Forze armate mondiali dal secondo dopoguerra al XXI secolo/Etiopia: differenze tra le versioni

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===La Somalia e la guerra dell'Ogaden===
L'Etiopia è una terra isolata e povera, ma vanta delle tradizioni militari di tutto rispetto. A dire il vero, il suo vanto appare essere niente di meno che la culla del genere umano, quantomeno dei suoi lontani antenati dalla postura bipede. L'Etiopia è anche stata titolare di una monarchia che vantava 3.000 anni di vita, discendente da Salomone. E sempre l'Etiopia è stata anche la prima nazione africana indipendente riconosciuta come tale dall'Occidente. Non mancò nemmeno di accreditarsi la responsabilità della maggiore sconfitta di una potenza colonialista, al cui confronto persino Iswandara era una passeggiata: la vittoria di Adua, ottenuta contro gli Italiani.
L'Etiopia è terra povera e poco conosciuta, eppure la sua storia millennaria è molto lunga e interessante. Anche nel settore militare, come si vedrà. Ma prima, deviamo nella vicina Somalia, perché la sua storia si è incrociata pesantemente con la vicina.
 
===Inizi<ref> Cooper, Tom:
''I Ethiopian-Eritrean War, 1952-1991'', Acig articles</ref>===
L'aviazione Imperiale Etiope nacque nel 1924, appena un anno dopo la nascita della sua futura nemesi, la Regia Aeronautica. Non ci restano molti dati di quell'epoca pionieristica, quello che se ne sa è che vi fu ben poco da contrapporre agli aerei italiani, che agirono indisturbati nel 1935-36. Gli Etiopi supportarono la riconquista britannica nel 1940-41, del resto dopo i massacri fatti dai fascisti era inevitabile che vi fosse un largo risentimento contro di loro. Dopo la guerra l'Aviazione venne rifondata e riorganizzata, grazie ad un attore insospettabile: la Svezia, che grazie anche al famoso Conte von Rosen, vennero comprati 46 Saab B17 da bombardamento in picchiata e 48 Safir 91 da addestramento. Fu un ufficiale svedese che comandò l'Aviazione fino al 1962. Von Rosen ritornerà ancora in Etiopia nel '77, pilotando aerei MFI-15 per lanciare rifornimenti in funzione umanitaria. La spietatezza della guerra in corso, nonostante la crisi umanitaria (con una gravissima carestia) fece sì che egli venisse ugualmente ucciso dalla guerriglia durante un attacco a terra. I primi bombardieri svedesi vennero comprati nel '46, ma si dilazionò la loro consegna fino al '66, quando erano oramai obsoleti. Alcuni erano ancora operativi ad Asmara nel 1970, e circa 30 anni dopo due vennero recuperati e mandati in Sud Africa, per essere restaurati come preziosi cimeli storici. Uno addirittura pare, che sarà in condizioni di volo. Gli Sn arrivavano tra 301 e 346. I Safir 91 erano invece caratterizzati dai numeri 101-147.
 
L'aviazione imperiale intervenne in Congo, contro i separatisti del Katanga. Là aveva un gruppo di F-86 in azione, e si ritrovarono assieme, ancora una volta, a degli aerei svedesi: i J-29 Tunnan, più i Camberra indiani. Fu con questa piccola forza comprendente i 4 F-86F del No.3 e 4 sqn da caccia erano basati a Kamina. L'attività comportò anche la distruzione di gran parte della forza aerea della guerriglia del Katanga, a Jadotville e Kolwesi. In tutto gli F-86F etiopi vennero consegnati nel 1958-59 con un addestramento curato dagli american. Non si sa bene quanti ne vennero consegnati, ma a quanto pare equipaggiarono in tutto 5 squadroni da caccia (1,2,3,4) e uno cacciabombardieri (5°), con alcuni aerei giunti poi dall'Iran. Uno venne abbattuto o perso in Congo nell'ottobre del '62. Gli altri rientrarono entro la fine del mese, in grande segreto, il 25 ottobre, dopo circa un anno di operazioni.
 
 
L'Etiopia continuava ad avere buoni rapporti con gli USA e questi erano ben contenti, tra le altre cose, di avere un centro delle comunicazioni a Kagnew, una località vicino all'Asmara. Negli anni '70 vennero comprati 13 F-5A e 2 B, che equipaggiarono uno squadrone, più altri 4 con i Sabre, uno con 4 Camberra B.52, uno di T-28D e uno di T-33A. Erano in ordine 17 F-5E e F, 12 A-37B e 15 Cessna 310, con molti piloti in addestramento negli USA, ma solo una parte venne consegnata. Il resto degli F-5 divenne parte di un reparto di aggressors dell'USAF. In seguito nel '77 il 4° ebbe i MiG-17. Quanto ai Camberra, erano indicati sia come B.2 che come B.52; la ragione è che questi aerei, comprati nel '68, erano B.2 ex-RAF ricondizionati. Non è chiarissimo il loro destino: pare che uno sia stato distrutto per un incidente e un altro gravemente danneggiato, uno volato via con un disertore nel '74 e l'ultimo distrutto dagli attacchi aerei somali nel '77. Ma vi sono diverse versioni sulla sorte di questa minoscola forza di bombardieri.
 
Ma la prova peggiore che l'Etiopia dovette affrontare era un altro lascito del colonialismo. Gli Italiani avevano occupato l'Eritrea fin dal 1882, dandogli così una storia diversa rispetto alla gente degli altopiani. I britannici occuparono il territorio nel '41, e già dopo la guerra vi furono delle rivolte contro il loro controllo. Così nel 1950-52, nonostante la coeva emergenza malese e quella coreana, c'erano 5 squadroni della RAF a cercare di fermare la guerriglia, sempre più aggressiva. Nel '52 l'ONU decise la federazione tra Etiopia e Eritrea, i britannici se ne andarono senza particolari rimpianti da quella terra arida e inospitale. Ma le cose non finirono bene. L'Etiopia era una federazione con 9 province e il distretto di Addis Abeba, ma di fatto era governata in maniera brutale e medioevale dall'imperatore Selassie. Nel '62 venne fatto un passo ulteriore, annettendo l'Eritrea. Il timore era che se questa diventava indipendente, l'Etiopia avrebbe perso l'accesso al Mar Rosso. Ma gli Eritrei in reazione organizzarono l'ELF, il Fronte di Liberazione Eritreo, costituito al Cairo e con sentimenti socialisti; questi ultimi causarono ulteriori divisioni, formando le Forze di liberazione eritree, o EPLF (nelle dizioni inglesi e quindi internazionali), supportata da Irak, Libia, Siria e al-Fatha, l'organizzazione della liberazione per la Palestina. Già alla fine degli anni '60 c'erano 22.000 guerriglieri di entrambe le organizzazioni in Eritrea, specie nelle zone di Tessenei, Bara e Keren, supportati dai Sauditi, Sudanesi e Kuwaitiani. Questi guerriglieri erano decisamente efficienti, causando agli sfortunati soldati di Selassie perdite già pesanti. Nel 1970 la guerriglia era diventata unificata nell'EPLF e forte a sufficienza per organizzare grosse operazioni di terra. I soldati etiopi subirono perdite terribili, con circa 1.000 vittime. Era una guerra vera, che causò la dichiarazione dello Stato d'Emergenza in Eritrea, spiegando lo squadrone di F-5A, quello di T-28D e almeno due Camberra ad Asmara. Iniziarono i bombardamenti sulle basi della guerriglia, con largo uso delle micidiali armi al napalm. A suo tempo, assieme agli F-86F, vennero forniti anche 6 T-28D Trojan per addestramento, ma presto impiegati dal 16° squadrone in azioni COIN fino a quando cessarono le operazioni nel 1980, all'epoca accompagnati anche da 2 F-5B e alcuni Cessna 301. In seguito l'unità ebbe L-39ZO e MiG-21. Naturalmente l'EPLF non rimase inerte di fronte a questi attacchi. Al 1974 dichiarava 7 aerei abbattuti dalla contraerea, più quelli distrutti per incidenti o per attacchi al suolo. Le poche forze aeree non servirono molto, se l'Asmara, 250.000 abitanti all'epoca e la seconda città etiope, quasi cadde in mano alla guerriglia nel gennaio 1975. Il 13 settembre venne attaccata anche la base americana di Kagnew, uccidendo 9 tra americani e soldati etiopi.
 
Così non poteva andare avanti a lungo, e già il 12 settembre 1974 Selassie era stato deposto e imprigionato dai militari, tra i quali emerse Mengistu e la sua Dergue (comitato) , retto da lui e da Atnafu Abate, resistendo ad un nuovo colpo di stato il 23 novembre successivo. Ma la situazione in Eritrea non era cambiata e il supporto popolare scemava già nel '76; mentre Selassie venne fucilato nel '75, per risolvere l'impasse gli Etiopi, rimasti praticamente soli di fronte alla virulenza dei guerriglieri eritrei e alla povertà del Paese, scelsero a quel punto (tramite l'organo direttivo, la Dergue appunto) la via del Marxismo, con la nazionalizzazione delle terre e la creazione del Partito Rivoluzionario Popolare e la Repubblica Democratica del Congo. VI furono però molte resistenze di fronte a questo cambiamento verso sinistra della rivoluzione, resistenze con battaglie metropolitane e supporto esterno da parte del Sudan, uno dei vecchi problemi dell'Etiopia. Ma la Dergue con i suoi 140 membri decise di supportare Mengistu. Vi fu un altro colpo di stato che vide quest'ultimo diventare il solo leader, deponendo il presidente nominale Bante. Castro approvò questa mossa del 3 febbraio, Mengistu diventù anche il leader dell'EPRP dovendo però lottare contro un gruppo Marxista chiamato MEISON, fino alla vittoria definitiva di Mengistu nel '77. Nel maggio Mengistu siglò 13 accordi di cooperazione con i Sovietici.
 
Ma mentre tornava via Tripoli, ricevette una brutta notizia: la Somalia di Siad Barre aveva invaso l'Eritrea. Gli Etiopi avevano chiesto aiuto agli americani, ma senza grossi risultati, anzi Carter accusò il regime militare etiope di violazioni dei diritti umani. Anche per questo l'Etiopia divenne poco alla volta filo-sovietica. Nel frattempo, nel '75 l'EPLF arrivava ad oltre 30.000 guerriglieri, capaci di operare anche oltre il confine con l'Etiopia. Anche perché nel frattempo vi era stata un'ulteriore sollevazione popolare nel Tigrai contro il governo centrale, guidata dal Fronte Rivoluzionario democratico popolare o EPDRF.
 
I successi dei guerriglieri continuavano: il 31 gennaio l'EPLF catturò Om Hajer, sul confine eritreo con il Sudan; poi Tessenej (12 aprile), Agordat e Barentu entro l'agosto. Oramai c'era un vero e proprio stato nel nord dell'Eritrea difeso da armi pesanti, 12.000 soldati grossomodo regolari e 28.000 guerriglieri. Fu a quel punto che i Somali conquistarono la provincia dell'Ogaden. E siccome Mengistu non riusciva a sconfiggere i guerriglieri con 80.000 soldati in Eritrea, figurarsi se avrebbe potuto combattere anche contro i Somali, all'epoca uno stato agguerrito. Così chiedere l'aiuto sovietico e cubano fu più che necessario, vitale. L'Etiopia non poteva permettersi altre armi perché sull'orlo della bancarotta se non oltre. Con Castro venne studiato un piano per mandare soldati cubani in Etiopia mentre i sovietici si occupavano della fornitura di armi. I Sovietici furono molto interessati a fornirle, se gli Etiopi gli facevano usare le basi, specie quele navali. Così si verificò il caso piuttosto raro anche se non del tutto fuori dalla logica della politica, che i Sovietici continuarono per un certo periodo a fornire di armi sia la Somalia che l'Etiopia, fino al 13 novembre, quando i 6.000 istruttori sovietici della Somalia vennero avvisati di fare le valigie, anche dal loro prezioso uso del porto di Berbera. I Sovietici intervennero in molti modi. Tra questi, 16 Mi-24A che debuttarono contro i Somali, 48 MiG-21, MiG-23, 200 e passa corazzati. I Cubani aggiunsero 2.000 istruttori, di fatto impersonando il ruolo della forza aerea Etiope. La meno nota di queste azioni fu però la presenza sovietica al largo delle coste eritree; le navi sovietiche aprirono il fuoco contro i guerriglieri che cercavano di conquistarle, approfittando dell'impegno maggiore contro i Somali e la guerriglia filo-somala presente a Sud. Così, la battaglia convenzionale rese possibile distruggere l'avanzata somala e i guerriglieri correlati, con una schiacciante vittoria convenzionale. Nel mentre, l'aviazione iniziò anche a colpire le cittadine eritree con bombe, per lo più al napalm.
 
===La Somalia e la guerra dell'Ogaden===<ref> Cooper, Tom:
''Ogaden war'', Acig articles</ref>===L'Etiopia è terra povera e poco conosciuta, eppure la sua storia millennaria è molto lunga e interessante. Anche nel settore militare, come si vedrà. Ma prima, deviamo nella vicina Somalia, perché la sua storia si è incrociata pesantemente con la vicina.
 
La storia prese una diversa piega allorché il 15 ottobre 1969 a Mogadiscio si ebbe un colpo di stato che seguì l'assassinio del presidente in carica. Sciolto il parlamento (l'Assemblea nazionale) venne formato un Consiglio supremo rivoluzionario e i partiti e la costituzione messi a tacere, con l'arresto anche del primo ministro.
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===La campagna d'Eritrea, 1978-91<ref> Cooper, Tom:
''I Ethiopian-Eritrean War, 1952-1991'', Acig articles</ref>===
Era il momento, o almeno lo sembrava, di regolare tutti i conti. Nella primavera del '78 Mengistu chiese una vittoria decisiva e Cubani e Etiopi si concentrarono in Eritrea, con qualcosa come 4 divisioni da 12.000 uomini l'una e oltre 300 carri. Sembrava facile, dopo il successo contro i Somali e in effetti gli Eritrei vennero parzialmente sbaragliati perdendo le conquiste fatte nel '77, causa la potenza di fuoco e l'aviazione nemica, mentre Massaua veniva liberata dall'assedio che durava da mesi, grazie alla conquista di Keren pochi giorni prima, il 27 novembre. Keren era già stata teatro di una lunga resistenza italiana contro i britannici nella primavera del '41 e si difendeva abbastanza bene data la geologia del posto, ma non resse alla pressione di un esercito forte, motivato, ben guidato dai cubani e rifornito dai sovietici.
 
Sembrava fatta, senonché l'azione offensiva guadagnò all'EPLF maggiore popolarità; come in Afghanistan, di fatto la resistenza popolare aumentò all'aumentare della pressione, causando un irrigidimento della difesa e un aumento delle forze dell'EPLF fino a 45.000 alla fine del '78. Così, quando gli Etiopi attaccarono nell'aeroa di Naqfa, a metà del '79, nonostante avessero schierato 40.000 soldati, le perdite salirono alle stelle. In un modo o in un altro fu possibile causare loro 6.000 perdite e l'operazione per la prima volta fu un fallimento, dopo quasi due anni di successi.
 
 
Seguiranno altre grandi operazioni. Nel 1982, ad aprile, venne messa in campo un'offensiva chiamata 'Stella Rossa', colpendo Naqfa e Helhal con una quantità impressionante di armi, incluse bombe incendiarie al napalm e al fosforo. Ma il risultato fu destabilizzante per gli Etiopi: la guerriglia interna all'Etiopia attaccò le basi logistiche mentre l'Ogaden veniva scosso da un'altra rivolta. L'operazione era in effetti enorme, con una forza impiegata di forse 140.000 soldati, ma gli Eritrei stimarono di avere inflitto agli attaccanti 100.000 perdite! A parte dichiarazioni che avrebbero poco senso (sarebbe stata la rotta definitiva dell'Esercito etiope), le perdite cominciarono ad aumentare anche contro gli aerei, grazie alla presenza di missili SA-7. Con questi venne abbattuto tra l'altro un An-26 a L'Asmara già il 14 gennaio 1982.
 
Questi missili, per quanto di limitata efficacia, erano pur sempre pericolosi. Ma ci vollero anni per colpire duro l'aviazione etiope. Il 15 gennaio 1984 un An-12 venne abbattuto vicino Tessenei e il 16 aprile toccò ad un MiG-23BN, forse il primo dopo tutti quegli anni di guerra, ad essere distrutto, da parte di cannoni a.a. nella zona di Nafqa. Ma non era così che si sarebbe potuto fermare l'aviazione e allora si programmarono attacchi al suolo. Il rischio era grande, ma i guerriglieri si decisero a correrlo. Si radunarono nella notte tra il 20 e il 21 maggio 1984 vicino alla base de l'Asmara e cominciarono i bombardamenti. Il risultato fu che sulla grande base etiope vennero distrutti ben 16 MIG-21 e 23, 2 An-26, 2 Il-38 sovietici da pattugliamento marittimo, altri 4 aerei non noti e 6 Mi-8 e 24. Questo fu un colpo durissimo e per non cedere di schianto fu necessario comprare altri materiali per rinforzare la propria aviazione. Ma come pagarli, con un'economia in rovina e debiti accumulati con Mosca? Una soluzione parziale fu quella di vendere gli ultimi F-5A ed E all'Iran, che a suo tempo ne aveva dati (modello A) al 'collega' imperatore Selassie. Vennero richiesti molti soldi, circa 95 mln di dollari, ma gli iraniani risultarono inorriditi dallo stato miserevole in cui trovarono questi aerei, tanto che si rifiutarono di comprarli, fino a che, visto che ad entrambi serviva la vendita (chi per riarmarsi, chi per fare cassa e poi riarmarsi) si scese a circa 30 mln di dollari. Così fu possibile per Mosca, a sua volta non certo in floride condizioni economiche, mandare altri MiG-21 e 23BN. Ma non fu sufficiente nemmeno questo: il 14 gennaio 1986 i ribelli eritrei replicarono l'attacco, dichiarando la distruzione di almeno 42 velivoli nella solita base di Asmara. Qualunque sia stato il totale delle perdite reali, resta il fatto che l'Aviazione etiope ebbe bisogno di oltre un anno per recuperarsi dal colpo subito.
 
L'EtAF aveva ricevuto diversi MiG-23 a partire dal 1983 con gli squadroni 3 e 4 onde rimpiazzare gli obsoleti Sabre e i MiG-17. Come aereo fondamentale (sebbene meno numeroso dei MiG-21) dell'aviazione, il Flogger eseguì migliaia di missioni durante gli anni contro le sfuggenti forze della guerriglia eritrea. Ma sembrava tutto inutile. Le grandi offensive etiopi si concludevano con la cattura di piccole città e magari di una linea di comunicazione per il Mar Rosso, ma, specie durante la stagione delle piogge, la guerriglia era lesta a ritornare e a riprendere il maltolto. A quel punto per Mengistu era davvero un problema andare avanti con la sua campagna, ma come fermarsi? Anche all'interno aveva da affrontare il'EPDRF e altri gruppi di opposizione, per cui non poteva fare molto in nessun caso. L'opposizione interna all'Etiopia cooperava con gli eritrei, questi a loro volta con nazioni estere. Il governo centrale si indeboliva mentre la guerriglia si rafforzava. La cattura di forti quantità di armi nella zona di Naqfa, nel 1988, non fece altro che spostare ancora gli equilibri. Nel 1989 l'Operazione Theodoros' messa in atto dalla resistenza interna e dagli Eritrei portò alla sconfitta di varie unità militari e alla cattura di Mekelle, che era la capitale della provincia del Tigrai. I Cubani c'erano ancora, ma non pare fossero più tanto risoluti nella loro azione. Il 30 settembre 1989, 9 mesi dopo quest'ultimo sviluppo, annuniciarono la loro partenza dal Paese e i sovietici cancellarono ulteriori forniture militari al morente regime di Addis Abeba, il cui esercito, privo dei supporti esteri, andò rapidamente allo sfascio. Così il nemico prevalse. E dire che i vecchi alleati degli Etiopi, gli Israeliani, si rifecero vivi con importanti forniture di armi. Israele era in discreti rapporti con l'Etiopia per varie ragioni, in particolare perché questa aveva acconsentito alla migrazione in Israele della minoranza ebrea del suo Paese, legato dai tempi biblici al popolo israeliano: 30.000 persone, salvate da fame e guerra tramite un ponte aereo. Così vennero forniti molti armamenti nei tardi anni '80, tra cui 100 T-55 ex-arabi, durante l'Operazione Falacha.
 
La decadenza continuava nonostante l'attività dei MiG-21, 23BN e Mi-25/35. La sconfitta che forse divenne un viaggio senza ritorno per quanto restava del regime, la mise a segno l'EPRDF, catturando il 15 maggio il QG della 3a Armata Etiope.
 
Mengistu capì che non c'era più niente da fare e il 21 maggio scappò in Zimbawe dopo avere istituito un governo provvisorio per gestire la 'transizione'. La sua presidenza, indubbiamente sanguinaria e poco 'democratica', fu altrettanto indubbiamente funestata da problemi che si ritrovò in eredità senza una sua colpa personale; sopratutto, l'irrisolta questione Eritrea. Il 28 maggio l'EPRDF entrò ad Addis Abeba, 65 anni dopo gli Italiani di Mussolini. Nel frattempo basi aeree importanti, come Debre Zelt, erano già nelle loro mani. Ma non senza difficoltà, perché gli aerei etiopi continuarono ad attaccare i ribelli tentando di sostenere per quanto possibile l'esercito contro i ribelli, più per salvarne le unità che per sconfiggere il nemico; era normale volare anche 3 missioni al giorno con aerei oramai malandati e probabilmente nemmeno in condizioni di volo. Ma alla fine cedettero anche gli aviatori, tanto che almeno 22 aerei scapparono all'estero, per lo più a Djibouti; tra questi 1 L-39ZO, 3 MiG-23BN e un paio di grossi An-12, seguiti da 7 Mi-8, 2 Alouette e 3 Mi-35 Hind. Lo sfascio per un'arma potente ma sofisticata come l'Aviazione è, in queste circostanze, inevitabile. C'erano rimasti ben pochi aerei malamente efficienti tra quelli rimasti in patria, i superstiti di 10 An-12, 36 MiG-23BN, dozzine di MiG-21 e altri tipi minori. In seguito, il ritorno in patria degli altri aerei avrebbe aiutato a ricostituire l'aviazione, ma mai con la stessa efficacia degli anni migliori.