Forze armate mondiali dal secondo dopoguerra al XXI secolo/Vietnam-4: differenze tra le versioni

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L'M16 era un fucile troppo avanti per l'epoca, il 'black rifle' era nato come AR-15 dalla Armalite; il fucile prodotto dalla Mattel, come venne scherzosamente definito, comparato al robusto Garand e all'M14. Entrambi erano stati usati in Vietnam, sopratutto l'M14, che era la versione automatica del primo ma era decisamente pesante, specie per i piccoli soldati vietnamiti. L'Esercito britannico fu il primo ad ordinarne 10.000, poi seguì l'USAF, nel '61. Ma l'impiego presto sarebbe stato esteso all'US Army. Dopo la fine dell'influenza francese in Vietnam erano subentrati gli Stati Uniti, che però quanto a fucili non avevano molto da offrire per i soldati locali. Ecco perché presto si arrivò all'ordine americano, che era destinato come aiuto internazionale all'ARVN. Gli istruttori trovarono che era strano come si inviasse quest'arma così avanzata, pressoché priva di rinculo e precisa, fosse distribuita tanto generosamente ai militari locali relegando i GI ai fucili M14. Dopo qualche anno si decise che, nonostante il freno classico di ogni nuova arma, quello delle scorte di munizioni già approntate ma non utilizzabili anche da questa, si accettò l'AR-15 come M16. L'M16, destinato a sparare appoggiato alla spalla, molto preciso e con minimo rinculo, con una comoda impugnatura-tacca di puntamento, e le munizioni ad alta velocità da 5,56 mm, era un'arma meno potente come fuoco d'arresto del Kalashnikov e meno valida per sparare a distanza ravvicinata appoggiata al fianco, ma era anche molto precisa e leggera, pesante carica 3,64 kg, un valore che anche oggi suscita impressione (l'AKM circa 4 kg). Presto i soldati americani iniziarono ad operare in Vietnam in quantità e con forze di prima linea. All'inizio usarono carabine M1 e fucili M14, poi fu la volta degli M16. Ma questi ultimi cominciarono ad essere oggetto di lamentele da parte degli utilizzatori. Anche se apparivano più avanzati dell'AK-47, dal disegno più classico (con tanto di parti in legno di alta qualità, piuttosto che in plastica), si inceppavano facilmente. Il problema era che ai soldati si disse che quest'arma era tanto 'perfetta' da non richiedere manutenzione e loro ci credettero. Per giunta, la polvere di tipo IMR, molto 'pulita' come combustione, venne presto sostituita con una polvere del '54 che era particolarmente 'sporca' e tendeva ad inceppare l'arma, tanto che per disincepparla, magari sotto il fuoco nemico, era spesso necessario procurarsi a tutti i costi uno scovolo per ripulirne la canna. La cosa provocò ovviamente delle perdite e critiche, specie quando comparato al robusto fucile sovietico. A metà anni '60 già il governo USA istituì una apposita commissione d'indagine e alla fine si venne a capo dei problemi, con la costruzione poi dell'M16A1 dotato tra l'altro di dispositivo di sbloccaggio e di ammortizzatore per l'otturatore, dato che la nuova carica granulare tendeva ad accelerare la cadenza di tiro oltre ogni necessità. Alla fine l'M16 è diventato un eccellente arma da guerra, spesso munita di lanciagranate o di mirino telescopico, ma ha dovuto subire molte critiche prima di affermarsi definitivamente, tant'é che attualmente non si è ancora arrivati a capo di cosa dovrebbe sostituirlo nel futuro, nonostante tanti avanzati programmi quali l'ACR (Advanced Combat Rifle).
 
 
 
A parte questo, i fucili più micidiali furono quelli dei tiratori scelti, anzi degli snipers. Ce n'erano da una parte e dall'altra. I migliori erano i Marines, con i loro fucili che dal '66 erano i Remington M40, che almeno dal tipo M40A1 hanno un telescopio da 10 ingrandimenti. Queste armi pesano 6,5 kg ma consentono un tiro molto preciso. Originariamente erano usati i Garand M1C o D, che invece l'US Army (da cui i Marines si sono dissociati nel merito di tale scelta e hanno seguito una loro via con l'M40) ha sostituito con gli M21, la versione 'ad alta qualità' dell'M14, e come tale capace di fuoco automatico, con soppressore di rumore come attrezzo standard (per ridurre sensibilmente il classico 'botto' dello sparo) e un mirino da soli 3 ingrandimenti, ma con un sistema per calcolare automaticamente l'alzo su di un bersaglio delle dimensioni di un uomo. L'arma pesa 5,6 kg. Infine anche le mitragliatrici M2 sono state usate come armi sniper. C'é notizia di un centro ad oltre 2,5 km, grazie al cannocchiale telescopico da 10 ingrandimenti, con ogni probabilità il centro alla massima distanza di un tiro da cecchino. La differenza tra il consumo di munizioni di un soldato normale e di uno sniper (usato spesso anche come esploratore, specie dai Marines e rangers) è enorme: nella I GM c'era una statistica di 7.000:1 tra proiettili sparati e nemici uccisi, durante la guerra del Vietnam i fanti sparavano 300.000 colpi per lo stesso risultato, ma gli sniper, nonostante le distanze di tiro di oltre 500 m spesso coperte, erano e sono gente da 'one shot, one kill' o poco di meno.
 
 
Quanto alle armi della fanteria, la disamina non sarebbe completa senza le mitragliatrici. Queste erano modelli sovietici come l'RPD, oppure nel caso americano, la M2 e la M60. La prima è ben nota, e spesso usata dagli M113 e dai carri, più raramente da trippiedi. La seconda è nata da una ibridazione tra le migliori tecnologie tedesche. L'arma in realtà è nata addirittura durante la seconda guerra mondiale, come 'arma avanzata' nota come T44, e su di essa ebbero influenza l'FG 42 per il complesso pistone-otturatore (nonché la forma del calcio) e l'MG 42 per il sistema d'alimentazione: praticamente si assemblarono due armi tedesche diverse per farne una americana. Nonostante la precocità di tale sviluppo, che del resto era motivato dalla sostanziale obsolescenza delle pur valide M1919 Browning, l'M60, come indica il nome, entrò in servizio solo negli ultimi anni '50. Ma non ebbe molto successo: nonostante gli illustri antenati, era un'arma difficile da maneggiare, ingombrant e con un sistema di cambio canna troppo complesso, che imponeva di demolire mezza mitragliatrice ogni volta. Nonostante tutto, il 'maiale' (pig) come spesso è nota, è un'arma che ha avuto una discreta diffusione, grazie anche alla struttura a metallo stampato. Essa è la prima mitragliatrice bivalente americana, utilizzabile come mitragliatrice leggera sul suo bipiede, o come arma pesante su trippiede, con versioni come la C che è telecomandata, per elicotteri che la usano in genere attaccata al carrello, oppure su impianto quadrinato (due per lato) ai lati della fusoliera (impiego superato tuttavia dalle minigun), la M60D è per elicotteri armati, senza calcio, ma brandeggiabile, e la E2 con canna pesante per l'uso sui mezzi corazzati; in seguito è stato costruito un modello alleggerito che ha una impugnatura anteriore, usabile solo come fucile mitragliatore. Non sono molte le nazioni che l'M60 base l'hanno adottata, soppiantata dalle armi tedesche, belghe e sovietiche. Pesa 10,51 kg ed è lunga 1105 mm, di cui 559 per la canna, spara a 550-600 c.min (dunque circa la metà della MG 3) il che è buono per impieghi a terra, certo meno quando usata come arma contraerei o da elicotteri. In Vietnam, tornando al settore che qui ci interessa, ogni plotone aveva due M60, quindi 6-8 armi per compagnia, senza contare le due del plotone comando. Ogni compagnia americana aveva all'epoca la potenza di fuoco di una brigata della I Guerra mondiale. Nonostante non sia mai stata un'arma di assoluta eccellenza, i soldati americani impararono ad usarla e a rispettarla, mentre il cambio della canna era stato molto facilitato con le successive modifiche. Tipicamente un team di soldati aveva 3 uomini al servizio di una M60, ma raramente ci si sarebbe sognati di spararla poggiata al fianco, come l'oramai celebre e palestrato John Rambo faceva: tirare più di 4 colpi manda l'M60, da tale posizione, in una situazione di instabilità in cui è impossibile mirare a qualcosa che non sia assolutamente impossibile mancare (come il soffitto di un locale da cui si spara, per tornare a Rambo). I mitraglieri avevano la qualifica E4 e usavano colpi traccianti, incendiari e normali, difficilmente perforanti perché i VC non avevano corazzati e nemmeno giubbotti antiproiettile. Naturalmente i mitraglieri erano indaffaratissimi a portare i nastri munizioni nelle missioni Search & Destroy, i mortali giochi al gatto e al topo che facevano le unità di fanteria americane e i 'Charlie'.
 
Le mine erano un altro problema, anche per la fanteria. I guerriglieri talvolta usavano 'bocche di lupo' con pali acuminati o con semplici chiodi, oppure con una pallottola di mitragliatrice pogiata in maniera tale da esplodere quando calpestata. Alle volte erano invece bombe aeree inesplose e riutilizzate. Gli americani avevano un'arma molto temibile e temuta, la mina direzionale Claymore, del tutto diversa rispetto ad una normale mina. Questa era una piastra di esplosivo con sopra dei pallettoni. Era attivabile a comando o con altri sistemi e, infissa nel terreno ad una certa altezza, poteva falciare un certo settore di tiro come se fosse un fucile a pallettoni, senza mettere in pericolo chi era dietro la mina stessa. Poche di queste potevano rendere molto pericoloso per i 'Charlie' attaccare in massa e su traiettorie prevedibili le posizioni americane. Come si vede la potenza di fuoco non difettava ai GI come ai 'Charlie', ma al dunque l'intervento dell'aviazione, corazzati ed elicotteri faceva sì che ogni scontro fosse 'necessariamente' una sconfitta per la guerriglia, che era costretta ad eseguire azioni 'mordi e fuggi' facendo danni e poi sparendo. Quando non resisteva all'idea di lanciare attacchi su larga scala era destinata alla sconfitta. Non si può non rimarcare come in Vietnam i B-52 facessero bombardamenti a tappeto devastando ettari di foresta, a mò di rullo compressore. Contro una tale potenza di fuoco era pressoché impossibile sopravvivere e non c'era modo di reagire, mentre i bombardieri erano oltre le nuvole, al sicuro da ogni minaccia. Durante l'assedio di Khe Sahn i B-52 eseguirono da soli circa 3.000 sortite, che si aggiungevano a quelle di aerei carichi di bombe al napalm, razzi e cannoni. C'é solo da meravigliarsi di come l'esercito nordvietnamita potesse sopravvivere e non venire preso dal panico, quando la terra rimbombava per l'impatto di decine di tonnellate di bombe decine di volte al giorno. In queste condizioni, più di come i Marines abbiano resistito per 77 giorni all'assedio, ci si potrebbe piuttosto stupire di come l'assediante sia riuscito a tenere duro così tanto senza demoralizzarsi e sganciarsi precipitosamente da quell'inferno, mostrando una disciplina difficile da comprendere, mentre le sue unità subirono perdite in certi casi anche del 90%.
 
== Note ==