Forze armate mondiali dal secondo dopoguerra al XXI secolo/Unione sovietica-Missili 3: differenze tra le versioni

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===Missili antinave<ref>Slade, Stuart: ''La vera storia dei missili antinave russi'', RID mag 1994 p. 28-33</ref>==
 
La guerra aveva insegnato ai sovietici l'importanza delle flottiglie di siluranti collegate ad un comando a terra, che stabiliva come dovessero agire e quando attaccare e ritirarsi. Ma con i sistemi radar di scoperta e tiro, esse si trovavano sempre meno nella possibilità di sfuggire alla scoperta e alla reazione, non importa quanto piccole e veloci fossero. Era necessario inventare dei sistemi a maggiore gittata per superare tale problema, o l'avvicinamento finale sarebbe stato un vero calvario. Erano passati i tempi in cui una motosilurante poteva sbucare dalla nebbia e dalla notte, tirando a colpo sicuro dei siluri e magari affondare una corazzata, come successe alla St.Istvan, e in futuro le Marine occidentali sarebbero state anche più temibili. Per ottenere un'arma capace di attaccare in maniera efficace si poteva anche ricorrere ai siluri guidati o autoguidati con prestazioni migliorate, specie in autonomia, ma non era ancora il tempo per poter combinare armi con sistemi di autoguida e velocità molto elevate, sufficienti per affrontare un bersaglio veloce e allertato. Così alla fine, si scelse un'arma che volasse un pò sopra il livello del mare anziché un pò sotto. Questo dava come premio una maggiore velocità, ma anche la possibilità concreta di essere scoperti durante l'attacco. In ogni caso, non c'erano alternative credibili e allora nel 1952 iniziarono i lavori per il missile P-15, disegnato dal Bereznyak DB; si basava sui disegni aerodinamici TsAGI 1951, usata anche per lo sfortunato Yak-1000: ali a delta tronco con 3 m di apertura si associavano ad una grossa fusoliera, e tre piani di coda equamente distanziati tra di loro, con struttura non tanto dissimile dalle ali principali il che significava un bordo d'entrata ad alta angolazione. Il peso di questo primo missile era 2.320 kg, 500 dei quali per la testata bellica, e la gittata, data da un motore a propellente liquido più booster ventrale a propengolo solido, consentiva ben 40 e passa km di raggio massimo. Il turbogetto era anche stato preso in considerazione, ma al missile serviva una rapida accelerazione per raggiungere la quota e la velocità di volo, altrimenti il funzionamento sarebbe stato problematico. La cosa avrebbe perseguitato i missili sovietici per molti anni. Il razzo a propellente liquido era alimentato a un serbatoio di liquido conservabile, che tuttavia col tempo tendeva a corroderne il corpo essendo marcatamente acido. La configurazione originale impediva poi lanci tra -15 e +38°, due limiti non eccessivi ma nemmeno del tutto accettabili sia per i sovietici della flotta del Nord e del Baltico, sia per il clima caldo delle basse latitudini. Nel 1954 si era passati allo sviluppo pieno dell'arma, e il lancio n.1 venne previsto per il 16 ottobre 1957, ma poi rimandato per il maltempo. I missili vennero comunque considerati efficaci, così come l'elettronica di bordo e designazione.
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Il radar Garpun delle Komar (Pr.183R) era in grado, normalmente, di agganciare un cacciatorpediniere fino a 20 km di distanza, purché in condizioni favorevoli. I dati di lancio venivano calcolati tra i 5,5 e i 27,74 km di distanza, mentre per una distanza maggiore i dati dovevano essere calcolati manualmente sul tavolo di tracciamento, abbassando però notevolmente la possibilità di colpire il bersaglio. Altro problema era che il missile poteva sì funzionare in maniera affidabile, ma inizialmente poteva facilmente essere ingannato da sistemi ECM anche semplici, come il lancio di chaff. L'attivazione del sistema di ricerca del P-15 era da fare ad alcuni km di distanza dal bersaglio: 11 km alla massima distanza, 2,75 alla distanza minima, dipendente quindi dalle condizioni. Lo Styx avrebbe poi proseguito l'avvicinamento scendendo dalla quota operativa selezionate (che in genere era 125 o 250 m) con un angolo di 1-2 gradi. Quando a segno, 'non ce n'era per nessuno'. La testata da 500 kg non solo era potentissima, ma del tipo a carica cava. Non è chiaro perché tale scelta invece di una testata HE o SAP. Forse perché si voleva affrontare anche navi corazzate, come all'epoca ve n'erano, quali le corazzate e gli incrociatori. Il serbatoio non era dietro, ma davanti alla testata: quando questa esplodeva, il suo getto penetrava nella nave e si trascinava dietro il combustibile ancora da bruciare, che come si è visto, era in genere circa la metà se non anche più del totale (parecchie centinaia di litri). Con due colpi a segno si affondava un cacciatorpediniere, ma per questo si dovevano lanciare ben 12 missili, un problema per le 'Komar' che ne avevano solo due per ciascuna e che avevano oltretutto limiti notevoli per la navigazione con mare mosso, autonomia e sistemi elettronici. Per giunta si stimava che solo 1 flottiglia su 3 (organizzate, dato quanto sopra, su sei navi l'una) era previsto sopravvivesse fino a poter entrare in contatto con il nemico: almeno una, chiaro, ma questo era il numero minimo (3 flottiglie) per garantire un risultato. Nel 1955 già la cosa sembrava inaccettabile: coordinare 18 battelli sperando che almeno sei di questi trovassero un caccia NATO e lo affondassero, era obiettivamente poco efficiente. La storia (vedi la sezione delle navi) dirà poi cose diverse al riguardo, sia peggiori che migliori delle stime fatte, a seconda delle condizioni effettive. Per esempio, affondare il Kheyber, un caccia ex-Battle nato sopratutto come nave antiaerei, richiese giusto due missili, entrambi a segno.
 
Dato che le Pr. 183R erano solo l'adattamento di un progetto precedente, la successiva generazione sarebbe stata del tutto integrata tra i missili e le navi, nate per ospitarli (Pr.183R ha R come Raketnya, razzo o missile, come dire che è la variante missilistica del tipo base).
 
Le successive Pr.205 (Osa per la NATO) erano battelli ben più robusti e meglio equipaggiati. Nel frattempo venne sviluppato anche il P-15M, con raggio aumentato nettamente, fino a circa 80 km. Questo era lo Styx -C per la NATO, anche se non è chiaro se sia mai stato installato sulle Pr.205, e certo non su quelle export. La designazione su distanze tanto elevate era a quel punto un problema notevole: si risolse con un apparato ESM, che -posta un'attività radar nemica- localizzava le navi anche oltre-orizzonte, con un ricevitore che localizzava l'emissione, e un'antenna direzionale altamente precisa per stabilire la posizione e la distanza. Quest'antenna era quella dell'IFF Nikhrom. I lanciatori dei missili P-15 erano molto semplici nelle Pr.183R, ma non avrebbero permesso di sopravvivere al lancio di missili dello stesso tipo, piazzati nelle vicinanze. Da qui l'adozione di una specie di vero e proprio hangar (tra l'altro, potenzialmente ottimo anche per far operare, nell'ottica moderna, mezzi come gli UAV), molto grande e ben raccordato al ponte della nave. Inoltre i due cannoni binati da 30 mm AK-230, controllati dal radar MR-104 ('Drum Tilt') permettevano una difesa aerea molto migliore di prima. Anche se le navi erano più complesse e pesavano tre volte tanto, valevano senz'altro la pena. Così, tra l'altro, era possibile non solo ridurre le flottiglie da 6 a 3 navi, ma anche ridurre il numero di flottiglie da 3 a 2 per ottenere un risultato: una forza di 6 battelli per affondare un cacciatorpediniere era senz'altro una cosa più plausibile e molto più facile da coordinare, anche per le caratteristiche superiori delle nuove imbarcazioni. Oltre 400 ne sarebbero state prodotte negli anni successivi, anche all'estero (in particolare in Cina).
 
 
 
 
Ma i missili non erano armi interessanti solo per i mezzi navali d'attacco veloce, anche se qui erano maggiormente importanti perché non c'erano altre alternative valide. Per i sottomarini, invece, i siluri erano ancora delle armi più che credibili, ma durante la guerra pochi furono i centri collezionati, d'altro canto contro un nemico che aveva davvero pochi bersagli navali da farsi affondare (tra cui purtroppo, la Ghustloff, grande nave da crociera affondata da 3 siluri con 9.000 persone uccise, quasi tutti civili in fuga dalla guerra).
 
I battelli sovietici, in generale, erano risultati poco efficienti subendo perdite elevate e contro la NATO non ci si poteva aspettare certo un maggior successo. Così vennero sia studiati nuovi siluri, sia la difficile integrazione con i missili. Il primo risultato fu l'SS-N-3, installato su sottomarini come gli SSBN 'Echo', sia per attacchi nucleari che poi per attacchi convenzionali, ma pur avendo una lunga gittata, era da lanciarsi stando emersi, inizialmente perdendo anche mezz'ora in superficie. Inoltre si trattava di battelli molto rumorosi e poco efficienti. Quanto ai battelli convenzionali, i primi postbellici furono i Pr. 611 (Zulu) e Pr.613 (Whiskey), basati sugli insegnamenti e le tecnologie messe a punto dai Tedeschi durante la guerra, i primi a lungo e i secondi a medio raggio. La tecnica d'attacco era in genere quella di portarsi alla massima distanza d'attacco e lanciare nutrite salve di siluri, così accadeva durante la II GM, ma anche così la precisione degli attacchi, sia pure con siluri molto veloci e prestanti, lasciava molto a desiderare. Anche i battelli postbellici cercavano di fare lo stesso, valendo anche per i Pr 633 'Foxtrot' e i 633 'Romeo', che erano i successori dei precedenti due. Siluri di tipo nuovo, a corsa programmata (con movimenti a zig-zag) e solo in seguito, ad autoguida, migliorava le cose, ma si pensò anche ai missili antinave. Fu l'OKB-52 Chelomei che dal 1956 iniziò lo studio di queste armi, con un grande missile noto come AMETIS (il tipo SS-N-9 Siren), con lunga gittata grazie ad un motore a turbogetto, e testata di guida in banda J, piuttosto che il più primitivo sistema a scansione conica in banda I del P-15. Inoltre c'era un altimetro radar ad alta precisione per volare ben più bassi. Ma c'era anche dell'altro. Il nuovo missile consentiva anche la trasmissione di dati, e di grande pregio. Infatti usava un datalink a doppia via, cosa che in Occidente, nei missili antinave, non pare sia mai stata fatta. Il missile poteva trasmettere alla nave la sua immagine radar, e oltretutto aveva anche un sistema di guida duale perché aveva anche un sensore IR aggiuntivo. A quel punto, nel 1959, era già possibile pensare che sarebbe stato parte di una nuova classe di sottomarini. Ma era presto, nel 1958 erano entrati in servizio i Pr.627 Kit, ovvero i 'November', veloci ma non propriamente affidabili e avanzati. I Sovietici fecero a quel punto un temerario balzo in avanti, perché non avrebbero potuto tenere dietro alla cantieristica americana, tentarono di giocare la carta dell'attuazione di un progetto che fosse quanto di più moderno fosse possibile. Nella nuova generazione erano compresi i Pr.705 (Alpha), e il 661 (Papa), il primo era un minuscolo SSN ad altissime prestazioni, con scafo in titanio e reattore raffreddato a metallo liquido, il secondo aveva scafo in titanio ma con reattore di tipo convenzionale, ma essendo più grande, aveva la capacità di lanciare i nuovi missili Ametist. Tutti e due questi progetti ebbero problemi enormi, e vennero realizzati in pochi esemplari (uno solo nel secondo, armato con 10 missili più i siluri). La situazione fu drammaticamente fallimentare per i progettisti sovietici. C'erano anche problemi legati ai missili stessi, ed erano simili a quelle che nello stesso periodo affliggevano il P-35 (lo Shaddock). Forse c'erano problemi di azionamento corretto dei motori a reazione dopo l'accelerazione dal razzo. Da notare che si trattava di missili lanciati, nel primo caso, immersi.
 
La sperimentazione del sistema di guida era stata fatta sulla cellula dell'affidabile P-15, idem per quanto accadde al P-35. La cosa fu giudicata molto positivamente, tanto che il missile P-15M, a cui era stato installato il sistema di guida del P-50 (Ametist) prese vita da solo, in una apposita versione chiamata poi SS-N-7 Starbright, ma da parte sovietica noto come P-20. Questo missile venne installato su di un nuovo scafo, di tipo convenzionale, con i sensori e sistemi d'arma del Pr. 705 (i velocissimi 'Alpha'), dando vita ad un sottomarino atomico di tipo molto più semplice, il Pr. 670 'Charlie I', che aveva metà dell'apparato motore del Pr.670 'Victor', che aveva ereditato anch'esso i sistemi d'arma del Pr.705. I missili installati sui 'Charlie' erano i P-20L, ovvero il P-20M usato come banco di prova volante per l'elettronica del P-50, e con il sistema di ripiegamento delle ali tipo 'Chelomei', per usare dei compatti tubi di lancio compatti. Le ali erano ripiegate verso l'alto, le cui estremità erano agganciate a delle rotaie di lancio: quando andavano fuori dal tubo, le ali andavano in basso e al di fuori, mentre una calotta idrodinamica era aggiunta per rendere più facile la penetrazione dell'acqua. Non era possibile tuttavia ottenere anche il datalink del P-50, più grande, ma anche così si trattava di un missile molto potente, entrato in servizio attorno al 1967 e suscitando una viva preoccupazione per la NATO, anche se i Charlie I non erano molto potenti e non vennero prodotti in quantità.
 
Ma queste ricadute tecnologiche non furono apprezzate solo per i sottomarini, ma anche per le navi di superficie. Così avvenne che i missili P-15, gli unici portabili dalle 183R, vennero aggiornati con il nuovo sistema di guida e diventando P-20. Per le 205 non c'era problema e anche il loro sistema P-20 M (SS-2C, naturalmente in gran parte destinato alle navi sovietiche e del Patto, non pare che siano stati usati anche per le navi esportate in altre nazioni, che ebbero presumibilmente solo i P-15). I P-15M ebbero modifiche diventando P-20K con il nuovo sistema di guida; le navi Pr 205 in costruzione ebbero anche i cilindri di lancio tipo sottomarini, più compatti, e con missili ad ali ripiegabili; questo consentì di costruire i missili P-20M; non bastasse questo vennero anche usati i sistemi IR di guida alternativi, sviluppati per il P-50. Esse erano le P-21, versione alternativa IR (non era possibile usare entrambi su questa cellula) dei P-15 e P-20; poi c'erano i P-22, versione IR dei P-15M e P-20M, quelli a gittata aumentata. Quindi una famiglia davvero numerosa:
 
P-15: versione base; P-15M a gittata allungata; P-20M con sistema di guida aggiornato con l'Ametist; P-15M aggiornato come P-20L (SS-N-7), ex-P-20 (del programma sperimentale originaria); P-20M per la versione del precedente con alette ripiegabile; P-20K , evoluzione del P-15M senza alette ripiegabili con sistema di guida P-20; P-21 e P-22 versioni con guida IR dei tipi P-15/20 e P-15M/P-20M.
 
Il P-50, poi SS-N-9 Siren, ebbe applicazione prevista sulle KRIVAK (Pr.1135), ma poi attorno alla fine degli anni '60 queste (rimpiazzi designati delle 'Riga') e i 'Kresta II', Pr.1134A, ebbero un cambiamento di ruoli diventando poi vettori per i SS-N-14. L'idea originale era di mandare queste navi ad attaccare le formazioni già colpite dai P-35 per dar loro il 'colpo di grazia', e avevano due lanciatori tripli per ciascuno scafo. Con i missili Sylex, solo marginalmente efficaci nel ruolo a.n, venne messa in conto la costruzione di corvette missilistiche parimenti armate con il P-50, le Burya o Pr. 1234, note alla NATO come Nanuckha; esse avevano due lanciamissili trinati analoghi a quelli scelti per le navi che ebbero poi i missili ASW; nel frattempo vennero costruiti pochi 670M, ovvero i 'Charlie II', armati con i P-50L, adattati per i lanci da sott'acqua. Infatti se il progetto originale dell'AMETIST era per un missile lanciabile da sott'acqua, il definitivo P-50 era stato pensato per i lanci da navi di superficie, quelle di cui sopra, entrando alla fine in servizio nel 1968. Esso aveva i sistemi di guida radar e IR, e volava un pò più in alto (75 m anziché 30) per il loro uso corretto. Questi grossi missili da 3 t erano capaci di rimandare l'immagine del bersaglio verso il vettore di lancio, rimediando così alla scarsa probabilità dei ricognitori russi di sopravvivere alle difese americane; ma era ancora una soluzione inadeguata per certi versi; la tecnica ISAR, invece, era ben più raffinata, che permette di creare un'mmagine sufficientemente precisa da distinguere il profilo della nave identificata, ordinando al missile di cercare ancora qualora si sospettasse di trovarsi di fronte ad ECM e falsi bersagli, oppure se si volesse attaccare una nave principale in mezzo a quelle di scorta. Il missile può anche essere, nei limiti della sua gittata, una specie di ricognitore per aggiustare le successive salve di tiro; questo ovviamente allarma la formazione attaccata, ma è sempre meglio che andare totalmente a vuoto, pericolo elevato per i lanci a lungo raggio. Certo che, avendo a disposizione pochi missili, giusto sufficienti per un attacco di saturazione contro un singolo obiettivo, dev'essere comunque una decisione difficile usarne alcuni come 'aggiustamento', mettendo sul chi vive la vittima degli attacchi.
 
Nel 1969, però, si cominciò a pensare ad un nuovo e formidabile missile antinave, per sostituire i missili P-20 e P-50. Questo era stato proposto da Chelomey e da Bereznyak, accettando la proposta del primo. Il risultato fu molto importante, anche in termini di secretezza. Gli occidentali commentavano sulla stampa specializzata i progressi sovietici, deducendoli dai radar? E allora si introdusse una calotta protettiva per ospitare un sistema di antenne 'Band Stand' che non facesse vedere nulla; così accadde anche per i lanciamissili con tubi capaci di portare diversi tipi di armi. Il 'Band Stand' aveva 5 radar diversi al suo interno e questo sicuramente complicava molto l'analisi delle sue capacità per la NATO, visto che non poteva vederlo, ma solo 'sentirlo' con gli apparati EW quando veniva azionato. Mentre la NATO annaspava in un buio profondo per tutti gli anni '70 e 80, il missile P-80 continuava lo sviluppo, con i collaudi in volo già nel 1973. Già nel 1976 questo missile, nonostante fosse molto complesso e pesante (4,5 t), ottenne la capacità operativa iniziale; la testa di ricerca ISAR e la testata da 250 kg semi-ap erano seguite da un motore a statoreattore capace di raggiungere 130 km di gittata (ma vengono citati anche 250 km se con guida di mezza corsa). Ebbe impiego con i caccia Pr.956 'Sovremenny' e le Molniya (1241.0 Tarantul). Questo missile era ovviamente l'SS-N-22 Sunburn. L'abbinamento missili-caccia ebbe un successo pieno: il missile poi non presentò problemi di dentizione, malgrado fosse più complesso e potente degli altri SSM a medio raggio; mentre nel caso delle piccole Tarantul III, l'integrazione non riuscì data la troppo grande densità di sistemi di bordo, e la difficoltà di non far interferire questi con il sistema ISAR. Alla fine ci si rinunciò. Ma non per molto, perché a questo punto il rivale Bereznyak DB aveva progettato per il P-20 un sistema di guida in banda L e un nuovo altimetro, quello di tipo adattativo (alle condizioni del mare) proveniente dal P-80. Il nuovo missile, designato P-27, aveva anche alette ripiegate verso il basso e quindi, una disposizione diversa rispetto a quella originale (così la fusoliera del missile era posta verso l'alto del tubo di lancio a sezione ovale); i Pr.1241 ebbero questo nuovo missile (sempre molto inesattamente bollato dalla NATO come SS-N-2C, quando in realtà i membri della famiglia del P-15-20-21-22-27 erano ben più numerosi), che riguardò le navi prodotte tra il 1981 e il 1986. Il missile era solo una soluzione ad intermim, pur essendo certo un ordigno interessante ed evoluto. La sua sostituzione avvenne a quel punto con il P-270, con i sistemi del P-27 ma una nuova cellula a statoreattore; in servizio già nel 1986, 5 anni dopo l'inizio dello sviluppo e 3 dopo i primi test di volo, il nuovo ordigno (sempre conosciuto come SS-N-22 dalla NATO) era risultato estremamente soddisfacente (a parte, ovviamente, gli ingombri). Pesava 3.950 kg, di cui 320 di testata, velocità di crociera di 2,3 mach (contro i 2,5 del P-80), gittata limitata a 90 km: ma, se si vuole superare ogni resistenza nemica, si può selezionare l'attacco a ben 3,5 mach per gli ultimi 10 km, che comporta un consumo pari a quello di 20 km con motore normale, quindi la gittata scende a 80 km. Il radar d'acquisizione è lo stesso dei Pr.956, a parte che lavora i banda E/F anziché D. Fu dunque questo missile, con una storia estremamente complessa alle sue spalle, ad essere presentato come MOSKIT (versione aviolancitata) nel 1992, e poi come 3-M80, di progetto Bereznyak sì, ma per gettare ulteriore confusione, adesso questo DB era stato ribattezzato Raduga.
 
Ma non era finita qui. I sottomarini 'Charlie' non si sono dimostrati un grande successo. I P-50L erano a quanto pare ancora considerati insoddisfacenti nel funzionamento al momento del lancio. Inoltre i sovietici si erano specializzati nella protezione dei propri sottomarini SSBN e nell'attacco delle analoghe navi nemiche. Inoltre, per i sottomarini, non si riusciva a trovare un modo valido per dispiegare missili antinave lanciati dai tubi da 533 mm, e un primo tentativo di cui non si sa molto, fallì. Ma con i siluri da 650 mm era diverso e così si provò ancora. Era chiaro che se si riusciva ad eliminare i tipi SSGN, con il loro complesso settore di lancio costituito da una batteria lanciamissili apposita, si poteva semplificare i disegni, e aumentare il numero dei siluri (solo 12 per i 'Charlie' più gli 8 missili; aggiungiamo che all'epoca i sottomarini sovietici in genere avevano solo siluri monoruolo, o ASW o antinave, e che questi in genere non avevano filoguida ma solo autoguida, con vari problemi nei tiri a lunga portata; inoltre venivano usualmente portati un paio di siluri atomici antinave, che erano ovviamente sconsigliati nell'impiego contro qualcosa che non fosse una portaerei o una base navale). Si pensò ad adattare niente di meno che il P-80 al lancio dai grandi tubi di lancio, introdotti per i super-siluri da 650 mm antinave su alcuni progetti come i 671TRK (Victor III, probabilmente i miliori SSN sovietici tutto considerato). Questo dava la possibilità di scegliere: o questi siluri, capaci di viaggiare con un apposito e micidiale (è praticamente impossibile disturbarlo) sensore di scia, alla velocità di 50 nodi per 50 km o 30 nodi per 100 km. Un ammiraglio americano in merito ebbe a dire: se sapessi che la mia portaerei fosse inseguita da una tale arma, avrei una sola scelta: mettere una fregata tra la portaerei e il siluro! Ma in alternativa, si potevano usare anche i missili. Uno di questi era il 100-RU. Questo era un missile ASW, nato come progetto per portare un siluro ASW; era il successore del più piccolo SS-N-15 che era armato con cariche nucleari o con siluri ASW leggeri, lanciabile dai normali tubi da 533 mm (e simile al SUBROC americano). Questo missile però non era l'unico della famiglia. C'era infatti anche il P-100. Questo era di fatto l'SSN-22, o meglio il P-80, in versione sublanciata, con alette ripiegabili. La NATO conobbe la versione ASW, ma il micidiale pericolo costituito dal P-100 rimase ignoto per tutta la durata della Guerra fredda! In seguito i missili sono stati adattati finalmente alle navi di superficie, per sostituire sistemi come il vecchio Styx, il poco diffuso Siren e il grosso SSN-14 (ovvero il 60-RU e 70-RU). Così vennero previsti anche per le unità 'Neutrashimy' (Pr.1154).
 
Infine sono giunti i progetti più recenti, tra cui l'X-35 o Kh-35, derivato dagli Harpoon, almeno concettualmente, e offerti ad un prezzo di appena un terzo del suo omologo, mentre i missili come il P-270 costano parecchie volte di più e sono adattabili solo su grandi navi o comunque con pesanti modifiche.
 
Così, alla fine della Guerra fredda vide, paradossalmente, l'URSS, pioniera dei missili antinave e assolutamente originale negli sviluppi, finire per adottare il pratico e semplice progetto americano come futuro missile per una varietà di piattaforme navali, terrestri e aeree.
 
 
 
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