Armi avanzate della Seconda Guerra Mondiale/Italia 3: differenze tra le versioni

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Poi c'era il discorso degli IFF: gli Inglesi ne avevano un tipo che rispondeva all'interrogazione fatta da un radar, ogni volta che veniva inquadrato dal radar rispondeva con un segnale in codice; i Tedeschi avevano invece un Fu.Ge.25 che emetteva, in maniera senz'altro meno discreta, continuamente segnali di riconoscimento in codice, trasmessi via radio. Questo apparato era presente anche nei Bf-109 ceduti agli Italiani, ma non venne spiegato a che serviva. Un IFF inglese venne invece analizzato da un aereo abbattuto, ma a Guidonia impiegarono un anno a capire di che si trattava (non avendo idea di quello che era un sistema radar di difesa aerea, il riconoscimento di aerei 'amici' era ancor meno immaginabile), e per quando riuscirono a capirlo e a costruire un prototipo IFF, la guerra era bell'e persa. Alla fine l'Italia aveva i fondamentali per i vari compiti della guerra elettronica; ma non fece in tempo a metterli in servizio che la guerra finì. Se si considera che la Gran Bretagna aveva IFF, radar e VHF da anni, tale ritardo si dimostrò di importanza capitale. Gli Italiani nel corso del conflitto riuscirono solo ad allestire centri di ascolto e di disturbo radio-radar; troppo poco per prendere l'iniziativa in guerra.
 
 
 
Quanto alle applicazioni pratiche della tecnologia radar, quelle su navi furono le più importanti. Il radar E.C.3 ter 'Gufo' era costituito da due antenne a tromba, una per l'emissione e l'altra per la ricezione. Il prototipo apparve nel novembre del '42 sulla LITTORIO, ma in precedenza c'era stato, sempre sul suo torrione, un radar prototipico, l'E.C.2 bis, con funzionamento sperimentale. Inizialmente molti radar non avevano antenne rotanti, ma più apparati di emissione che coprivano ciascuno un certo settore, per esempio 4 sensori a 90 gradi l'uno dall'altro. Il brandeggio dell'antenna rappresentava un'ovvio miglioramento, a patto che si trovasse un posto dove metterlo che avesse sufficiente visuale. Il 'Gufo' ebbe per l'appunto il motore di rotazione. Le prestazioni erano di almeno 80 km contro bersagli aerei e 15 contro navi, il che era apparentemente più che valido. Ma di fatto, pur sembrando simile al Fu.MO 21 tedesco, le frequenti avarie lo rendevano alquanto inaffibabile, e con la nave in velocità e-o forte vento, accadeva che il motore elettrico non fosse abbastanza potente da far girare l'antenna. Altri tipi erano in studio, ma non vennero adottati.
 
Di questo fondamentale apparato della guerra moderna si occuparono la SAFAR, Galileo, Marelli e altre aziende elettriche, ma in tutto, prima dell'armistizio, ne vennero prodotti solo circa 15 esemplari, che ebbero impiego con 13 navi: le corazzate 'Littorio', 4 incrociatori leggeri ('Montecuccoli' e 'Savoia', 'Regolo' e 'Scipione'), e 6 cacciatorpeniere tra 'Navigatori' e 'Soldati'. Altre 7 unità ebbero i radar tedeschi FuMo.21G. Erano l'incrociatore 'Abruzzi' (ma non il gemello 'Garibaldi'), 3 cacciatorpediniere e anche 3 piccole torpediniere. Il ct. 'Legionario', per la storia, fu la prima nave con un radar a tutti gli effetti operativo.
 
Era uno dei 'Soldati' del periodo bellico, e infatti entrò in servizio il 1 marzo del '42, già 'radarizzato'. Anche le corazzate 'Littorio' erano tutte radarizzate all'atto dell'Armistizio, anche se non avevano un radar di tiro vero e proprio. Quindi quando la ROMA fu affondata aveva un RDT (Radiotelemetro) a bordo. Le prestazioni dei radar tedeschi (18 km di scoperta in superficie e 60 su aerei) apparivano inferiori a quelle del sistema italiano, ma a parte che erano radar più vecchi (del '39) si trattava di sistemi efficienti, di fatto ben più utili quanto a rendimento operativo. Durante il periodo di cobelligeranza 8 navi italiane ebbero i radar inglesi Type 291, con portata di 12 km su bersagli navali, 40 km su bersagli aerei, un sistema che aveva ridotte prestazioni di portata in quanto principalmente era inteso come apparato leggero, in servizio dal '42 su varie navi britanniche come miglioramento del Type 286 del '41<ref>Brescia M. ''Radar navali 1939-45'', Storia militare aprile 2005</ref>.