Armi avanzate della Seconda Guerra Mondiale/Francia 3: differenze tra le versioni

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==Fanteria==
Le armi portatili non erano molto moderne, ma non mancarono bombe a mano di tipo piuttosto efficace, mitra, mitragliatrici Hockthiss, queste ultime sia da 8 che da 13,2 mm (simili come caratteristiche alle M2 americane). I mortai Brandt da 60, 81, forse già anche da 120 mm, erano i migliori. I mortai da 60 erano molto meglio di quelli leggeri da 45 e 51 mm che erano la norma all'epoca per le unità di fanteria. I pezzi da 81 erano le armi standard, riprodotte nel resto del mondo, del settore mortai pesanti: progetti derivati o copie erano stati adottati da Italia, Germania, URSS, USA. Sono in servizio ancora oggi, come anche quelli da 60 mm, se non altro perché entrambi vennero prodotti negli USA durante la guerra, e poi dalla Cina, tanto che i vietcong li usavano contro gli americani in Vietnam. Sparando fino a 30 c.min da 1,6 kg in un minuto, su di un raggio di 1,6 km erano grandemente superiori rispetto agli 900 grammi e mezzo km di gittata dei mortai da 50, che erano meno pesanti ma meno potenti.
 
 
==La linea Maginot<ref>Bagnaschino D: ''La linea Maginot delle Alpi'', Storia militare dic 2008</ref>==
 
Iniziata nel '28, caratterizzata dal motto 'qui non si passa', la famosa linea di fortificazioni si contrapponeva alla 'Sigfrido' tedesca e alle possibili avanzate italiane in territorio francese. Differentemente dall'omologa germanica si trattava di un sistema molto sofisticato e potente, ma anche molto costoso. Nel '40 non era ancora stato completato e anche per questo venne superata dai Tedeschi, anche perché il passaggio in Francia attraverso il Belgio del nemico non era contemplato, e quindi non c'erano forti difensivi. A dire il vero verso il Belgio vennero lanciate le divisioni di cavalleria meccanizzata, le migliori che avevano i Francesi, ma queste vennero poi sconfitte e tutto crollò come un castello di carte. Suddivisa in due fronti, Nord e Sud, la Maginot era comunque una linea potente e nata per consentire la guerra in trincea senza i disagi orrendi patiti dai soldati nel primo conflitto mondiale. La zona Nord era lungo il confine tedesco, con 22 forti, ma sulle Alpi, nel front Sud, c'erano ben 23 opere principali. Tuttavia le casematte erano 400 contro appena una, e le opere piccole 36 contro 27. Quindi le Alpi erano tenute essenzialmente dai forti, mentre le opere difensive risultavano maggiormente dense sul fronte nord. LE casematte su questo fronte erano pensate per controllare i reticolati e gli sbarramenti controcarri, con gallerie sotterranee di collegamento; c'erano persino linee ferroviarie sotterranee di tipo elettrico. Costruite secondo i controlli e le conclusioni dei due enti preposti, le commissioni C.D.F, e C.O.R.F., la seconda nata dalle indicazioni della prima (Commissione Difese Frontiere), si snodarono in grandi forti distanziati di 5 km sotterranei e su più piani, che emergevano solo per le parti 'attive', ovvero le torri di avvistamento e di fuoco. Erano dietro reticolati e sei linee di cavalli di frisia controcarri, protette da cannoni e mitragliatrici; le strutture erano mimetizzate al meglio. Le grandi opere difensive avevano un massimo di 19 blocchi attivi, armate anche con pezzi d'artiglieria a tiro indiretto; mentre quelle piccole avevano al più cannoni controcarri e mortai speciali da 50 mm. Singole opere potevano anche arrivare a dimensioni enormi, con gallerie che potevano arrivare ad oltre 8 km, 21 artiglierie e oltre 1.000 soldati della guarnigion. C'erano due ingressi, per gli uomini e i materiali, le ferrovie erano da 60 cm di scartamento, c'erano ascensori e vari piani, che includevano i depositi, ospedali, alloggi, servizi igienici: nulla fu risparmiato, nonostante il grande costo, per assicuare la protezione degli uomini e la loro efficienza. Le opere grandi avevano armi a tiro diretto e artiglieria, per questo erano note come 'miste', mentre quelle piccole, da 'fanteria', avevano solo l'entrata per il personale e non avevano un deposito di munizioni centrale. Ovviamente, essendo opere di difesa di frontiera, dovevano essere azionate in pochissimo tempo, e il personale era ben addestrato e specializzato, in genere proveniente dalla zona dove sorgeva l'opera e quindi più propenso a difenderla (perché difendeva anche casa sua); il personale era fanteria per il 30%, artiglieria per il 40, genio per il 30%; erano ripartiti in Reggimenti di Fanteria, Artiglieria o Genio da Fortezza, inquadrati assieme al personale medico e di supporto, nelle Truppe da Fortezza. I locali di servizio erano sottoterra, tra i 12 e i 40 m, a seconda della situazione (per esempio, c'era la necessità di almeno 12 m per la roccia dura, come 25-30 m per terreni argillosi); ma i blocchi attivi dovevano essere sopra il livello del terreno. Non c'era altro, e quindi quando si parla delle opere difensive moderne, scordiamoci gli alti (e vulnerabili) castelli medievali, messi in crisi già nel Rinascimento dalle artiglierie.
 
Le protezioni delle casematte erano di vari livelli: la protezione N.1 resisteva al 160 mm con muri verticali spessi 1,75 m e tetti di 1,5 m; la N.2 era contro il 240 mm con spessori di 2,25 e 2 m; la N.3 resisteva al 300 mm, spessa 2,75/2,5 m; la N.4 aveva resistenza al 420 mm e spessori di 3,5 m e 3,5 m, ma solo verso il settore verso il nemico. Ovvero, se le fortificazioni fossero state catturate, avrebbero costituito una minaccia. Così il lato verso il territorio 'amico' aveva la protezione N.1, così che tutte le opere potessero essere colpite efficacemente dall'artiglieria francese se fossero state catturate. La resistenza era in ogni caso calcolata contro colpi multipli: contro cannonate singole, era possibile aumentare il livello di protezione calcolabile, che poteva arrivare anche ad affrontare cannoni da 520 mm con la N.4. La protezione per la zona delle Alpi era in genere N.2 o N.3, mentre contro la Germania si temeva maggiormente e si usava spesso la N.4. I blocchi delle torri girevoli potevano resistere anche a bombe da 500 kg. C'erano casamatte, torri fisse e torri a scomparsa, ben progettate e a chiusura stagna per gli scudi delle armi a tiro diretto, per fermare schegge e anche i micidiali gas. Le torri fisse erano chiamate cloche, che significa campana, realizzate in 1536 pezzi, divisibili in sei pezzi per il trasporto (cosa apprezzata, specie per le Alpi), le casematte erano utili per il tiro sui fianchi nemici, ma le torri a scomparsa erano le più interessanti, nate a Verdun nella Grande Guerra, e in uno spazio minimo, avevano armi di vario genere, con la possibilità di abbassarsi negli intervalli di tiro e la possibilità di sollevasi solo di poco dal terreno, quel che bastava per sparare. Si potevano usare cannoni da 75, mortai da 81, lanciabombe da 135 mm, mitragliatrici varie, spessore medio delle pareti di 30 cm. La più grossa di queste, la Mod. 33, aveva il cannone e pesava 265 t per un diametro di 4 metri. In tutto ne vennero costruite 155, di cui appena 6 per le Alpi (con cannoni da 75 e un lanciabombe). Il peso minore era quello delle torri per mitragliatrici, 'appena' 96 t totali, anche se la torretta di per sé era di appena 3,5 t.
 
Le armi erano interessanti: cannoni-obici da 75 mm, mortai da 81, gli appositi lanciabombe da 135 mm; si trattava di sparare anche contro i forti se fossero arrivate le fanterie nemiche su di essi, poiché in ogni caso i forti di per sé erano capaci di incassare colpi ben più pesanti. C'erano feritoie F.M. con i fucili-mitragliatori FM 24/29, le MAC 31 erano mitragliatrici binate che guardavano la sicurezza dei reticolati, c'erano anche lanciagranate a gravità che rotolavano i loro ordigni sui fossati difensivi, bombe a mano difensive ad alta potenza (F1 da 710 gr, D37 da 550, con 75 e 55 gr di HE e raggio utile di 40 m), due tipi di cannoni controcarri (da 37 e 47 mm), un mortaio da 50 mm. Le caratteristiche erano diverse: i cannoni-obici Mod 29 da 36 calibri avevano 12 km di gittata e fino a 30 c.min di cadenza di tiro; i mod 32 erano simili ma da 32 calibri, i Mod 33 idem, i Mod 31 avevano solo canne da 18 calibri e 6 km di gittata, mentre i 32R erano capaci di 9,2 km; i lanciabombe da 135/8 mm arrivavano a 6 km, di fatto erano una sorta di grossi mortai con cadenza di 8 c.min; i Mod. 32 da 81 mm erano mortai da 20 calibri con 3,5 km di gittata e fino a 30 c.min di cadenza di tiro.
 
In tutto vennero installate 344 artiglierie da 75, 145 pezzi da 37, 336 da 47 mm, 1.551 complessi binati di mitragliatrici, 1.600 mortai da 50 e altre armi minori.
 
I dettagli di questi enormi forti di terra erano ovviamente non meno sorprendenti. La profondità dei vari livelli era anche di 60 metri, c'era quindi un gran bisogno di potenza per gli elevatori e gli ascensori, per la luce elettrica, i servizi ecc. Le prese d'aria erano fondamentali per l'opera, e ovviamente anche un punto debole. In genere erano presenti con griglie sotto la cancellata o il ponte levatoio dell'entrata al forte, guardato da casematte e ben distanziato dall'opera per renderla meno localizzabile. Le casematte e le strutture esterne erano spesso fatte a foggia di rocce per essere meno visibili. La centrale elettrica entrava in azione se la rete civile interrompeva la sua fornitura elettrica, mentre esistevano filtri che in caso di attacco chimico filtravano l'aria delle condotte d'aerazione. C'era anche una infermeria con sale operatorie, dato che non si poteva facilmente evacuare chi fosse stato colpito dalle armi nemiche.
 
Delle opere della Maginot alpina, la realizzazione iniziò nel '30, raggiungendo con il forte del Monte Grosso 300 soldati e 4 km di gallerie, sette blocchi attivi con 10 pezzi d'artiglieria tra cui un lanciabombe e 4 mortai da 81. C'erano anche delle parti offensive in tale dispositivo, le Sezioni di esploratori o sciatori, noti anche come SES, che erano le uniche forze mobili ancora disponibili dopo che i Battaglioni di Cacciatori Alpini erano stati mandati al Nord. Differentemente dall'azione tedesca, gli Italiani non riuscirono ad evitare la Maginot alpina, che pure era rimasta con appena 200.000 soldati anziché 500.000, e subirono forti perdite con pochissimi successi, solo raramente riuscirono a conquistare con colpi di mano delle ridotte francesi; nel mentre il forte Charberton, italiano con 8 torri da 149 mm (spessore max 50 mm), veniva semidistrutto dal tiro curvo di tre obici da 280, che sebbene inferiori in gittata (11 km contro 14) erano in una zona da cui potevano batterlo senza essere esposti al suo tiro, troppo teso, di risposta. Il risultato fu la distruzione di 6 torri su 8, decisamente vulnerabili al tiro francese. Gli aerei italiani fallirono sistematicamente a colpire tali opere difensive, e alla fine di 4 giorni di azione gli italiani poterono solo incassare il 'dividendo di pace' della loro entrata in guerra, il famoso 'pugno di morti da gettare sul tavolo' di cui parlò cinicamente Mussolini.
 
La Maginot, oramai decommissionata, non è andata perduta totalmente: almeno 5 musei sono sorti solo considerando la parte Alpina, aiutati dalla robustezza delle opere che le hanno conservate abbastanza bene durante gli anni.
 
==Navi==