Forze armate mondiali dal secondo dopoguerra al XXI secolo/Italia: Aeronautica 3: differenze tra le versioni

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Mentre il G.91Y rimase senza mercato eccetto che l'AMI, si tentarono altre vie, tra cui quella della collaborazione con la Svezia per un caccia d'attacco leggero. Questa collaborazione non durò molto (come del resto quella tra Agusta e MBB, oramai dimenticata, all'esordio del programma Mangusta). la Fiat-Aeritalia, la Aermacchi e la Embraer si ritrovarono così a fondare un consorzio comune. I brasiliani potevano sembrare un patner stravagante per un Paese europeo, ma esisteva un precedente. Quello degli EMB-326 Xavante, ovvero gli MB-326 costruiti su licenza in un programma che vide circa 182 velivoli realizzati di cui 167 per la sola FAB brasiliana e gli altri per altre aviazioni della regione. Così, con questo precedente, si cercò di mettere insieme le idee per realizzare un caccia d'attacco leggero, che fosse un successore dei G.91R e Y, ma anche degli addestratori G.91T e degli EMB-326. In seguito le cose vennero anche più difficili perché si sarebbe trattato anche di rimpiazzare gli F-104G (per gli S erano previsti i Tornado). Con il consorzio in cui l'Embrarer ebbe circa il 23% del lavoro di fatto furono gli italiani e i loro fornitori ad avere il maggior peso. Cosa confermata dai numeri: se la FAB voleva 79 aerei, l'AMI ne richiedeva ben 187, più 52 addestratori AMX-T biposto. La FAB peraltro voleva macchine qualitativamente migliori e le ebbe. Questo significò ottenere un piccolo radar 'Scipio', pur sempre di tipo multimodale, e due cannoni DEFA con 250 colpi, assai più potenti del Vulcan (con cadenza ulteriormente limitata a 4.000 c.min) con 400 cartucce, l'armamento scelto dagli Italiani (peso del proiettile da 30 mm 265 gr contro circa 102). In ogni caso il primo dei prototipi dell'AMX volò nel maggio del 1984. Andò perso già al quinto volo, ma il programma continuò spedito. Nel 1985 uscì anche il primo AMX brasiliano (localmente noto come A-1). L'Ing da Silva sostenne per l'occasione che 'Italia e Brasile si divideranno il mondo'<ref>RID, dicembre 1985: ''Aeritalia, Aermacchi e Embraer si divideranno il mondo ha detto scherzando-ma non troppo- l'ing Ozilio Carlos da Silva''. Il breve articolo è anche più interessante se si considera che porta la firma di G.Lazzari, all'epoca direttore della testata</ref>. Le prospettive di export, insomma, sembravano rosee, almeno a dire dei responsabili del programma: Perù, Egitto e anche un 'interesse cinese', che in realtà sarebbe stato concretizzato con il programma A-5M (l'avionica dell'AMX 'trapiantata' sul locale, più vecchio ma supersonico A-5 Fantan). L'entrata in servizio cominciò già nei tardi anni '80 rimpiazzando G.91R e poi, più lentamente, gli F-104G che erano pur sempre macchine dalle prestazioni esuberanti (anche se in missione a bassa quota, non necessariamente più veloci degli AMX).
 
La carriera dell'aereo mancò di poco l'esordio-vetrina della Guerra del Golfo, nel '91. Non era ancora operativamente pronto, come non lo erano del resto i vari Mangusta e Centauro, proprio all'epoca in collaudo o in introduzione in servizio. Questo in seguito non sarebbe stato indolore per le prospettive d'export, perché dopo Desert Storm inevitabilmente vendettero bene sopratutto i mezzi che ne erano stati i protagonisti. L'AMX debuttò all'estero, e certo non casualmente, proprio nel Golfo, con la missione 'Arabian Stallion' dell'inizio del 1993. La missione iniziò il 3 gennaio e durò circa 2 mesi, con i Gruppi 14, 103 e 132, con un totale di 10 aerei portati dagli stormi 51° (4), 3° (3), 2° (altri 2). I voli iniziarono con il trasferimento da Istrana con 8 piloti del 103° e 2 del 14°, con scalo a Luxor e arrivo ad Al Dhafra, non casualmente visto che era la base dell'Operazione Locusta. Nonostante la più volte riportata scarsità di munizioni dei depositi AMI, per l'epoca fu possibile sganciare oltre 400 bombe in missioni d'attacco, un totale di 431 sortite per 750 ore volate, daspesso con formazioni fino a 8 aerei, agenti in genere con la scorta di due PD-808 GE,; nel mentre i Mirage 2000, affidati ai non molto preparati piloti locali, erano di volta in volta aerei di scorta o oppositori (trovati superiori alle alte quote e inferiori alle basse quote, non sorprendentemente date le caratteristiche dei due tipi di aerei). Il contingente era di 200 uomini. Il supporto era dato da G.222, B 707TT e C-130H, ma la mimetizzazione è rimasta quella 'grigio topo' solita.<ref>Tra gli altri: ''Arabian Stallion'', A&D Mar 1993</ref>.
 
Ma già all'epoca era evidente che l'AMX presentava qualcosa che non andava. Il sensore radar, anzitutto. Esso era la versione prodotta dalla Fiar dell'EL-2001 israeliano (quello dei Kfir), un sistema solo telemetrico che stonava con la sofisticata avionica di un aereo anni '80. Come il radar, anche il motore era vecchio, anche se in questo caso compatto e parco nei consumi, ovvero il R.R. Spey britannico. All'epoca era comune avere macchine italiane con motori britannici, un espediente per aggirare eventuali embarghi sulle esportazioni militari da parte degli USA. Era stato così con i G.91, gli MB.326, 339 e poi gli A.129. Ma il mercato aveva relegato nel frattempo ad un ruolo minore i motori britannici, visti come meno prestanti e standardizzati rispetto a quelli americani. Lo Spey poteva essere sostituito agevolmente con un più moderno F404 senza postbruciatore, come era stato ventilato. Del resto questo venne fatto per i vecchi A-4 Skyhawk di Singapore. Anche il muso dell'AMX offriva spazio per un radar più potente. E' curioso che mentre gli aerei brasiliani hanno avuto da subito un 'quasi radar multifunzione' quelli italiani siano rimasti a tutt'oggi con un'unità telemetrica tecnologicamente degli anni '60. Questo mentre la stessa Fiar vendeva il suo radar leggero (in realtà una famiglia intera, sviluppata dagli anni '80) a numerosi clienti, per aerei come gli F-5 o gli F-7 Pakistani. Si tratta di un'unità multifunzione leggera, raffreddata ad aria, ancora più piccola dell'APG-66 dell'F-16. Tuttavia l'AMI, poi AM, non ha posto tale richiesta né allora né dopo.