I promessi sposi/Monaca di Monza: differenze tra le versioni

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Tale opera consta ha portato a una serie di specifici effetti: tanto per cominciare, la sfortunata giovane, da sempre istradata su un sentiero a senso unico, un sentiero che le era stato definito come prioritario rispetto a qualsiasi altra cosa, non è stata in grado, non per sua colpa quindi, di acquisire quel bagaglio di esperienze di vita, che agevola moltissimo nelle relazioni interpersonali e nel superamento degli ostacoli che la vita spesso ci pone davanti. Infatti, assolutamente priva di ciò, e del tutto all’oscuro di come rapportarsi col prossimo, come ampiamente dimostrato dal lunatico atteggiamento nei confronti delle sue subordinate, Gertrude è cresciuta sentendo il peso di questa carenza; come se non bastasse, l’intera circostanza l’ha portata a patire un senso di disorientamento e confusione di fronte a qualunque tipo di nuova esperienza, come ad esempio la prospettiva della vita coniugale delle coetanee nel monastero oppure l’affetto sincero del paggio. Restando in tema di vero affetto, possiamo affermare con certezza che la poverina non ne ha ricevuto affatto dalla famiglia, né tanto meno dalle corrotte monache, che solevano circondarla di agi e privilegi, esclusivamente perché anche loro rientravano nel terribile piano di plagio della giovane.
 
Inoltre, affrontando il discorso in merito alla “[[w:vocazione|vocazione]]” di Gertrude, vien da sé affermare che di tutto si tratta meno che di una scelta volontaria: il sottile lavorio psicologico del mostruoso principe prevedeva che si facesse leva sulla superbia e sulla sete di potere, innate nella sfortunata, descrivendo maestose immagini di principessa del monastero. A lungo andare, questo continuo sottostare ai desideri del genitore, l’ha resa estremamente debole e fragile, le ha fatto perdere la percezione della propria autonoma personalità, non permettendole di concepire di essere “altro” dal padre e trasformandola in quella che viene da alcuni definita “una malata di volontà”.
 
È per questo che Gertrude, attorniata da figure false e costruite, spinta a fare scelte contro la propria volontà e distrutta dalla propria condizione di sottomessa, di frequente ricorreva allo stratagemma dello splendido ritiro (come definito dal Manzoni) del paradiso dei sogni, nel quale si rifugiava, ogni qual volta volesse evadere dalla prigionia virtuale in cui era segregata, dando sfogo alle fantasie più recondite, spesso, fino ad abusarne ossessivamente.
 
La stessa esistenza di Gertrude infatti viene descritta come un "Dramma di volontà". Non si sa ancora se Manzoni stesso la considerasse completamente colpevole degli atti oscuri di cui è complice o protagonista, ma una cosa è sicura: l'autore la biasima per non essere stata in grado di prendere una decisione e sopportarne le conseguenze. Al pensiero di mettersi contro suo padre infatti, Gertrude rabbrividisce e continua imperterrita ad acconsentire alle malvagie richieste del principe. Manzoni inoltre, dà alla ragazza plagiata dai conoscenti numerose vie di scampo e di ripensamento. Un esempio molto evidente è quando il vicario delle monache deve accertarsi se la vocazione di Gertrude sia sincera o no. Sebbene lei sia attratta per un momento dal dire la verità al vicario e a confessare tutte le ingiustizie che ha subito nel corso della sua vita, non resiste al pensiero di dover poi affrontare suo padre; e, come cita Manzoni, "Un altro sì, e fu monaca per sempre".
 
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