Forze armate mondiali dal secondo dopoguerra al XXI secolo/Cuba: differenze tra le versioni

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La difesa costiera era affidata a cannoni M1931 e M1937 da 122 mm, M46 da 130 mm, M1937 da 152 mm, circa 50 missili antinave SSC-2B da difesa costiera, 15 navi e motolance, 15 navi appoggio incluse una nave scuola.
 
 
 
 
===La Crisi di Cuba<ref>Mini, Maurizio: ''La Crisi di Cuba'', RID Nov 2002</ref>===
Uno dei maggiori pericoli vissuti dal Mondo nella Guerra fredda è ricordato come la 'Crisi dei Missili'. Il 14 ottobre un U-2 da ricognizione volò una missione di spionaggio fotografico sopra Cuba. Erano passati molti giorni dall’ultima missione, per via delle condizioni meteo avverse, ma non sembrava esservi ragione di trovarsi innanzi grandi novità. Invece, grande fu la sorpresa quando si videro rampe di lancio per grandi missili balistici spuntate in diverse località. La decisione era stata di Krushev, e i motivi per questo gesto temerario erano complessi e difficili da afferrare. Specialmente nella paranoia subito scoppiata in quegli interminabili '13 giorni', in cui il Presidente Kennedy dovette gestire il confronto con il corrispettivo sovietico, mentre al contempo era impegnato a non lasciare campo libero ai suoi 'falchi' che subito affilarono le armi, con assoluto sprezzo del rischio potenziale. Krushov, anzitutto, era preoccupato dal dispiegamento dei missili americani in Europa. All’epoca gli USA avevano uno squadrone con 15 Jupiter in Turchia, mentre due con 30 rampe erano in Puglia, con il comando delle operazioni a Gioia del Colle e siti di lancio in altre 9 zone di lancio tra cui due ad Altamura. Il personale di questo complesso era misto tra italiani e 400 americani, la chiave di lancio era doppia, detenuta ad un ufficiale americano e da uno italiano, mentre le testate erano custodite dagli americani.
 
Krushev non poteva rispondere a questa minaccia nucleare così rapida e concreta, iniziata dal febbraio 1960 (gli ultimi missili arrivarono a settembre dello stesso anno). A questo si aggiungevano le portaerei americane con i bombardieri atomici imbarcati, ma soprattutto il SAC.
 
Questo aveva centinaia di bombardieri, anche se erano già in fase calante, e i primi missili ICBM Atlas e Titan. I Sovietici potevano colpire le basi NATO in Europa; ma contro i lontani Stati Uniti avevano poche risorse, alcune decine di bombardieri e un pugno di missili, il tutto potenzialmente vulnerabile agli attacchi preventivi americani, essendo poche grandi basi quelle che li ospitavano. Inoltre le difese americane erano già forti, con i missili 'Nike' e caccia intercettori controllati da una sofisticata ed avanzatissima rete radar di terra, per non parlare degli ulteriori piani, che sembravano veramente avveniristici, e lo sembrano persino oggi (con missili come i BOMARC da 700+ km). Era davvero difficile superare tali difese, e se qualche bombardiere russo avesse raggiunto una città americana, l’URSS in contropartita sarebbe finita incenerita. Ma c’erano anche altre ragioni. Kennedy, incontrato nel ’61 dal leader sovietico a Vienna, era parso assai debole e indeciso. Per contro, gli americani stavano attivamente attaccando la sovranità dello stato cubano. Vedi in merito lo sbarco all’Isola dei porci, organizzato come una sorta di ‘Spedizione dei Mille’ per buttare giù Castro.
 
Dopo una discussione molto lunga, i Sovietici decisero di fare il grande passo: arrivare a piazzare dei missili sotto il naso agli americani con un' operazione lunga 4 mesi di cui si prevedeva la scoperta americana solo a metà dell'opera. Il maltempo fu una copertura ideale per permettere l’arrivo dei sovietici, presenti già dalla primavera del '62. Fu uno di loro che chiese a Castro cosa ne pensava dello schieramento di armi nucleari sovietiche a Cuba. Il Leader Maximo ne era spaventato, perché temeva che a quel punto gli Americani diventassero davvero 'cattivi' e l'isola caraibica rimanesse coinvolta in una guerra nucleare. Ma alla fine, un po’ per i suoi problemi e un po' per sostenere la causa socialista nel mondo, finì per acconsentire. Del resto, di quel passo c’era il rischio che Cuba ritornasse nelle mani dei 'fidati' dittatori di destra ritornando ad essere il bordello dei mafiosi italo-americani come era ai tempi di Batista. Alla fine scattò l’operazione '''ANADYR''', 42.000 sovietici con 40 testate nucleari da 1 Mt, bombardieri leggeri Il-28 e missili R-12 ('''SS-4''') mandati a Cuba. Nel frattempo gli americani avevano fatto un serio pensiero ad abbattere Castro con l’Operazione Moongoose, che era stato coinvolto anche R. Kennedy, ma che era soprattutto figlia del gen. Dell’USAF Landsdale. Una prova inquietante era stata la PHIBRIGLEX-62, con 4.000 marine e circa 40 navi. Essa mirava a rovesciare un ipotetico dittatore Ortsac, che era guardacaso Castro ripetuto al contrario.
 
Quel 14 ottobre erano stati localizzati 32 missili, che con il loro raggio di oltre 2.000 km erano sufficienti per colpire città abitate da 80 milioni di persone. Il 16 ottobre iniziarono così i '13 giorni' di crisi, il 16 e non il 14 perché il consigliere del Presidente che lo seppe per primo, non informò subito Kennedy. O almeno non lo si era detto ufficialmente, perché già un senatore americano aveva affermato che a Cuba c’erano missili sovietici 'pericolosi', venendo poi duramente smentito dal presidente americano. Si sa di come Nixon avesse il pallino delle registrazioni segrete, ma anche Kennedy aveva voluto una soluzione analoga nello Studio Ovale e così vi sono 35 pagine disponibili che descrivono quella complicata situazione. I missili sovietici erano in corso di installazione, e ancora non erano operativi. C’erano 4 siti a San Cristobal e due a Sagua la Grande. Venne formato un Comitato Esecutivo di cui tra gli altri facevano parte anche Johnson, il futuro presidente successore di Kennedy. Kennedy voleva eliminare i missili a Cuba, ma del resto il leader sovietico aveva nel contempo ricevuto a Mosca l'ambasciatore americano assicurandogli che si trattava di un'operazione difensiva e non di una minaccia per gli Stati Uniti' oltre a criticare i missili Jupiter dislocati in Europa. Il 18 ottobre Curtis LeMay, generale capo di Stato maggiore dell'USAF insisteva per un attacco aereo. Ma il problema era che, se si fosse passato all'attacco diretto, i Sovietici avrebbero potuto rifarsi colpendo Berlino e agli Alleati Europei la prospettiva non sarebbe certo piaciuta. Di fatto era l’Europa che rischiava di pagare il prezzo maggiore di questo confronto, magari spondandosi pure a livello nucleare.