Bivona/Religione a Bivona: differenze tra le versioni

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{{quote|Partito dal mare della Verdura il conte Sigismondo, dopo un lungo e disastroso viaggio approdò alla fine colla moglie e coi figli in Roma. Paventava per l'orridezza degli eccessi esecrandi commessi di comparire alla presenza del sommo Pontefice Clemente VII suo zio: nulladimeno animato dalla contessa sua moglie, si portò insieme con essa innanzi al vicario di Cristo, e si pose a suoi piedi genuflesso: e furono allora sì grandi i lamenti, le lagrime e i singhiozzi del conte, e della contessa, che impietosirono l'interno delle viscere di Clemente. Costui da tanta tenerezza vinto, dopo aver aspramente inveito contro di Sigismondo, gli promise di chiedere alla benigna grandezza dell'Imperatore Carlo V per grazia la sua liberatoria, allora però che lo dovea coronare, lo che sarebbe stato fra pochi mesi. Respirò l'afflittissimo conte alle promesse del sommo Pontefice, e confortato da una tale speranza, incominciò da indi in poi lieto a frequentare i congressi de' nobili di quella gran città che è capo del mondo}}
L'occasione propizia per ottenere il perdono da parte di Carlo V si presentò il [[24 febbraio]] [[1530]], giorno in cui questi venne incoronato Imperatore da papa Clemente VII. Ciononostante, Carlo V non si mostrò benevole nei confronti di Sigismondo, e non gli concesse il perdono<ref name=sigism>{{cita|Antonino Marrone, 1987|148}}.</ref>. Grazie all'insistenza di Clemente VII, Carlo V decretò che gli Stati paterni venissero reintegrati agli eredi di Sigismondo; quest'ultimo, in preda alla disperazione per non avere ricevuto il perdono dall'imperatore, decise di suicidarsi annegando nelle acque del fiume [[Tevere]], a Roma<ref name=sigism2>{{cita|Antonino Marrone, 1987|149}}.</ref>.
 
===Damaso Pio De Bono e Luigi Sturzo===
 
==Note==
{{references|3}}