Dati utili per wargamers/Abbattendo bombardieri: differenze tra le versioni

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===S.82 Marsupiale vs. B-17===
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Non molti sanno che in Italia vi sono stati progetti, realizzati, per bombardieri pesanti. A dire il vero, il primo trimotore in assoluto nacque proprio in Italia ('compromesso' tra i bimotori come quelli americani e il primo quadrimotore, nato in Russia grazie a Igor Sikorsky), tradizione dura a morire visto che l'EH-101 si potrebbe definire come ultimo esponente, anche se beninteso ad ala rotante, di questa filosofia di pensiero, che nasce da un lato dall'esigenza di avere macchine alquanto simili ai bombardieri pesanti, e dall'altra dall'indisponibilità tecnica di motori di sufficiente potenza, e al contempo, dalla mancanza di volontà e di soldi per comprare i bombardieri di tipo quadrimotore. Questi poi, non sono di realizzazione molto semplice e banale come si potrebbe pensare. Il famoso Piaggio P.108, che spesso viene citato (dopo la sua 'scoperta' dagli anni '70, prima era praticamente noto, in maniera vaga, come l'aereo con cui morì uno dei figli di Mussolini), e che viene definito come 'più avanzato del B-17' (per certi aspetti è vero, ma la questione è parecchio più complicata..), ha avuto una messa a punto lunga e una produzione risibile, alla fine è rimasto un mezzo aereo del tutto trascurabile. Ma non molti sanno che oltre a questo poderoso esempio di fortezza volante (alcuni non senza ragione, lo hanno definito 'debolezza volante' dati i problemi di messa a punto, peraltro normali per macchine tanto pesanti e complesse), vi è stato un' altro apparecchio a lungo raggio di notevoli capacità, e concepito fin dall'inizio per essere sia un bombardiere che un trasporto pesante. Questo era l'S.82 Marsupiale, macchina a lungo raggio di notevoli capacità nonostante fosse assai sottopotenziata, e prodotta in oltre 700 esemplari.
 
Allora, ci si potrebbe chiedere cosa impedisse appieno a questa macchina di essere usata nel suo ruolo di bombardiere pesante al pari dei bombardieri alleati, segnatamente quelli Americani. La macchina venne in effetti usata per diversi attacchi a lungo raggio già all’inizio della guerra, che comportarono raid su Gibilterra, a 1600 km di distanza, e persino ad Aden, con un volo-record di 4.200 km alla rispettabile velocità di crociera di 250 kmh, apparentemente pochi ma in realtà non tanto inferiori a quelle pratiche delle macchine angloamericane (300 kmh circa), nonostante che queste fossero molto più veloci alla massima potenza (450-500 kmh contro 350) e avessero una ben superiore tangenza operativa (6.000-9.000 m contro 4.000-5.000).
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Sebbene il bombardiere-trasporto S.82 fosse una macchina molto capace in termini di bombardamento, esso era un tipo bivalente e come tale, utilizzabile già in fase progettuale come trasporto strategico. Questo fece sì che le macchine venissero molto apprezzate per il ruolo di trasporto. Le missioni erano necessarie perché esistevano armate oltremare, operanti in Africa, che avevano la necessità assoluta di essere rifornite con carburante, munizioni e cibo non reperibili nelle terre in parola, pena la progressiva perdita di ogni capacità operativa. La situazione in Africa Orientale era ancora peggiore, perché solo gli S.82 erano utilizzabili in tali lunghe tratte di volo, almeno per quello che riguarda i rifornimenti di parti di ricambio più grandi (aerei inclusi, e addirittura, carri armati leggeri, che però non vennero mai inviati realmente). Se la Regia Marina avesse ottenuto, come era ampiamente prevedibile dopo l’uscita della Francia dal conflitto e l’entrata in linea della coppia di corazzate 'Littorio' e 'Veneto', la superiorità navale, allora si sarebbe potuto fare a meno del trasporto aereo come vettore esclusivo per il trasporto in Mediterraneo: ma sorprendentemente, in un contesto di superiorità schiacciante come quello creatasi, la Regia Marina perse questa facoltà. In tale contesto è chiaro che gli S.82 vennero dirottati prevalentemente a compiti di trasporto strategico. La guerra nel deserto era di movimento e non vi era modo di combattere unità meccanizzate senza ingenti quantità di combustibili, mentre all’epoca in Libia non era stato scoperto il petrolio.
 
Se questo sia stato giusto o meno, resta il fatto che la produzione di S.82 si mantenne assai bassa per i primi 2 anni, pertanto i pochi apparecchi presenti nei reparti vennero dirottati verso le missioni di trasporto, cessando praticamente l’attività di bombardamento, che specialmente nelle azioni a lungo raggio, possibilmente notturne, richiedeva un’addestramentoun addestramento e una preparazione non certo improvvisate.
 
Nondimeno, il fatto che dopo le prime azioni del 1940 non vi sia quasi traccia dell’attività dei Marsupiale non cessa di stupire molti storici e analisti militari: se almeno una piccola parte delle missioni volate come trasporti fosse stata compiuta come bombardieri, certamente il nemico avrebbe dovuto tenerne conto e provvedere a rinforzare le unità di difesa aerea delle retrovie, operare con le luci oscurate di notte, mettere in conto di non avere retrovie sicure fino a distanze notevoli dalla prima linea. Anche solo il dislocare alcuni reparti da caccia in seconda linea avrebbe potuto significare un problema molto più grave di quello che comportava ritrovarsi un rifornimento di armamenti o benzina in più da parte nemica, ma in pratica questo non venne fatto. Una parziale motivazione è che la produzione arrivò sì ad oltre 700 macchine (cosa che significò realizzare un numero di plurimotori italiani inferiore solo a quello degli S.79 e addirittura superiore se si considera la sola produzione del tempo di guerra), ma (almeno) 299 almeno risultano costruite dopo l’8 settembre per conto dei tedeschi, da parte di un’industria aeronautica che non cedette di schianto nella attività, ma anzi produsse sotto la Repubblica di Salò un numero di aerei avanzati anche maggiore di quello costruito prima dell’8 settembre 1943.
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Come esempio il tragico ponte aereo per la Tunisia, che vide gli S.82 impegnatissimi. Due episodi su tutti: in un caso, una formazione di 20 tra S.82 e i loro cugini civili S.75 (in piccolo numero, e comunque armati con la torretta) vennero assaliti da un gruppo di P-38 americani. Questo caccia aveva un potente armamento tutto concentrato nel muso, e con il suo cannone H.S. da 20 mm in versione americana(150 colpi) e 4 mtg M2 con 2.000 colpi da 12,7 mm, era grossomodo comparabile con un FW-190A-4 standard (2 MG151, 2 MGFF, 2 MG17: il peso della raffica era superiore nel caso del caccia tedesco, ma solo fino a quando duravano i colpi degli MGFF ovvero 7 secondi; dopo passava in vantaggio il caccia USA per altri 8 secondi, quindi finiva le munizioni da 20 mm e il vantaggio tornava dalla parte del tedesco per i successivi 5-8 secondi; quindi ritornava dalla parte americana fino a che, dopo 15 secondi ulteriori di fuoco, terminava anche le 12,7 mm: alla fine vinceva il FW-190, che poteva sparare per altri 20 secondi con le sue due MG17, che però non erano certo armi poderose).
 
Quello che successe quel giorno fu che, in un unico passaggio, i P-38 abbatterono 6 apparecchi italiani e altri 4 dovettero ammarare: metà formazione distrutta in un colpo solo! Anche le testimonianze dei superstiti sono drammaticamente interessanti: le loro mitragliatrici dorsali avevano una portata molto ridotta, e dopo poche raffiche molte si erano inceppate. Inoltre i P-38, con le loro armi precise e l'attacco in picchiata (che aiuta la mira compensando parzialmente l'accelerazione di gravità) avevano aperto il fuoco da 500 m, ben oltre la portata delle armi italiane: quelle che avevano iniziato anzitempo a sparare si ritrovarono spesso inceppate, magari proprio quando gli apparecchi si stavano facendo sotto. E' vero che non sempre le cose andavano così, ma la distruzione di 10 Savoia in un passaggio solo dà l'idea delle potenzialità di un caccia ben armato contro un nemico quasi inerme. Anche la distruzione di 6 S.82 da parte di appena 3 Beaufighter inglesi è significativa: 2 a testa. I 'Beau' erano armati con 4 cannoni da 20 mm, migliori balisticamente di quelli tedeschi, ma meno validi nel distruggere bersagli poco robusti (nel senso che le munizioni esplosive non avevano la stessa carica delle 'minengeschoss' tedesche), più 6 mtg Browing da 7,7. Non era un' armamento molto diverso da quello di un FW-190 con 4 MG151 e 2 MG17, o di un Bf-110 con un kit di modifica basato su di un paio di MG151 aggiuntivi oltre ai due già presenti+4 MG17.
 
Tutto questo accadeva, notare bene, con gli S.82 in volo a pelo d'acqua e in formazione stretta, per coprirsi reciprocamente e negare agli avversari la possibilità di effettuare: attacchi in picchiate ripide, frontali, laterali e ventrali: praticamente le picchiate moderate di spalle erano le uniche efficaci. Cosa sarebbe successo agli S.82 in volo in quota, nel regno dei caccia avversari, è facile da immaginare e certo la Breda da 7,7 (alcune fonti parlano di una da 12,7 mm ma tutte le foto mostrano quella leggera) della gondola non avrebbe fatto molta differenza. Oltretutto era un'arma talmente difficile da usare, che in molti casi nemmeno veniva montata.
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Questo significava che, in sostanza, contro attacchi frontali gli S.82 potevano mobilitare la torretta con la 12,7 mm, ma solo se l'attaccante non volava al di sotto dell'aereo, e in tutti i casi senza potergli sparare in maniera efficace prima che questo si disimpegnasse dopo avere portato l'attacco (tra i 1000 e i 300 m, insomma, a seconda dei casi); attacchi frontali da quota leggermente inferiore erano senza difesa; attacchi laterali vedevano, come quelli dalle spalle, contrasto solo da un'arma da 7,7 e la 12,7, ma quasi mai simultaneamente. Chiaramente con grosse formazioni limitazione dei campi di tiro era meno sentita (copertura reciproca), ma un conto erano le formazioni scalate di B-17 e B-24, capaci di sparare a giro d'orizzonte con dozzine di mitragliatrici M2; un conto sarebbero state quelle di S.82, praticamente inermi, con un grossa fusoliera che costituiva un bersaglio perfetto. Attaccarli di spalle o in picchiata, magari col sole alle spalle, con un closing di 400-500 kmh non sarebbe stato molto rischioso. Ma sopratutto il rischio (per i bombardieri) era quello di vedere 'la fila per il pane', di caccia attaccanti nei punti deboli della 'falange'. Un FW attaccava un B-17 a 7000 m, a tutto gas -500+ km-, sparava da distanza e poi manovrava al meglio per evitare la collisione. Era difficile. Lo stesso aereo, a 5.000 m avrebbe avuto molta più maneggevolezza e quindi capacità di sparare a distanze ravvicinate e in modo preciso. Sopratutto, dovendo affrontare un avversario più lento, e quasi disarmato frontalmente, il 'closing rate' sarebbe stato inferiore. Il FW-190 aveva un'eccezionale velocità di rollio entro i 400-450 kmh, il che tornava utile per evitare la collisione all'ultimo momento. Visto che l'S.82 non aveva quasi niente da opporre frontalmente il caccia poteva rallentare rispetto alle velocità 'anti-B-17' e far scendere il closing rate da 250 a 150-170 ms (un km in sei anziché 4 secondi). Questo rendeva possibile sparare per 4 secondi anziché due dalla stessa distanza di un chilometro, oppure serrare e colpire quasi a bruciapelo tra i 600 e i 300 m, senza essere per questo dei 'manici' o degli 'aspiranti suicidi': sarebbe stata una manovra fatta con molta più tranquillità e padronanza del mezzo, un pò come prendere una curva a 60 anziché a 90 kmh.
 
Un' altro punto debole erano gli attacchi dal basso, ma non solo con avvicinamenti da varie direzioni. Prendiamo un Bf-110: con una o due mtg da 7,92 mm dorsali, una volta che avesse finito le munizioni, si sarebbe potuto permettere il lusso di piazzarsi semplicemente sotto e davanti all'aereo e riempirlo di proiettili nell'abitacolo, motori e serbatoi, senza essere soggetto a reazione, da forse appena 100 m di distanza. E' una tattica che può sembrare curiosa ma non è peregrina: i Boulton-Paul Defiant, con le loro mitragliatrici in torretta, erano aerei concepiti esattamente per questo compito, e senza caccia di scorta tra i piedi funzionavano bene, pur non potendo sparare direttamente verso in avanti (le 4 mtg da 7,7 non erano sincronizzate con l'elica e non c'erano altre armi, nemmeno una misera coppia, a bordo dell'aereo, già piuttosto pesante essendo dotato dello stesso motore dell'Hurricane monoposto). Contro un B-17 non conveniva quest'attacco (ma talvolta qualche raffica veniva esplosa ugualmente), ma il B-17 era armato a sufficienza per negare qualunque angolo cieco: un Bf-110 che si fosse piazzato sul suo naso a sparargli con le armi dorsali avrebbe rischiato di fare una brutta fine nell'arco di qualche secondo.
 
Altro elemento di pericolo erano i cannoni della Flak: non molto efficaci nell'abbattere i bombardieri B-17, i pezzi da 88 erano i principali armamenti disponibili: ma la loro quota di tangenza era di circa 9.000 m e così le macchine americane tendevano ad operare all'estremo limite d'ingaggio: per questo presero sempre più piede i cannoni da 105 e 128 mm, come anche i nuovi 88/71 mm Flak 43 (che di fatto vennero maggiormente dirottati ai reparti controcarri e ai mezzi corazzati più recenti tipo lo Jadpanther e il Tiger II). Ma questo con l'S.82 non era vero (come non lo era con i bombardieri inglesi, per lo più senza grosse prestazioni in quota), anzi l'aereo stava proprio a quota ideale per questi micidiali cannoni c.a. pesanti; inoltre era un bersaglio molto grosso e facile anche otticamente, ed era lento. Tutto questo dava almeno il doppio del tempo per sparare e aggiustare il tiro prima che uscisse dalla 'semisfera' d'ingaggio del cannone; poi ovviamente, c'é da dire che la resistenza dei B-17 ai danni e schegge, era tutt'altra cosa rispetto a quella degli S.82.