Armi avanzate della Seconda Guerra Mondiale/Italia 5: differenze tra le versioni

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Al dunque, nel dopoguerra si preferì il francese [[w:FT-17|FT-17]], che venne riprodotto come Fiat 3000, almeno sulla carta con alcune migliorie, ma di fatto non tanto migliore. Ne vennero prodotti qualche centinaio, gli ultimi armati con un cannone da 37 mm. Il problema dell'armamento fu sempre presente in questi carri in quanto le mitragliatrici da 6,5 mm originarie erano inaffidabili e i cannoni dopo poco tempo vennero destinati agli M11/39. Alla fine ebbero delle mitragliatrici affidabili, ma quando erano del tutto superati. Combatterono in Sicilia, mentre dei 2 Fiat 2000 s'é persa ogni traccia fin da vari anni prima.
 
Per uno stacco definitivo da questi progetti vi fu l''''L29''', che era un carro derivato dalle piccole 'tankette' britanniche; si evolvetteevolse fino al '''CV-38''', carro leggero da 3,5 t con un'altezza di appena 1,28 m e una buona mobilità. Ma sebbene fosse praticamente identico in caratteristiche base al più grosso Panzer Mk 1 tedesco (corazza 13 mm, velocità 40 kmh, armamento 2 mitragliatrici leggere), la mancanza di una torretta lo faceva essere non tanto un carro, quanto una sorta di 'mitragliatrice binata semovente'. Buono per l'esplorazione e per conflitti limitati (come in Etiopia), molto meno se si trattava di affrontare avversari ben organizzati e armati, per i quali questi carri erano solo un fastidio. Eppure, nel 1939 c'erano circa 2.500 carri armati, ed eccetto 100 M11, gli altri erano gli L3, CV-29, 33, 35 e 38 che fossero.
 
poi si fece un ulteriore passaggio seguendo l'impostazione con un mezzo con 3 uomini d'equipaggio. Ecco l' '''[[w:M11/39|M11/39]]'''. Esso aveva peso di 11 t anziché 3, un cannone da 37 in casamatta anziché le 2 Breda da 8 mm, che erano spostate nella torretta superiore, girevole a 360 gradi. Non era un gran miglioramento questo nuovo M11/39, così venne prodotto in soli 100 esemplari e usato in Africa, dove si dimostrò efficace contro i più veloci ma troppo leggeri carri inglesi; ma con il suo nuovo e più grande scafo fu possibile poi realizzare l'M13/40, che era armato con un più potente 47 mm ma in torretta, mentre le due Breda tornavano in casamatta. La corazza passava frontalmente fino a 42 mm anziché 30, e sui fianchi i 15 mm dell' M11 (vulnerabili anche alle mitragliatrici pesanti) diventavano 25 mm. Al dunque l'M13/40 venne prodotto fino a metà del '41 in quasi 800 esemplari. Dopo seguì l'M14/41 migliorato, con motore diesel (introdotto dall'M11) da 145 anziché 125 hp e velocità massima passata da 30 a 33 kmh. Era anche più affidabile e venne prodotto in 1.100 esemplari.
[[Immagine:M13-40 001.jpg|300px|right|thumb|L'M13]]
Nell'insieme erano carri molto ben armati (4x 8 mm, cannone da 47, 3.000 colpi e 104 proettiliproiettili) per la loro taglia, piuttosto piccoli, ben corazzati (fino a 42 mm) ed economici, con una lunga autonomia garantita dai diesel. Ma in pratica si dimostrarono carri stretti, costruiti con corazzature in lega scadente, scarsamente affidabili e molto lenti. Stranamente, mentre le corazze di acciaio al silicio e manganese venivano usate per questi mezzi, acciaio di alta qualità veniva usato per le corazzate; 14.000 t per ciascuna 'Littorio', più che sufficienti per tutti i carri italiani, le cui corazze tendevano a frantumarsi anche contro colpi che non avrebbero nemmeno dovuto perforarli. Ci vollero circa 2 anni per rimediare alla scarsa affidabilità di motori e corazze, e allora fu troppo tardi. Sulla carta non erano peggio, o particolarmente peggio, dei carri inglesi e tedeschi eccetto che in mobilità; ma in pratica erano carri manchevoli, anche se avevano una valida granata HE (cosa non comune all'epoca) per impieghi anti-personale e postazioni d'artiglieria, mentre la presenza di una mitragliatriemitragliatrice contraerea era pure un fatto all'epoca originale<ref>Per referenze vedi Landi L, Guglielmi D, ''Carri M in Africa Settentrionale'', numeri di luglio e agosto 2000</ref>.
 
 
===Gli ultimi carri bellici===
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[[Immagine:Semovente 149 40.Aberdeen.0008p21a.jpeg|300px|right|thumb|Il semovente da 149]]
 
A parte questi semoventi, ve ne furono di altri, anche se ebbero operativamente meno successo. Uno fu il semovente da 149/49, stavolta non su scafo M ma su quello del P26/40. Esso aveva il più potente cannone dell'Esercito italiano, il 149/42 che sparava granate da 45 kg a quasi 24 km. Ne venne approntato un unico esemplare, che ebbe una messa a punto molto lunga: iniziando nell'aprile del '42, terminò nell'agosto del '43. Poteva essere messo in batteria in 3 minuti anziché 17, ma nonostante tutto non venne omologato per la produzione (e in ogni caso era troppo tardi). I Tedeschi non gli diedero molta importanza, anche se lo rinominarono Semovente M43 da 15 cm (i). Gli Americani invece se ne interessarono. Lo portarono ad Aberdeen e ci studiarono su, contribuendo a far nascere i semoventi M107 da 175 mm. Il pregio di questa realizzazione da ben 24 t era di offrire mobilità e anche abbastanza protezione al pesante cannone da 149 mm, ma a dire il vero il mezzo era praticamente privo di protezione per i serventi, mentre a bordo c'erano solo 6 granate il che significava la necessità di mezzi portamunizioni. Inesistente la difesa ravvicinata. Era in sostanza un affusto cingolato, piuttosto che un vero semovente, differentmentedifferentemente dall' Hummel che- seppure con un obice da soli 13 km di gittata, era abbastanza ben protetto e con 18 colpi al seguito.
 
[[Immagine:Semovente_90_53.Aberdeen.0002kyed.jpeg|300px|left|thumb|Il semovente da 90 mostra qui la postazione di tiro scudata, mentre il cannone equivaleva alla lunghezza di tutto lo scafo]]
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Da ricordare i prototipi delle cingolette CVP. Gli Italiani, scarsamente mobili, erano rimasti impressionati dall'uso delle migliaia di cingolette Vickers, simili meccanicamente ai carri leggeri, con la funzione di piattaforme per mitragliatrici, mortai, lanciafiamme, e di mezzo da trasporto truppe generico. Già nel 1937-38 si era proposto per l'Ansaldo Mo. 36 (un antenato dell'M11) un tipo scoperto che trasportava, sia pure sacrificati, 7 persone pilota incluso, con una linea piuttosto alta rispetto alle cingolette; non ebbe seguito, ma dopo il 1940 vennero apprezzate le cingolette britanniche, che erano un prezioso supporto per la fanteria inglese e in missioni di ricognizione a breve raggio. Si provò a clonarle con la Fiat Cingoletta 2800 o CVP.4 (per il peso delle tonnellate), con motori di potenza non ben chiara, ma da 66-80 hp per oltre 60 kmh, con Breda Mod. 38 da 8 mm in casamatta anteriore; poi c'era il prototipo Ansaldo per la CVP.5 o L.40, da ben 5,5 t in quanto basata sullo scafo del carro leggero L.6/40 con un motore SPA da 88 hp: la velocità era ridotta a 50 kmh, ma c'era una 13,2 mm in casamatta e una 8 mm per la difesa anche contraerei: praticamente si trattava della versione scoperta dell'L6, soluzione piuttosto costosa anche se ben protetta rispetto alle cingolette vere e proprie per i maggiori spessori delle corazze. Ma questi prototipi del '42 non passeranno in produzione facilmente, essendo troppo bassa la priorità. Come facile da prevedere, il meno macchinoso tipo Fiat, praticamente una clonazione diretta del mezzo inglese, venne scelto per la produzione. Esso continuò con varie modifiche per accontentare le interminabili richieste dell'Esercito, ma nell'estate venne sospeso. Poi, pare che dopo l'armistizio vi sia stata una produzione (non si sa quante) per conto dei Tedeschi.
 
I trasporto truppa furono per lo più realizzati con soluzioni come la SPA con apposito telaio, o altri tipi secondari. La SPA 37 era il sostituto di fatto degli autocarri leggeri, le Autocarrette OM Mod. 32, 25 e 37, o dei Lancia SPA CL.39, che potevano essere anche armati di mitragliatrici. Ma dal '38 ci si rese conto che ci sarebbero voluti anche dei mezzi blindati. Nel gennaio 1941 si ordinarono 200 autoprotetti S.37 su scafo SPA TL.37, un trattore d'artiglieria. C'erano anche altri prototipi, però scartati a favore di questa soluzione abbastanza piccola e semplice. I semicingolati in futuro avrebbero dovuto essere i Fiat 727 e Breda 61, mezzi tedeschi prodotti su licenza. Ma per i mezzi da trasporto truppe c'era l'esigenza di 2.699 esemplari, i primi 200 per l'appunto del tipo S.37. La produzione di questi durò fino al '42. La meccanica era quella del trattore TL.37, ma per ottenere prestazioni adeguate venne poi quella, sugli esemplari di serie, dell'autocarro AS.37, per una velocità massimoamassima dell'ordine dei 50 kmh con un motore SPA da 52 hp, e le ruote sia motrici che sterzanti. La blindatura era di 6-8 mm, ma il cielo del mezzo era aperto. I soldati trasportati erano al massimo 7. L'armamento comprendeva una Breda da 8 mm. Era certo un mezzo per impieghi secondari, non esattamente di prima linea; potremmo definirlo una specie di VTL Lince d'annata. Era possibile anche munirlo di lanciafiamme Mod. 35, e spesso fece parte delle colonne anti-partigiani in Iugoslavia. Ma spesso era usato come mezzo ambulanza, trasporto materiali, unità comando. Ne vennero derivati anche l'autoblindo ABS.37 con la torretta da 8 mm binata dell'AB.40, ma rimase senza esito. Anzi, l'unico prototipo approntato aveva una mitragliera da 20 mm Breda, e venne inviato, stante la carenza di autoblindo, in 'valutazione' in Africa nell'estate del' 41. A dicembre venne catturato a Sidi Rezegh e qui finì la storia, anche se poi l'allettamento dato da un mezzo tanto economico come blindo fu tale che la Viberti, ai tempi della RSI, costruì una blindo leggera simile ma con torre da 20 mm, anche se realizzata solo in due esemplari. Durante la guerra le pur poche S.37 vennero usate ampiamente nei Balcani come mezzi di scorta convogli, operando con carristi, bersaglieri e motociclisti. I Tedeschi catturarono dopo l'armistizio 37 veicoli, gli W g S 37 (i), mezzi da trasporto truppe ruotati. I partigiani iugoslavi anche, e forse pure quelli italiani ne ebbero, mentre nella RSI tale mezzo continuò ad essere ampiamente usato, per la relativa sicurezza che dava, come mezzo antipartigiani.
 
*Dimensioni: lunghezza 4,95 m, larghezza 1,92 m, altezza 2,13 m
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*'''Prestazioni''': 50-84 kmh a seconda del terreno, 300 km di autonomia normale, 1.500 massima (2 km-litro), guado 0,7 m e gradino 30 cm <ref>Sgarlato N: ''La camionetta Sahariana'', Eserciti nella Storia mar apr 2007</ref>
 
Tra i prototipi valutati anche la Caproni-Vespa, in competizione con il Lince. Essa era una maccchinamacchina simile all'Ape, ma con 4 ruote disposte a rombo, provata dal 2 febbraio 1942. Era un mezzo originale, armato in un secondo tempo con un'arma da 8 mm, ma non passò in produzione. Aveva un motore Lancia Astura da 82 hp, era lunga 3,9 m per 2 di larghezza, alta 1,85 m, pesava 3,4 t, corazza spessa (26 mm frontale e 14 laterale), 80 kmh e 200 km di autonomia su strada<ref>Sgarlato N: ''L'autoblindo Caproni Vespa'' Eserciti nella Storia ago-set 08</ref>.
 
Un altro tipo fu la Lancia Ansaldo Lince, che era la copia di quella blindo leggera inglese, la Daimler BSA Scout Car Mk 1 Dingo, che era un blindato da esplorazione leggera di grande successo. Era stato richiesto come blindo da esplorazione già nel 1937-38 con una corazza che, malgrado le piccole dimensioni, arrivasse ad almeno 25 mm, per fronteggiare il fuoco controcarri sull'arco frontale. Dei tre prototipi presentati nel 1938, vinse il tipo BSA, che ebbe il nome 'Dingo' ereditato dal concorrente perdente presentato dalla Alvis, una delle altre concorrenti. La vittoria comprendeva anche la richiesta successiva di alzare a 30 mm la blindatura e 14 mm laterale, cosa che rendeva questo piccolo mezzo paragonabile ad un carro incrociatore di seconda generazione. Era un mezzo con casamatta anteriore con arma da 7,7 mm, altissima mobilità, un vero capolavoro in termini di meccanica compatta, con cambio sequenziale Wilson idraulico con 5 marce senza frizione, 4 ruote motrici e tutte sterzanti. Vennero catturate fin da Dunquerke e alla fine della guerra ce n'erano ancora 200 in servizio nella Wermarcht, anche se ai guidatori non piacevano quanto agli inglesi, che invece ne erano entusiasti per la sua mobilità e capacità di ricognizione e sopravvivenza ai colpi leggeri, evitando al contempo i proiettili più potenti con la sua velocità e bassa sagoma.
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Armi diverse erano anche i lanciafiamme,installati anche a bordo dei carri leggeri L3 (solo alcuni). Il lanciafiamme Mod 35 pesava 27 kg con 11,8 l di capacità del serbatoio, gittata di circa 23 m, con un'autonomia di fuoco rimarchevole di 18-20 secondi. Il carro L3 ne aveva un tipo molto potenziato con rimorchietto blindato da 500 kg, come poi avverrà con il carro Churchill inglese; ma i tipi successivi sistemeranno i serbatoi sopra il cofando motore. Uno dei carri lanciafiamme italiani tentò animosamente di serrare le distanze, con la sua bassa sagoma, vicino ad un T-26 repubblicano, che però lo fece a pezzi molto prima a cannonate da 45 mm, prima di essere distrutto a sua volta dall'artiglieria campale.
 
Quanto alle bombe a mano, c'erano solo armi offensive della generazione Mod 35.Diversi tipi, caratterizzate da scarsa efficacia, dalla necessità di colpire qualcosa (erano ad impatto, non a tempo) per detonare, dal fatto di non poter essere usate in ambienti chiusi e anche nevosi-fangosi. Inoltre la struttura era neldi costoso alluminio e ancorché sicure, erano troppo complesse per quel che offrivano. C'erano nondimanonondimeno ben 8.651.000 esemplari alla fine del '39, 12.680.000 nell'ottobre del '40, nel gennaio 1942 si superavano oltre 15 milioni di armi, mentre la produzione mensile non superò mai le 500.000. Molte anche le bombe straniere, francesi di preda bellica o tedesche, usate. Solo nel '43 arrivò una bomba a mano difensiva, con raggio delle schegge di oltre 30 m, pesante 1,7 kg, come i tipi in uso in tutti gli altri eserciti, specie quello francese. Nonostante i rapporti sull'efficacia delle bombe a mano Breda, al dunque l'effetto delle varie tipologie era più che altro psicologico. La bomba Breda 35 lasciava nel terreno un cratere di ben 20 cm di diametro e 10-15 cm di profondità, scagliando 300 circa schegge, necessariamente leggere, che già a 3 metri dallo scoppio erano incapaci di ferire gravemente gli avversari. L'applicazione dell'involucro in acciaio permise alla Breda 40 di aumentare del 50% la propria efficacia, ma gli studi per dotare le bombe di manico per tiri a lungo raggio vennero interrotti nel '43 adottando la bomba Mod. 24 tedesca come Mod. 43. La bomba Breda venne usata anche come base della bomba controcarri dirompente Mod 42, praticamente un contenitore con un kg di esplosivo con un manico e la bomba fissata lì vicino. Quanto ai rapporti, la Breda in Spagna era giudicata la migliore, come effetti e affidabilità di scoppio, la SCRM era menmeno oaffidabileaffidabile, la OTO era leggera, con scarsissima efficacia pratica, ma dato il peso ridotto, quella con la maggior gittata e la preferita dai soldati. Pesavano tutte circa 200 grammi con cariche di scoppio di 43-70 grammi, distanze di lancio di circa 35 m. Se si considera un paragone, la Mod. 24 tedesca pesava 500 gr, di cui 165 di carica, e anche se si poteva usare bene solo da in piedi, la distanza di lancio arrivava agevolmente a 40 metri con personale ben addestrato<ref>Cappellano F: ''Le bombe a mano del R.Esercito'', Storia militare gen 1999</ref>.
 
A livello superiore c'erano un lotto di fuciloni controcarri Solothurn svizzeri, di cui 179 vennero reperiti dai Tedeschi anche a seguito dell'armistizio. Essi erano capaci di perforare 30 mm a 500 m, ma erano anche pesanti 50 kg, per cui spesso venivano usati con automezzi vari o carri leggeri L3.
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Le mitragliere Breda da 20 mm erano armi diffuse ed apprezzate, usate anche dal nemico quando le poteva catturare; meno diffuse ed apprezzate, seppure più economiche, le Scotti paricalibro. La loro affidabilità meccanica era probabilmente inferiore, come accadeva con le armi d'impiego aeronautico. I cannoni da 47 mm controcarri, un progetto Bolher austriaco, rimasero i cannoni controcarri standard per la guerra intera, come anche l'armamento dei carri armati. Avevano un peso ridotto a 280 kg ed erano someggiabili, nonché una valida granata antipersonale. Ma la loro capacità perforante divenne col tempo del tutto inadeguata (43 mm a 500 m), anche se si tentò di fare qualcosa con munizioni migliorate, specie introducendo una HEAT scarsamente efficace.
 
L'artiglieria nel 1940 comprendeva qualcosa come oltre 12.000 pezzi oltre il 47 mm di calibro. Era un parco enorme, ma i pezzi moderni erano solo alcuni cannoni contraerei da 76/46 e obici da 75/18. Il resto era ancora residuato bellico della guerra precedente, per lo più austro-ungarico. Quest'ultimo materiale fu una iattura per l'artiglieiraartiglieria italiana, perché era molto valido e superiore a quanto disponibile a livello nazionale, ma questa disponibilità di artiglierie moderne inibì il rinnovamento, comunque necessario, per i decenni successivi e molti progetti non passarono in produzione se non con tempi lunghissimi e in piccole quantità. Il calibro divisionale era ancora il 75 mm, anziché il 105 mm oramai affermato. L'artiglieria di corpo d'armata e d'armata era altrettanto obsoleta. Per rimpiazzare queste artiglierie si era pensato a diversi nuovi armamenti che offrivano prestazioni valide ma si perse troppo tempo nell'incertezza su cosa e come ordinare.
 
I nuovi modelli erano gli obici Mod 35 da 75/18 mm someggiabili, da 9,5 km e 1,050 t, i Mod. 37 da 75/32 con una gittata di oltre 12 km, peso 1.200 kg e angolo di 50° (brandeggio), fino a 45° elevazione (come il Mod 34, solo che la v.iniziale era di 624 ms anziché 425); e molto più diffusi, i Mod. 37 da 149/19 erano obici per equipaggiare l'artiglieria dei 26 Corpi d'armata.
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L'obice Ansaldo da '''210 mm''' era pure della metà degli anni '30; giudicato per lungo tempo troppo pesante, era infatti difficile da usare con i trattori dell'epoca come anche con i ponti del genio, pur smontato in due carichi. Esso aveva un peso di circa 16 t e una gittata, con la granata da 100 kg, di circa 15,5 km. Solo pochi pezzi vennero realizzati durante la guerra, di cui 8 sopravvissero e vennero riutilizzati assieme agli M115 da 203 mm americani, fino a che alcuni anni dopo vennero radiati. Esistono ancora tutti gli 8 sopravvissuti alla guerra, mentre altri erano stati persi in Russia. Erano anch'essi armi potenti e moderne, ma al solito, troppo pochi e troppo in ritardo.
 
I cannoni Ansaldo da 90/53 Mod 41 erano gli epigoni di alcune artiglierie pensate sopratutto per la Marina (erano i pezzi da 90/50 mm), armi leggermente più potenti degli 88 tedeschi (come del resto anche gli altri pezzi da 90 mm); assieme ai più leggeri pezzi Ansaldo da 75/46 mm tentarono di aggiornare l'artiglieria antiaerea italiana, ma non ci riuscirono mai del tutto. Avevano gittata contraerea fino a 12 e 8 km rispettivamente e un'alta velocità iniziale. Dall'inizio del '42 cominciarono anche ad arrivare appositi autocannoni su scafo di camion pesanti Lancia 3 Ro, SPA Dovunque 41, Breda 52. Usati efficacemente dal maggio '42 contro i carri del Commonwealth, inquadrati in gruppi su due batterie di quattro pezzi (2 gruppi e quindi 16 cannoni per divisione), erano armi contraerei, controcarri e all'occorrenza da campagna. Ma la combinazione con il grosso autocarro era troppo visibile, lenta e vulnerabile. La loro nascita era dovuta all'aver visto il successo degli '88 tedeschi su installazioni campali o su semicingolati, e al servizio di Bir el Gobi fatto da appena 3 autocannoni con i vecchi pezzi da 102/35, eppure più che sufficienti per dichiarare ben 15 carri britannici KO. Da El Alamein si salvarono solo 3 cannoni, che vennero aggregati al grupogruppo Cantaluppi. Le caratteristiche del cannone erno: peso proiettile 10,1 kg HE, ben 12,1 kg perforante (con nucleo metallico), v.iniziale (perforante) 758 m.sec, gittata max 14 km, quota max 12 km, cadenza 20 c.min, perforazione: 100 mm a 500 m (altre fonti dicono 1000) se con angolo a 90°, o 80 mm a 30°, il che significava prestazioni buone ma non eccezionali, forse per via delle munizioni. Infatti l'88 tedesco, invariabilmente comparato come 'inferiore' al 90 mm italiano, era capace di perforare 100-120 mm a 1000 m e 30°. A 1.500 m il pezzo italiano perforava 80 mm o 60 a 30°. Questo significa che era anche inferiore al pezzo americano M5 controcarri da 76 mm che arrivava a 84 mm a 1.840 m (Armi da guerra 46), per cui la mancata costruzione di una granata HEAT a causa della sufficiente capacità di quella perforante non è del tutto giustificabile. L'88 tedesco la possedeva, e in ogni caso non aveva problemi a perforare 100 mm a 1.830 m. Quindi la raccomandazione di tirare da forti distanze (almeno 1.500 m) non era poi così saggia, se anziché i Crusader c'era da vedersela con gli M4 Sherman (51 mm a 56° frontali, 76 mm torretta). Il peso del complesso era di 11.500 kg. In ogni caso questi cannoni fecero del loro meglio e furono armi efficaci, anche se il munizionamento non le valorizzava come doveva. Spesso il tiro era eseguito con una centralina di tiro c.a. con la batteria al completo sia contro aerei che contro i carri armati<ref>Del Rosso A: ''Gli Autocannoni in A.S.'' Storia militare Dic 2005</ref>. Il Mod 41, derivato dai pezzi da 90/50 navali precedenti, sostituiva il meno potente Ansaldo Mod 34, arma moderna ma un pò superata al tempo stesso. Questo era nato nel '34, ma stranamente, pur avendo esattamente le stesse caratteristiche dimensionali del Pak 40 tedesco, mai venne adottato a compiti campali veri e propri. Solo pochi erano in servizio allo scoppio della guerra, pur con una rispettabile gittata di 8.500 m antiaerea, che superava quella dei vecchi cannoni da 75, 76 e 102 mm largamente usati. Nel '42 non ce n'erano che 226 e altri 45 del Mod. 40 da postazione fissa. Venne usato anche dai Tedeschi dopo l'Armistizio, nonché dagli Alleati. Ma nel frattempo era il Mod 41, del 1941, ad essere diventato il cannone più importante, tanto che circa 200 erano disponibili nel '42 e sopratutto 539 lo erano nel settembre del '43, a parte i 29 per autocarri e qualche superstite dei semoventi da 90. Le munizioni pesavano in tutto 17,7-18,7 kg l'una, e almeno 315 vennero usati dai Tedeschi come Flak 41(i) o con altre denominazioni. Dal' 52 in Italia cominciò a cedere il passo all'M1 americano, maggiormente automatizzato, mentre dal 1950 non era più in servizio l'88 tedesco, penalizzato dalla scarsità delle munizioni in quel calibro (ma in Yugoslavia l'arma è rimasta in servizio per decenni). L'esperimento del 90/70 mm postbellico non ebbe esito pratico ed operativo, anche se balisticamente era notevole, come del resto lo erano i precedenti 90/70 americano e 88/71 tedesco. Tra l'altro le granate di 90 mm erano accusate di frammentarsi in pezzi troppo piccoli per essere efficaci quanto dovevano contro i bombardieri pesanti.
 
Un altro cannone che doveva sostituire, completando una vera e propria gamma, era il pezzo da 105/40, della OTO, approntato dopo lunghe e tribolate fasi di sviluppo, senza molta priorità. Esso era pesante, nella sua configurazione iniziale, circa 3.700 kg e tirava un proiettile da 17,5 kg a 16,5 km, ma soffriva di una rapida usura, solo nel 42-43 arrivarono miglioramenti tali da produrre una batteria sperimentale, e di questo elegante cannone, più volte rivisto, vennero ordinati ben 620 pezzi. Ma l'Armistizio pose fine alla speranza di averli, e nessuno della batteria sperimentale sopravvisse. Era un cannone dall'aria simile a quella dei pezzi tedeschi, con un freno di volata a spargisale, ruote stampate, canna piuttosto lunga. Piuttosto pesante per tirare, sia pure a 720 m.sec, una granata relativamente leggera (ma non per il calibro), analogamente a simili progetti tedeschi, non suscitò l'entusiasmo generale, se i primi, approntati nel '36, non avevano dato 7 anni dopo ancora luogo alla produzione in serie. Così il cannone di corpo d'armata rimase il vecchio 105/28 di progettazione francese, valida ma oramai piuttosto vecchia arma, ora se non altro affiancata dal pezzo OTO da 149 mm, che era ben superiore al vecchio obice da 149/13. Del 105/28 in Italia ce n'erano all'inizio della guerra oltre 900, ma la cifra è incerta. Ce n'erano quasi 600 (tra cui forse anche quelli di preda bellica francese e greca) nel tardo '42 e 27 gruppi d'artiglieria ancora nel giugno del '43, che equipaggiavano tutti i Corpi d'Armata, mentre altri erano usati come cannoni controcarri con granate EP. Le munizioni delle artiglierie italiane, grazie alla generazione Mod. 32 consentirono molti miglioramenti rispetto a quanto possibile con le vecchie armi, per esempio la Mod. 32 per il 105/28 arrivava a oltre 13,6 km con 2,3 kg di HE, anche se poi il tipo più usato arrivava a circa 12,8 km. Sempre meglio di quelli di vecchio tipo, ancora largamente in uso, da meno di 11 km. La granata perforante da 105/28 Mod. 43 EP pesava 14 kg, v.iniziale 602 m.sec, gittata max. teorica 12.360 m, 100 mm di corazza con impatto a 30°, per velocità inferiori a 500 m.sec. La direzione di appena 14 gradi, e la cadenza di appena 1-2 c.min, oltre al peso di quasi 2,2 t rendevano tuttavia piuttosto aleatorio l'uso dell'arma contro i carri armati nemici<ref>Pignato N: ''Il 105/28 nel Regio Esercito'', Storia militare nov 2008</ref>.
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I mortai vennero usati anche come armi contraeree di sbarramento, con almeno 30 batterie costituite nel '42. Esse avevano 2 plotoni, 8 sezioni, 16 mortai l'una. Ma durarono poco, quasi tutte vennero ricostituite con i cannoni Breda da 37/54 mm (5 batterie) o i pezzi da 88 tedeschi (11). Avevano munizioni che esplodevano a mezz'aria, oppure quelle speciali con una quota di 800 m o poco oltre, dispiegavano il paracadute, scendevano a 5-6 ms, con un cavo d'acciaio di 4 mm di 100 m attaccati ad una carica esplosiva o incendiaria, su cui andava a sbattere l'aereo che incontrava l'arma nella sua discesa. Non si sa se ebbero mai successo o anche impiego, ma questo impiego era fattibile con migliore efficacia dai razzi come quelli usati dagli inglesi in batterie multiple, anche da navi (erano gli U.P. da 51 o 76 mm). Erano previsti compiti del genere anche per i pezzi da 120 mm, ma questi non pare siano mai entrati in servizio<ref>i mortai: Cappellano F. Mortai del Regio esercito'' Storia militare agosto 1997</ref>.
 
 
===Varie===
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*2.800.000 bombe a mano, 1.700.000 granate d'artiglieria, 900.000 t di munizioni di fanteria.
*2422 auto, 13.128 automezzi, 762 trattori, 320 auto speciali, 123.114 mc di carburante, 67.400 cavalli e muli, 867.000 t di viveri, 12.650 t materiale sanitario, 908mc vini e liquori, 923.000 cappotti, 2.130 motocicli, 17.760 tende, 1.553 barche da ponte, 173 lanciafiamme ecc.