamente metallica e molto solida, con l'ala retta da ben 3 longheroni, mentre gli alettoni erano ancora rivestiti in tela. L'abitacolo permetteva un'eccezionale visibilità ed era servito da una porta modello automobile e su ciascuno dei lati, con tanto di vetri abbassabili. L'unico problema era che ad alta velocità le porte potevano aprirsi se non erano state chiuse per bene, un problema non di poco conto visto che erano ovviamente ad apertura verso l'indietro, per cui non si potevano poi chiudere fino all'atterraggio.

Naturalmente la complessità dell'albero di trasmissione non mancò di causare problemi di manutenzione, sopratutto per il sistema di riduzione dell'elica, per cui l'aereo ebbe un rateo di disponibilità inferiore rispetto ad altre macchine di simili caratteristiche. I piloti erano terrorizzati dal rischio che l'albero potesse staccarsi e fare a pezzi l'abitacolo, ma in pratica non si verificò mai un tale incidente. I serbatoi erano da 60 galloni complessivi nelle ali esterne e uno di riserva da 30 galloni nell'ala sinistra. Tutto molto interessante, e il primo volo venne fatto il 6 aprile 1939. L'XP-39 arrivò a ben 630 kmh a 6.100 m, e quest'altitudine poteva essere raggiunta in appena 5 minuti, anche se la tangenza era di qualcosa di inferiore a 10.000 m. I pesi erano di circa 1.800-2.750 kg. Queste prestazioni, a parte la quota massima non eccezionale, erano per l'epoca straordinarie. Ma purtroppo erano ottenute con un aereo del tutto lontano da ogni condizione di operatività. L'USAAC lo ordinò volentieri, visto che l'unico problema reale sembrava una certa tendenza al surriscaldamento. Ma il guaio era che l'aereo in toto pesava circa 907 kg in meno di quanto avrebbe dovuto in condizioni pienamente operative. Peggio che mai, quando l'aereo venne revisionato e ammodernato, diventando l'XP-39B, anche se ebbe varie modifiche come la riduzione da 35 piedi e 10 pollici a 34 pollici dell'apertura alare, e la lunghezza aumentata da 28 piedi 8 pollici, a 29 e 9, il problema era che venne rimosso il turbocompressore, perché tutto sommato si pensava che per gli USA non c'erano pericoli reali di attacchi ad alta quota, mentre potevano interessare caccia tattici da quote medio-basse e appoggio tattico. L'aumento di peso e l'assenza di turbocompressore furono molto deleteri: la velocità cadde a circa 603 kmh e la salita a 6.100 m in 7,5 minuti. L'unica cosa buona era che la ridotta apertura alare migliorava l'agilità a bassa quota e le prestazioni alle quote più basse non furono quasi cambiate da queste trasformazioni. L'XP-39B andò distrutto dopo 28 ore di volo, ma il seme era stato gettato.


Seguirono infatti 12 YP-39, ovviamente senza turbocompressori, a partire dal 13 settembre 1940 con i V-1710-47 da 1.090 hp, cannoni da 37 mm con 15 colpi, due armi da 12,7 mm con 200 cp l'una, 2 da 7,62 con 500 cp l'una. Il peso passò a 2.300-3.200 kg circa, mentre venivano aggiunte corazze per il pilota. La velocità calò a 591 kmh a 4.570 m, la salita a 6.100 m in 7,3 minuti, quota circa 10.000 m.


Seguiranno i modelli C, con 80 esemplari ordinati nell'agosto del '39, inizialmente chiamati P-45, ma per via di problemi politici legati all'acquisto di nuovi aerei si preferì non cambiare la denominazione e portarla semplicemente alla versione P-39C. Ancora, però, pare che non avesse corazze protettive e gli ultimi 60 vennero costruiti con questi sistemi, così diventarono P-39D. La velocità del modello C era di 379 miglia orarie, ovvero 609 kmh a 4.000 m, mentre i 3.650 m potevano essere raggiunti in 3,9 minuti. Armamento come prima, tangenza operativa dell'ordine dei 10.000 m.

L'USN aveva emesso nel febbraio del '38 una specifica per un caccia d'alta quota e ad alta velocità, e la Bell propose il progetto che era parente stretto dell'Airacobra terrestre, ovvero l'XFL-1 Airabonita, con motore XV-1710-6 da 1.150 hp, con radiatori sotto le ali e ruotino di coda anziché anteriore, più alcune altre modifiche minori per l'impiego, e un'ala più grande. L'armamento era di due armi da 76,2 nel muso e una da 12,7 o un cannone da 37 mm attraverso l'asse dell'elica, anche se il prototipo non ebbe per il momento armi, volando il 13 maggio del 1940. La velocità che raggiunse era di circa 490 kmh slm e 540 kmh a 3.050 m. A causa di problemi con il carrello e di stabilità troppo ridotta sull'asse longitudinalmente, il progetto ebbe molti ritardi e venne stracciato dal principale concorrente, l'F4U Corsair, ben più potente e con motore radiale, preferito dall'USN. La decisione di rinunciare venne presa il 12 maggio 1941.


Dati i rapporti che venivano dall'Europa l'USAAC volle ulteriori miglioramenti per i suoi caccia e il P-39C veniva considerato non ancora all'altezza della situazione, specie per l'armamento e l'armatura, entrambi giudicati inadeguati per il supporto al suolo. Così vennero ordinati il 13 settembre 1940 altri 394 aerei Model 15, e il 14 settembre vennero anche cambiati gli ordinativi per la sessantina di P-39C rimasti. L'armamento era adesso di 4 armi da 7,62 nelle ali con 1.000 cp, due da 12,7 nel muso con i soliti 200 cp l'una, e il 37 mm che finalmente aveva una dotazione di proiettili accettabile (30); c'era il blindovetro e serbatoi autostagnanti, anche se questo comportava la riduzione da 141,5 ad appena 100 galloni (e questo spiega perché i giapponesi furono così poco inclinati ad adottarli), anche se comparve un serbatoio sganciabile da 72,4 galloni, o al suo posto, bombe fino a 227 kg, ed elica Curtiss Electric di nuovo tipo, fusoliera allungata a 30 piedi e 2 pollici, ali leggermente ridotta di 0,22 ft2. Corazze e blindovetro diedero un aumento di 245 libbre (circa 110 kg), e il tutto, per quanto corretto nei suoi campi, causò -nonostante l'affinamento della fusoliera- una riduzione della velocità a circa 578 kmh a 3.660 m; nondimeno, i primi aerei entrarono in servizio nel marzo del '41. Peccato che però i cannoni risultassero tendenti al congelamento sopra 7.600 m per la mancanza di un sistema di riscaldamento, e non si potessero ricaricare facilmente data la mancanza di un apposito sistema idraulico, mentre non mancavano altri inconvenienti minori alla meccanica dell'elica. L'unica cosa buona era forse la velocità sotto i 5.000 m, tra cui quella slm di 496 kmh slm, ma la salita a 6.096 m avveniva ora in 9,1 minuti. L'autonomia, a circa 320 kmh, era di 1.780 km. Peso di 2.475-3.720 kg.


Altri P-39D vennero prodotti per gli Alleati, tra cui 150 D-1 ordinati l'11 giugno 1941, armati con un pezzo da 20 mm M1 e le armi da 7,7 al posto delle 7,62 mm. Ne seguirono altre, per un totale di 336D-1, poi 158 D-2 con motori V-1710-63 da 1.325 hp. Dato che il cliente principale, la RAF, non ne volle sapere di accettarli, vennero per lo più dati all'URSS o in alcune dozzine, all'USAF, specie con il 347th FG di Guadalcanal, dall'agosto del '42. Assieme a questi caccia vi erano anche i P-400. Altri vennero usati dal 31st FG nel teatro nordafricano, nel 1943. 26 divennero ricognitori nella versione D-3, con camere K-24 e K-25.


Il successivo XP-39E era un tipo sperimentale della primavera del '42, costruito per la modifica dei P-39D, con innumerevoli cambiamenti tra cui sopratutto il Continental V-1430-1 turbocompresso da 2.100 hp, che peraltro non divenne disponibile; in suo luogo venne adottato un altro modello della famiglia V-1710, stavolta con turbocompressore a due stadi; l'armamento era lo stesso, diversi i tipi di coda sperimentati, progressivamente simili a quelli del P-51. I pesi arrivarono fino a circa 4.050 kg, i più elevati della famiglia Airacobra. La velocità raggiunse le 386 miglia a 21.680 ft, ovvero circa 620 kmh a 6.600 m, mentre la salita a 6.096 m era possibile in 9,3 minuti. Date le prestazioni ad alta quota superiori a quelle delle altre versioni del P-39, si pensò ad ordinarlo come P-76 e in ben 4.000 esemplari. Ma non tutti erano convinti dell'effettivo miglioramento rispetto al P-39 e così alla fine non se ne fece nulla. O quasi, perché poi da questi studi venne iniziato il concepimento di quello che il P-39 avrebbe dovuto essere fin dall'inizio: il P-63 Kingcobra.



Il P-39F fu così il diretto successore in produzione del P-39D, a cui era simile ma con elica diversa rispetto alla Curtiss Electric. Si riconosceva facilmente perché aveva ben 12 scarichi per lato anziché 6. I primi ordini vennero posti il 13 settembre e riguardarono 229 aerei. Gli ultimi 29 divennero P-39J con un motore migliorato nel sistema di controllo della potenza, diventato automatico.


Ben più numerosi i P-39G, ordinati il 21 agosto 1941 in un totale di 1.800 esemplari, simili al P-39D ma con una nuova elica Aeroproducts, e poi con una serie di modifiche progressivamente applicate, tanto che alla fine la sigla non fu mai negli esemplari forniti, la G, ma la K, M e N. Non vennero mai pensati per ragioni non ben chiare, tipi versione H. La I, invece, non era ammissibile perché avrebbe troppo facilmente portato a confondersi con il numero 1, specie se in caratteri romani.

I K erano stati ordinati in 210 esemplari nell'agosto del '41: simili ai P-39D, pesavano però ben 363 kg di più per le varie modifiche apportate.

Gli L erano 250, con motore V-1710-63 da 1.325 hp che era già presente sul K, ma il peso aumentava a 9.100 libbre (quasi 4.100 kg), pur se tuttavia il P-39L poteva volare più veloce del D grazie alla potenza. Venne usato in Nuova Guinea e Africa nel 1943.


L'M era un'altra parte dei P-39G rinominati, 240 aerei ordinati sempre il 25 agosto 1941, tentando di migliorare le prestazioni ad alta quota a scapito di quelle a bassa, grazie all'aumento di potenza: 1.200 hp al decollo, 1.125 a circa 4.700 m, con 594 kmh a 4.570 m anziché 578 del tipo L. Non era ancora abbastanza, e così l'aereo rimase un velivolo sopratutto da attacco al suolo, usato pare dal 1944.


Il P-39N divenne la prima versione prodotta in grande serie, era il Bell Model 26C e F, e venne prodotta in 2.095 esemplari, dei quali 1.100 parte dell'ex ordine dei P-39G. Adesso avevano il motore V-1710-83 e ancora una volta elica Aeroproducts e modifiche al sistema di riduzione dell'elica. Dopo i primi 166, la dotazione di carburante venne ridotta da 120 a 87 galloni, per calare il peso da 9.100 a 8.750 lbs al decollo, ma ovviamente anche riducendo l'autonomia. In seguito vi furono talvolta lavori per riallestire i serbatoi persi con appositi kit campali, mentre la corazzatura ad un certo punto venne ridotta da 231 a 193 libbre, anche grazie all'adozione di una corazza d'acciaio al posto del vetro antiproiettile dietro la testa del pilota.

La versione O non esistette mai, per motivi simili alla I, in quanto si confondeva troppo facilmente con lo zero.

Così si passò alla Q, l'ultima e migliore della serie. E anche la più numerosa, ben 4.905 esemplari naturalmente con varie modifiche durante la produzione. L'unica vera diffrenza con le altre versioni era il pod subalare in cui c'era un'arma da 12,7 mm al posto delle 4 alari da 7,62 o 7,7 mm, perché si pensava che le armi di grosso calibro, anche se meno numerose, fossero vantaggiose rispetto a quelle di calibro inferiore. Peraltro, mentre gli Americani furono contenti di avere queste due armi (evidentemente non c'era spazio dentro l'ala per ospitare le M2) al posto delle 4 leggere e dei loro 4.000 colpi complessivi (un ammontare notevole, quasi il doppio degli Hurricane e Spitfire che pure avevano 8 mitragliatrici), i Sovietici colsero l'occasione per alleggerire anche di più l'aereo, togliendo anche i pod per le mitragliatrici da 12,7 mm, e lasciando così solo le due armi nel muso e il cannone da 37 mm. Vi furono versioni fotografiche come la Q-2 e 6, e vari altri cambiamenti. I 700 aerei del tipo Q-25 ebbero fin dall'inizio le armi alari eliminate, dato che tanto erano destinati all'URSS. La produzione durò fino al 25 luglio 1944, poi venne sostituita da quella del P-63. Tra le modifiche campali, la trasformazione in biposto, in cui l'istruttore era sistemato davanti al pilota, mentre l'armamento era totalmente rimosso.


Le prestazioni e le caratteristiche: il motore V-1710-85 da 1.200 hp slm e 1.125 a 15.500 ft, velocità max 330 miglia orarie a 1.525 m, 357 a 3048, 376 miglia orarie a 4.570 m, salita a 1.525 m in 2 minuti, a 6.100 m in 8,5; raggio a 400 kmh e 6.100 m, 525 miglia, fino a 1.075 miglia con un serbatoio da 145,7 galloni (a 196 mph). Tangenza circa 10.600 m. Pesi 5645-8300 lbs, dimensioni 34 ft apertura alare, 30 ft e 2 in lunghezza, altezza 12 ft e 5 in, superficie alare 213 ft2.


Il servizio dei P-39 con l'USAAF iniziò con i P-39D nel febbraio 1941, in carico al 31th Pursuit Group e ai suoi 3 squadroni, il 39, 40, 41st di Selfridge, Michigan. C'erano 5 gruppi con il P-39 ai tempi di Pearl Harbour, tra cui l'8th, 31st e 52nd sparsi per gli USA e Porto Rico. Presto gli aerei vennero mandati in Australia e Alaska, Nuova Guinea e Panama per la difesa delle 'frontiere' dello schieramento alleato. La prima azione fu solo il 30 aprile 1942, e le difficoltà di addestramento e di manutenzione con questi reparti dell'USAAF furono molto pesanti, specie se poi i P-39 dovevano anche volare come intercettori d'alta quota, dove in teoria avrebbero dovuto esserci i P-38, ancora indisponibili. Gli Zero li massacravano senza troppe difficoltà, e a causa anche dei problemi col rifornimento di ossigeno, era difficile anche raggiungere i G4M, apparentemente vulnerabili, ma in realtà capaci di volare oltre i 7.600 m di quota. L'unica cosa che aveva di buono era la robustezza e anche l'armamento, per quanto non così efficace, era micidiale se colpiva nel bersaglio. Ma per Saburo Sakai e compagni erano prede facili, ad alta quota, dove dovevano arrivare per raggiungere i bombardieri, erano semplicemente bersagli da tiro a segno, che potevano solo scappare in picchiata. Tra i gruppi all'epoca equipaggiati con i P-39 e in combattimento, i vari 31, 35 e 36st FG; mentre in Mediterraneo c'erano l'81 e il 350th. Talvolta queste unità avevano i P-400 o i P-39 diretti originariamente ad alleati vari. Nel medio Oriente i P-39 erano caccia da bassa quota, ma con la scorta di P-40 o Spitfire. E' strano a dirsi, ma alla fine, le unità con i P-39, che pure già come aerei d'addestramento non piacevano affatto, ottennero il più basso livello di perdite dei reparti da caccia americani in Europa. Il 31st FG combatté dall'agosto del '42 con incursioni sulla Francia, patendo però parecchie perdite contro i caccia tedeschi, fino a che venne riequipaggiato con gli Spitfire Mk V. Nonostante tutto, i P-39 combatterono dappertutto fino al '44, e all'inizio di quell'anno l'USAAF ne aveva in carico oltre 2.100 esemplari, una quantità enorme specie se si considera che circa la metà dei P-39 erano andati all'URSS. Nondimeno dopo di allora vennero presto sostituiti dai vari P-38, 47 e 51. L'ultima unità di prima linea era stata il 347th FG nel Pacifico, poi ebbe i P-38. In tutto, non meno di 27 gruppi da caccia ebbero per un certo periodo i P-39, ciascuno in genere con tre squadroni su 18 aerei. Tra i gruppi i vari 8, 15, 18, 20, 21, 31, 33, 52, 54, ,56, 58, 318 e altri ancora.


Poco dopo la fine della guerra i P-39 vennero tolti dalla linea e demoliti, sopratutto durante il 1946. Alcuni vennero forniti ai civili come aerei da corsa, tanto veloci da ottenere circa 670 kmh a bassa quota quando appositamente alleggeriti e potenziati con motori di P-63. Ebbero vari successi su corse come il Thomson Trophy del 1946, che venne vinto alla media di 373 mph su 300 miglia di percorso. Uno dei P-39 da corsa venne addirittura preparato per ottenere il record per gli aerei a pistoni, che nel '67 era ancora tenuto dal Me.209. Ebbe elica a 4 pale e motore V-1710-CG elaborato a 2.850 hp, una specie di missile alato con l'apertura alare ridotta di 2,4 m. Purtroppo cadde il 10 agosto 1968 uccidendo il pilota Mike Carroll. Ma dà l'idea di come potesse essere sfruttato il P-39: il record da battere era di 755 kmh. Attualmente dei P-39 americani ne sopravvive un esemplare a Silver Hill, un P-39Q-15.