Caccia tattici in azione/Lo Zero: differenze tra le versioni

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Il Mitsubishi Zero è un altro di quegli aerei che non potrebbe suscitare opinioni più contrastanti, ora ignorato, ora temuto, infine ridicolizzato, e poi ancora ripreso in considerazione, mitizzato, analizzato criticamente, sopravvalutato, sottovalutato, e così via senza soluzione di continuità.
 
[[File:A6M2_Zero_9-08-2008_13-03-43.JPG350pxJPG|350px|left|thumb|L'A6M2]]
Per cercare di capirne di più bisogna prendere in considerazione di che aereo si tratta. Anzitutto, l’esigenza per la quale nacque non fu la potenza o le prestazioni di spicco. Il vero problema era l’autonomia, soprattutto per scortare i bombardieri, i quali a loro volta per percorrere le distanze del Pacifico dovettero sacrificare la protezione per il carburante. Il Betty era in particolare un bombardiere molto valido, ma anche propenso a prendere fuoco con troppa facilità quando colpito, a causa del gran quantitativo di carburante disponibile, che d’altro canto, in un circolo vizioso, era possibile solo perché i serbatoi non erano protetti (il che significa sacrificare molto del loro volume). Lo Zero aveva problemi simili, ma anche qui non c’era scelta. Con motori da caccia dell’ordine dei 1.000 hp non c’era modo di fare di meglio: aerei molto leggeri con grandi quantità di carburante a bordo, per ottimizzare il carico utile. Lo Zero non era protetto inizialmente, e solo le ultime versioni ebbero un parabrezza corazzato e poi il sedile blindato. Ma nel 1940 i caccia con protezioni a bordo erano ben pochi: gli Spitfire e i Bf-109 inizialmente non ne avevano e li dovettero installare in corsa. L’Esercito giapponese, che non aveva i problemi della Marina in fatto di autonomia, era invece interessato e così già i Mitsubishi Ki-21, parenti stretti dei G4M della marina, ebbero spesse corazze protettive per pilota e mitragliere dorsale. Nonostante questo, e la notevole velocità, non erano prede difficili per i robusti e pericolosi P-40, specie quelli dell’AVG. Il fatto, e in ogni caso, è che i più robusti caccia e bombardieri europei per le esigenze giapponesi sarebbero stati troppo limitati in raggio d'azione: lo Ju-88, una volta ingaggiato, era senz'altro più difficile da 'uccidere', ma le missioni di cui era capace il Betty, tra l'altro ben armato, per quest'aereo erano semplicemente impossibili. Lo stesso per il Bf-109 e lo Zero.
 
[[File:Akutan_Zero_flies.jpg|350px|left|thumb|]]Per una incredibile 'botta di fortuna', un A6M2 cappottò in un atterraggio alle Aleutine. Il pilota avrebbe dovuto incendiarlo, ma invece rimase ucciso all'impatto. L'aereo, invece, era in buone condizioni. Fallito il tentativo di ritrovarlo da parte di un sottomarino, lo scoprirono settimane dopo gli americani, che lo rimisero in condizioni di volo e lo testarono, scoprendone i punti deboli: l'assenza di corazze e la scarsa velocità in picchiata. Un'operazione di intelligence che fu importantissima per i mesi successivi. L'Hellcat, però, era già in sviluppo, per cui l'antidoto anti-Zero fu in realtà il successivo Bearcat]].
 
La situazione degli Zero variava molto a seconda dei nemici. Inizialmente vennero usati in Cina e lì dichiararono oltre 100 vittorie, con due soli esemplari persi a causa della contraerea. Un caccia da supremazia aerea, che spazzò via i Polikarpov dei Cinesi, molto prima e meglio di come avevano fatto fin’allora i Ki-27 e gli A5M, pur assai efficaci in combattimento aereo. Ma come si arrivò allo scontro con gli americani, le cose cambiarono. In un anno non c’erano stati abbattimenti per via della caccia e solo due per la contraerea, ma il 7 dicembre 1941 gli Zero subirono 9 perdite a P.Harbour e 7 sulle Filippine: 16 aerei distrutti in un giorno.
 
[[File:20mmvs7mm.png|250px|right|thumb|Un problema degli Zero fino all'avvento dei cannoni di ultima generazione con l'A6M5 fu la diversa traiettoria dei proiettili, con quelli dei cannoncini che cadevano ben più rapidamente. Questo impediva il tiro concentrato e preciso a distanze elevate. Anche il Bf-109 aveva lo stesso problema]]
Contro i P-40 a difesa dell’Australia, gli A6M2 si batterono bene, ma con un rateo di vittorie non particolarmente favorevole<ref>Vedi Vaccari ott 2003</ref>. L’AVG, invece, nonostante i continui proclami di vittoria contro gli Zero, affrontò soprattutto i Ki-27, che pure erano dotati di carrello fisso e quindi facilmente riconoscibili; oppure i Ki-43, più veloci e temibili. Gli Zero avevano altro da fare che esser abbattuti in massa dagli Americani, tanto che non pare che questi si ritrovarono mai a che fare con le Tigri Volanti: il loro avversario era l'aviazione dell'Esercito.
 
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Nonostante un motore da circa 1.100 hp, l’A6M5 poteva volare fino a 560+ kmh (nelle sottoversioni più leggere), come il Bf-109E: rispetto ad esso aveva anche una potenza analoga e così per l’armamento. Ma otteneva le stesse prestazioni con un rustico e semplice motore stellare, di analoga potenza, una cosa tutt’altro che scontata. Il Nakajima Ki-43-II, pur essendo dotato dello stesso motore, non superava i 530 kmh, era meno armato (2x12,7 mm), con minor autonomia, non era una navalizzato né possedeva la stessa robustezza che permise a molti Zero di ritornare alla base anche pesantemente colpiti, come quello di Sakai quando venne ferito su Rabaul, ritornando alla base quasi cieco e con l'aereo crivellato di colpi, ma ancora perfettamente stabile<ref>Veti Take Off: 'Zero: il Samurai Superiore'</ref>. Questo è forse il fatto più impressionante: sebbene i Ki-43 non fossero chiamati ad operare su tali distanze, eccetto che in agilità a bassa velocità erano inferiori agli Zero in tutto il resto, robustezza inclusa.
[[File:A6M5 52c Kyushu.jpg|350px|right|thumb|L'A6M5, la più matura, ma anche la più sfortunata, delle versioni prodotte in grande serie]]
In termini di prestazioni, gli Zero non sembravano eccezionali, ma se si considera che riuscirono a ottenere una velocità paragonabile, nella versione irrobustita e potenziata A6M5, a quelle del Bf-109E senza pagare pegno con un motore troppo complicato e vulnerabile, la questione cambia. Il Bf-109 ebbe il tipo migliorato T per impiego da portaerei. Anche con un motore DB-601N da 1.200 hp non superava i 568 kmh, aveva lo stesso armamento e velocità dello Zero; ma lo Zero era dotato di una visuale per il pilota molto superiore, aveva circa due volte il raggio d’azione ed era molto più maneggevole del Bf-109, inoltre era standard anche la predisposizione per bombe. Quel che proprio non riusciva a fare bene erano le picchiate, almeno nelle prime versioni: inizialmente teneva il passo, ma poi la resistenza aerodinamica e l'insufficiente potenza lo lasciavano indietro. Infine l'acrobazia era ottimale fino a velocità di circa 400 kmh, ma se lo si costringeva a duellare a velocità più alte, perdeva il suo vantaggio contro i più potenti caccia americani. Sta di fatto che anche i primi Zero surclassavano i Sea Hurricane con i loro 1.280 hp ed erano di qualcosa superiori ai Wildcat con i loro 1.200 hp, pur possedendo un motore di appena 950 hp. Lo 'Zero' A6M5, pur se con una velocità max ridotta rispetto al massimo nominale (539 kmh) riusciva quasi ad eguagliare il Seafire I (Mk V navalizzato), con i suoi 544 kmh, e anzi, ad alta quota lo Zero passava addirittura in vantaggio.
 
Quando l'A6M5 venne provato contro i velivoli USA, la differenza di prestazioni con F6F e F4U fu netta a tutte le quote, ma non in salita, dove entro i 3 km era superiore, grazie alla sua leggerezza; in volo orizzontale era largamente superato a tutte le quote, in picchiata surclassato rapidamente. L'FM-2, il vero 'equivalente', non era invece superiore allo Zero; sebbene avesse 1.350 hp di potenza, non riusciva a superarlo in velocità, anzi, più la quota aumentava e più lo Zero guadagnava, dell'ordine di 6-10 kmh. Al contrario degli aerei più grandi, però, il Wildcat FM-2 poteva stringere le virate come lo Zero, ma anche qui, ad alta quota, il giapponese passava in vantaggio. Come salita non c'era molto da scegliere tra i due. Nonostante la potenza inferiore di circa 200 hp, quindi, lo Zero riusciva ad essere competitivo con un caccia nominalmente più potente. Era anche un temibile avversario per il Seafire I, che risultava solo marginalmente più veloce: 544 kmh vs 539, ma ad alta quota era il giapponese, sorprendentemente, a passare in avanti rispetto a quello che era pur sempre il derivato navale dello Spit Mk V. In salita e picchiata l'aereo inglese era superiore, in manovra però non riusciva a stringere altrettanto bene<ref>vedi [http://www.wwiiaircraftperformance.org]</ref>.
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In termini di prestazioni, come si è detto gli A6M1 spazzarono via i Polikarpov sulla Cina, ma era solo l’inizio. Gli A6M2 fecero lo stesso con i caccia alleati fino all’Australia, ottenendo una sostanziale superiorità in risultati. Non era solo un fatto di rateo abbattimenti: perdite. Quando gli Zero attaccarono le Filippine scortando i G4M, essi ebbero cura di scortare i bombardieri contro i caccia nemici: 7 Zero vennero perduti, ma nessun bombardiere subì analoga sorte e le Filippine persero gran parte delle difese aeree, inclusi 14 dei 35 B-17 disponibili<ref>P.F. Vaccari: ''Attacco alle Filippine'', RID Lu 1997</ref>. Spesso, tra l’altro, i G4M dimostrarono anche quanto fossero efficaci come bombardieri strategici: non solo raggiungevano distanze straordinariamente lunghe, colpendo anche dove non ci si aspettava tale comparsa; ma le loro missioni erano non di rado volate da oltre 7.500 m di quota. Si pensi solo alla pratica impossibilità di superare i 5.000 con gli SM.84, quando i G4M appositamente preparati portavano le 2,2 t delle bombe Okha fino ad oltre 8 mila metri, una prestazione degna di una Fortezza volante. A tali alte quote i caccia P-39 e P-40, con i loro deboli motori non riuscivano a competere con gli Zero, apparentemente altrettanto deboli ma in realtà in grado di ‘danzare’ attorno ai loro avversari. Le alte quote avrebbero dovuto almeno rendere il puntamento meno preciso: ma i bombardieri giapponesi si dimostrarono ugualmente e frequentemente micidiali nel colpire gli obiettivi, causando gravissimi danni<ref>PF Vaccari, RID Set 03</ref>.
[[File:20mmvs7mm.png|250px|right|thumb|Un problema degli 'Zero' fino all'avvento dei cannoni di ultima generazione dell'A6M5, fu la diversa traiettoria dei proiettili, con quelli dei cannoncini che cadevano ben più rapidamente. Questo impediva il tiro concentrato e preciso a distanze elevate. Anche il Bf-109E aveva lo stesso problema]]
 
Per tenere il loro passo, almeno nelle missioni meno impegnative (per quelle a più lungo raggio non c'era proprio nulla da fare), gli Zero dovettero inventarsi nuove strategie: normalmente consumavano circa 140-150 l all’ora, ma per le azioni sulle Filippine si riuscì a ridurre il consumo, volando a poco più di 200 kmh, fino a soli 60-70 litri: con un serbatoio ausiliario, gli Zero erano in grado, ottimizzando il regime di volo, di volare fino a 9-10 ore consecutive, potendo così raggiungere obiettivi distanti anche 1.000 km<ref>PF Vaccari, RID Lu 1997</ref>.
 
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==I Marinai 'di terra'==
[[File:N1K1_in_biwalake_.jpg|350px330px|right|thumb|Il Kyofu]]
La produzione dei caccia della Marina ebbe un cambiamento netto con la Kawanishi, che dagli idrovolanti passò ai caccia tramite l'N1K, poi diventato N1K1-J: un caccia idrovolante, poi trasformato in caccia terrestre. Il progetto era nato per rimpiazzare il 'Rufe', la versione idro dello Zero, ma capace solo di 440 kmh. La Kawanishi, autrice di eccellenti idrovolanti a lungo raggio, si cimentò con il N1K Kyofu, da 489 kmh e molto più potente. Ne vennero prodotti relativamente pochi, poi si passò al tipo terrestre con carrello retrattile, ma che conservava il difetto originale dell'ala in posizione media, dovuta alla presenza di galleggianti. La cosa era indirettamente problematica perché il carrello diventava insolitamente lungo e complesso, con problemi ed incidenti. Ma l'aereo era ben armato, veloce e corazzato, con 4 cannoni da 20 mm Tipo 99 e due armi da 7,7 nel muso (originariamente c'erano solo due cannoni e due mtg). Anche il motore Homare era inaffidabile, ma in aria l'aereo era capace, seppur meno veloce, di affrontare l'Hellcat e anche il Corsair. Da notare come questo problema fosse in realtà decisamente serio, tanto da dovere limitare il servizio a basi terrestri. L'aereo, nominato Shiden (Lampo Violetto) decollò già nel dicembre 1942, e pertanto sarebbe stato tranquillamente in grado di rimpiazzare lo Zero per i tempi della battaglia delle Marianne, entrando in servizio all'inizio del '44.
[[File:1-n1k1-f2.jpg|350px|left|thumb|N1K1-J]]
 
La situazione, dopo oltre un migliaio di aerei prodotti, venne migliorata con l'N1K2-J che era una riprogettazione integrale: il motore restava sempre quello, ma l'ala era bassa e il carrello semplificato, e nell'insieme era possibile ridurre il peso a vuoto di 250 preziosi kg, alleggerendo un aereo piuttosto pesante di suo. Il prototipo volò già nel tardo 1943. Il risultato fu una macchina più affidabile e veloce sia in aria che a terra, il cui unico limite era la scarsa potenza in quota, che gli impediva di intercettare facilmente i B-29, ma che in combattimento, specie a media quota, era capace di affrontare i caccia USA ad armi pari. L'episodio più famoso è forse quello di un pilota giapponese, tale Kensuke Muto, che venne attaccato da 12 Hellcat e riuscì ad abbatterne 4 costringendo al ritiro gli altri. La cosa fa il paio con un altro caso, i caccia Ki-100 che, affrontati gli Hellcat, ne abbatterono 14. O almeno, questo è quello che si disse all'epoca. Invece le cose, come al solito in queste battaglie tra caccia, stavano in maniera diversa. Da quello che ha ricostruito lo storico Joe Brennan, nel primo caso K.Muto partecipò ad un combattimento in cui vennero abbattuti 4 Hellcat, ma non era solo e non si sa quanti aerei americani, se ve ne furono, vennero distrutti dal sui N1K-2. Nel secondo caso i Giapponesi comunicarono inizialmente che avevano abbattuto 12 aerei con due loro perdite, ma pare che la notizia sia stata fusa e tutti gli aerei abbattuti divennero americani, portando così il risultato a 14.
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In realtà gli USA persero solo 2 Hellcat, il che al di là delle cattive ricostruzioni del momento, dà comunque un dignitoso risultato di parità, piuttosto raro all'epoca. Così avvenne, ma con numeri ben maggiori, con il 343 stormo della Marina, armato di N1K-1 e -2, sopratutto questi ultimi. Nella primavera del '43 ebbe il giorno da Leoni contro i caccia dell'USN, allorché dichiarò una cinquantina di caccia abbattuti. In realtà le perdite americane furono di circa 15 aerei, più o meno quelli persi dai Giapponesi. La cosa più curiosa, è che i Corsair emularono le presunte gesta del cap. Muto, allorché due di essi vennero a trovarsi inseguiti dagli Shiden, ma coprendosi a vicenda, abbatterono ben 4 caccia e poi tornarono alla portaerei salvi. Ma la giornata dimostrò che i piloti giapponesi avevano ancora stoffa, e che gli Hellcat erano abbastanza alla portata degli Shiden, specialmente l'ultimo tipo (Shiden-KAI). I Corsair erano più difficili da abbattere, ma in ogni caso riportarono a loro volta perdite non indifferenti. Data la sproporzione numerica, con 12.000 Corsair in produzione rispetto a circa 500 Shiden-KAI, l'esito era comunque scontato sul lungo termine. Sakai non volò spesso con lo Shiden, nonostante tutto, a quanto pare non gli garbava il carrello, sicuramente riferendosi al primo modello. Lo Shiden doveva molta della sua capacità combattiva alla presenza di ipersostentatori di combattimento, che consentivano di stringere molto le virate nonostante il peso non indifferente. In tal senso, se gli Hellcat e i Corsair finivano a duellare a breve distanza erano in grave pericolo. Entrambi i contendenti avevano un armamento più che sufficiente per abbattersi a vicenda, ma questo non impedirà quel giorno delle battaglie semplicemente furibonde, in cui i caccia duellarono anche per mezz'ora consecutiva, senza tutto sommato subire molte perdite.
 
Gli 'Shiden', come si è visto, non è che fossero stati fatti volare nelle fasi finali della guerra, anzi. Tuttavia, il motore Homare e altra componentistica rimasero inaffidabili e costrinsero ad allungare i tempi della messa a punto. I 1.900 hp del motore erano infatti troppo impegnativi per una nazione priva di carburanti ad alto numero di ottani, il che limitava le prestazioni complessive di un pò tutti i motori dell'Asse: è per questo che gli anglo-americani non avevano sistemi esotici come l'MW-50 per aumentare la potenza, ma semplicemente potevano permettersi di aumentare la pressione di alimentazione in maniera notevole. I B-29 devono essere stati tutto sommato assai efficaci nella loro prima fase, perché i loro bombardamenti, ancorché costosissimi e difficilmente supportabili, tanto meno capaci di piegare da soli il Giappone, colpirono diverse importanti industrie. A questo ci si aggiunse un devastante terremoto nel tardo 1944. Il totale degli Shiden-KAI completato per la fine del '44 rimase così confinata ad appena una sessantina di esemplari, e poche centinaia sarebbero seguite nell'anno successivo, in una situazione di totale sbando. E dire che in effetti la costruzione dell'aereo era stata semplificata grandemente per averne il maggior numero possibile, rispetto al vecchio modello ad ala media. Lo Shiden Kai aveva pochi difetti, tra cui la scarsa potenza in quota contro i B-29, ma si cercò di rimediare con progetti ulteriormente avanzati. Dato che il centro di gravità era troppo all'indietro nel nuovo tipo di caccia, si pensò di allungare la fusoliera di 15 cm per portare più lontano possibile il motore dal CG. Inoltre si creò lo spazio per due armi da 13,2 mm nel muso, che si aggiungevano ai 4 cannoni da 20 alari. La versione ebbe due prototipi ma nessuna produzione di serie, così come il corrispondente per impiego sulla flotta di portaerei che oramai non esisteva più. L'N1K-4 era il tipo d'alta quota con un motore NK9H-S Homare da 2.000 hp; l'N1K5-J ebbe un ulteriore evoluzione con motore da ben 2.200 hp MK9A ma il prototipo fu distrutto dai soliti B-29. Era tardi, il giugno 1945, per contrastare gli Americani, e anche l'ultimo progetto con un Homare 44 con compressore a tre velocità venne lasciata perdere.
[[File:Mitsubishi J2M.JPG|350px|right|thumb|Il tozzo e possente J2M Raiden (Tuono), così diverso dal leggero Mitsubishi Zero]]
Tornando alla Marina, i suoi caccia '''J2M Raiden''' per certi versi erano migliori anche dei Ki-44, e in particolare erano più maneggevoli, sebbene i comandi diventassero troppo duri sopra i 520 kmh, lo stallo era eccellentemente controllabile, e nonostante la corta fusoliera, era molto stabile. La manovra era ottima grazie ai flap di manovra. Al solito per gli aerei giapponesi, il problema era l'azione debole dei freni, alettoni pesanti alle alte velocità e il raggio d'azione, per una volta, era ridotto, così come la visibilità e l'affidabilità meccanica in generale. La salita e la velocità massima era eccellente. Secondo il pilota che lo testò, era il migliore caccia giapponese che avesse mai collaudato. L'armamento del Raiden non era da meno, con un massimo di cannoni che arrivava a 4, talvolta altri due con installazione verso l'alto. Il migliore caccia della serie, apparso troppo tardi, era il J2M5 Raiden Model 33 con una velocità di oltre 610 kmh a 6.600 m, 4 cannoni Tipo 99 Mod 1 (60 cp?) e 2 (200 cp l'uno), talvolta altri due Tipo 1 inclinati verso l'alto di 70 gradi. Così questo caccia, partito con due cannoni da 20 Tipo 99-2 e due armi da 7,7 mm si ritrovò fino a 6 cannoni da 20 mm. Il fatto che i Tipo 99-2 avevano una differente traiettoria balistica era però un problema, ma i pochi aerei armati con 4 Tipo 99-2 erano piuttosto lenti. Questo ricorda un pò il FW-190, che fino al modello A-5 incluso ebbe 2 MG151 e 1 MG FF. Il concetto è che, dato il piccolo peso dei cannoni dei tipi più vecchi, era meglio averli rispetto ad non averli per nulla, dato il piccolo handicap che causavano. Da notare che né il J2M né il Ki-44 vennero mai usati come aerei kamikaze contro le navi, essendo fin troppo preziosi per la difesa del Giappone dai B-29.
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==Un accenno ai bimotori==
I Giapponesi furono anche in grado di realizzare parecchi aerei bimotori ad alte prestazioni, ma avendo più che altro compiti diversi da quelli definibili come tattici, qui ne accenniamo soltanto. Il migliore fu senz'altro, anche nelle missioni notturne, il '''Kawasaki Ki-45 Toryu''', un velivolo con due motori stellari capace fin da subito di prestazioni notevoli, paragonabili a quelle del Bf-110 (540 kmh), ma con un'eccellente agilità e buoni livelli di protezione e armamento. Esso era un osso duro e superava in agilità i P-38 americani, come anche competeva con i monomotori Alleati. Di tutte le versioni da caccia e d'attacco ne vennero realizzati un totale di 1.701 esemplari, armati con cannoni fino al 20 e al 37 mm. Il suo sostituto era il previsto Ki-102, che poteva filare a 580 kmh, ed era armato in alcune versioni anche con un cannone da ben 57 mm; tuttavia pochi vennero prodotti per i crescenti problemi di messa a punto dei motori dalle caratteristiche più avanzate, che oramai perseguitavano i Giapponesi. Questi tentarono anche l'uso di ricognitori ad alte prestazioni nel ruolo di caccia, come gli eccellenti '''Ki-46''', che tuttavia, quando armati di un cannone da 37 mm (fisso, puntato verso l'alto) con 200 colpi, si dimostrarono troppo lenti per raggiungere facilmente i B-29, di cui teoricamente avrebbero potuto essere pericolosissimi contendenti; per cui rimasero importanti sopratutto come ricognitori veloci, l'equivalente più diretto dei Mosquito britannici (le varie versioni furono capaci di 540, 603, 630 e persino di 700 kmh). La Marina propose altre soluzioni: i caccia J2N (502 kmh), e i bombardieri e aerei multiruolo Ginga, praticamente l'equivalente -ancora più veloce- del Ki-67 dell'esercito, ma più leggero e versato per un pò tutti i ruoli, dall'attacco silurante alla caccia notturna. IL Ginga (Via Lattea) venne prodotto in un migliaio di esemplari, più del Ki-67, ma tutto sommato rimase assai meno conosciuto, forse per via dei problemi che anch'esso incontrò con la messa a punto dei motori, motori che, in termini di potenza, i Giapponesi erano riusciti rapidamente a portare al confine pratico dei tipi a pistoni, ovvero quasi 2.000 hp, per poi però sperimentare le difficoltà a superare tale limite, più il problema aggiuntivo della potenza in quota, che richiedeva turbocompressori fuori dalla loro capacità di produzione.
 
 
 
{| class="prettytable"
|+colspan="5" align="left"|Caccia dell'Asse:
|-
!colspan="7" style="background:#ffdead;" |
|-
! <br/>
!Lunghezza, m
!Apertura alare, m
!Altezza, m
!Superficie alare, m2
!Pesi, kg
!Potenza, hp
!Armamento
!Velocità max, kmh
!Tangenza, m
!Autonomia, km
|-
|'''Bf-109D'''
|8,55
|9,87
|2,45
|16,4
|1.630/2.100
|680
|2-3 x 7,92
|465
|8.100
|690
|-
|'''Bf-109E'''
|8,80
|9,9
|2,45
|16,2
|2.000/2.560
|1.175
|2x20+2x7,92
|555/565
|10.500
|660
|-
|'''Bf-109F/G/K'''
|9,02
|9,92
|2,6
|16
|2.000/2.700(F), 2.700/3.400(G/K)
|1.475(G)
|1x20 + 2x13(G)
|600/670(F), 620/650(G), 720(K)
|12.000(G)
|700(G)
|-
|'''G.55'''
|9,38
|11,85
|3,03
|21,11
|2.730/3.720
|1.475
|1x20+ 4x12,7 (poi 3x20+2x12,7)
|620
|12.750
|1.020
|-
|'''RE.2005'''
|8,73
|11
|3,03
|20,4
|2.600/3.610
|1.475
|1x20 +4 x12,7 (idem)
|629
|11.500
|980
|-
|'''C.202'''
|8,85
|10,58
|3,49
|16,8
|2.515/3.070
|1.175
|2x12,7 + 2x7,7
|599?<ref>Il prototipo era capace di 596 kmh e pesava circa 200 kg di meno dei Serie XI, il motore è rimasto lo stesso, quindi questo dato non pare corretto</ref>
|11.500
|765
|-
|'''C.205V'''
|8,85
|10,5
|3,25
|16,8
|2.580/3.400
|1.475
|2x20+2 x12,7
|624
|11.200
|950
|-
|'''C.205N'''
|9,54
|11,25
|3,7
|19
|2.700-2.770/3.620-3.790
|1.475
|1x 20 + 4 x12,7/3 x 20 + 2 x 12.7
|629/628
|11.500/11.800
|1.020/950
|-
|'''Ki-61KAI'''
|8,94
|12
|3,7
|20
|2.630/3.470
|1.175
|2x20 + 2 x 12,7
|580
|10.000
|1.080
|-
|'''He-100V'''
|8,19
|9,42
|3,6
|14,5
|1.810/2.500
|1.175
|1x20 +2x7,92
|670
|11.000
|900
|-
|'''FW-190A-8'''
|8,84
|10,5
|3,96
|18,3
|3.170/4.900
|1.700/2.100
|4 x20+2 x13
|654
|11.400
|800
|-
|'''FW-190D-9'''
|10,2
|10,51
|3,37
|18,3
|3.200/4.800
|1.770
|2 x20 + 2 x13
|680
|13.200
|1.120
|}
 
 
==Bibliografia==