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Introduzione alla storia modifica

Le generazioni e gli antenati modifica

Tu hai avuto dei genitori, che ti hanno fatto nascere. Ma anche i tuoi genitori hanno avuto dei genitori, che sono i tuoi nonni. E anche i tuoi nonni hanno avuto dei genitori, i tuoi bisnonni.

Non tutti hanno dei figli, ma tutti gli esseri umani sono nati per opera di un uomo e di una donna.

Ogni volta che un uomo e una donna generano dei figli, si dice che si passa da una generazione alla generazione successiva. Tu e i tuoi fratelli, sorelle, cugini e cugine, se ne hai, appartenete alla stessa generazione. I tuoi genitori e i tuoi zii e zie, appartengono alla generazione precedente alla tua. I tuoi nonni appartengono alla generazione precedente a quella dei tuoi genitori. I genitori dei tuoi nonni, cioè i tuoi bisnonni, appartengono a una generazione ancora precedente.

Ma anche i bisnonni hanno avuto dei genitori, e così via per moltissime generazioni, fino alla comparsa dell'uomo e della donna sulla faccia della Terra. Le persone da cui noi discendiamo tramite una o più generazioni sono dette i nostri “antenati”. Quindi i tuoi genitori sono tuoi antenati, e lo sono anche i tuoi nonni e i tuoi bisnonni; ma non lo sono né i tuoi fratelli, né le tue sorelle, né i tuoi cugini, né i tuoi zii.

Gli esseri umani hanno una vita limitata, e quindi noi possiamo incontrare solamente persone delle generazioni più recenti, ma sappiamo che sono esistite molte altre persone, vissute secoli fa, appartenenti ad antiche generazioni.

I reperti del passato modifica

Ma come facciamo a sapere che sono esistite tutte queste persone? Solo perché ce lo dicono i nostri genitori e i nostri insegnanti?

No. Crediamo all'esistenza degli uomini del passato perché nella loro vita queste persone hanno lasciato molte tracce della loro esistenza, e queste tracce si possono spiegare solamente con il fatto che tali persone sono realmente esistite.

Per esempio, se arriviamo su una spiaggia deserta e vediamo delle impronte di piedi nella sabbia bagnata, capiamo che non più di poche ore prima qualche persona ha camminato a piedi nudi su quella spiaggia. Infatti, le impronte non possono essersi fatte da sole; e se qualcuno avesse camminato lì solo nei giorni precedenti, le impronte sarebbero svanite per effetto della marea; e se fosse passato un cane o una persona con le scarpe, le impronte avrebbero una forma diversa.

Solo i piedi di un uomo passato poco prima possono aver lasciato tali impronte.

Analogamente, noi possiamo vedere molte prove dell'esistenza degli uomini del passato: le costruzioni (case, templi, fortezze, monumenti); gli oggetti per uso casalingo, lavorativo o militare (anfore, piatti, coltelli, spade); i disegni e le scritte su muri o su lapidi; le ossa di uomini morti; i documenti scritti (rotoli, libri, fogli sciolti, tavolette di argilla). Tali oggetti antichi sono detti “reperti”, che significa “cose trovate”.

Per esempio, in un museo ci sono dei fogli di carta in cui sta scritto un importante trattato politico; e questo ci dovrebbe dimostrare che tale trattato è stato veramente firmato dai capi di stato citati nel trattato.

Le contraffazioni modifica

Ma come facciamo a essere sicuri che un documento, per esempio un trattato di pace, risalga proprio al periodo indicato nella data? E se anche risalisse proprio a quel periodo, come facciamo a essere sicuri che le firme siano proprio dei capi di stato citati nel trattato?

In effetti quello della contraffazione, cioè della creazione di documenti falsi, è uno dei principali problemi della storia.

Ma, oltre ai documenti, anche altri tipi di oggetti possono essere falsi. Per esempio, in un museo c'è una spada che si dice fosse stata quella usata da un famoso condottiero, o una ciocca di capelli che si dice fosse stata tagliata dalla chioma di un santo.

Il difficile compito degli storici e degli archeologi è in primo luogo “datare” i reperti, cioè determinare a quale epoca risalgano, e poi, se possibile, “autenticarli”, cioè determinare da quale persona siano stati prodotti.

In alcuni casi si riesce a datare un reperto, ma non ad autenticarlo. Per esempio, se si trova un'anfora in una nave affondata, si può giungere a stabilire esattamente quando tale nave affondò, e che tale anfora è stata prodotta pochi mesi prima che la nave affondasse, ma, a meno che l'anfora sia dipinta o firmata, può essere impossibile scoprire da chi è stata costruita.

D'altra parte in altri casi si riesce ad autenticare un reperto, ma non a datarlo con precisione. Per esempio, se si trova una camicia con le iniziali di un personaggio storico, si deduce che sia appartenuta a lui quando era adulto, ma non si riesce a determinare se l'avesse usata quando era giovane o quando era anziano.

In passato, per datare un reperto si usavano soprattutto gli elementi stilistici di tale reperto: il colore, la forma, il linguaggio e la calligrafia usati per le iscrizioni.

Per esempio, sapendo che una certa parola o un certo stile grafico non siano mai stati usati prima di un certo anno, il fatto che tale parola o stile compaia in un reperto è una prova che quel reperto non è più vecchio (o come si sul dire, “anteriore”) a quell'anno.

Tuttavia, l'analisi stilistica permette di porre solo dei limiti inferiori, cioè per il passato, ma non permette di porre dei limiti superiori, cioè per il futuro. Ossia, un reperto che usa elementi stilistici tipici di un periodo, certamente non risale a prima di quel periodo, ma potrebbe essere stato prodotto anche molto tempo dopo, da qualcuno che voleva imitare appunto lo stile di quel periodo. Ancora adesso ci sono alcuni pittori che dipingono con lo stile rinascimentale, e alcuni amanuensi che scrivono come si faceva nel medioevo.

Purtroppo, in ogni tempo sono stati prodotti moltissimi reperti contraffatti, e, a causa delle difficoltà di datazione, spesso sono stati ritenuti autentici, rendendo quindi molto difficile e incerto il lavoro degli storici.

Ma perché qualcuno dovrebbe produrre oggetti contraffatti?

Ci sono varie motivazioni.

In passato, le motivazioni principali erano attirare i fedeli alla venerazione delle reliquie (che vuol dire “resti”) di Gesù o di un santo, oppure dimostrare di discendere da una persona molto importante (un dio, un re, o un eroe).

Negli ultimi secoli, a causa del sempre maggior interesse verso le antichità, dato che molti sono disposti a spendere sempre più soldi per oggetti antichi, molti falsari si sono dedicati a produrre oggetti allo scopo di venderli a caro prezzo come rare antichità.

Ma oltre alle contraffazioni dolose, cioè create allo scopo di ingannare, ci sono quelle “innocenti”. Infatti, ci sono sempre state persone che, avendo una grande ammirazione per un oggetto artistico, ne hanno fatta fare una copia da un artista. In quel momento tutti sapevano che non si trattava dell'originale, ma dopo secoli può essere difficile esserne sicuri.

Tuttavia, già nei secoli passati gli esperti di antichità riuscivano solitamente a svelare tali imposture a causa di piccoli errori, in modo analogo a quello con cui un impiegato di banca riesce a scoprire una banconota falsa. E quindi gli sprovveduti venivano ingannati spesso, mentre gli esperti si accorgevano quasi sempre della contraffazione. Inoltre, nell'ultimo secolo, sofisticate tecniche di analisi chimica e radiografica dei materiali hanno permesso sia di smascherare alcune contraffazioni particolarmente ben riuscite, che di confermare l'autenticità di molti altri reperti.

L'accumulo di prove indipendenti modifica

Come abbiamo visto, i maggiori esperti di antichità, anche utilizzando tecniche sofisticate, sono solitamente in grado di datare e di autenticare i reperti. Tuttavia, tali operazioni non danno mai garanzie assolute. C'è sempre un margine di incertezza, più o meno grande, e quindi c'è sempre il rischio di ritenere falso un reperto autentico o di ritenere autentico un reperto falso.

Inoltre, anche se un reperto è correttamente datato e autenticato, c'è sempre il rischio di interpretarlo in modo errato.

Per esempio, se si trova una lettera scritta da un personaggio storico a un altro personaggio storico, può darsi che questa lettera non sia mai stata spedita, o che comunque non sia mai stata recapitata al destinatario, oppure che sia stata scritta per fare uno scherzo o come opera di fantasia.

Per fare un altro esempio, se si trova un vestito da donna nella casa di un uomo può darsi che con lui vivesse una donna, oppure che si divertisse a travestirsi da donna.

Pertanto, un singolo reperto solitamente non è una prova schiacciante di un fatto storico. In generale, appena emerge un reperto si ha solo il sospetto che un fatto sia avvenuto. Ma è l'accumularsi di numerosi reperti trovati da persone diverse lontane nel tempo e nello spazio e non interessate a dimostrare false tesi, che rende realmente credibile il fatto storico.

Per esempio, ogni tanto si trovano dei reperti completamente diversi da quelli prodotti da ogni civiltà conosciuta. C'è sempre qualcuno che sostiene che tali reperti devono essere appartenuti ad una antica civiltà poi scomparsa, come quella di Atlantide. Altri sostengono addirittura che devono essere stati lasciati da degli extraterrestri scesi sulla terra con un'astronave e poi ripartiti.

In realtà non ci sono prove sufficienti per dimostrare tali tesi. Si può solo cercare la teoria più plausibile, cioè ragionevolmente probabile.

D'altra parte, il fatto che sia esistito l'impero romano è estremamente assodato, in quanto ci sono centinaia di migliaia di reperti che risalgono a quel periodo, trovati in tutto il Mar Mediterraneo e in mezza Europa nel corso di secoli da persone diversissime (dal contadino al proprietario terriero, dal pescatore al professore universitario), e tutte le interpretazioni di questi reperti concordano nel sostenere che la civiltà romana ha dominato per secoli un vasto territorio.

Per esempio, sui fondali del Mar Mediterraneo sono state trovati i relitti di molte navi di legno contenenti anfore di terracotta, o semplicemente mucchi di anfore. Come si spiega questo fatto, dato che a memoria d'uomo non risulta che nessuno abbia gettato delle anfore in mare, e non si capisce perché avrebbe dovuto farlo? L'unica spiegazione ragionevole è che in passato si trasportavano via mare, su navi di legno, merci contenute in anfore. Tali navi a volte affondavano, trascinando con sé il proprio carico. Nel corso dei secoli il contenuto delle anfore marciva e si dissolveva, e così pure il legno di cui era fatta la nave, mentre le anfore hanno resistito.

Se una persona si presenta con un'anfora e dice che quell'anfora è stata usata dall'imperatore Nerone in persona, probabilmente è un impostore, perché nessuno può essere sicuro di un fatto del genere; e se dice che quell'anfora risale all'Impero Romano, potrebbe aver ragione o potrebbe avere torto, e in quest'ultimo caso potrebbe essere in buona fede o in mala fede. Quindi non è facile essere sicuri dell'autenticità del singolo reperto, ma possiamo essere ben sicuri che l'impero romano è esistito realmente, perché altrimenti non si spiegherebbe la grande abbondanza di anfore trovate. Non sarebbe ragionevole che qualcuno avesse disseminato il mare di anfore per far credere che l'impero romano sia esistito.

In conclusione, i singoli reperti sono come dei tasselli che si incastrano in un puzzle. Ogni tassello non dice molto, ma è l'insieme che è realmente significativo.

La tradizione orale modifica

Da sempre gli uomini hanno desiderato conoscere notizie sui propri antenati. Per soddisfare questa curiosità, molte migliaia di anni fa qualche ragazzo ha chiesto ai genitori di raccontargli chi erano i suoi nonni e i suoi bisnonni, e che cosa hanno fatto di importante.

I genitori hanno risposto raccontando alcune cose dei propri genitori e dei propri nonni, che conoscevano per averle vissute quando erano più giovani: come si chiamavano, che lavoro facevano, dove e quando sono morti.

Questi ragazzi hanno memorizzato per tutta la vita le risposte ricevute dei propri genitori; e, una volta diventati adulti, quando a loro volta hanno avuto dei figli che facevano questo tipo di domande, hanno risposto loro ripetendo il racconto ricevuto dai propri genitori. A tale racconto però hanno aggiunto qualche fatto che hanno visto o udito accadere, e anche qualche fatto che hanno solo sentito raccontare da amici o parenti.

I loro figli, a loro volta, sono cresciuti, hanno avuto dei figli, e hanno raccontato ai propri figli tutto quello che gli avevano raccontato i loro genitori, aggiungendo qualche notizia più recente.

Insomma, ad ogni generazione, la storia della famiglia si allungava, fino al punto che qualcuno era in grado di raccontare i nomi e i fatti importanti di decine di generazioni di antenati. Ovviamente, ad un certo punto, ci si dimenticava qualcosa, o si rinunciava a memorizzare tutta la storia della famiglia.

Anche a livello di intero popolo, c'erano delle persone che assumevano come compito quello di memorizzare tutti i fatti importanti avvenuti in quel popolo nelle generazioni precedenti, e di trasferire tale conoscenza alle nuove generazioni. Tali fatti ritenuti importanti erano: i nomi dei capi che hanno governato il popolo, e gli anni in cui sono ascesi al potere; le guerre e le calamità (come alluvioni, epidemie, carestie, e terremoti).

Queste conoscenze, trasmesse a voce dagli anziani ai giovani, di generazione in generazione, si chiamano “tradizioni orali”, che significa “conoscenze tramandate per bocca”.

Spesso si dice che le tradizioni si tramandavano “di padre in figlio”, anche se non sempre avveniva proprio così. A volte erano i nonni che insegnavano le tradizioni ai nipotini, e spesso c'erano persone stimate per la loro sapienza, che si assumevano il compito di insegnare tutte le loro conoscenze ai propri discepoli, che non erano tutti figli loro.

La tradizione orale non tramandava solamente la storia della famiglia e del popolo. Tramandava anche tutte le conoscenze che si erano accumulate. Ogni volta che qualcuno inventava una canzone, o un ballo, o un racconto, o una tecnica per lavorare meglio, la comunicava agli altri membri del villaggio. Se la canzone, il ballo, il racconto, o la tecnica di lavoro piaceva agli altri, si diffondeva, prima a tutti i membri del villaggio, e poi anche agli altri villaggi del popolo. I genitori la insegnavano ai figli, e i saggi la insegnavano ai discepoli. In tal modo si tramandava di generazione in generazione.

La scrittura modifica

In alcuni popoli, ad un certo punto della loro esistenza, è stata inventata la scrittura. Lo scopo di tale invenzione era principalmente organizzativo, cioè si usava la scrittura per gestire meglio le informazioni utili alla gestione del commercio, delle tasse, e dell'esercito. Tuttavia, in tali popoli, le persone addette alla tradizione orale hanno pensato di approfittare di tale invenzione, ritenendo che, invece di imparare a memoria le lunghissime storie di generazioni di antenati o di interi popoli, fosse meglio scriverle; e quindi hanno incominciato a mettere per iscritto le proprie conoscenze acquisite per tradizione.

Tali tradizioni scritte, dato che raccontavano delle storie, sono appunto state chiamate “storie”.

In effetti i testi scritti si conservano meglio dei testi tenuti a memoria.

Hai mai giocato al gioco chiamato “telefono senza fili” o “passaparola”? Se sì, saprai che ogni volta che un fatto viene raccontato, tale fatto può venire cambiato un po' da chi lo racconta. Spesso, basta che un messaggio passi per una decina di persone, pur convinte di averlo capito, per diventare un messaggio ben diverso.

Per esempio uno può dire: “Alcune centinaia di soldati hanno assediato l'accampamento nemico per due mesi”, ma l'ultimo della fila capisce invece: “Molte centinaia di soldati hanno conquistato l'accampamento nemico due mesi fa”.

Se poi tieni conto del fatto che queste storie non erano brevi frasi ma racconti che duravano decine di ore, e che dovevano essere memorizzate per decenni, puoi immaginare la difficoltà di tramandarle immutate per secoli.

In effetti, oggi non si sa quasi niente di quello che è successo più di mille anni fa e che non è mai stato scritto né fissato in altro tipo di reperti. Questo è dovuto al fatto che nell'arco di mille anni gli errori di memorizzazione e di comunicazione rendono totalmente inaffidabile la tradizione orale.

Dato che nell'antichità non si scrivevano gli spartiti musicali, e ovviamente non c'erano registratori audio, nessuno sa esattamente che musica si suonava e si cantava in quel periodo.

Dato che gli etruschi non hanno mai scritto nessun racconto, nessuno sa che storie si raccontavano per divertirsi.

La scrittura è nettamente più stabile della memoria. In particolare, i dipinti murali, le incisioni su pietra, i mosaici, e le tavolette di argilla si conservano bene anche per migliaia di anni, in quanto si tratta di materiale che non viene corroso né dall'ossigeno dell'aria né dai microorganismi. Le iscrizioni su papiro, pergamena, carta e legno invece sono soggette a deteriorarsi, in quanto si tratta di materiale biodegradabile, cioè che può essere corroso dall'ossigeno dell'aria o da microorganismi. In particolare, se questi scritti vengono bagnati, anche solo dalla rugiada, il testo può diventare difficilmente leggibile in pochi anni a causa di muffe e batteri. Se mantenuto in un ambiente ben asciutto, il materiale organico si deteriora comunque lentamente a causa dell'ossigeno dell'aria che lo ossida, cioè lo “brucia”. Tale combustione è accelerata alla luce diretta del sole. A causa dell'ossidazione, un testo scritto su carta o papiro, se non conservato con particolari accorgimenti, diventa difficilmen te leggibile dopo alcuni secoli.

Se osservi un libro di oltre 50 anni, noterai che le sue pagine sono ingiallite sui bordi, mentre sono rimaste bianche all'interno. Questo è dovuto al fatto che l'ossigeno dell'aria ha raggiunto le parti esterne, ossidandole, ma, dato che il libro era quasi sempre chiuso, non ha potuto raggiungere le parti interne. Pertanto, per conservare un papiro o un libro basta semplicemente tenerlo chiuso in un contenitore in cui non possa entrare aria.

Purtroppo, molti testi sono andati completamente perduti, prevalentemente a causa di alluvioni, incendi accidentali, incendi appiccati da nemici, ma spesso anche distrutti deliberatamente da autorità religiose o civili, in quanto ritenuti immorali o sovversivi. Altri testi sono stati trovati in pessimo stato, e quindi sono estremamente difficili da leggere, ma nondimeno gli studiosi si sforzano di trarne tutte le informazioni possibili.

La stabilità della scrittura modifica

Grazie alla maggiore stabilità della scrittura rispetto alla tradizione orale, le storie scritte hanno subito meno variazioni nel corso delle generazioni. Tuttavia, dopo alcuni secoli, si deterioravano anche i rotoli di papiro o i fogli di carta su cui si scriveva, e quindi, un testo, quando incominciava ad essere difficilmente leggibile, doveva essere duplicato prima che diventasse completamente illeggibile.

Quando si copia un testo, ogni tanto si commettono errori. Tuttavia, tali errori risultavano comunque molto minori di quelli introdotti con la tradizione orale.

Alcuni studiosi, detti “filologi” si occupano di analizzare i testi scritti prima dell'invenzione della stampa, chiamati “manoscritti”, o anche “codici”. Tale analisi ha un duplice scopo.

In primo luogo, se il testo è scritto con una grafia poco chiara o se è deteriorato, si deve determinare che cosa ha inteso scrivere lo scrivano che ha scritto tale testo.

In secondo luogo, se il testo è una copia di un altro testo, si deve cercare di capire che cosa ha inteso scrivere l'autore reale del testo, cioè l'autore del testo originale. Spesso il testo originale non esiste più, ma ne esistono varie copie leggermente discordanti. Il lavoro del filologo consiste nel confrontare tali copie al fine di determinare quale possa essere stato il testo originale.

La scienza dei filologi, detta “filologia”, non si occupa di determinare se i testi affermino cose vere o cose false, anche perché spesso viene applicata a testi di poesia, narrativa, filosofia, e religione, per i quali non ha senso parlare di verità scientifica. Il suo scopo è solamente determinare il contenuto reale dei testi.

La scienza storica ha invece lo scopo di determinare come sono andati i fatti.

Ovviamente, la filologia e la storia, sebbene siano scienze diverse, si aiutano reciprocamente. Infatti, solo conoscendo esattamente il contenuto di un documento si può determinare a quali fatti si riferisce, e quindi la filologia aiuta la storia antica e medioevale. D'altra parte, spesso solo conoscendo i fatti a cui fa riferimento un testo, si può capire che cosa intendesse affermare l'autore, e quindi la storia aiuta la filologia.

Le storie di parte modifica

In tutti i tempi, la maggior parte delle persone è sempre stata interessata soprattutto alla storia della propria famiglia e del proprio popolo. E quindi le storie di persone, famiglie e popoli venivano scritte dalle persone stesse, dalle famiglie stesse, o dai popoli stessi, oppure le persone, le famiglie, o i popoli davano a scrittori professionisti l'incarico di scrivere la loro storia.

Ovviamente quando uno parla di sé stesso, tende a essere particolarmente benevolo nei propri confronti; cioè tende a dimenticare i propri difetti e a enfatizzare i propri pregi. Spesso, questo fatto avviene in malafede, cioè spesso, in modo ingannevole, si vuol far credere di essere migliori di quello che si è. Ma, in una certa misura, questo fatto avviene anche in buona fede, in quanto a forza di sentir dire dagli adulatori o dai propagandisti che la propria persona, la propria famiglia o il proprio popolo sono migliori delle altre persone, delle altre famiglie e degli altri popoli, è facile convincersi di questo fatto.

Anche gli scrittori professionisti tendevano a dare immagini favorevoli delle persone che avevano commissionato loro il lavoro. Infatti, se avessero dato un'immagine poco piacevole delle persone descritte, i loro committenti non sarebbero stati soddisfatti, e loro avrebbero fatto più fatica a trovare altri committenti.

La situazione era simile a quella dei pittori ritrattisti. Prima dell'invenzione della fotografia, i ricchi solevano farsi ritrarre da dei pittori, per tramandare la propria immagine ai discendenti. Ma chi aveva un difetto estetico gradiva che il pittore rendesse tale difetto meno evidente. Se un pittore non soddisfaceva questa richiesta, ben pochi si sarebbero rivolti a lui per farsi fare un ritratto. E quindi, con l'eccezione dei pittori più famosi, tutti i pittori si adeguavano all'esigenza di “abbellire” le persone ritratte.

Per quanto riguarda gli interi popoli, c'era, e c'è ancora in una certa misura, il fatto che lo stato cerchi di convincere la gente che il proprio popolo sia superiore agli altri popoli. Questo influenza in modo più o meno marcato la scrittura ufficiale della storia del popolo.

Addirittura alcuni popoli si vantavano che il proprio fondatore era discendente da un dio. Per esempio, nell'Eneide, scritta in latino poco più di duemila anni fa, si racconta che Enea, figlio di un uomo e di una dea, sarebbe stato l'antenato di Romolo, il primo re di Roma.

D'altra parte, se si scrive la storia di una famiglia o di un popolo che sono in qualche modo rivali del proprio popolo, si tende a denigrarli, cioè a scrivere male di tale famiglia o di tale popolo, appunto per far risaltare la propria superiorità rispetto ad essi.

Quello che conta sono i destinatari del testo. Se si scrive allo scopo di far leggere il proprio testo a una sola famiglia o a un solo popolo, inevitabilmente si tende a far apparire tale famiglia o tale popolo migliori di quello che sono, e le altre famiglie e gli altri popoli peggiori di quello che sono.

In conclusione, le storie relative a una persona, a una famiglia o a popolo sono poco attendibili se sono scritte con lo scopo di essere lette da singole persone, famiglie, o popoli.

Purtroppo, secoli fa la maggior parte delle storie erano proprio di questo tipo.

La nascita della scienza storica modifica

Negli ultimi secoli è però comparso un diverso modo di scrivere le storie di persone, famiglie, e popoli.

In politica, nei tribunali, o anche chiacchierando per strada, normalmente si apprezza di più chi è più bravo a sostenere una certa tesi, anche se è una tesi falsa, rispetto a chi non riesce a convincere gli altri di una tesi vera. Si preferisce un avvocato bugiardo ma con una buona parlantina a un avvocato onesto ma balbuziente.

Pertanto, in politica e in giurisprudenza, più che la “logica”, cioè la capacità di fare ragionamenti corretti, spesso vince la “retorica”, cioè la capacità di convincere.

A partire dal 1200, sono sorte in Europa le università, in cui gli studiosi, oltre a insegnare agli studenti, approfondivano la conoscenza dei testi antichi, sia sacri che profani, scritti in greco o in latino. Tali studiosi inizialmente erano quasi esclusivamente teologi o giuristi. I primi studiavano soprattutto testi sacri, cioè la Bibbia e i trattati dei teologi antichi; i secondi studiavano soprattutto testi giuridici, cioè leggi, sentenze e i relativi trattati.

Dopo il 1400, sempre più studiosi si specializzarono nello studio di testi antichi non sacri e non giuridici. Dato che i teologi erano specializzati nello studio di scritture “sacre”, questi studiosi che invece studiavano scritture “umane” furono detti “umanisti”.

A differenza che nei palazzi della politica e nei tribunali, nelle università gli studiosi sono apprezzati più per la verità di quello che affermano, che per la loro abilità a convincerne gli altri. Pertanto, nelle università la logica ha più valore della retorica.

E questo si applica anche agli studi storici. Se uno storico sosteneva con grande eloquenza una tesi storica che poi si rivelava falsa, quello studioso inizialmente suscitava grande interesse, ma poi si rendeva ridicolo, mentre se uno studioso proponeva una tesi storica vera in modo goffo e confuso, forse inizialmente non veniva compreso, ma poi riceveva grandi apprezzamenti. Tutto ciò induceva gli studiosi in ambito universitario, detti “accademici”, a pubblicare solamente tesi che ritenessero ineccepibili, cioè così perfette da non essere criticabili.

Inoltre, sempre più accademici si dedicarono a studi approfonditi delle vicende di famiglie e popoli lontani nel tempo e nello spazio, cioè vissuti in tempi antichi in luoghi diversi da quello in cui vivono il proprio popolo e i popoli confinanti. Questo veniva fatto allo scopo di avere una panoramica di tutto quello che è successo all'umanità in tutti i tempi, cioè di costruire una “storia universale”.

Questa indipendenza dalle persone di cui si scrive, ma soprattutto il fatto che le ricerche venivano pubblicato allo scopo di ottenere l'apprezzamento non solo dagli studiosi della propria università o del proprio popolo, ma, in teoria, di tutti i popoli del mondo civile, permise di evitare il problema discusso prima della “storia di parte”.

Infatti, se uno storico avesse scritto una storia mostrando un popolo migliore di quello che è, gli studiosi di altri popoli avrebbero criticato aspramente tale pubblicazione, e così se avesse scritto una storia mostrando un popolo peggiore di quello che è, tale pubblicazione sarebbe stata criticata dagli studiosi di quello stesso popolo.

Per consentire agli studiosi di tutti i popoli di accedere a tali ricerche storiche, si usava, come lingua comune, il latino, anche se ormai era una lingua parlata solamente dai preti.

Lo scopo della Storia era scoprire quanto di vero ci fosse in tali racconti.

In effetti, tale pretesa universalità si applicava inizialmente solamente alla cosiddetta “latinità”, che in pratica coincide con la parte del mondo in cui fino al 1500 si praticava la religione cristiana cattolica, cioè l'Europa occidentale e centrale.

Tuttavia, man mano che nei secoli successivi la cultura latina si estese alle colonie americane, africane e asiatiche, e man mano che gli scambi culturali con le altre culture si intensificarono, anche gli studi storici divennero sempre più universali e meno incentrati sull'Europa.

Tutto ciò permise uno studio più razionale delle storie, e la formulazione di una storia unificata, tanto che nacque una nuova scienza: la Storia, con la “S” maiuscola.

Questa scienza si chiama così appunto perché inizialmente si basava soprattutto sulle varie storie, cioè sui racconti scritti delle vicende di varie persone, famiglie, popoli.

L'uso di altri documenti modifica

Gli studi storici, che inizialmente si occupavano solamente dei racconti storici, in seguito si estesero ad altri tipi di documenti, come documenti contabili, atti giudiziari, registri parrocchiali, e altri testi tecnici, analizzati allo scopo di determinare il succedersi degli eventi.

Per esempio, una volta non esistevano i certificati di nascita, ma nelle chiese parrocchiali si conservavano i registri dei battesimi, scritti in latino. Dato che i bambini venivano battezzati pochi giorni dopo la nascita, esaminando l'atto di battesimo di una persona si poteva scoprire quando era nata.

Come altro esempio, per sapere chi aveva deciso la costruzione di un palazzo e quando era stata presa questa decisione, si può consultare l'archivio notarile dove è registrato il contratto con cui il committente incarica un'impresa di costruire il palazzo. Oppure si può consultare l'archivio di una banca che ha registrato il versamento del compenso per il lavoro di costruzione. Tali documenti riportavano il luogo, la data e i nomi delle persone coinvolte.

Purtroppo per i popoli che non avevano testi scritti, in quanto si basavano ancora sulla tradizione orale, non è possibile nessuna Storia basata sull'analisi dei documenti, in quanto manca la materia prima dell'indagine storica. Pertanto, il periodo dell'esistenza di un popolo che precede l'uso della scrittura per scrivere storie, viene detto “preistoria”, che significa “che precede la storia”.

L'archeologia modifica

Nel diciottesimo secolo, nacque però un'altra scienza: l'Archeologia, che significa “lo studio delle cose antiche”. Inizialmente, lo scopo dell'archeologia era puramente artistico, in quanto si volevano studiare le forme d'arte dell'antichità, soprattutto se in buono stato, sia per apprezzarle come tali, sia per comprendere e migliorare le forme d'arte moderne. Pertanto, se si trovava un relitto di un'antica nave affondata contenente alcune anfore dipinte, destinate ad uso domestico, e molte altre anfore non dipinte, destinate al trasporto di vino, olio, o grano, si raccoglievano le anfore dipinte e si abbandonavano le anfore non dipinte, in quanto prive di valore artistico.

In seguito, gli storici si resero conto che tutti i reperti antichi, detti appunto “archeologici”, potevano essere di aiuto nella comprensione delle vicende dei popoli che li avevano prodotti, o che li utilizzavano, anche se tali reperti erano privi di valore artistico.

Pertanto, gli archeologi più recenti hanno prestato attenzione a tutti i reperti antichi, esaminando chi e dove li produceva, chi e dove li utilizzava, e che uso ne veniva fatto. Questi studi hanno permesso di comprendere molti aspetti del modo di vivere dei popoli antichi.

Ma un grande vantaggio dell'archeologia, rispetto alla storia, è il fatto che con l'archeologia si possono studiare anche i popoli del passato che non hanno lasciato testi scritti.

Ovviamente, è molto più difficile capire le vicende di un popolo dagli oggetti che ha prodotto, piuttosto che leggendo le storie che ha scritto, ma almeno qualcosa si riesce a intuire.

Pertanto, tramite l'archeologia, gli studiosi del passato si sono potuti dedicare allo studio della preistoria. Tale studio, non basandosi su testi, non può però far parte della Storia, e quindi normalmente viene considerato parte della “Antropologia”, che è la più generale scienza dell'uomo.

Infatti, lo studio della preistoria è molto diverso dallo studio della storia, sia per problemi che per metodi.

Mentre si conoscono moltissime informazioni sui popoli che hanno lasciato testimonianze scritte, si sanno molte meno cose sui popoli e sui periodi in cui non sono stati scritti testi, o i cui testi sono poi andati perduti.

Le informazioni sono così poche che, mentre vengono fatte ben nette distinzioni tra la storia egizia, la storia greca e la storia romana, non si fanno sostanziali distinzioni tra la preistoria egizia, la preistoria greca, e la preistoria romana. Le preistorie dei vari popoli, per quanto ne sappiamo, sono molto simili tra loro. Le differenze principali sono ambientali: infatti, il modo di vivere di un popolo cambia notevolmente a seconda che viva in un gruppo di isolette, o in un territorio desertico,o nella foresta tropicale, o in un freddo altopiano.

Lo studio storico si pone spesso il problema dell'interpretazione dei testi e di discriminare i fatti dalle opinioni, e la verità dalla menzogna, mentre i reperti archeologici, in un certo senso, sono sempre fatti veri.

Ma l'archeologia, oltre ad essere essenziale per lo studio della preistoria, è utile anche nello studio della storia, in quanto permette di fornire prove a favore o contro le varie tesi storiche.

L'analisi dei testi modifica

Supponiamo che trovi per terra un bigliettino con scritto: “Tizio è un bugiardo”. Tu conosci Tizio, e non ti sembrava tanto bugiardo. Ma, dopo aver letto il biglietto, incominci a pensare: “Forse, è proprio bugiardo”. Poi, pensi che, probabilmente, chi ha scritto il biglietto potrebbe aver pensato che Tizio fosse bugiardo, ma si può essere sbagliato, e quindi aver scritto qualcosa di cui è erroneamente convinto. Poi, pensi che forse chi ha scritto il biglietto è proprio lui il bugiardo, in quanto sa bene che Tizio non è bugiardo, ma vuole far credere ad altri che Tizio sia bugiardo. A questo punto, ti chiedi: “Ma chi è che ha scritto questo biglietto, e perché l'ha scritto?”. Può averlo scritto per consegnarlo a qualcuno, e averglielo consegnato, e poi quest'ultimo lo ha gettato. Oppure chi lo ha scritto lo ha smarrito accidentalmente prima di consegnarlo al destinatario. Oppure ancora è stato scritto con lo scopo di gettarlo per terra nella speranza che qualcuno lo trovasse. E sono possibili ancora altre ipotesi.

E poi, siamo sicuri che il Tizio nominato nel biglietto sia proprio il Tizio che conosci tu? Ci potrebbe essere qualcun altro che si chiama Tizio.

Un'altra questione importante è quando è stato scritto il biglietto. Infatti, se Tizio ha detto una affermazione molto importante, e il biglietto è stato scritto dopo tale affermazione, allora il biglietto probabilmente si riferisce proprio a tale affermazione; altrimenti, il biglietto non si può riferire a tale affermazione, ma ad altre affermazioni di Tizio.

Quindi un biglietto da solo, senza sapere da chi e quando è stato scritto, dice poco, e anche sapendo da chi e quando è stato scritto, non dice tutto, in quanto potrebbe essere stato scritto allo scopo di ingannare chi lo legge.

Questo è il compito dello storico. Il suo lavoro consiste nell'esaminare documenti, cercare di capire da chi, quando e perché sono stati scritti.

Un parallelo tra lo storico e il giornalista modifica

Il lavoro dello storico ha alcuni aspetti in comune con il lavoro del giornalista.

La Storia è la descrizione delle vicende umane del passato, mentre il Giornalismo è la descrizione delle vicende umane del presente. L'oggetto delle due attività è quindi il medesimo, e la distinzione principale è temporale.

Lo storico analizza i documenti e i dipinti antichi, mentre il giornalista analizza i dispacci di agenzia e le immagini di agenzia appena trasmessi. Entrambi quindi hanno fonti testuali a cui attingere. Tali testi devono essere attentamente vagliati, estraendone i fatti reali che potrebbero mascherarsi dietro affermazioni formulate con lo scopo di sostenere una tesi.

Tuttavia, una differenza sta nel fatto che il giornalista ha solitamente una scadenza (la pubblicazione del giornale o della rivista), mentre lo storico non ha stringenti limiti di tempo, e quindi può approfondire tutti i suoi dubbi.

Un'altra differenza sta nel fatto che il giornalista può intervistare i testimoni o effettuare sopralluoghi con i quali raccogliere ulteriori evidenze, mentre lo storico, a meno che si occupi degli ultimi decenni, non ha a disposizione né testimoni né evidenze fresche, e deve arrangiarsi di quello che ha a disposizione. In questo senso, il lavoro del giornalista assomiglia a quello di un investigatore della polizia, che può produrre nuove prove, mentre il lavoro di uno storico assomiglia a quello di un filologo, che deve accontentarsi dei documenti che ha.