Armi avanzate della Seconda Guerra Mondiale/Italia 3: differenze tra le versioni

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(Nessuna differenza)

Versione delle 16:10, 15 ott 2008

Indice del libro

Armi avanzate[1]

Non c'era moltissimo da dire, ma anzitutto notiamo l' S.79 ARP, aereo che significava in concreto l'uso di un S.79 radioguidato, con due bombe da 1000 kg, comandato da un altro velivolo, un Z.1007 dalle migliori prestazioni. Doveva attaccare le portaerei inglesi e affidarsi sia al telecomando che all'avanzato autopilota messo a punto qualche anno prima su di un S.81. Ma durante la missione (12 agosto 1942) si guastò il ricevitore radio e l'aereo, che era già stato abbandonato dal pilota dopo il decollo, si schiantò sulle montagne del Nord Africa, dando solo la soddisfazione di avere dimostrato, dal cratere lasciato, l'effetto potenziale contro unità navali. Non sarebbe certo stato facile ottenere un attacco pieno contro bersagli in movimento, che sparavano e che con i loro radar e radio avrebbero potuto disturbare il comando radio. In ogni caso usare un bombardiere 'pieno' era davvero eccessivo. Meglio un velivolo ad hoc, e così l'Aeronautica Lombarda, sotto la direzione di Stefanutti, realizzerà l'AR.4. (Assalto Radioguidato).

Quest'apparecchio era basato su di una cellula molto semplice, con un motore A.80 di seconda mano, proveniente da un BR.20. Esso era concepito come vettore economico per portare in aria un paio di bombe da 1000 kg, dopo che il pilota lo faceva decollare e abbandonava il velivolo, esso sarebbe stato radioguidato da un altro apparecchio. Il prototipo MM75576 volò a Varese il 13 giugno 1943, il primo apparecchio di serie nell'agosto. Erano previste anche versioni in configurazione 'Mistel' con un Macchi 202, ma tutto il programma, pur interessante, non ebbe alcun esito pratico. Stefanutti non ebbe ancora una volta nessuna fortuna.

  • Dimensioni: lunghezza 14 m, apertura alare 17 m, superficie alare 38 mq, altezza 3,4 m.
  • Pesi: 3.600-6.000 kg
  • Prestazioni: 360 kmh a 4.100 m.

Durante lo sbarco in Sicilia non venne utilizzato alcun altro apparecchio AR, ma per contrastare lo sbarco a Salerno erano stati approntati altri 3 S.79AR e i 2 AR.4 disponibili, stavolta usando due MC.202 come velivoli per la radio-guida, più veloci degli Z.1007. Ma proprio quando potevano essere usati arrivò l'Armistizio.


Quanto alle motobombe F.F.F. (dai cognomi dei progettisti Freri, Fiore, Filpa), esse erano state presentate già nel 1935 come ingegnosa variazione dei siluri: armi da 360 kg, sganciabili tra i 4 e i 5 mila metri con paracadute che si apriva a 130 m di quota. Poi, a circa un metro di profondità, cominciava a fare movimenti 'elicoidali' per almeno 30 minuti a 15-20 kmh. Dopo 50 minuti si autodistruggeva. Aveva 90 kg di esplosivo, poi aumentati a 120, un motore da 3,5 hp e batterie a secco.

Il costo dell'arma non era marginale, dopotutto si trattava di un siluro a 'lenta combustione' o di una mina semovente a seconda di come si valutava. Era indicata per attaccare i porti, coprendo lo specchio d'acqua con il loro turbinare. Gli Italiani ne ordinarono solo 500. Erano armi non particolarmente ben comprese, insomma, mentre i Tedeschi, più aperti alle innovazioni, ne furono impressionati e ne ordinarono ben 2.000, dovendo impegnarsi a ripianare le materie prime usate per la costruzione.

Le F.F.F. vennero usate, in serie progressivamente migliorate, anzitutto dagli S.M.82, che attaccarono Gibilterra già il 5 giugno 1941 con 6 F.F.F. l'uno, poi ancora un'altra incursione avvenne l'11 e 3 motobombe, appese ai paracadute, finirono sugli abitati spagnoli vicini: una esplose facendo vittime, le altre vennero recuperate dagli Spagnoli. Altre missioni il 13 luglio, sempre di notte, con l'affondamento di una nave inglese. Il 14 giugno c'era stata un'azione contro Alessandria d'Egitto. Ma fu la battaglia di Mezz'agosto 1942 che le vide in azione contro bersagli in mare,con 8 S.M.84 che lanciarono davanti alle navi inglesi, che tuttavia videro quello che stava succedendo e manovrarono per evitarle, mentre due SM.84 vennero abbattuti.

I Tedeschi usarono in massa le loro FFF, cominciando con 72 ordigni contro Tripoli, il 19-20 marzo 1943, altre 32 il 26-27, poi 70 il 13-14 aprile, 33 su Bona il 15-16 aprile. I risultati furono positivi contro navi che erano raggruppate in massa nelle rade, senza reti parasiluri. Furono usate anche in altre circostanze, forse anche in Normandia, ma sopratutto contro Bari il 2 dicembre 1943, quando 105 aerei Ju-88 usarono le F.F.F. (e altre bombe, presumibilmente), per distruggere le 30 navi all'ormeggio e ne affondarono ben 17, inclusa una che aveva a bordo bombe con la mortale Yprite.


Altre bombe furono le torpedini oscillanti Freri, che oscillava tra i tre e i sette metri dopo lo sgancio da aerei. Non ebbe successo.

La bomba 500 OR era un'ordigno da 500 kg con un detonatore regolato da un orologio, fino a 72 ore dopo lo sgancio. Praticamente era una mina, sopratutto pensata per rendere inagibili i porti. Se cadeva a terra, i suoi 4 detonatori ad impatto la facevano subito esplodere. Era un'ordigno efficace, ma costava e solo raramente venne usato contro Malta e Alessandria.

Altri ordigni erano la bomba a collisione, del gen. Gaetano Crocco, già autore di un ordigno alato del 1917, che veniva sganciato da dirigibili per poi picchiare dopo un tempo prestabilito sull'obiettivo. La nuova bomba era simile e pensata per i bombardieri a tuffo, ma dei dodici esemplari solo 2 vennero testati da Ba.65. Il progetto venne elaborato nel 1938.

Nel '43 invece venne elaborata la 'Bomba Mulinacci', un tecnico della SIAI-Marchetti. Era una specie di V-1, solo che aveva lo scopo di portare, con due piccoli motori (il Mulinacci era esperto di aeromodellismo), e un giroscopio, un proiettile da 210 mm, a 300 kmh e 150 km di distanza. Lanciabile da una catapulta avrebbe volato fin dove sarebbe stato necessario per poi cadere sull'obiettivo. Ne venne approntato un esemplare mai testato e altri 14 vennero ordinati, ma non si sa se consegnati, per il costo di 500.000 lire. Non ebbe seguito, costava poco ma era ben lungi dall'essere un sistema soddisfacente.

Poi parliamo di Idrobomba, idrosiluro, aerosiluro Zapelloni. Erano state pensate per attaccare navi. L'Idrobomba era in sostanza un'ordigno che spiattellava sull'acqua, per colpire le navi sui fianchi, ma non venne realizzata. Sperimentata dal 1936 la bomba slittante di Zapelloni, praticamente una bomba a rimbalzo agganciata ad un aliante con uno scandaglio per fargli assumere un angolo idoneo al momento dell'impatto sull'acqua. Non ebbe successo. Poi si pensò di agganciarci un siluro, da lanciare fino da 20 km e 2000 m di quota. Pare che funzionasse, anche se senza autoguida non si sarebbe potuto certo colpire qualcosa in movimento, ma essendo stata provata nel giugno del '43, l'ordine per 300 esemplari non venne mai concretizzato.

Quanto ai siluri, quello radiocomandato era un tipo pensato dagli ufficiali Rinaldi e Freri. Era una vecchia idea, tanto che nel lago di Bracciano, già nel 1932, venne sperimentato questo ordigno. Inizialmente il ricevitore era all'interno del siluro, poi venne, per ragioni di migliore ricezione del segnale, sistemato in una boa galleggiante che restava in superficie. Una sostanza fluorescente verde consentiva di seguire il siluro di giorno, e un faretto per l'uso notturno. I risultati, dopo una lunga messa a punto, vennero testati a Pola, inizio del '42, quando 3 S.79 usarono altrettanti siluri per attaccare con successo una nave bersaglio. Il lancio poteva avvenire da 400 m e 4-5 km di prua alla nave, con un siluro con paracadute speciale anche da 1000 m (sperimentato da un P.108).

Ma nonostante che già nel novembre del '42 venissero mandati gli S.79 con i siluri in Sardegna, non vi fu utilizzo di queste armi, malgrado l'abbondanza di bersagli Alleati. In seguito all'armistizio, a questi siluri rimasero interessati i Tedeschi, l'ANR e gli Alleati. I primi richiesero 10 siluri A/170. Al di là dell'efficacia teorica, bisogna dire che comunque questi siluri non erano nondimeno del tutto ideali per un impiego pratico. C'erano vari punti deboli. Uno era quello del comando radio: era sempre possibile disturbarlo, se il nemico fosse allertato sulla minaccia. Poi c'era il problema di controllare il siluro, che non era autoguidato come molti progetti oramai approntati: questo significava restare nel raggio di qualche km per diversi minuti tra lancio e guida, il tutto entro il raggio dei cannoni da 102 e 127 mm, se non delle mitragliere da 40 mm Bofors, armi oramai sempre più spesso a controllo radar. Se si considera che anche le bombe Hs.293 e Fritz-X avevano lo stesso inconveniente pur consentendo di attaccare in molto meno tempo, da distanze e-o quote maggiori, ci si può fare l'idea di come una flotta con capacità di reazione contraerea, e magari con copertura di caccia, avrebbe costituito un problema non indifferente per usare questi ordigni: molto meglio allora le bombe F.F.F. che si 'autoguidavano' e lasciavano indipendente il velivolo dopo lo sgancio.

Infine i missili: Lembo riporta questo fatto, aneddotico ma significativo della difficoltà di far accettare le 'nuove idee': un tecnico tedesco, nel 1932, scappando dalla Germania in cui l'odio per gli Ebrei era già molto alto (e lui era israelita), lavorò con una ditta italiana alla realizzazione di razzi da guerra. Gli esperimenti furono soddisfacenti, specie per la gittata. Ma quando si trattò di presentare l'arma ai vertici militari italiani, il razzo ebbe un guasto e cominciò a girare vorticosamente sulle teste degli ufficiali con un movimento a spirale, e questi dovettero buttarsi in acqua per sottrarsi al pericolo. Inutile dire che l'avveniristico esperimento pose fine all'interesse per i razzi bellici da parte italiana.


  1. Lembo, Daniele: Le armi segrete della Regia, Aerei nella storia gen 2000 pag. 50-63