Caccia tattici in azione/Lo Zero: differenze tra le versioni

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Contro i P-40 a difesa dell’Australia, gli A6M2 si batterono bene, ma con un rateo di vittorie non particolarmente favorevole<ref>Vedi Vaccari ott 2003</ref>. L’AVG, invece, nonostante i continui proclami di vittoria contro gli Zero, affrontò soprattutto i Ki-27, che pure erano dotati di carrello fisso e quindi facilmente riconoscibili; oppure i Ki-43, più veloci e temibili. Gli Zero avevano altro da fare che esser abbattuti in massa dagli Americani, tanto che non pare che questi si ritrovarono mai a che fare con le Tigri Volanti: il loro avversario era l'aviazione dell'Esercito.
 
Gli Zero vennero falcidiati dal ’44 in poi, ma sbaglia chi pensa che questo si dovevadovesse alla loro totale superatezza tecnologica, o alla mediocrità del disegno base. E’ vero che si trattava di un aereo dalle capacità di crescita molto limitate, come del resto tanti altri caccia dell’epoca. Ma è anche vero che alla fine la differenza la faceva il pilota, e non necessariamente ai comandi di ogni Zero c’era un Saburo Sakai. Inizialmente i piloti giapponesi, così come i tedeschi e forse gli italiani, avevano il vantaggio di una maggiore esperienza operativa con i conflitti locali, che gli anglosassoni non avevano combattuto. Poi le cose cambiarono, i rimpiazzi non erano sufficienti a sostituire i piloti uccisi e l’addestramento dovette essere limitato al massimo. Per chi cadeva sul Pacifico la situazione era drammatica, in teoria le sue calde acque consentivano al naufrago di sopravvivere molto meglio che per esempio, sul Mare del Nord; in pratica c’era il concreto rischio degli squali e di sparire nelle enormità dell’estensione pacifica. Cadendo a terra, si poteva finire nella jungla e morire tra gli stenti o per un contatto con qualche tribù di tagliatori di teste del Borneo. Insomma, era una guerra spietata anche se combattuta in un ambiente apparentemente paradisiaco. Quindi i piloti giapponesi sapevano che in sostanza potevano ritornare a casa oppure morire, e molti nemmeno portavano il paracadute. Tutto questo aumentava le perdite, i rimpiazzi erano inesperti e incapaci di sfruttare al meglio i loro aerei; gli americani invece spesso sopravvivevano, spesso i loro aerei erano capaci di incassare duri colpi e di disimpegnarsi per la maggiore velocità. La volta successiva, il pilota americano non avrebbe fatto lo stesso errore che gli aveva fatto trovare in coda lo Zero; il giapponese abbattuto in fiamme con una scarica di M2 invece non avrebbe raccontato anessuno la sua avventura e non ne avrebbe fatto tesoro.
 
Tutto questo assottigliava l’esperienza media dei piloti di Zero, i loro aerei erano sempre più superati rispetto a quelli Alleati e alla fine i due effetti si combinavano con risultati micidiali.
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Lo Zero era un archetipo della tecnica per realizzare un caccia efficace e privo di rischi tecnologici, a parte il ricorso esteso alle leghe leggere ad alta resistenza. Non era nemmeno un caccia poco robusto in termini di carichi strutturali, perché era leggero e resistente. La mancanza di protezione era un problema notevole, ma inizialmente non fece molta differenza. Anzi, fu proprio quando gli Zero cominciarono ad avere protezioni varie che le perdite aumentavano a livelli eccessivi. I problemi erano oramai contingenti e di fronte a caccia con motori da 2.000 hp come gli Hellcat e Corsair c’era poco da sperare.
 
Eppure lo Zero era un caccia molto efficace nel suo piccolo. ConNonostante un motore da circa 1.100 hp, l’A6M5 poteva volare fino a circa 560+ kmh (nelle sottoversioni più leggere), come il Bf-109E,: rispetto diad cuiesso aveva anche una potenza analoga e così per l’armamento. Ma ottenereotteneva le stesse prestazioni con un rustico e semplice motore stellare, di analoga potenza, era una cosa tutt’altro che scontata. Il Nakajima Ki-43-II aveva prestazioni a sua volta molto valide, ma pur essendo dotato dello stesso motore, non superava i 530 kmh, era meno armato (2x12,7 mm), con minor autonomia, non era una macchina navalizzatanavalizzato né possedeva la stessa robustezza che permise a molti Zero di ritornare alla base anche pesantemente colpiti, come quello di Sakai quando venne ferito su Rabaul, ritornando alla base quasi cieco e con l'aereo crivellato di colpi, ma ancora perfettamente stabile<ref>Veti Take Off: 'Zero: il Samurai Superiore'</ref>. Questo è forse il fatto più impressionante: sebbene i Ki-43 non fossero chiamati ad operare su tali distanze, eccetto che in agilità a bassa velocità erano inferiori agli Zero in tutto il resto, robustezza inclusa.
 
In termini di prestazioni, gli Zero non sembravano eccezionali, ma se si considera che riuscirono a ottenere una velocità paragonabile, nella versione irrobustita e potenziata A6M5, a quelle del Bf-109E senza pagare pegno con un motore troppo complicato e vulnerabile, la questione cambia. Il Bf-109 ebbe il tipo migliorato T per impiego da portaerei. Anche con un motore DB-601N da 1.200 hp non superava i 568 kmh, aveva lo stesso armamento e velocità dello Zero; ma lo Zero era dotato di una visuale per il pilota molto superiore, aveva circa due volte il raggio d’azione ed era molto più maneggevole del Bf-109, inoltre era standard anche la predisposizione per bombe. Quel che proprio non riusciva a fare bene erano le picchiate, almeno nelle prime versioni: inizialmente teneva il passo, ma poi la resistenza aerodinamica e l'insufficiente potenza lo lasciavano indietro. Infine l'acrobazia era ottimale fino a velocità di circa 400 kmh, ma se lo si costringeva a duellare a velocità più alte, perdeva il suo vantaggio contro i più potenti caccia americani.