Impresa sociale di comunità/Le radici culturali: differenze tra le versioni

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Nella realizzazione storicamente determinata, e soprattutto in tempi più recenti, si è manifestata una sorta di “ibridazione” tra questi due modelli estremi, con cooperative sociali vicine tanto all’una quanto all’altra parte, portanti caratteristiche con gradazioni e sfumature molto diverse tra loro. Al limite si intravedono cooperative sociali di piccole e medie dimensioni che individuano in Legacoop il loro naturale punto d’approdo, così allo stesso modo si notano iniziative che si richiamano invece a Federsolidarietà e che – rispetto alle proporzioni complessive del fenomeno – possono essere giudicate dei veri e propri “colossi”.
 
È con gli anni Novanta e con la stipula di accordi interorganizzativi che vengono scompaginati gli assetti e le divisioni iniziali. È nel preciso istante in cui alle considerazioni di tipo culturale si sono sostituite le ragioni strumentali che sbiadiscono i confini e si determina un’amalgamaun amalgama tra approcci. In questo scritto, tuttavia, pare importante ribadire i diversi punti di vista e insistere, in particolare, sull’approccio che ha conferito identità e originalità al fenomeno e che può essere sintetizzato con il paradosso delle “piccole e grandi dimensioni”, o con l’immagine figurata del “campo di fragole”.<br/>
Nell’analizzare questo peculiare tipo di strategia si è immediatamente indirizzati al contesto in cui essa ha preso consistenza. Si è affermato a questo proposito che la capacità di networking delle imprese sociali, cioè il bisogno di fare rete per “individuare strutture adeguate a creare legami inter-organizzativi sempre più diffusi, solidi e articolati”, sia stato un fattore endogeno, inteso come “capacità interna al settore di determinare in forma (relativamente) autonoma il proprio percorso” (Zandonai 2007, p. 202). Non si può tuttavia fare a meno di richiamare, almeno fugacemente, come questo particolare assetto assunto da buona parte del settore si sia innestato negli anni Ottanta, quando le trasformazioni più generali dei sistemi d’impresa del nostro Paese erano ad un buon livello di avanzamento.<br/>
Già a partire dagli anni Settanta, infatti, con la crisi della produzione di massa e del sistema di fabbrica di stampo fordista, le imprese italiane, ma non solo, avviano profondi processi di ri-orientamento strategico in direzione di una deverticalizzazione delle grandi imprese integrate a favore di fenomeni di decentramento e di ridimensionamento delle “taglie” d’impresa (Toninelli, 2006).<br/>