Bivona/Religione a Bivona: differenze tra le versioni

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Un'altra istituzione insediatasi in Bivona fu quella della Bolla della Santa Crociata (fondata alla fine del [[Quattrocento]])<ref name=diciotto>{{cita|Antonino Marrone, 1997|18}}</ref>: la sua corte procommissariale garantiva i privilegi di cui acquisivano diritto gli acquirenti e i distributori delle ''Bolle della Crociata''<ref name=diciotto>{{cita|Antonino Marrone, 1997|18}}</ref>. La bolla ''offriva, contro pagamento di una somma determinata, l'indulgenza plenaria, l'assoluzione dei peccati riservati, la commutazione dei voti e l'omissione di censure, dell'interdetto, del digiuno''<ref name=trasselli>{{cita|Carmelo Trasselli, 1982|150 vol. I}}</ref>.
 
===Leone X e Clemente VII negli affari di Bivona===
{{C|Il contenuto dell'intera sezione descrive esclusivamente la relazione di potere tra i nobili di Bivona e i pontefici del tempo: non è perciò correlato con l'argomento della voce. |religione|luglio 2009|firma=[[Utente:Nicolabel|Nicolabel]] ([[Discussioni utente:Nicolabel|msg]]) 19:02, 14 lug 2009 (CEST)}}
 
[[Immagine:Palazzo vecchio, baccio bandinelli e vincenzo de' rossi, leone X, 02.JPG|thumb|250px|left|Papa Leone X]]
Legata alla città di Bivona, seppur per poco tempo, fu la figura di [[papa Leone X]], Giovanni di Lorenzo de' Medici, figlio di [[Lorenzo de' Medici]], passato alla storia soprattutto per avere causato la [[riforma protestante]] di [[Martin Lutero]].
 
Nel [[1520]] egli favorì le nozze tra una sua nipote, la fiorentina Luisa Salviati, con Sigismondo de Luna, figlio di Gianvincenzo, signore di Bivona<ref name=leox>{{cita|Antonino Marrone, 1987|94}}</ref>.
 
Nel mese di [[maggio]] del [[1520]] Gianvincenzo de Luna chiese l'autorizzazione al viceré di [[Sicilia]] per recarsi a [[Roma]]; una volta ottenuta, egli si recò nella città eterna per andare in visita ufficiale da papa Leone X<ref>{{cita|Antonino Marrone, 1987|140}}.</ref>.
 
Giunto a Roma, si recò presso i palazzi pontifici per stringere i vincoli matrimoniali tra il suo primogenito, Sigismondo, e la nipote del pontefice, figlia di [[Lucrezia de' Medici]] (nipote del Papa e sorella del cardinale [[Giulio de' Medici]], futuro [[Clemente VII]]).
 
Il contratto matrimoniale venne siglato nella città di Roma il [[14 dicembre]] [[1520]]<ref name=sig>{{cita|Antonino Marrone, 1987 I|141}}.</ref>.
 
Le nozze si celebrarono a Roma tre anni dopo, nel [[1523]], quando papa Leone X era già morto da circa due anni.
 
Il matrimonio celebrato con gran pompa tra Sigismondo e Luisa Salviati fu una delle cause della grave crisi economica che colpì il signore di Bivona Gianvincenzo de Luna<ref name=leox>{{cita|Antonino Marrone, 1987|94}}</ref>.
 
[[Immagine:Clement VII. Sebastiano del Piombo. c.1531..jpg|thumb|250px|right|Papa Clemente VII]]
Il matrimonio tra il de Luna e la Salviati venne celebrato nello stesso anno in cui terminò il breve pontificato di [[papa Adriano VI]] ed iniziò quello di [[papa Clemente VII]], cioè nel [[1523]].
 
Clemente VII, zio di Luisa Salviati in quanto fratello di sua madre Lucrezia de' Medici, entrò negli affari di Sigismondo e del di lui padre, Gianvincenzo de Luna, signore di Bivona, a partire proprio dal succitato matrimonio, che ebbe ''certamente una motivazione politica''<ref name=sig>{{cita|Antonino Marrone, 1987|141}}.</ref> e che fu gradito e favorito persino dallo stesso [[Carlo V del Sacro Romano Impero|Carlo V]].
 
Quando nell'[[estate]] del [[1529]] scoppiò la guerra tra la famiglia de Luna e i Perollo di Sciacca (il cosiddetto ''secondo caso di Sciacca''), Sigismondo, avvisato del fatto che più di duemila armati fossero in marcia verso Bivona per tentare l'assalto al suo [[Castello di Bivona|castello]], decise di fuggire con la famiglia alla volta di [[Roma]], per trovare rifugio presso lo zio, il pontefice Clemente VII<ref>{{cita|Antonino Marrone, 1987|146}}.</ref>. Di seguito viene riportato il racconto dello storico Francesco Savasta sulla fuga a Roma di Sigismondo e il suo incontro con il Papa<ref>{{cita|Francesco Savasta, 1726|342}}</ref>:
{{quote|Partito dal mare della Verdura il conte Sigismondo, dopo un lungo e disastroso viaggio approdò alla fine colla moglie e coi figli in Roma. Paventava per l'orridezza degli eccessi esecrandi commessi di comparire alla presenza del sommo Pontefice Clemente VII suo zio: nulladimeno animato dalla contessa sua moglie, si portò insieme con essa innanzi al vicario di Cristo, e si pose a suoi piedi genuflesso: e furono allora sì grandi i lamenti, le lagrime e i singhiozzi del conte, e della contessa, che impietosirono l'interno delle viscere di Clemente. Costui da tanta tenerezza vinto, dopo aver aspramente inveito contro di Sigismondo, gli promise di chiedere alla benigna grandezza dell'Imperatore Carlo V per grazia la sua liberatoria, allora però che lo dovea coronare, lo che sarebbe stato fra pochi mesi. Respirò l'afflittissimo conte alle promesse del sommo Pontefice, e confortato da una tale speranza, incominciò da indi in poi lieto a frequentare i congressi de' nobili di quella gran città che è capo del mondo}}
L'occasione propizia per ottenere il perdono da parte di Carlo V si presentò il [[24 febbraio]] [[1530]], giorno in cui questi venne incoronato Imperatore da papa Clemente VII. Ciononostante, Carlo V non si mostrò benevole nei confronti di Sigismondo, e non gli concesse il perdono<ref name=sigism>{{cita|Antonino Marrone, 1987|148}}.</ref>. Grazie all'insistenza di Clemente VII, Carlo V decretò che gli Stati paterni venissero reintegrati agli eredi di Sigismondo; quest'ultimo, in preda alla disperazione per non avere ricevuto il perdono dall'imperatore, decise di suicidarsi annegando nelle acque del fiume [[Tevere]], a Roma<ref name=sigism2>{{cita|Antonino Marrone, 1987|149}}.</ref>.
 
===Il periodo pretridentino===
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==Personalità religiose legate a Bivona==
{{Vedi anche|Personalità legate a Bivona}}
===Leone X e Clemente VII negli affari di Bivona===
{{C|Il contenuto dell'intera sezione descrive esclusivamente la relazione di potere tra i nobili di Bivona e i pontefici del tempo: non è perciò correlato con l'argomento della voce. |religione|luglio 2009|firma=[[Utente:Nicolabel|Nicolabel]] ([[Discussioni utente:Nicolabel|msg]]) 19:02, 14 lug 2009 (CEST)}}
 
[[Immagine:Palazzo vecchio, baccio bandinelli e vincenzo de' rossi, leone X, 02.JPG|thumb|250px|left|Papa Leone X]]
Legata alla città di Bivona, seppur per poco tempo, fu la figura di [[papa Leone X]], Giovanni di Lorenzo de' Medici, figlio di [[Lorenzo de' Medici]], passato alla storia soprattutto per avere causato la [[riforma protestante]] di [[Martin Lutero]].
 
Nel [[1520]] egli favorì le nozze tra una sua nipote, la fiorentina Luisa Salviati, con Sigismondo de Luna, figlio di Gianvincenzo, signore di Bivona<ref name=leox>{{cita|Antonino Marrone, 1987|94}}</ref>.
 
Nel mese di [[maggio]] del [[1520]] Gianvincenzo de Luna chiese l'autorizzazione al viceré di [[Sicilia]] per recarsi a [[Roma]]; una volta ottenuta, egli si recò nella città eterna per andare in visita ufficiale da papa Leone X<ref>{{cita|Antonino Marrone, 1987|140}}.</ref>.
 
Giunto a Roma, si recò presso i palazzi pontifici per stringere i vincoli matrimoniali tra il suo primogenito, Sigismondo, e la nipote del pontefice, figlia di [[Lucrezia de' Medici]] (nipote del Papa e sorella del cardinale [[Giulio de' Medici]], futuro [[Clemente VII]]).
 
Il contratto matrimoniale venne siglato nella città di Roma il [[14 dicembre]] [[1520]]<ref name=sig>{{cita|Antonino Marrone, 1987 I|141}}.</ref>.
 
Le nozze si celebrarono a Roma tre anni dopo, nel [[1523]], quando papa Leone X era già morto da circa due anni.
 
Il matrimonio celebrato con gran pompa tra Sigismondo e Luisa Salviati fu una delle cause della grave crisi economica che colpì il signore di Bivona Gianvincenzo de Luna<ref name=leox>{{cita|Antonino Marrone, 1987|94}}</ref>.
 
[[Immagine:Clement VII. Sebastiano del Piombo. c.1531..jpg|thumb|250px|right|Papa Clemente VII]]
Il matrimonio tra il de Luna e la Salviati venne celebrato nello stesso anno in cui terminò il breve pontificato di [[papa Adriano VI]] ed iniziò quello di [[papa Clemente VII]], cioè nel [[1523]].
 
Clemente VII, zio di Luisa Salviati in quanto fratello di sua madre Lucrezia de' Medici, entrò negli affari di Sigismondo e del di lui padre, Gianvincenzo de Luna, signore di Bivona, a partire proprio dal succitato matrimonio, che ebbe ''certamente una motivazione politica''<ref name=sig>{{cita|Antonino Marrone, 1987|141}}.</ref> e che fu gradito e favorito persino dallo stesso [[Carlo V del Sacro Romano Impero|Carlo V]].
 
Quando nell'[[estate]] del [[1529]] scoppiò la guerra tra la famiglia de Luna e i Perollo di Sciacca (il cosiddetto ''secondo caso di Sciacca''), Sigismondo, avvisato del fatto che più di duemila armati fossero in marcia verso Bivona per tentare l'assalto al suo [[Castello di Bivona|castello]], decise di fuggire con la famiglia alla volta di [[Roma]], per trovare rifugio presso lo zio, il pontefice Clemente VII<ref>{{cita|Antonino Marrone, 1987|146}}.</ref>. Di seguito viene riportato il racconto dello storico Francesco Savasta sulla fuga a Roma di Sigismondo e il suo incontro con il Papa<ref>{{cita|Francesco Savasta, 1726|342}}</ref>:
{{quote|Partito dal mare della Verdura il conte Sigismondo, dopo un lungo e disastroso viaggio approdò alla fine colla moglie e coi figli in Roma. Paventava per l'orridezza degli eccessi esecrandi commessi di comparire alla presenza del sommo Pontefice Clemente VII suo zio: nulladimeno animato dalla contessa sua moglie, si portò insieme con essa innanzi al vicario di Cristo, e si pose a suoi piedi genuflesso: e furono allora sì grandi i lamenti, le lagrime e i singhiozzi del conte, e della contessa, che impietosirono l'interno delle viscere di Clemente. Costui da tanta tenerezza vinto, dopo aver aspramente inveito contro di Sigismondo, gli promise di chiedere alla benigna grandezza dell'Imperatore Carlo V per grazia la sua liberatoria, allora però che lo dovea coronare, lo che sarebbe stato fra pochi mesi. Respirò l'afflittissimo conte alle promesse del sommo Pontefice, e confortato da una tale speranza, incominciò da indi in poi lieto a frequentare i congressi de' nobili di quella gran città che è capo del mondo}}
L'occasione propizia per ottenere il perdono da parte di Carlo V si presentò il [[24 febbraio]] [[1530]], giorno in cui questi venne incoronato Imperatore da papa Clemente VII. Ciononostante, Carlo V non si mostrò benevole nei confronti di Sigismondo, e non gli concesse il perdono<ref name=sigism>{{cita|Antonino Marrone, 1987|148}}.</ref>. Grazie all'insistenza di Clemente VII, Carlo V decretò che gli Stati paterni venissero reintegrati agli eredi di Sigismondo; quest'ultimo, in preda alla disperazione per non avere ricevuto il perdono dall'imperatore, decise di suicidarsi annegando nelle acque del fiume [[Tevere]], a Roma<ref name=sigism2>{{cita|Antonino Marrone, 1987|149}}.</ref>.
==Note==
{{references|3}}