Armi avanzate della Seconda Guerra Mondiale/Francia 3: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Nessun oggetto della modifica
Riga 1:
 
 
 
{{Armi avanzate della Seconda Guerra Mondiale}}
 
Line 39 ⟶ 42:
[[Immagine:75mm field gun m1897 3.jpg|300px|right|thumb|Il
Mle 1897]]
Le artiglierie erano un'altro punto forte dell'Armée. I vecchi '75' , i Modello 1897 con la loro cadenza di tiro elevata (25 c.min) grazie ad un meccanismo segreto, erano stati piuttosto sopravvalutati all'inizio della guerra, anche se in ossequio alla strategia dell'attacco a tutti i costi, praticamente non c'era altro che questi leggeri cannoni capaci di tirare colpi da 6 kg a 11 km. Ma contro le trincee non erano efficienti. Ma nel '40 ce n'erano ancora oltre 4.500 esemplari. Migliaia di altri erano sparsi nel mondo (ma stranamente non in italiaItalia, che pure aveva un modello di cannone francese, il Mod. 11, da 75 mm), tanto che erano usati largamente dall'Esercito americano. Erano stati resi mobili grazie alle ruote a pneumatici. In seguito, del grande parco cannoni preso ai francesi (chiamati FK 97(f)) moltissimi vennero trasformati in Pak 97/38 dai Tedeschi, per uso controcarri, mentre anche i Francesi li usarono in questo modo con lo scudo del cannone parzialmente tagliato e abbassato. A Bir Hakeim il loro potere perforante (50 mm/30°/500 m) si fece sentire contro i carri 'M' italiani. Anche i pezzi dati agli italiani in URSS, con un proiettile HEAT come standard ebbero successo contro i carri T-34.
 
Peso: 1.970 kg in assetto di marcia, 1.140 in posizione, direzione 6°, alzo -11/+18°, proiettile 6,2 kg a 575 ms per una gittata di 11.110 m.
Line 51 ⟶ 54:
Peso:1.700 kg in assetto di marcia, 1.627 in posizione, direzione 5°, alzo -6/+50°, proiettile 15,7 kg a 442 ms per una gittata di 10.300 m.
 
C'erano altre artiglierie, come gli obici e i cannoni da 155 mm e anche i vecchi cannoni della I GM dell'artiglieria pesante, sia ferrorivariaferroviaria, che da posizione, che semovente, fino al 340 mm. I sistemi semoventi erano su di un grande scafo che poteva portare un obice da 280 o un cannone a lunga gittata GPF da 194 mm, capace di oltre 20 km. Il primi esempio del concetto fatto proprio con gli M110 americani.
 
I cannoni contraerei erano pure numerosi, ma si trattava per lo più dei 75 mm adattati al tiro contraerei. C'erano sia i cannoni da 75 modificati con una nuova b.d.f. di tecnologia moderna, che cannoni del tutto nuovi. In tutto questi ultimi erano almeno 400.
 
Poi c'era il problema della difesa a bassa quota. L'esercito francese pensava che c'era bisogno, come armi contraeree, solo di due tipi: il '75' ammodernato e una mitragliatrice pesante da 12,7 o 13 mm. Era un concetto molto opinabile, e la Hotchkiss già nel '32 produsse un cannone da 25 mm di tipo moderno, a tiro rapido con alta velocità iniziale. Lo presentò ai militari che tuttavia lo giudicarono inutile, nonostante la sua potenza. Ma poi venne la guerra in Spagna e alloreallora le opinioni sui cannoni automatici cambiarono in fretta. I militari si precipitarono ad ordinare alla ditta questi cannoni, ma solo nel '38 si risolsero tutti i dubbi relativi a cadenza di tiro, tipo di affusto e così via. Troppo tardi, specie considerando che nel frattempo erano in produzione le armi ordinate dalla Romania che già occupavano le linee di montaggio. Alla fine vennero fuori due tipi di 25 mm, il Mod 1938 con affusto trainabile su di un unico asse, e il Modele 1939 per impiego su postazione fissa. Ne venne sperimentato un tipo per la Marina, anch'essa in bisogno disperato di armi moderne per la difesa contraerea. Infine si passò a realizzarne un affusto binato terrestre ,il Mod 940. Questi cannoni erano pensati per essere, allora come oggi, di un gradino superiori rispetto ai pezzi da 20 mm, con proiettili potenti, lunga gittata, e ancora una cadenza di tiro più che accettabile. Esistevano anche proiettili perforanti. Il peso in batteria del Mod 38 non era basso: 850 kg, ma sparava proiettili da 290 gr a 3 km e 250-350 colpi al minuto, molto di più di un cannone da 20 mm (tipicamente colpi da 120-130 gr a 2 km e cadenza di 250-400 c.min), velocità iniziale 900 ms (anche questa molto alta). Il problema a quel punto fu che questo cannone da 25/60 mm al maggio 1940 era stato prodotto solo in poco oltre 1.000 esemplari, e non riuscirono a fermare i Tedeschi. Questi catturarono e usarono i cannoni di questo tipo, ne cedettero alcuni agli Italiani, e il progetto base venne usato anche dai Giapponesi come arma standard, sopratutto navale (anche oltre 100 per nave). I Francesi fallirono invece con il cannone da 37 mm, dalla scarsa gittata e potenza. Questo era un progetto Schneider e venne anch'esso respinto dall'Esercito che non ne vedeva l'utilità; venne venduto nondimeno alla Romania e anche alla Marina francese.
 
Al solito, dopo le esperienze della guerra civile spagnola si cambiò idea sull'utilità dei cannoni di medio calibro e si ordinò come Mod 37 questo cannone, con un lotto di ben 600 pezzi da consegnare entro il 1941. Ma già si era capito che quest'arma aveva una canna troppo corta e una gittata massima, con le sue munizioni di 0,55 kg a 800 ms, paragonabile a quella del 25 mm. Solo che il Mod 1937 pesava 1.340 kg, anche di più di un cannone da 75 mm campale. Se non altro sparava 175 colpi al minuto, anche se nemmeno le munizioni erano particolarmente efficaci. Comunque, per quando apparve, era nonostante tutto un pezzo all'avanguardia. Sta di fatto che nei tardi anni '30, per quando venne adottato, il miglior cannone della categoria era il Bofors e così, dopo avere valutato di produrlo su licenza i Francesi preferirono comprarlo dai Polacchi, che già lo costruivano. Visto che il pezzo da 37 francese era un cannone lento da assemblare, vennero ordinati anche molti 37 mm americani, che però non sarebbero mai stati consegnati in tempo. Il Mod 37 venne prodotto in pochi esemplari e i Tedeschi non lo ritennero degno di essere riutilizzato se non per le fonderie. Così sparì dalla scena questo sfortunato cannone contraerei.
Line 94 ⟶ 97:
[[Immagine:MuseeMarine-tourelleRichelieu-p1000445.jpg|300px|left|thumb|La torre quadrinata delle 'Richelieu']]
'''Cannoni antiaerei''': un punto in cui la Marina francese non aveva condizioni di eccellenza, anche se la situazione variava. Le navi francesi avevano essenzialmente mitragliatrici da 13,2 mm, troppo deboli contro gli attacchi aerei, e cannoni da 37 mm però di tipo semiautomatico (come anche quelli tedeschi),il che significa che non sparavano a raffica. C'erano anche dei moderni cannoni da 90 mm (per esempio sugli incrociatori leggeri), quelli da 100 mm e infine, i 130 mm degli incrociatori da battaglia.
 
 
'''Cannoni di medio e grosso calibro''': molti e potenti, da 130 e 138 mm per i cacciatorpediniere, da 152, 155 e 203 mm per gli incrociatori pesanti, da 330, 340 e 380 mm per le navi da battaglia.
 
 
In dettaglio ecco le caratteristiche delle armi di bordo: i 6 La GallinnonièreGallissonière, di cui tre andarono a fondo a Tolone nel '42, erano armati con i 152/55 mm Mod 1930, tre torri trinate di cui due a prua, il che ne faceva delle mini-navi da battaglia. Ciascun cannone pesava 7,5 t e sparava 5 c.min a 900 ms. Questo dava la possibilità di tirare proietitliproiettili di ben 58 kg a 26.900 m, superando praticamente ogni altra artiglieria equivalente, quanto a doti balistiche; la perforazione di corazza arrivava a 122 mm a 10.000 m, mentre ogni torre pesava 172 t. Era indubbiamente un investimento, quanto a peso, notevolissimo; ma ripagato dalla potenza di fuoco esprimibile, e dalla protezione delle torri, che arrivando a 130 mm potevano incassare anche colpi diretti di altri incrociatori, laddove in genere le torri erano poco protette nelle navi di questo tipo. Per fare un paragone, i cannoni dei pur potenti incrociatori 'Town' avevano una gittata di circa 23 km per proiettili da 50 kg, anche se sparavano a 6 c.min. Le torri non superavano i 64 mm di spessore. I cannoni da 90 mm erano i Mod. 1926, vmx 850 m.sec, 12-15 c.min, gittata 15 km. Anch'essi erano armi molto potenti per il calibro, paragonabili ai pezzi da 90 americani e italiani successivi di circa 10 anni.
 
'''Caratteristiche''':
Line 156 ⟶ 160:
 
----
I sottomarini erano anch'essi una flotta notevole, tra cui 6 posamine e il SOURCUF, il sottomarino più grosso del mondo, armato con due cannoni da 203 mm in barbetta anteriore. Sarebbe andato perso per una collisione a guerra inoltrata, ma era un sommergibile assai valido come costruzione. In tutto una marina potente, che come quella Italiana aveva 12 incrociatori leggeri, 7 pesanti, sei sommergibili posamine, una nave supporto idrovolanti (la C.DE TESTE). Le navi da battaglia erano più potenti di quanto era disponibile prima dell'arrivo delle LITTORIO, ma in ogni caso c'erano anche in costruzione, anzi in approntamento, la versione ingrandita delle Dunquerke, che da 26.000 t passavano a 35.000 (in realtà 41.000), le due '''[[w: Classe Richelieu (nave da battaglia) |Richelieu]]''' con 8 cannoni da 380 mm da circa 39 km di portata. Le 'Dunquerke', come tante altre navi francesi, si auto-affondarono a Tolone nel tardo 1942, quando si trattò di scegliere tra una navigazione pericolosa con la LW che dominava i cieli, o auto-affondarsi (in ogni caso senza farsi catturare dai tedeschi). Le 'Richelieu' invece sopravvissero perché non si trovavano in patria ma all'estero.
 
Da ricordare anche le corvette: le 13 'Elan' avevano disclocamentodislocamento di appena 630 t, 740 a pieno carico; erano navi da 78 m con motori diesel su due assi, per 4.000 hp, 20 nodi e autonomia di 16.675 km a 14 nodi; l'armamento era di 2 pezzi da 100 mm e alcuni da 13,2mm, oltre a sistemi di dragaggio. Il loro aspetto era insolito, con un ponte di castello bassissimo, e spigoli arrotondati nel raccordo tra coperta e fianchi, quasi fossero dei sommergibili; la prua non aveva armi, ma c'erano sulla tuga, a sua volta davanti alla plancia in posizione molto alta sul mare. In seguito a queste unità, dotate di notevole autonomia, fecero da successori 9 'Chamonis' che vennero sorprese dallo scoppio della guerra e non vennero completate tutte; avevano finalmente un bordo libero più alto delle 'Elan', che appartenementeapparentemente erano concepite con l'idea che il mare dovesse essere lasciato entrare fino sopra il ponte di coperta, che era a quel punto di tipo stagno. Gli 'Elan' servirono anche con la Royal Navy.
Le 'Richelieu' invece sopravvissero perché non si trovavano in patria ma all'estero. La seconda nave, la JEAN BART, partì addirittura incompleta delle artiglierie principali e la stessa capoclasse era ancora in rodaggio. Si trattava di navi possenti, con una robusta corazzatura e velocità di oltre 30 nodi, anche se di ridotta autonomia (appena maggiore di quella delle 'Littorio', certamente le peggiori tra le grandi navi da battaglia di ultima generazione), giustificata dalle previste operazioni in Mediterraneo.
 
 
Da ricordare anche le corvette: le 13 'Elan' avevano disclocamento di appena 630 t, 740 a pieno carico; erano navi da 78 m con motori diesel su due assi, per 4.000 hp, 20 nodi e autonomia di 16.675 km a 14 nodi; l'armamento era di 2 pezzi da 100 mm e alcuni da 13,2mm, oltre a sistemi di dragaggio. Il loro aspetto era insolito, con un ponte di castello bassissimo, e spigoli arrotondati nel raccordo tra coperta e fianchi, quasi fossero dei sommergibili; la prua non aveva armi, ma c'erano sulla tuga, a sua volta davanti alla plancia in posizione molto alta sul mare. In seguito a queste unità, dotate di notevole autonomia, fecero da successori 9 'Chamonis' che vennero sorprese dallo scoppio della guerra e non vennero completate tutte; avevano finalmente un bordo libero più alto delle 'Elan', che appartenemente erano concepite con l'idea che il mare dovesse essere lasciato entrare fino sopra il ponte di coperta, che era a quel punto di tipo stagno. Gli 'Elan' servirono anche con la Royal Navy.
 
 
===Le Dunquerke<ref>http://www.warship.get.net.pl/Francja/Battleships/1937_Dunkerque_class/_Dunkerque_class.html</ref>===
 
La Marina francese ebbe l'onore e anche l'onere di mettere in cantiere le prime vere corazzate veloci nate in Europa, se non nel mondo. Questi incrociatori da battaglia iniziarono una corsa agli armamenti in cui ognuno cercò di superare gli eventuali avversari, nate per contrastare le corazzate tascabili tedesche, che erano del resto il massimo concesso alla Germania nel dopoguerra. Dato che la Francia era rimasta troppo a lungo ferma nella sua evoluzione tecnica, iniziò dai primi anni '30 a riequipaggiarsi con navi moderne (e lo stesso valse per i carri armati, del resto). Durante la prima guerra mondiale il meglio che venne costruito fu la classe 'Bretagne', non disprezzabile per l'armamento da 340 mm, ma non certo all'avanguardia, mentre i 5 'Normandie' parimenti armati ma molto superiori, non ebbero completamento. Solo una di queste navi ebbe completamento nel dopoguerra, ma come portaerei, la Bearn, che nacque grazie ad un aiuto tecnico britannico (con i disegni della Eagle). TantomenoTanto meno i 4 'Lyon' del 1915 ebbero completamento, lasciando in campo solo 5 corazzate progettate nel periodo prebellico, data l'assenza di minacce concrete da parte dei Tedeschi ora disarmati, si cominciava a pensare alle teorie sulle piccole e ben armate navi nate dalla 'Jeune Ecole' del tardo 1800: cannoniere, siluranti e incrociatori leggeri. La cosa venne aggravata, ovviamente, dal Trattato di Washington, che lasciava solo 175.000 t corazzate ai Francesi, e la possibilità di varare due sole nuove navi nei tardi anni '20. Ma il dislocamento libero era solo di 35.000 t, così si pensò ad un incrociatore da battaglia da 17.500 t, 33-36 nodi e dotato di due torri quadruple da 305 mm. Il suo compito non era quello di combattere le corazzate, dalle quali dovevano semmai scappare, ma affrontare gli incrociatori pesanti con i 203 mm, che avessro magari tentato di attaccare i convogli marittimi, con la relativa protezione necessaria. Dato il compito di inseguimento 'corsari', non stupirà che tutti i cannoni venissero concentrati a prua, il che riduceva la lunghezza della cittadella corazzata. Ma le 'Panzerschiffe' avevano il 280 mm, e questo si sapeva essere un grosso problema data la fine di molti battlecruiser inglesi quando affrontati dalle navi da battaglia con cannoni similari. Allora si migliorò il disegno delle navi e rapidamente si raggiunsero le 23.300 t, che avrebbero sfruttato le 70.000 t costruibili entro il 1936. Inizialmente si trattava di un progetto con 8 pezzi da 305 in torri quadrinate (che erano discendenti concettualmente dai Normandie), più 12 pezzi da 130 mm in torri triple, tutte a poppavia. Presto però il dislocamento salì a 26.000 t data la necessità di proteggersi dal fuoco dei pezzi da 280 mm tedeschi e finalmente, nell'aprile del '32 si giunse a 26.500 t, che comportava anche i nuovi cannoni da 330 mm ad altissima velocità iniziale. Con 16 pezzi da 130 e cintura da 250 mm, la velocità calava a 29,5 nodi. Già dal '31 l'autorizzazione era giunta per la prima delle due navi, ancora come si è visto in definizione, mentre la seconda era prevista per il '34. Il 10 giugno di quell'anno, esattamente 6 anni prima della sua entrata in guerra, l'Italia dichiarò la sua volontà di costruire le prime due nuove corazzate da 35.000 t, e i Francesi, che non avevano cantieri abbastanza grandi per simili unità navali, dovettero per il momento decidersi (il 25 giugno) a costruire solo la seconda nave con protezione aumentata, ovvero la Strasbourg. Alla fine, già la Dunquerke, la prima della sua classe, dislocava 26.500 t standard e ben 35.500 a pieno carico; una nave dall'aspetto imponente, con una grande e alta torre di controllo, e un singolo fumaiolo poppiero. La sua protezione comprendeva una cintura da 225 mm alta 5,75 m e inclinata di 11,3 gradi, capace di fermare (ma qui non è chiaro cosa si intenda, dato che la cintura principale era dentro lo scafo e inclinata di 21 gradi) contro i colpi da 280 mm oltre i 18.000 m. Dietro la cintura interna c'erano 60 mm di legno duro (teak), e davanti ad essa, dentro lo scafo, un materiale gommoso (crema di ebonite) con funzioni anti-allagamento. Questa cintura corazzata aveva base sul ponte protetto inferiore, da 50 mm, inclinato verso l'esterno; c'era poi un doppio fondo, una paratia longitudinale da 40 mm antisiluri, e due paratie da 210 e 180 mm alle estremità della corazza della cittadella. Queste paratie e la cintura erano chiuse da due ponti corazzati che erano decisamente spessi: quello inferiore era quello principale, e raggiungeva 115 mm sulla sala macchina e 125 mm sopra i depositi munizioni, mentre quello inferiore era di 40 mm, 50 mm nella parte inclinata. Oltre la cittadella corazzata il ponte blindato era di circa 100 mm, 150 sopra la sala timone poppiera. La torre di controllo arrivvaarrivava a 270 mm, ma le armi erano anche più protette. La torre principale da 330 mm era sostenuta da una barbetta di 310 mm, la parte anteriore della torre era di 330 mm, lati 250 mm, dietro da 345 mm (torre 1) o 335 mm (Torre 2), separazione dei due gruppi di cannoni da 40 mm; mentre il tetto era di circa 100-130 mm. In tutto c'erano ben 11.040 t di corazza, il 35,9% del peso totale (presumibilmente riferito al dislocamento 'normale', che era valutato di circa 30.000 t; questo significa che le 'Richelieu', con il 39% del peso in corazza, calcolato su 41.000 t normali, arrivavano a ben 16.000 t). La Strasbourg era anche superiore, con cintura di 283 mm, e paratie trasversali di 260 e 210 mm, 360 mm per le torri anteriori, 342 o 352 posteriore, 10 mm extra per il tetto, 340 mm per le barbette. Si trattava dunque di navi estremamente ben protette, eccetto che per la protezione della cintura della capoclasse, ma armi e ponti erano ben protetti.
 
Quanto ai motori c'erano 6 caldaie in tre locali, con due locali turbina separati tra di loro (dalle sale 2 e 3 delle caldaie), e ciascun gruppo motori era del tutto indipendente. Aveva 340 psi di pressione per le caldaie tipo Parsons, costruite dalla Indret e dai Chantiers de l'Atlanticque per la capoclasse, solo da questi per la sorella. La potenza era, grazie alla temperatura di 617° F, di 112.500 hp, sufficienti per 29,5 nodi, ma durante le prove si misurarono 135.585 hp per 31 nodi su due ore di corsa a piena potenza della Dunquerke, e 114.000 hp circa per 30,75 knts su 8 ore di moto. Anche la sorella raggiunse risultati simili. Le torri da 330/50 mm Model 1931 dimostrarono presto dei problemi di dispersione del tiro data l'eccessiva vicinanza dei cannoni tra di loro; in ogni caso erano spaziate bene per evitare che colpi singoli le mettessero KO insieme. La dotazione proiettili era di 800 colpi, più 7.865 per i 130 mm, e 20.700 per i 37 mm; infine c'era una catapulta. Le torri da 130 mm con cannoni Model 1935 avevano armi lunghe 45 calibri. Pesavano 80 o 200 t se erano binate (2) o quadrinate (3), queste ultime messe verso poppa. Se le torri da 330/50 erano capaci di superare i 41 km ad appena 35 gradi, le armi da 130 potevano arrivare, a 45 gradi, a 20 km, con proiettili da 32 kg e colpi da 53 kg. L'alzo arrivava a 75°, ma in generale questi cannoni erano troppo pesanti per l'impiego a.a. essendo armi a doppio ruolo e i sistemi afflitti da problemi meccanici. Per il resto c'erano 4 o 5 (per la capoclasse) in impianti binati semiautomatici da 37 mm, e 22 armi Hotchkiss da 13,2 mm, in affusti quadrinati, oltre a tre aerei dotati di un hangar a due livelli (uno per aereo) con ascensore. Prima c'erano i Loire 130, ma erano previsti gli idrocaccia Loire 210 (che però non si dimostrarono efficaci e non vennero imbarcati). Durante la loro carriera prebellica, le navi ebbero dei miglioramenti: la capoclasse ebbe per esempio più fari (fino a 7 da 120 cm) e sei impianti quadrinati da 13,2 mm, mentre i cannoni da 37 Model 25 vennero sbarcati nel '38, tanto che vennero invece installati altri 2 impianti quadrinati da 13,2 mm. Seguirono anche 4 impianti Model 1937 da 37 mm nel 1938, e ancora altri due impianti da 13 e poi un pezzo da 37 mm aggiuntivo. I cannoni da saluto calibro 47 vennero sbarcati, mentre il telemetro ottico da 12 m della torre telemetrica inferiore venne rimpiazzato con uno da ben 15 metri di lunghezza. Entrambe le navi ebbero anche un cappuccio per il loro fumaiolo, e la Strasbourg ebbe ben 5 impianti aggiuntivi da 13,2 mm nell'autunno del '38. Seguiranno 4 impianti binati Model 1933 da 37 mm, due dei quali sulla sovrastruttura del fumaiolo, più un sesto impianto da 13 mm. Vennero infine installati anche schermi di protezione blindata e un sistema di smagnetizzazione. In seguito la Strasbourg ebbe anche, durante il '42, il radar sperimentale, e altre modifiche ebbero luogo, come l'aggiunta di altri 3 impianti da 13 mm. Nemmeno queste modifiche bastarono a sfidare la minaccia degli aerei tedeschi, se è vero che poi le unità francesi di Tolone vennero affondatesabotate dagli stessi equipaggi.
 
 
Line 174 ⟶ 175:
===La 'Richelieu' e la diaspora della flotta francese <ref>Vascotto R. ''La corazzata Richelieu'', Storia Militare Dic 2008</ref>===
 
Ecco uno sguardo d'insieme sulla flotta francese e sull'evoluzione ultima della flotta d'anteguerra: le corazzate classe 'Richelieu'. Bisogna dire che la flotta francese non è mai stata ben studiata. Non ha mai adottato materiali standardizzati con i Britannici o gli americani, quindi ha fatto poco parlare di sé, e storicamente, nelle guerre combattute, è risultata sostanzialmente irrilevante. Ma tutto questo non giustifica la sostazionalesostanziale mancanza d'interesse a livello internazionale per una Marina che sebbene isolata progressivamente, ha saputo mantenere una sua logica e indipendenza, sia nel bene che anche nel male, con scelte non necessariamente condivisibili e spesso causate da situazioni contingenti. Come si vedrà, le 'Richelieu' rispiecchiano bene tale travagliata storia e l'elevato spreco di potenzialità dato dall'evolversi nefasto degli eventi, culminato con il 'suicidio della flotta' di Tolone, nel tardo 1942. Del resto le flotte militari sono da sempre dipendenti, non tanto dalla tecnica (nonostante l'apparenza) ma dall'impostazione politica di cui sono espressione.
 
Dopo la I guerra mondiale la Francia aveva una flotta militare dal dislocamento complessivo tutt'altro che trascurabile, pari a 485.000 t. Ma il drenaggio per le esigenze del conflitto a terra era stato tale, che solo 25.000 t erano al momento sugli scali per le nuove costruzioni. Con i Tedeschi rimasti a tiro di cannone dalle periferie di Parigi (almeno per quel che riguarda i 'super cannoni' da 120 km) fino alla fine della guerra, non c'é da stupirsene. Ma del resto furono proprio gli errori della politica e dell'esercito a causare il crollo del 1914. Servivano, e vennero prodotti, piuttosto grandi quantitativi di artiglierie e anche di carri armati, di cui la Francia fu la seconda produttrice dopo la Gran Bretagna. Nell'immediato dopoguerra i piani di crescita per le varie marine mondiali dovettero in gran parte essere accantonati o decurtati drasticamente. C'era da valutare gli effetti delle innovazioni tecniche sulla progettazione delle navi, specie le offese subacquee e in prospettiva, aeree, che per navi tradizionali erano potenzialmente mortali (specie i siluri e le mine). Peggio ancora, c'era la crisi economica e il goffo tentativo di governare la 'tenuta pacifica' dell'Europa dopo l'armistizio. L'Austria si era quasi dissolta, ma la Germania preoccupava e molto. I trattati internazionali per limitare gli armamenti erano sopratutto volti al settore navale, che per giunta sancì la superiorità degli anglo-americani sui Francesi, e peggio che mai, la parità con l'Italia. Il trattato di Washington del '22 arrivò quando non c'era ancora Mussolini al potere, ma la crisi e i problemi sociali mordevano fortissimo in un'europaEuropa piagata dalla guerra e dalle malattie (influenza 'spagnola' in primis). Ora la Francia era certo molto imbarazzata dal dover risultare pari all'Italia, non tanto per un problema d'orgoglio quanto per la difficoltà a garantire il controllo dei mari e i collegamenti con le colonie sparse nel mondo, mentre al contempo l'Italia aveva possedimenti oltremare meno estesi e poteva quindi dedicarsi con maggiore impegno ad una competizione contro i Francesi. Da allora la rivalità franco-italiana venne fuori con una serie di navi che cercavano, nei limiti del dislocamento (spesso però superati) concesso, di superarsi in capacità operative. Per giunta, la Francia doveva anche guardarsi dalla Germania, e non solo sul settore navale: se con gli Italiani c'era sempre da poter contare sulla barriera alpina, con i Tedeschi il problema era quello di affrontare un nemico potenziale molto più numeroso e agguerrito. Anche occupare la Rhur non sarà sufficiente per frenarne il riarmo, che d'altro canto era stato suscitato anche dalle esose richieste Alleate come risarcimenti post-bellici, inaccettabili per i Tedeschi, che bene o male avevano concluso la guerra stando ancora in territorio francese (e quindi non sentendosi realmente come 'sconfitti'). Si costruì la Linea Maginot, che ingoiò nel terreno cannoni, bunker e un pozzo di denaro in forti che erano considerabili come 'corazzate di terra'. Ora in tutto questo c'era poco spazio per la Marina, già trascurata da governi deboli ed instabili. Niente leggi speciali per la marina (come quella che nel '76 'salvò' la Marina italiana), ma solo bilanci annuali in cui far rientrare tutte le spese dato il compito assegnato alla forza armata. E questo richiedeva ben 720.000 t di navi d'ogni sorta per assolvere ai tre principali compiti: contrasto ai Tedeschi, agli Italiani e mantenimento delle comunicazioni oltremare. Così ancora nel 1940 c'erano, in realtà, solo 550.000 t suddivise in 175 navi da guerra e 110.000 per le navi ausiliarie.
 
Così si attese il 1931 per iniziare ad aggiornare le navi da battaglia della flotta, stimolati dalle Panzerschiffe tedesche (e i Tedeschi a loro volta vennero stimolati, come anche gli Italiani, dalla 'risposta' francese), si impostarono le due 'Dunquerke' da 25.000 t. E per giunta, c'erano altri problemi, al solito politici: nel '35 gli Inglesi acconsentirono ai Tedeschi, con accordi bilaterali nel giugno di quell'anno, di arrivare a 420.000 t di naviglio, pari a 2/3 di quello francese. Con Mussolini che scosse il panorama internazionale con la crisi etiopica e che già era 'pari' alla Francia, e la Germania che sarebbe arrivata ai due terzi, i Francesi non avevano più modo di difendersi da soli. Dovettero cercare l'appoggio britannico, che fin'allora era rimasto piuttosto vago, tanto che ci volle l'accordo di Portsmouth dell'agosto del '39 per ottenere un impegno concreto. Dal gennaio 1935 i Francesi avevano già denunciato il Trattato di Washington, oramai visto da quasi tutti come un 'laccio' che legava le mani al riarmo internazionale e ai preparativi per quella che le scelte politiche stavano concretizzando giorno dopo giorno: un'altra guerra mondiale. Naturalmente, per temerla e prepararsi a combatterla, si fece una via più larga al suo avvento, e così i tardi anni '30 videro una frenetica corsa al riarmo, tutti preoccupati di quello che gli altri stavano facendo.
Line 197 ⟶ 198:
*Corazzatura: cintura 330 mm, torrione 340 mm, torri 170-430 mm, ponti 40-170 mm.
 
Grandi navi, dunque, con una velocità tale da superare ogni possibile oppositore, almeno tra quelli fin'allora realizzati. La lunghezza, circa 10 m maggiore delle 'Littorio' (ma non delle 'Bismarck') deve aver contribuito al risultato, affinando forme di carena tali da raggiungere velocità mai viste con una nave da battaglia. Alle prove svolte il 13 giugno 1940, a 43.800 t, si raggiunsero i 32,63 nodi, e l'apparato motore si dimostrò in grado di sviluppare effettivementeeffettivamente ben 179.000 hp. Gli elettrogeneratori erano a loro volta in grado di sviluppare 9 MW. Lo scafo che permetteva tale livello di velocità ed efficienza (l'autonomia era buona se si considera la quantità di carburante a bordo) pesava il 28% del totale, il motore appena il 7,1%. La protezione faceva per molti versi affidamento ai concetti sviluppati dagli Inglesi e concentrava nel ridotto corazzato la maggior parte delle protezioni, pari a ben il 39,2% del peso totale, Il che significa che le 'Richelieu' erano protette da ben 15.000 t di corazzatura, se si presta fede al dislocamento effettivo (qualcosa di più delle 14.000 t delle 'Littorio' per uno scafo del resto più grosso), oppure ancora di più se si considerano le 44.700 t a pieno carico.
Ecco come era configurata la protezione a mezzanave: sotto il ponte di castello, privo di corazze, c'era il ponte di coperta leggermente protetto con 24 mm, poi il ponte principale che arrivava a 150 (se non anche 170) mm, e che costituiva un ostacolo difficilmente perforabile da un qualunque cannone navale: era più spesso di circa il 50% rispetto al ponte principale della Bismarck. Sotto c'era un ulteriore ponte corazzato da 40 mm, che si trovava proprio sopra, tra l'altro, alla sala macchine, per un totale quindi di ben 214 mm di acciaio, ripartiti in 3 ponti. Sui lati c'era un'elaborata protezione subacquea, che comprendeva varie paratie di cui l'esterna protetta con 18 mm, e la più interna da 30. La cintura, come nelle navi americane, non era a murata, ma messa dentro la nave, il che consentiva di inclinarla di circa 15 gradi. Era spessa 330 mm (meno sotto la linea di galleggiamento) e il suo spigolo superiore era sia collegato alla murata, che al ponte principale da 150 mm, formando una vera scatola corazzata. Dietro c'era una corazza da 50 mm inclinata che proteggeva da colpi che eventualmente avessero perforato la sua protezione. Quindi, ricapitolando: niente o quasi sui due ponti superiori, massimo livello protettivo nei due inferiori e sui fianchi, in un arrangamentoarrangiamento moderno e apparentemente efficiente.
 
L'armamento al confronto pesava poco, appena il 16%, ed era raggruppato nella maniera più efficiente possibile in termini di ingombri. Non necessariamente era anche il miglior arrangiamento come rendimento, dati ceri problemi di messa a punto e concettuali, come l'impossibilità per le armi principali di sparare verso poppa, e di quelle secondarie di sparare verso prua. In compenso, era garantita la resistenza alle ondate, grazie anche alla lunghezza del ponte di prua e ad un enorme tagliamare a V davanti alle torri, e che proteggeva anche parecchie mitragliere antiaeree.
Line 212 ⟶ 213:
 
I Francesi dovettero letteralmente scappare, sia con la Richelieu, che con la Jean Bart. L'altra corazzata venne abbandonata al suo destino, mentre i Tedeschi arrivavano fino al confine spagnolo il 26 giugno. Dal 28 maggio l'ammiraglio Darlan aveva predisposto che le navi si autoaffondassero oppure (quelle più moderne) scappassero dalla Francia e si rifugiassero nelle colonie. Non voleva certo che cadessero in mano tedesca, ma nemmeno in quella degli Inglesi. La Francia sconfitta si affidava alla sua flotta in esilio per contare ancora qualcosa nel prosieguo della guerra più disastrosa della sua storia recente. 230 navi francesi scapparono anche in Gran Bretagna, e si prepararono alla riscossa, mentre la terza 'Richelieu' (battezzata ora 'Clemenceau') venne abbandonata, come anche le portaerei. Tra le navi scappate c'era anche il Jean Bart, varato solo il 6 marzo 1940 e ancora da allestire, tanto che aveva solo 4 dei suoi cannoni a bordo (quindi il programma era in leggero ritardo rispetto alle 'Littorio'). Ma anche il 'Richelieu' non stava messo bene: non aveva parte dei cannoni da 13 e 37 mm, solo 269 degli 832 colpi da 380 mm previsti e per giunta, appena 196 cariche di lancio; nessun colpo da 152, solo 1.770 da 100 mm su 6.190 previsti, più 2.030 colpi da 37 mm (il 22,5%). Non c'erano gli aerei, mancavano 221 dei 1.569 marinai, e solo i cannoni a.a. avevano sparato contro aerei tedeschi, mentre i pezzi da 380 avevano sparato solo 5 colpi l'uno per le prove. E così alle 16 del 18 giugno scappò da Brest per arrivare a Dakar il 23, mentre il Jean Bart era arrivato a Casablanca nonostante solo una parte dei motori funzionasse. Ma a quel punto accadde una cosa che nemmeno Darlan aveva previsto: gli Inglesi si dimostrarono oltremodo sospettosi sui Francesi, perché temevano che con l'armistizio cedessero la flotta all'Asse. Con il senno di poi è una cosa che non sta in piedi nonostante l'esilità del governo Petain, ma le rassicurazioni francesi (poi ottemperate a Tolone nel novembre 1942) non convinsero i britannici, che pretesero il disarmo o la consegna delle navi francesi. Seguì l'Operazione 'Catapult' per la loro conquista, e il massacro di Mers el-Kebir del 3 luglio. L'8 luglio 1940 6 Swordfish attaccarono la Richelieu a Dakar, e nonostante le reti parasiluri e alcuni mercantili inglesi requisiti ed ormeggiati vicino alla nave, misero a segno un siluro. Come se la nave non fosse già alle prese con una messa a punto del tutto carente, l'arma aggravò la situazione con una falla da 9x8 metri a poppa, che fece entrare fino ad oltre 2.400 t d'acqua date le solite vie d'acqua emerse dai passaggio dei cavi elettrici nelle paratie (uno dei punti deboli delle navi contro gli allagamenti), fino a che la nave, alla bassa marea, toccava il fondo e si inclinava, incurante anche dello sbarco di 2.000 t di nafta. Ci volle fino al 28 agosto per togliere l'acqua dai locali con i modesti mezzi disponibili e si dovette rattoppare la nave con una controcarena appositamente fatta con tenuta stagna, che consentisse di riparare dall'interno lo scafo. I marinai rimasti dopo la smobilitazione parziale erano pur sempre 1.200 e lavorarono duramente con questa nave mestamente abbandonata in Africa. Poi arrivò ancora la politica. De Gaulle sapeva bene che per avere una certa legittimità, doveva assicurarsi il controllo di una parte del territorio coloniale francese, e questo doveva essere fatto lottando contro il governo di Vichy, mentre l'aiuto dei Britannici doveva essere accettato, ma senza esagerare se non si voleva diventarne totalmente succubi. Molte colonie francesi dell'africa (quelle dell'Africa Equatoriale Francese) si erano effettivamente schierate con gli Alleati, ma Vichy mandò a Dakar la Forza Y (due incrociatori leggeri moderni e 3 grossi ct), tanto che quando i Britannici e i Francesi Liberi organizzarono l'Operazione Menace' (con 2 corazzate, la portaerei Ark Royal, vari incrociatori e ct) si ritrovarono contro il fuoco degli incrociatori e della corazzata. Era il 23 settembre 1940 e gli emissari francesi Gaullisti vennero respinti a mitragliate; la corazzata sparò con i 100 mm contro un 'aviso' francese e lo costrinse ad andarsene, mentre sparò anche contro gli aerei britannici. Il giorno dopo la corazzata francese fece anche più sul serio, tanto che abbatté alcuni velivoli inglesi durante un bombardamento. Poi sparò con i 380 mm della torre II. ma alla seconda salva un colpo esplose dentro la canna mettendo KO il cannone e altri 2 vicini, anche perché i cannoni delle torri quadrinate erano su due affusti a culla unica (per due cannoni l'uno, quindi). Le cause di questo incidente erano da ricercarsi nei proiettili, che presentavano delle cavità che avrebbero potuto liberare, una volta a segno, del gas velenoso (come l'Yprite). Forse fu per questo, forse per le cariche di lancio adattate dai colpi da 330 mm già disponibili, sta di fatto che in seguito i proiettili ebbero tali buchi chiusi con cemento. I serventi vennero trasferiti nella torre I (c'era personale sufficiente solo per una), nel mentre la N.7 da 152 colpì la Bharam almeno due volte. Il 25 settembre vi furono altri scontri, e la Richelieu venne centrata da un colpo calibro 381. Però ebbe danni ridotti, e alle 9.25, dieci minuti dopo, colpì con un colpo da 380 la Barham, costretta ad allontanarsi a velocità ridotta. Con il danneggiamento ad opera di un sommergibile della HMS Resolution, il piano franco-britannico era fallito (anche perché metà degli aerei erano stati distrutti). La falla venne riparata, nel disinteresse delle commissioni armistiziali dell'Asse (adirate per la mancata consegna delle navi da parte di Darlan) il 14 aprile 1941. La Richelieu, che non ebbe alcuna perdita durante gli scontri armati, aveva degnamente resistito alla prova. Ma quando vi fu lo sbarco in Africa settentrionale finalmente Darlan, che era stato sostituito da Laval nel ruolo di capo del governo dal 17 aprile 1942, ordinò alle forze francesi (lui era in Africa all'epoca) di cessare le ostilità. La flotta di Tolone, intrappolata dall'azione rapida dell'Asse, si autoaffondò (perdendo, tra l'altro, tutti gli incrociatori pesanti e da battaglia), mentre a Dakar c'erano la Richelieu, 3 incrociatori 'La Galissonniere' (gli altri tre vennero affondati a Tolone), 3 smg e due supercaccia, più altre navi minori. La Jean Bart era sempre a Casablanca.
 
 
Ma le navi francesi erano oramai ad un livello ridotto d'efficienza, e anche la potente flotta di Dakar, languente da due anni in tale lontano porto, non poteva dare grande aiuto agli Alleati. Così, per rendere efficienti e ammodernate le navi, venne autorizzata la loro trasferta negli USA, dove la Richelieu giunse (partendo il 30 gennaio 1943) assieme all'incrociatore Montcalm e 4 caccia dell'USN, muovendosi alla misera velocità di 14 nodi. Se non altro a NY, quando arrivò l'11 febbraio, venne accolta festosamente, dal 18 la grande nave (ancora dipinta in colore grigio chiaro, da tempo di pace) entrò in arsenale ed ebbe presto 56 cannoni da 40 mm in impianti quadrupli e 40 Oerlikon singoli al posto dei cannoni antiaerei originali. due radar di scoperta, ma nessuno di tiro (erano considerati segreti). L'equipaggiamento venne migliorato anche in altri aspetti, i cannoni da 380 ebbero munizioni apposite made in America (era un calibro mai esistito negli USA), e con un costo molto elevato, la nave venne approntata entro il 26 agosto. L'equipaggio salì a 1.930 persone, ma vi furono almeno un centinaio di disertori. I cannoni da 380 della Jean Bart vennero montati sulla Richelieu, a parte il quarto pezzo che finì in un poligono americano. Il 14 ottobre 1943 la nave fece rotta per l'Africa, a ben 24 nodi di velocità, ma la flotta italiana era già fuori gioco e allora venne diretta in Gran Bretagna per proteggere i convogli sotto minaccia delle corazzate tedesche, cooperando assieme alle 3 navi da battaglia britanniche della Home Fleet; ebbe quindi dei radar di tiro, ma uscì in azione solo una volta. Era capace di tenere testa alla Tirpiz, ma questa venne danneggiata gravemente e la Scharnorst affondata. Allora venne mandata, in questa specie di gioco dell'Oca planetario, in Estremo Oriente contro la Marina Giapponese, partendo il 14 marzo 1944 per Ceylon, dove giunse il 10 aprile. Ebbe impiego con la flotta orientale, che era composta da 3 vecchie navi da battaglia e 3 portaerei moderne, più navi minori, e dovette prendere ordini dall'ammiraglio Somerville, quello di Mers El-Kebir, il quale tuttavia fece del suo meglio per dissipare i rancori francesi. Seguì una intensa e apprezzata attività di bombardamenti costieri nella zona dell'Oceano Indiano, fino a che tornò in patria il 1 ottobre 1944, ben 52 mesi dopo la partenza. Ripartì appena una settimana dopo per Casablanca dove ebbe altri lavori di raddobbo e nuovi radar, più apparati ECM. Dal 20 marzo 1945 tornò a Trincomalee con la Esat Indies Fleet britannica, al comando dell'amm. Frazer sulal HMS Queen Elisabeth. Altre missioni di bombardamento, poi a Durban per ottenere altre armi da 40 mm al posto di quelle da 20, troppo deboli per fermare i Kamikaze. Ma uscì dai lavori solo il 10 agosto, e a quel punto la guerra era finita (ufficialmente terminò il 2 settembre). Ma non dappertutto e allo stesso tempo. Si diresse alla volta di Singapore per la cerimonia di resa della guarnigione giapponese, che ebbe luogo il 12 settembre. Durante il viaggio urtò una mina nello Stretto di Malacca. La sua resistenza alle offese venne dimostrata appieno, dato che riportò solo dei danni alle casse stagne che trasportavano vino. Da ricordare che venne ventilata a lungo anche l'ipotesi di far partecipare le due 'Littorio' (e anche uno stormo di Z.1007) alla guerra del Pacifico, scartata per opportunità politica (e per le deficienze delle navi in questione, come nell'autonomia e nella dotazione di proiettili).