Forze armate mondiali dal secondo dopoguerra al XXI secolo/Siria: differenze tra le versioni

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Ma c'erano anche dei problemi da risolvere. Apparentemente, e non certo per un'unico caso nella storia, era la fanteria a tenere meglio e più duramente le posizioni rispetto all'azione dei carri. La 1a Divisione siriana era considerata l'unità migliore dell'Esercito, ma si era sbandata e addirittura ammutinata, tanto che talvolta venne consigliato ai suoi soldati di restare dentro i propri carri bombardandone le posizioni con l'artiglieria. Un disastro totale, dunque, che d'altro canto si spiegava con la perdita di 2 terzi dei carri armati e corazzati siriani in pochi giorni di combattimento e sopratutto, per risultati limitatissimi anche rispetto alle ambizioni, tutt'altro che megalomani, dei piani originali. Ma la Fanteria Siriana non mollava. Così, l'11 ottobre alle 11 del mattino gli Israeliani si mossero sotto la copertura di un attacco aereo preventivo contro le postazioni della flak e campi d'aviazione, mentre le posizioni della fanteria vennero travolte a Hushniyh e Kuneitra da artiglieria e carri israeliani in poche ore. Totale delle perdite a quel momento, circa 867 carri e un migliaio di veicoli vari siriani.
 
Lo sfondamento doveva essere anche a Nord del Mt Hermon con due divisioni israeliane, la prima in offensiva e la seconda in riserva. I Siriani tentarono di fermare l'avanzata degli Israeliani, ma non ci riuscirono e allora richiesero l'aiuto dell'Egitto, che non si decideva a sferrare un'offensiva violenta sul Sinai. L'URSS era già impegnata nel ponte aereo di aiuti, e lo incrementò, ma data la sconfitta siriana a Lakatia, c'era anche da proteggere le coste e allora la Eskadra sovietica venne schierata, proveniendo dal Mar Nero, a difesa di Lakatia e Tartus. La minaccia di mandare truppe aviotrasportate a difesa di Damasco era poi ancora più gravida di conseguenze. Gli Americani, 'padrini' convinti di Israele rafforzarono la 6a Flotta e cominciarono il ponte aereo di aiuti, che in poche settimane avrebbre raggiunto migliaia di tonnellate. Del resto la stessa Israele dichiarò dopo 5 giorni che stava esaurendo le scorte e le risorse a sua disposizione. Una sorpresa per il mondo e l'ammissione che da soli gli Israeliani erano incapaci di sostenere lo sforzo bellico. Naturalmente su tale affermazione non venne mensionata la disponibilità della prima ventina di armi nucleari, disponibili per missili balistici o aerei tattici.
 
I corazzati contro la fanteria sono un pò come l'elefante e il topolino. Il secondo che ha la meglio sul primo, e piuttosto che fuggire, va a spaventare il proboscidato rodendogli la pelle delle zampe. La fanteria contro i carri è un rapporto tutto sommato simile: uomini che pesano poco più di un millesimo dei mostri corazzati che li affrontano, in realtà sono in grado di render loro la vita difficile. I carri da soli non funzionano correttamente, da qui anche perdite i battaglie come El-Alamein, in cui fanti leggeri potevano avvicinarsi ai carri armati uscendo dalle buche all'ultimo momento, una tattica rischiosa ma efficace. Per Israele fu lo stesso quando dovette combattere il 12 ottobre contro le truppe a difesa di Tel Shams, una collina e sopratutto un ottimo punto d'osservazione per i siriani. I Carri israeliani passarono all'attacco, ma da subito razzi, cannoni SR e i temuti missili li decimarono. Anche quando raggiunsero la cima della collina, non poterono fare altro che ritirarsi, bersagliati da altre postazioni di lancio nascoste nelle formazioni rocciose di origine lavica, frastagliate ideali per i difensori. Anche la 17a Brigata corazzata della divisione di Laner, ebbe dure perdite. Prima bersagliata dall'artiglieria della 9a divisione, poi attaccata da cacciatori di carri che distrussero o misero fuori uso 25 mezzi in appena un'ora. Nemmeno l'aiuto della 79a Brigata corazzata fu d'aiuto, tanto che le truppe corazzate israeliane persero in tutto oltre 40 carri. Così, per combattere con forze pesanti i fanti siriani, gli Israeliani persero l'equivalente di un battaglione carri e dovettero ritirarsi. L'avanzata di due divisioni nel settore era per il momento rinviata. Per eliminare i nemici vennero allora impiegati altri fanti, i parà della 31a Brigata, che dopo poche ore eliminarono i difensori, non erano particolarmente ben armati contro altri fanti.
 
Gli Irakeni avevano tenuto fin'allora una disposizione di riserva e difesa, ma la loro armata, spinta dal fallimento dei Siriani, dovette andare all'attacco, sia pure ostacolata dalla ritirata degli Alleati. Qui si può descrivere meglio i punti di forza e sopratutto, di debolezza, degli eserciti arabi e in particolare del pur formidabile corpo di spedizione irakeno. Questo portava il nome del Saladino, e si componeva tra di 2 divisioni corazzate, due brigate di fanteria, una brigata di forze speciali. Totale, 30.000 uomini e 500 carri armati. Ma la carenza di mezzi porta-carri per percorrere centinaia di km fece sì che i mezzi cingolati, per quanto fossero materiali moderni, subissero un grave logorio che mandò in crisi il loro spiegamento, e con esso il sistema di comando e controllo, dimostratosi parimenti inadeguato come lo era il numero di portacarri. Nondimeno, il 13 ottobre gli Irakeni fermarono l'avanzata israeliana con la 3a Divisione corazzata (che però per Eshel ebbe successo, senza fornire dettagli ulteriori, mentre per Remino subì la perdita di 80 carri contro nessuno nemico, risultandone dimezzata, a causa della mancanza d'informazioni siriane che la fece letteralmente cadere in trappola; in ogni caso la logistica israeliana ne venne afflitta a sufficienza per finire l'avanzata) e il 16 passarono all'attacco, sempre con la 6a Brigata corazzata già protagonista del precedente combattimento. Il tutto venne pianificato con cura e con ampio fuoco d'appoggio delle artiglierie siriane e irakene, per giunta muovendosi con il sole negli occhi dei difensori. Ma i tre gruppi misti (a livello di battaglione) impiegarono quasi tre ore per coprire poco oltre 5 km di distanza, malgrado la copertura d'artiglieria, così che vennero aggirati sui fianchi dagli israeliani e fatti progressivamente a pezzi, nel corso di tre attacchi senza risultati pratici. Nel mentre c'erano altre 4 brigate corazzate, due di fanteria e quella forze speciali che erano disponibili, ma alle quali non venne dato ordine di intervenire<ref>Eshel, David: 'Speciale Desert Storm', Monografia RID 1991</ref>.
 
Tutto questo avrebbe portato a riorganizzazioni profonde per migliorare l'efficienza dell'Esercito irakeno, ma per la guerra in corso era tardi. Anche l'aviazione irakena del '73 ebbe dei problemi, tanto che i Siriani attaccarono alcuni loro apparecchi scambiati per nemici con i radar non sintonizzati sui loro IFF. Il risultato fu di 4 Hunter abbattuti dai MiG di Damasco.
 
I Giordani dovevano andare all'attacco assieme agli Irakeni, difendendo attivamente Damasco con la loro solida 40a Brigata carri, localizzata dalla ricognizione aerea israeliana sulla strada di Jasim. Hussein si decise ad abbandonare la neutralità a causa delle richieste di aiuto Siriane. Si trattava di una forte brigata equipaggiata con i Centurion, circa 90 carri, da spiegare assieme alla 5a divisione siriana e alla 3a Divisione corazzata irakena. Fu con reparti di quest'ultima che attaccò quel 16 ottobre. I comandanti dei carri erano a mezzobusto, esposti sopra i loro carri per dirigere le operazioni, e riuscirono a sfondare le linee israeliane, sia pure perdendo 14 mezzi. Il problema fu che il tiro d'artiglieria irakeno, mal coordinato, a quel punto colpì i Giordani che erano sopra le posizioni nemiche mentre doveva aprire il fuoco mezz'ora prima del loro attacco. I carristi giordani si ritrovarono sotto il tiro combinato proveniente da tutte le direzioni, sia 'irakeno' che nemico, il che li costrinse a ritirarsi dopo avere perso altri 14 carri. Il peso dell'artiglieria campale è una variabile non ben considerata in tanti scenari tattici, quando la sua azione può risultare devastante anche per i reparti corazzati, persino senza usare munizioni cluster. Fu in questo contesto che gli iraknehi persero i loro 4 Hunter, oltre a lanciare contro gli Israeliani le unità di cui si è parlato; ma solo per farsele respingere da due brigate, con una terza che aggirò la linea nemica verso Sud. Alla fine gli Arabi, con queste azioni d'attacco scoordinate, buttarono via la vittoria e persero circa 100 carri armati. Sempre quel 16 ottobre, superato il momento più difficile, seguito alla frantumazione contro i capisaldi israeliani, l'esercito di Damasco lanciò un'altra azione verso Tel Shams e la battaglia fu anche qui violenta, tanto che le IDF persero ben 45 carri armati. Però nemmeno in questo caso gli arabi riuscirono a vincere. Del resto nel settore c'erano 2 brigate corazzate israeliane con 200 carri, praticamente una divisione, e quindi con una forza sufficiente per combattere in maniera prolungata contro qualunque avversario gli venisse contro.
 
Due giorni spesi a riorganizzarsi, e poi di nuovo in azione: il 19 ottobre irakeni e giordani attaccarono ancora le posizioni nemiche, i primi disponevano di ben 130 carri e 100 APC della 1a Divisione corazzata, e i Giordani con quel che restava della 40a Brigata. Erano in vantaggio numerico di 3:1 rispetto agli Israeliani e decisi a rifarsi della sconfitta precedente. La battaglia durò ben 7 ore e comportò 3 attacchi diretti. Il valore degli irakeni era incontestabile e risultarono molto tenaci e combattivi contro gli Israeliani, i quali per compensare l'inferiorità numerica ripiegavano di poco e poi, avanzati i nemici, li colpivano ai fianchi con un movimento avvolgente. Così successe che sia gli Irakeni che i Giordani vennero battuti. I Centurion giordani erano non più di una sessantina e subirono circa 20 perdite, magari per mano di altri Centurion, stavolta Israeliani. Del resto i Tiran 5 erano i carri T-54 e 55 catturati nel '67 e riutilizzati, previo ammodernamento, dalle IDF, e si comportarono abbastanza bene da meritarsi nel dopoguerra altri aggiornamenti tecnici. Con il pezzo da 105 e migliori condizioni d'abitabilità, risultavano certo migliori dei loro 'fratelli' arabi, contro cui combatterono, specie nel fronte orientale.