Forze armate mondiali dal secondo dopoguerra al XXI secolo/Svezia-2: differenze tra le versioni

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Il requisito di un nuovo aereo d'attacco e da caccia ognitempo fu la ragione della nascita del progetto del Lansen, un nuovo e potente aereo multiruolo svedese.
 
Dopo che l'aeronautica svedese aveva valutato diversi progetti, venne scelto questo in quanto ragionevolmente semplice ed efficace. Purtroppo venne commesso un' errore, poiché si accettò di produrre un turbogetto inglese su licenza piuttosto che continuare lo sviluppo del locale Dovern. In seguito, l'industria svedese, per quanto ingegnosa, non riuscì a fare di meglio che rielaborare progetti stranieri, perdendo pertanto l'occasione di competere con i francesi e gli inglesi nella realizzazione di motori aeronautici.
 
Il prototipo del Lansen, dedicato all'attacco, era designato A 32 e decollò molto rapidamente rispetto all'inizio dei lavori, attorno alla fine del 1952. Il velivolo fu anche il primo aereo svedese che superò il muro del suono (il J 29 Tunnan, come e più del MiG-15, ne era incapace essendo limitato a 0.88-92 mach). Le consegne iniziarono nel 1955. L'aereo era equipaggiato dall'RM-5 con postbruciatore da 4.000 chili di spinta
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L'avanzata idea di un caccia intercettore capace di velocità supersoniche venne concretizzata già nel 1949 in una nuova specifica emessa dalla Flygvapnet (Aeronautica militare svedese) relativa ad un intercettore capace di Mach 1,4 e strumentazione ognitempo. L'ufficio tecnico della Saab, diretto dall'ingegner Erik Bratt, lavorò su di una struttura alare che risultò particolarmente innovativa. La forma migliore per l'ala di un velivolo supersonico è quella a delta, ma dal momento che questa ha anche vari inconvenienti alle basse velocità, venne escogitata una variante chiamata "a doppio delta", con uno speciale raccordo tra le prese d'aria e il bordo d'attacco dell'ala stessa.
 
Il velivolo era talmente originale che per studiarne le concrete possibilità venne costruito una sorta di "mini-Draken", conosciuto come Saab 210, che era una macchina in scala 7:10 rispetto al caccia previsto, ed era motorizzato da un turbogetto da 475 chili di spinta. L'aereo volò nel 1952. L'anno dopo venne emesso un' ordine per tre prototipi del Saab J 35, e il primo di essi decollò per la prima volta nel 1955. Il caccia raggiunse effettivamente Mach 1,4, ma ben presto le esigenze di una maggiore velocità resero necessario adottare un motore più potente, e i primi esemplari del J 35A da Mach 1,8 entrarono in linea nel 1961.
 
Analizzare quest'aereo al meglio richiede la descrizione del modello definitivo, la versione F. Questo velivolo aveva la struttura tipica del progetto, un'ala a doppio delta con un leggero angolo a freccia nelle semiali esterne. Il bordo d'uscita era totalmente occupato da due coppie di alettoni-ipersostentatori. Nella parte bassa della fusoliera posteriore era sistemati gli aerofreni, molto piccoli.
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Il combattimento aereo vedeva un deciso vantaggio nel radar PS-1, uno dei migliori della categoria, e che tra i caccia leggeri è stato superato praticamente giusto da quelli della nuova generazione, come l'APG-66. È impressionante che il muso, tanto piccolo ed appuntito, lo contenesse, ed assieme vi era pure un IRST di prima generazione, probabilmente simile a quello montato sui F-4B Phantom. L'aereo non aveva però una grande accelerazione, perdeva facilmente energia nelle manovre e la velocità di salita appariva inferiore a quella della maggior parte dei suoi contemporanei, nonostante la potenza del motore fosse certamente la più elevata disponibile per un monoposto dell'epoca. Il fatto è che anche il peso era molto elevato.
 
In missione d'attacco, il J 35 poteva volare con insospettabile stabilità per una macchina a delta, persino in voli veloci a bassa quota. Aveva la possibilità di trasportare 1.000 kg di bombe a 720 km di distanza, una prestazione di tutto rispetto, sia pure ottenuta con un profilo misto di volo, "Hi-Lo-Hi" (avvicinamento ed allontanamento ad alta quota, avvicinamento finale, attacco e disimpegno a bassa). Visto che tale valore è il doppio di quello del MiG-21, pur dotato della stessa capacità di carburante e di un motore meno potente, ci si può chiedere come ciò sia possibile. La risposta in larga misura va cercata nella capacità di trasportare esternamente due serbatoi da 1.270 litri. Il sistema di navigazione inerziale permetteva inoltre la straordinaria prestazione di un' errore di appena 300 metri dopo un volo di un'ora e mezzo.
 
Nell'atterraggio il Draken era avvantaggiato dalla sua velocità di stallo che, complice un carico alare tra i 160 e i 350 kg/m², era di appena 210 km/h. Questo spiega come fosse possibile atterrare in 450-600 metri a seconda delle situazioni. Il Draken aveva quattro aerofreni, ma erano talmente piccoli che non avevano quasi effetto sotto i 300 km/h, tanto che il pilota li poteva lasciare persino aperti in fase d'atterraggio e non rendersene conto. Inutile dire che la macchina aveva una grande stabilità sulla pista, grazie al carrello a larga carreggiata con ben quattro elementi.