Armi avanzate della Seconda Guerra Mondiale: differenze tra le versioni

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Ogni nazione avrà la sua pagina, e in ognuna vi sarà posto per i settori specifici: navali, aerei, terrestri e anche altri 'extra' come i radar. Una sfida notevole per cercare le tracce di quello che gli uomini di 60 anni fa concepirono per accrescere il potenziale bellico delle loro nazioni, impegnate allo spasimo a vincere una guerra che lasciò vittime e distruzioni mai viste prima, ma anche lanciò il mondo verso una nuova era. Nel bene e nel male, gli aerei a turbina, l'elicottero, il radar, la televisione, i calcolatori, lo spazio, l'energia nucleare e tante altre cose che adesso, nelle loro 'edizioni' evolute, fanno parte del nostro vivere quotidiano.
 
==Italia==
===Aeronautica===
====G.55 e G.56<ref>Sgarlato, 'Fiat .55 e G.50', Monografia N.11 2004</ref>====
[[Immagine:FIAT G-55 Centauro (1).jpg|300px|right|thumb|Un G.55 esposto nella tinta scura unita tipica dell'ANR]]
La storia di questi apparecchi da caccia, incluso l'ultimo prodotto dalla Fiat nel periodo bellico (e l'ultimo suo caccia 'puro' in generale, anche considerando il periodo post-bellico), è decisamente breve. Nondimeno, vale la pena raccontarla anche perché il definitivo G.56 è uno dei caccia più prestanti e il più veloce tra quelli italiani. Gabrielli fu l'autore del primo caccia metallico italiano, il [[w:Fiat G.50|G.50]]. Questo ebbe una commessa ma si dimostrò inferiore al Macchi MC.200. In effetti, Gabrielli non si presentò molto bene con questo apparecchio, che succedeva ai caccia della lunga era di [[w:Celestino Rosatelli|Celestino Rosatelli]]. Ma col tempo sarebbe diventato il più importante dei progettisti della Fiat. Il G.50 era comunque obsoleto, e v'era la necessità di rimotorizzarlo con un propulsore più potente. In ogni caso pose le basi per studi successivi, con un caccia del tutto nuovo, anche se vagamente simile come pianta alare. La versione G.50ter/G.51 ebbe un motore A.76 RC.40 da 1.000 hp (17 luglio 1941), il G.52 doveva avere il DB.601N e fu preceduto dal G.50V con il DB601 (25 agosto 1941). La velocità arrivò a circa 580 kmh, ma il progetto era superato dal Macchi MC.202 che era arrivato un anno prima e già in servizio. Finì la storia del G.50 con pochi risultati e tanta esperienza per il successivo G.55.
 
Il [[w:Fiat G.55|G.55]] Centauro (aprile 1942) era associato ad un motore ancora più potente e venne valutato dai Tedeschi come il migliore dei caccia italiani, tanto che valutarono di produrlo in Germania. Aveva lo stesso motore DB-605 dei Bf-109 e come armi principali aveva gli stessi cannoni MG-151/20. Era in sostanza un velivolo 'misto', con componenti tedesche sul progetto base di un robusto apparecchio dalla valida aerodinamica, molto maneggevole grazie anche all'ala ampia e a comandi di volo a barra rigida (invece dei tiranti), che non si indurivano con l'aumento della velocità, mentre la struttura era scevra da vibrazioni di sorta.
 
Il Bf-109G non era particolarmente inferiore, ma per competere doveva essere privato dei cannoni aggiuntivi sotto le ali, il che lo rendeva poco armato contro i bombardieri pesanti Alleati. Era più veloce e piccolo del G.55, ma inferiore in quasi tutti i contesti. D'altro canto si trattava di una macchina del '35 più volte modernizzata. La sua grande semplicità produttiva però era tale da renderlo un concorrente pericoloso: aveva bisogno di circa la metà delle ore di lavoro per essere fabbricato rispetto al G.55 (circa 7.000 contro 15.000) e questo contava molto. Il FW-190 era più moderno e capace, ma con un motore scarso in potenza quando saliva di quota. Al dunque il G.55 non ebbe seguito in Germania, ma rimase in produzione solo in Italia, a Torino. Il suo progettista Gabrielli avrebbe avuto anni dopo la soddisfazione di vincere il concorso NATO per un caccia leggero, e fu davvero destino che un suo progetto (il G.91R) venisse adottato dalla Luftwaffe (che praticamente fu l'unica cliente estera di questi aerei).
 
Tornando al G.55 (primo prototipo MM.491), introdotto in servizio a metà del '43 in pochi esemplari per la Regia Aeronautica, divenne poi il tipico caccia della RSI, ovvero della sua ANR (Aeronautica Nazionale Repubblicana). Dopo circa 160 esemplari prodotti, però, vi fu uno stop definitivo: l'incursione del 25 aprile 1944. In questa gli Alleati persero 7-8 [[w:B-24|B-24]], ma oltre 100 bombardieri causarono tali danni che la Fiat Aviazione venne seriamente menomata. I Tedeschi non persero tempo e dichiararono che gli Italiani, per avere forniture adatte di aerei, dovevano avere i Bf-109. Così in poco tempo successe, che non solo il G.55 non rimpiazzasse il Bf-109 in Germania, ma che fu rimpiazzato dal caccia tedesco anche sul Nord Italia. Guidati da un'efficiente guida caccia tedesca, con pochi aerei ma di alto valore, con piloti spesso molto esperti (per esempio, Visconti e Gorrini), l'ANR riuscì a infliggere perdite significative agli attaccanti. Ma oramai la marea Alleata era tale che non si potè cambiare il corso degli eventi.
 
Nell'incursione del 25 aprile, a parte alcuni Macchi, vennero mandati in aria appena 7 G.55. 3 vennero abbattuti dai P-47 dopo che avevano attaccato i bombardieri. Ma altri 15 (e vari altri aerei) vennero distrutti al suolo, e la produzione -ora piuttosto rapida- venne quasi totalmente bloccata. Questo terminò la carriera del G.55, che nell'ultimo anno di guerra avrebbe potuto essere prodotto in qualche centinaio di esemplari, dei quali un buon numero di Serie II, che avrebbero avuto ben 5 cannoni da 20 mm (armamento molto pesante per un monomotore). V'erano anche altre possibilità. Una fu il G.55 Silurante, capace di 570 kmh (anziché 620) e di salire a 6.000 m in circa 8 minuti nonostante il siluro da 800 kg portato sotto. Non aveva più le due mitragliatrici da 12,7 mm nel muso per risparmiare peso, manteneva invece i cannoni da 20 mm (3). Altri progetti prevedevano anche caccia bifusoliera, ma l'unico altro derivato che arrivò alla realizzazione fu proprio il G.56.
 
Quest'ultimo era un G.55 con un muso caratteristicamente allungato per via della presenza di un nuovo e più potente motore, il Daimler-Benz DB-603. I cannoni da 20 mm alari Mauser rimanevano, quello del muso pure, ma non le due mitragliatrici da 12,7 mm Breda. Era una macchina più potente e pesante, inevitabilmente meno manovriera del predecessore. Ma era più veloce: 685 kmh a 7.000 m, salita a 7.000 in poco oltre 7 minuti, tangenza oltre 13 mila metri. Il G.55 era già stato confrontato con i caccia tedeschi Bf-109G e FW-190 e se l'era cavata dignitosamente, dimostrandosi in molti aspetti migliore dei meno recenti caccia tedeschi. Il G.56 ebbe solo due prototipi, il primo dei quali (MM.536) volò nel marzo del '44. Ma venne distrutto, a quanto se ne sa, proprio nell'incursione del 25 aprile 1944. Il secondo prototipo (MM.537) volò mesi dopo e venne confrontato favorevolmente con il Bf-109K (peraltro ancora più veloce) e dagli ultimi e piuttosto appesantiti FW-190A. Oramai era solo un confronto accademico, perché non c'era più tempo per produrlo in Germania, mentre in ogni caso questi caccia tedeschi non erano più il massimo. Questo era adesso rappresentato dai parigrado FW-190D (e in prospettiva dai formidabili TA-152, capaci di circa 15.000 metri di tangenza e 760 kmh), nonché dai Me.262 a reazione. Pare che questo G.56 sopravvisse alla guerra, ma non è certo data la somiglianza con i G.55. Questi ultimi vennero costruiti in circa 32 esemplari nel periodo pre-armistizio (inclusi gli aerei di preserie con 4 armi da 12,7 mm e cannone da 20), 148+15 distrutti al suolo prima del 25 aprile 1944, 37 (e altre 73 cellule incomplete) successivamente. Alcuni G.55 vennero esportati in Argentina e Medio Oriente. La seconda giovinezza del G.55 sarebbe giunta effettivamente il dopoguerra e con una rimotorizzazione, come G.59, con il motore R.R. Merlin (quello di Mustang e Spitfire), diventando un apprezzato addestratore avanzato, anche se calò di velocità a circa 600 kmh (nonostante la maggiore potenza del motore e la rimozione di armi e corazze, a testimonianza dell'aerodinamica che il compatto motore tedesco offriva). Il G.59 con motore DB-605 (praticamente un G.55 con 4 armi da 12,7) venne prodotto in circa 50 esemplari per l'Argentina, 26 per la Siria, e poi 175 con il Merlin. 17 aerei con il DB-605 andarono all'AMI nel dopoguerra, poi seguirono grosso modo tutti i Centauro con il motore Merlin prodotti. gli ultimi dei quali con fusoliera abbassata a similitudine dei P-51.
 
Il G.56 arrivò troppo tardi per salvare le sorti del conflitto, ma con 300 hp di potenza in più rappresentava nondimeno l'unico caccia 'Serie 6' italiano ad essere portato davvero in volo. Tra gli altri, il Reggiane 2006 venne (forse) completato, mentre il Macchi 206 e 207 non vennero mai completati, vittime dei bombardamenti aerei su Varese.
 
Ecco i dati comparati tra G.55 e tra parentesi, G.56:
 
*primo volo: 30 aprile 1942 (28 marzo 1944).
*Dimensioni: G.55, lunghezza 9,39 (9,46)m, apertura alare 11,85 (idem)m, altezza 3,13 (idem)m, superficie alare 21,11 (idem)m2;
*Pesi: a vuoto 2.630 (2.900) kg, totale 3.520 (3.854) kg, max al decollo 3.718 kg
*Motore: Fiat RA.1050 RC.58 Tifone (DB-605), 1.475 hp al decollo, 1.250 per salita e combattimento a 5.800 m, 1.080 hp potenza massima continuativa a 5.500 m, elica tripala tripala a passo costante e 560 litri di carburante; G.56, DB-603 da 1.750 hp al decollo, 1.850 a 2.100 m, 1.625 hp a 5.700 m.
*Prestazioni: al peso di 3.680 kg, 604 kmh a 6.000 m e 620 a 7.100 m (685 a 7.000 m); salita a 6.000 in 7,2 minuti (a 3.000 in 3,6', 6.000 in 5,75 min), a 7.000 in 8'34'' (7'05''); a 8.000 m in 10'11 ''; tangenza 12.800 m (13.000), autonomia 1.019 km a 555 kmh, max 1.600 km con serbatoi ausiliari (1.280 km)
*Armamento: 1 cannone MG-151 con 250 colpi nel muso, 2 con 200 colpi l'uno per le ali, 2 Breda da 12,7 mm con 600 colpi totali (3 cannoni da 20 mm).
 
Poc'altro da ricordare in casa Fiat, tra questo certamente il '''BR.20Bis''' con motori da 1.250 hp, torrette laterali stile Me.410, velocità di 460 kmh. Era migliore dei precedenti BR.20, certamente; ma rispetto al CANT Z.1007Ter e al Z.1018 era superato anche se la sua concezione era piuttosto 'sana'. Fu il primo bombardiere medio italiano metallico (eccetto vaste superfici di tela, a dire il vero); e la sua struttura bimotore liberava il muso per il puntatore e per una postazione difensiva frontale che chiudeva un settore totalmente cieco, micidiale per gli attacchi frontali, che avevano gli altri apparecchi trimotori. Volò a metà guerra ed ebbe solo ordini per circa 30 esemplari, di cui forse non più di 15 completati, che non ebbero impiego bellico alcuno nel '43 e nemmeno successivamente, con la RSI.
 
====Re.2005 e 2006<ref>Sgarlato N.: ''Reggiane-i Caccia italiani più belli', luglio 2005</ref>====
Anche questi aerei ebbero ben poco tempo di dimostrare le loro capacità. Come i Fiat G.55 e 56, erano costruiti per una specifica del '41 relativa ad una nuova generazione di caccia ad alte prestazioni. La Reggiane è una realtà davvero poco nota del panorama aereonautico italiano. Il suo capo-progettista Roberto Longhi era però uno dei tecnici più interessati alla produzione di aerei con strutture moderne, interamente metalliche, in lega leggera e con un'aerodinamica molto raffinata.
 
Il '''[[w:Reggiane Re.2000|Re.2000]]''' era il più prestante e moderno dei caccia serie '0'. Aveva un motore stellare da 1.000 hp e volò attorno nel '39, come uno degli aerei destinati a combattere la successiva guerra, se solo gli si fosse accordata priorità nella produzione. Era il più veloce dei caccia di questa generazione, del resto era anche il più potente. La sua ala ellittica, come lo Spitfire e il P-47 (in effetti, Longhi fu 'ispirato' pesantemente dal P-35, antenato dei Thunderbolt, data la sua esperienza di lavoro in America) conteneva una novità assoluta per un caccia: i serbatoi integrali, che però vennero trovati piuttosto indesiderabili perché difficili da corazzare. Il successo non fu assicurato date le difficoltà di messa a punto, e il fatto che questo aereo era successivo di diversi anni rispetto ad altri caccia. Dopo arrivò il '''[[w:Reggiane Re.2001|Re.2001]]''' con il DB-601, come nel caso del Macchi MC.202. Era però più lento di quest'ultimo. Ma era anche più moderno e con un'ala che consentiva una migliore portanza. Nonostante il peso maggiore, era capace di salire a quote più alte del Macchi, era più armato (2x12,7 e 2x7,7 mm), con maggiore autonomia. Era tanto flessibile che venne costruito anche come cacciabombardiere capace di portare anche 630 kg di bombe, oppure come caccia notturno (anche con due cannoni da 20 mm subalari oltre alle due armi da 12,7 mm nel muso), e persino -in versione Re.2001OR 'Ultra-alleggerita'- come caccia navale per la portaerei Aquila e con 'silurotto' da 600 kg.
 
Le versioni navali esistevano già con il Re.2000 Catapultabile per le corazzate. Il Re.2001 non aveva i serbatoi integrali ma quelli alari di tipo normale. Il suo svantaggio maggiore era qualcos'altro. Era tutto sommato superiore al Macchi MC.202 in tutti gli aspetti, anche la maneggevolezza. Ma era più lento, di circa 50 kmh. Nonostante tutte le sue belle qualità e la capacità di fare cose nemmeno tentate con il Macchi, era appena superiore, se era superiore, all'Hurricane a cui tra l'altro somigliava molto (ma di costruzione metallica e leggermente più piccolo). Uno dei problemi, già verificatisi con il Re.2000, era la messa a punto: il Re.2001 volò addirittura prima del C.202, ma prima di essere mandato in azione si arrivò al 1942, quasi un anno dopo, e in un momento in cui l'Italia non avrebbe avuto altri aerei capaci di combattere con il meglio della RAF.
 
Da ricordare che il Re.2000, che aveva eccellente maneggevolezza e una buona velocità, venne richiesto da numerose nazioni (anche la Gran Bretagna, con ben 300 esemplari), ma oltre ai problemi politici, c'era anche la necessità di messa a punto: il motore era inaffibabile, l'impiantistica poco affidabile e così via, tanto che la versione Catapultabile venne immessa in servizio con grande ritardo, mentre la versione a grande autonomia non fu mai messa veramente a punto, radiata dopo poco tempo di servizio.
 
Il '''Re.2002''' era un progetto parallelo al Re.2001 come anche l'evoluzione del Re.2000, con un motore autarchico da P.XIX radiale, 1.100 hp al decollo e 1.160 a 4.500 m, usato come cacciabombardiere e prodotto anche sotto i Tedeschi. Circa 250 aerei vennero prodotti in ciascuna di queste tre incarnazioni, tutti aerei tozzi e poco aggraziati. Il '''Re.2003''' era invece un aereo d'assalto e osservazione-ricognizione, dall'aspetto meno gradevole (per l'abitacolo sopratutto, ora biposto), rimasto prototipo nonostante la necessità assoluta di un nuovo aereo da osservazione. Il '''RE.2004''' era un altro progetto senza esito, nato per il motore Isotta Fraschini Zeta da 1.250 hp a X, programma iniziato nel giugno del '42 o quantomeno a questo punto vennero ordinati due aerei prototipici. Il motore però, sperimentato su di un S.79, si dimostrò inaffidabile e tendente al surriscaldamento; questo pose fine al programma, come senza esito furono altri come il Re.2001 bis con ala modificata che avrebbe potuto forse arrivare alla velocità che gli mancava prima. grazie a dei radiatori annegati nell'ala, il che comportava la rinuncia alle armi da 7,7 mm. Non si sa quanto elevate sarebbero state le sue prestazioni se fosse stato immesso in servizio; mentre nessun dubbio vi sono con il Re.2001 Delta, con un motore Isotta-Fraschini. Sebbene questa ditta avesse eccellenti motori per le motosiluranti, con gli aerei non cavò nulla di buono e con questo motore, da appena 840 hp anche se a 5.300 m, il Re.2001 ottenne giusto 478 kmh, meno di un G.50. I 100 esemplari in opzione vennero annullati dalla R.A. e per finire, l'aereo venne distrutto da un incendio al motore il 27 gennaio 1943. Infine da non dimenticare il tipo 'H' controcarri con cannoni da 20 mm MG151 e bombe.
 
Poi fu la volta del '''[[w:Reggiane Re.2005|Re.2005]]''', caccia estremamente avviato aerodinamicamente e in genere giudicato estremamente bello, che volò con una struttura molto avanzata (centine stampate, per esempio) l'8 maggio del '42. Venne usato in azione per la prima volta da Napoli-Capodichino, difese con un certo successo Napoli dai bombardieri. Aereo molto veloce, persino troppo in picchiata, il che causò problemi strutturali. La velocità massima raggiunse nei collaudi valori di 678 kmh, in picchiata si registrarono addirittura 980 kmh, anche se sono valori suscettibili di errori anemometrici. In ogni caso, era normale che i caccia prototipi fossero 'più veloci' di quelli di serie, e la velocità max 'operativa' venne fissata a 628 kmh.
 
*'''Motore''': Fiat RA.1050 RC.58 Tifone/DB-605, 1475 hp al decollo e in emergenza a 2.800 giri.min, normalmente 2.600 per salita e combattimento; carburante 536 l.
*'''Dimensioni''': lunghezza 8,9 m, apertura alare 11 m, altezza 3,15 m, sup. alare 20,40 m2
*'''Pesi''': 2.600-3.610 kg
*'''Prestazioni''': V.max 628 kmh a 7.000 m, 510 kmh a quota zero, raggio 560 km, autonomia 1.250 km
*'''Armi''': 3 MG-151 con 490 colpi (150 nel muso, 170 dopo l'ala), 2 Breda da 12,7 mm con 700 colpi, 320 kg di bombe. Sperimentati ordigni fino a 640 kg.
 
In generale era il più leggero, il più veloce, più maneggevole tra i caccia serie '5', tanto che la sua fusoliera posteriore era minuscola rispetto alle ali, al grosso muso e ai piani di coda di grandi dimensioni. Venne prodotto però in pochi esemplari e già nell'agosto del '43 venne ritirato dalle operazioni, dopo alcuni problemi tecnici. In generale, la Reggiane era poco favorita nonostante la sua appartenenza al potente gruppo Caproni, e nonostante che rispetto a questo gruppo -molto arretrato nelle tecniche aeronautiche- facesse aerei fin troppo moderni per gli standard italiani, non ebbe modo di produrne mai un numero adeguato. La carriera del Sagittario fu quindi effimera.
 
Non diversa sorte ebbe il '''Re.2006''', che era una macchina da caccia con il DB.603, ma non si è mai saputo di preciso se questo prototipo, che non volò mai, sia stato davvero munito di questo motore o solo di quello di un Re.2005. Il prototipo, assemblato nel '44, aveva colorazione giallo acceso eccetto che le superfici di controllo di coda nere; esso venne portato a passare il tempo dentro una palestra (con un coraggioso viaggio da Correggio a Milano nell'autunno 1944) in attesa della fine di una guerra per vincere la quale il Re.2006 era stato approntato. Nel dopoguerra venne sezionato e a poco a poco venne demolito e analizzato al [[w:Politecnico di Milano|Politecnico di Milano]]. Così ebbe fine la genia dei Reggiane da caccia. La versione Re 2006 P (aereo postale) e Re.2006PP (Posta e passeggeri) non furono costruiti. Sono stati anche denominati (con ancora più confusione per gli storici), Re.2007 e Re.2008.
 
Il '''Re.2007''', se le ricostruzioni fatte sono valide, doveva essere un caccia dalle prestazioni roboanti con un motore Jumo 004B a reazione, con velocità di oltre 1.000 kmh. Difficile che queste prestazioni fossero raggiungibili con la modesta potenza disponibile, il peso era previsto di 2.500-3.550 kg per 1000 kg di spinta. Infine il caccia Ca.2008 era previsto, sicuramente nel periodo postbellico, come caccia con motore da 2240 kgs e 1.200 kmh di velocità (e sopratutto una ben poco credibile tangenza di 20 mila metri, all'epoca impossibile). Mentre non si sa precisamente quando venne approntato il Re.2007, e in che misura (sicuramente dopo l'ottobre 1943) e senza mai essere stato completato (anzi, non è nemmeno certo che questo progetto sia mai esistito nei termini rivendicati), il Ca.2008 non ebbe seguito alcuno a parte l'offerta sulla carta all'Aeronautica nel dopoguerra. L'F-86, seguito da G.91 e MB.326, comunque eliminò ogni concorrenza italiana, che pure vide varie altre proposte Piaggio, Macchi, Fiat e SAI Ambrosini.
 
*Motore: DB-603
*Dimensioni: lunghezza 9,9 m, apertura alare 11 m, altezza 3,64 m, sup. alare 20,40m2
*Pesi: 2.960-3.950 kg
*Prestazioni previste: V.max 658 kmh a 7.200 m, 550 kmh a quota zero, raggio 510 km, autonomia 1.135 km
 
Tornando al Re.2005, non sono mancate altre versioni di notevole importanza. Una proposta il 24 dicembre 1942 prevedeva una doppia fusoliera, 4 cannoni da 20 mm, un siluro o due bombe da 500 kg. C'era un solo pilota, nella fusoliera di sinistra. Si prevedevano velocità massime di 680 kmh a 7.000 m e una lunga autonomia e il risultato sarebbe stato simile al P-82 americano (il Twin Mustang). Un'altra versione fu un caccia a reazione, il '''Re.2005RR''', che aveva un motore Fiat A.20 da 370 hp che azionava due compressori centrifughi Campini. Uno di questi ristabiliva la potenza in quota, l'altro era invece un vero e proprio [[w:motoreattore|motoreattore]], che avrebbe consentito almeno 710 kmh di velocità grazie ad una potenza totale di 2.030 hp. Questo avrebbe però portato il baricentro dal 25% della corda alare al 31%, similmente a quello del rivale G.55, sopratutto il peso sarebbe stato aumentato a 4.084 kg e nonostante la rimozione di due cannoni da 20 e della corazza da 40 kg del pilota non si sarebbe riusciti a contenerlo in meno di 3.900 kg. Ma era il consumo del carburante che preoccupava, con l'aumento, azionando il motoreattore, da 290 kg/h a 930 kg/h a causa del post-bruciatore, per cui anche con 50 kg di benzina aggiuntivi non si poteva superare i 12 minuti di funzionamento consecutivi. Anche se vi fu una nuova versione di questo progetto del luglio 1943 che reintroduceva i cannoni alari al peso di 4.070 kg, la cosa non ebbe seguito. Di fatto si poteva fare grossomodo lo stesso con il Re.2006 e per questo il prototipo non venne mai costruito. In ogni caso questo fu uno dei primi progetti di aereo a reazione italiani.
 
====Caproni====
Questa ditta si è potuta vantare di essere una delle più antiche del panorama aeronautico italiano, e l'autrice, nel 1914, dei primissimi trimotori, formula a cui l'Italia rimase attaccata (a dire il vero, abbandonata presto dalla Caproni). I velivoli successivi furono raramente di rilievo, anche se non mancarono anche progetti avanzati, come il Ca.113 pressurizzato per il record di quota massima. Il '''Ca.135''' era un bel bimotore, tuttavia disastroso nell'impiego pratico con la R.A., soppiantato dai BR.20 e S.79, per non dire del C.1007. I bimotori leggeri Ca.309/314 erano privi di un valore preciso, usati di volta in volta come aerei coloniali, attacco, ricognizione, scorta convogli, attacco, bombardamento leggero. Nel frattempo, il Ca.135 venne sviluppato anche come '''Ca.169''', aereo che vale la pena ricordare perché volò la prima volta il 12 maggio 1942, senonché i suoi pur potenti motori Piaggio P.XII RC.35 da 1.300 hp dimostrarono troppo consumo, oltre ad alte preoccupanti limitazioni in manovra. Nel febbraio del '43 ebbe gli Alfa AR.135 RC.32 da 1.400 hp e altre modifiche, tanto che raggiunse i 485 kmh nella primavera del '43, d'altra parte aveva adesso ben 2.800 hp di potenza per appena 7.900 kg di peso normale. Ma onestamente, non era abbastanza. I BR.20Bis, S.79Bis, S.84, C.1007 erano tutti almeno all'altezza, per non dire dei C.1018. Il Ca.169 non trovò spazio in questo ambiente già pieno di aerei affermati, in un momento di crisi gravissima per l'Italia.
 
 
L'unico aereo bimotore valevole di interesse era il '''Ca.331''', aereo di prestazioni molto interessanti, ma che non ebbe successo ugualmente. Esso nacque dalla specifica del '38 per un aereo da ricognizione e osservazione terrestre, a cui parteciparono tante altre ditte aeronautiche. La macchina volò con il prototipo MM.427 nell'agosto del '40 con due I.F. Delta. Dopo avere concluso che si trattava di una macchina troppo costosa per un compito di osservazione, venne ritrasformato lasciando il muso da He.111 che aveva prima, ad uno diverso, che faceva parte delle modifiche per farne un caccia notturno armato con motori potenziati Delta III o IV, 2 cannoni da 20 e 4 armi da 12,7 mm. Ne vennero ordinati 300 nella primavera del '42, poi annullata in favore di commesse per il Re.2005. I Tedeschi ne volevano 1.000, ma si accontentarono di sequestrare dopo l'armistizio i 3 esemplari prodotti.
 
*Motore: 2 IF Delta III o IV
*Dimensioni: lunghezza 11,75 m, apertura alare 16,46 m, altezza 3,94 m, sup. alare 38,4 m2
*Pesi: 4.250-6.050 kg
*Prestazioni previste: V.max 520 kmh a 6.000 m, salita a 6.000 in 9' 3 sec, raggio 815 km, autonomia 1.810 km o 5,66 ore.
*Armi: varie combinazioni di cannoni e mitragliatrici, fino a 640 kg di bombe.
 
Sarebbe stato una specie di Beaufighter italiano, ma non ebbe seguito. Era interessante per le prestazioni con una motorizzazione piuttosto debole grazie alla cura nel ridurre la resistenza. Ma in termini di prestazioni non era nulla di eccezionale, specie per gli standard di metà 1942. Come caccia notturno avrebbe dovuto anche ospitare gli apparati radar che non ha mai avuto, e che incidevano molto sulle prestazioni.
 
A proposito di caccia, molto interessante era il '''Ca.165''' con motore Delta da 900 hp, un biplano che era più veloce e si dimostrò di qualcosa superiore al CR.42, ma che non venne portato in produzione nonostante la sua linea snellissima gli dava un aspetto quasi da monoplano. Ma questo accadeva nei tardi anni '30, per cui questo è solo un accenno su di un aereo quasi del tutto sconosciuto.
 
Quanto al '''[[w:Caproni CS.1|Caproni CS.1]]''', che usò il motoreattore e volò il 27 agosto 1940, quando la guerra era già scoppiata. Somigliava ad un MiG-21 con ali dritte, ma la potenza non era certo esuberante, tanto che non superò i 400 kmh. Vari i progetti per sviluppare il motoreattore con aerei da combattimento, ma di fatto non se ne fece nulla. Si trattava di un sistema sbagliato rispetto alle turbine aeronautiche vere e proprie e si risolse in un vicolo cieco, essendo incapace di fornire potenze sufficienti per giustificare il suo avvento. Il CS.1 era un progetto Caproni e questo spiega l'interesse della Reggiane per queste soluzioni. L'idea del motoreattore venne concepita dalla fine degli anni '20, ma per quando questo concetto d'avanguardia venne portato avanti, era superato dalle vere turbine. Dei due prototipi uno venne portato in Gran Bretagna e se ne sono perse le tracce, l'altro è ancora presente in un museo italiano.
 
====Breda Ba.201<ref>N.Sgarlato, Prototipi Della Regia Aeronautica, op. cit.</ref>====
Dopo la delusione parziale con il Ba.65, robusto aereo d'attacco teoricamente multiruolo (ma con vari inconvenienti, specie al motore A.80 da 1.000 hp), e sopratutto con il suo successore bimotore [[w:Breda Ba.88|BA.88]], che vinse record di velocità mondiali, ma che ebbe poi un servizio di guerra pressoché inesistente, con rapidissima radiazione, c'era poco da fare per la Breda nel settore aereo. Il BA.88M con ala di maggiore superficie e altre modifiche venne sperimentato. Se quest'aereo fosse stato all'altezza della situazione, sarebbe stato una sorta di Beaufighter, o di Me.110 italiano. Non se ne fece nulla, dato che in pratica si dimostrò una cocente delusione che obbligò a rottamare gli oltre 100 aerei prodotti. I pochi Ba.88M non ebbero altresì esiti positivi e non rivitalizzarono il modello, che a conti fatti, si potrebbe considerare per fallimento e concezione simile (ma anche peggiore) del Me.210, grossomodo coevo. Dopo che i bombardieri in picchiata SM.85, poco più che dimostratori di tecnologia, avevano dimostrato piuttosto d'essere del tutto inaffidabili (con un colpo durissimo all'efficienza della R.A.), si pensò di usare l'S.M.86 per rivitalizzare il progetto con motori più potenti e altre migliorie. Non ebbe peraltro successo nemmeno questo, anche se era decisamente migliore. Per ottenere un bombardiere in picchiata che fosse in grado di emulare lo Stuka tedesco, visto e ammirato già in Spagna, gli Italiani cercarono di produrre macchine proprie, come il '''Caproni Ca.335 Tuffo''', che non era una grande macchina. Ma sopratutto, con il Breda Ba.201, rimasto esemplare unico. Questo era in grado di buttarsi in picchiate verticali come lo Stuka tedesco e con questo, di rilasciare con precisione le bombe sulla verticale degli obiettivi. Inoltre era capace di difendersi dai caccia grazie alla sua maneggevolezza. C'erano però cose che non andavano: il motore DB-601 non riusciva ad imprimergli più di 460 kmh, troppo pochi per sopravvivere in azione. Gli Stuka erano più lenti, ma il Ba.201 non era in grado, essendo monoposto, di controllare le sue spalle, né di difendersi da eventuali attacchi posteriori. Tra la velocità superiore di 50 kmh rispetto allo Ju-87 (dovuta sopratutto al fatto di avere un carrello retrattile) e la coppia di mitragliatrici difensive di quest'ultimo, non c'era molto da scegliere. Inoltre con lo stesso motore il Re.2001 poteva portare bombe e volare quasi 100 kmh più veloce. La ricerca di motori nazionali da sistemare al posto di quello tedesco non portò a nulla. Inoltre il velivolo decollò solo il 3 luglio 1941 ma nella primavera del '42 andò distrutto in un incidente. Solo a quel punto venne portato in volo il secondo prototipo (MM.452), che corse anche il rischio di partecipare ad un'azione di guerra antinave assegnato al 97° Gruppo Bombardamento a Tuffo di Gela, ma non successe per via della mancanza di adattatori per le bombe. Ma sembrava che le cose si mettessero bene per quello che è uno dei migliori e dei meno noti aerei della categoria, ma il 26 giugno il progetto di una versione biposto, quella da mettere in produzione (con limitazioni delle prestazioni, ovviamente), il programma venne cancellato. C'erano già disponibili gli Ju-87 tedeschi, fin dal '40 comprati per rimpiazzare gli SM.85; e a quel punto divennero disponibili una seconda serie, stavolta gli Ju-87D potenziati e capaci di 1.800 kg di bombe. Il programma italiano avrebbe potuto tutt'al più 'reinventare la ruota', quindi un doppione inutile per la Regia Aeronautica, già in crisi di rimpiazzi per gli stessi reparti da caccia.
 
*Motore: DB-601 da 1.175 hp
*Dimensioni: lunghezza 11,09 m, apertura alare 13 m, altezza 3,1 m, sup. alare 24,84 m2
*Pesi: 2.380-3.650 kg
*Prestazioni previste: V.max 460 kmh a 4.000 m, salita a 4.000 in 7 min, raggio 540 km, autonomia 1200 km.
*Armi: 2 mitragliatrici da 12,7 mm, fino a 500 kg di bombe.
 
 
 
====Macchi 205/207<ref>N.Sgarlato, Prototipi Della Regia Aeronautica, Dic-Gen 2008</ref><ref>Lembo, Daniele: ''Il Macchi C.205 Orione'', Aerei nella Storia Maggio 2001</ref>====
[[Immagine:M.C.205V.jpg|280px|right|thumb|Il C.205 Veltro]]
Il '''[[w:Macchi M.C.200|C.200]]''' era il migliore tra i caccia italiani in servizio nel '40, anche se soffriva ancora di limitazioni dovute alla forma delle ali (non è chiaro se fossero all'epoca già risolte, ma fino al marzo '40 ebbe fenomeni di autorotazioni mortali). Nell'insieme era una macchina interessante, ma priva della potenza di fuoco e delle prestazioni del suo rivale Hurricane, meno maneggevole ma tutto sommato superiore. Per fare di meglio nei tardi anni '30 si cominciò, in alternativa alla compera diretta dei Bf-109, a progettare un aereo nazionale, il che ebbe ovviamente la solita, ma meno affollata di altre occasioni, panoplia di offerte. I due che ce la fecero furono il Re.2001 e il '''MC.202'''. Quest'ultimo era di progettazione mista: era robusto, e la sua aerodinamica gli dava una velocità elevata. Peraltro era pesante, aveva una struttura che sebbene facile da costruire con tecnologie modeste, richiedeva nondimeno ben oltre 20 mila ore di lavoro per aereo (il BF-109 circa 5000). La sua rapidità di messa a punto, dovuta (differentemente che sul Re.2001) alla sostanziale assenza di difetti (anche perché basato sulla cellula di un aereo esistente di già, l'MC.200), e così al primo volo dell'agosto del '40 seguì entro un anno l'entrata in servizio (giugno 1941, esordio in combattimento nel settembre). Oltre 1.000 aerei vennero prodotti e combatterono sopratutto in Africa Settentrionale, contendendo tra la fine del '41 e la primavera del '43 la superiorità aerea agli Alleati, che fino allo Spitfire non ebbero aerei all'altezza, avendo solo Hurricane e P-40. Ma era chiaro che nemmeno questi apparecchi da caccia potevano dirsi soddisfacenti. Pur raggiungendo quasi 600 kmh, e salendo a 6 mila metri in pochi minuti (difficile dire quanti, date alcune incongruenze nei dati riportati), era poco armato con le solite 2 armi da 12,7 mm. Non aveva molte capacità di carico pesando ben 2.400 kg a vuoto, 400 più del Bf-109 con gli stessi motori, e anzi è notevole che fosse molto agile nonostante tale peso e un carico alare notevole (del resto i P-40 avevano la stessa caratteristica, essendo ancora più pesanti del C.202). Per ottenere di meglio Castoldi cominciò a lavorare ad una sorta di C.202bis con il DB-605 da 1500 hp. Il '''[[w:Macchi M.C.205|C.205]]''' fu l'aereo che ne derivò nel marzo del '42. Fece in tempo a competere per la nuova generazione di caccia della Regia. Anche i Tedeschi lo valutarono.
 
Come le cose andarono è davvero curioso: il Macchi C.205V venne valutato solo come 'mediocre', il Re.2005 come 'buono', il G.55, il migliore per possibilità di produzione su grande serie, 'ottimo', tanto che lo scelsero come caccia da produrre in Germania. Gli Italiani invece ordinarono preserie di G.55 e Re.2005 (16), poi ben 750 Re.2005, 600 G.55 e 250 C.205V. Solo questi ultimi vennero davvero consegnati nella quantità prevista. Ai piloti italiani piaquero, finalmente avevano aerei sia prestanti, sia ben armati (tranne che la prima serie ancora con 4 mitragliatrici di cui due leggere). Il Macchi venne definito addirittura come 'il caccia più veloce del mondo'. Sicuramente era il più veloce tra quelli italiani, sia in salita (6-7 min per i 6.000 m), sia come velocità orizzontale (ridotta un pò con i tipi armati di cannoni da 20 mm alari), ma all'epoca c'erano già parecchi aerei da 650 e passa kmh, come lo Spit Mk IX, il FW-190, il Bf-109G e il P-38, e altri come il P-47 ancora più veloci.
 
A parte questo, il C.205V cominciò a lottare operando da Pantelleria nella primavera del '43 (era tardi per andare in Africa), e continuò a combattere accanitamente, spesso con risultati assai sovrastimati (come nel combattimento del 2 agosto 1943) nelle file degli stormi 1, 4, 51 e altri ancora. Era troppo tardi, comunque, per salvare la situazione e gli ultimi Veltro vennero usati sia dalla RSI che dalla CAF, che infine esportati in Egitto nel dopoguerra.
 
Il C.205V era, alla faccia delle valutazioni, un aereo prediletto: in fondo era simile come comportamento al C.202 già ben noto, di cui costituiva la versione rimotorizzata (C.202bis), era il più veloce dei caccia italiani ed entro i 7000 m il suo comportamento in volo era complessivamente ottimo, perdendo poi per via dell'ala troppo caricata con altri 400 kg extra rispetto al C.202 (che aveva la stessa ala). Ma non c'erano molti modi per rispondere subito alla specifica dei caccia '5', per la Macchi; il 'vero' caccia '5' era da riprogettare dopo mesi di sforzi. Finalmente, nel novembre del '42, venne approntato il '''C.205N1''' (MM.499), seguito nel maggio '43 dal '''C-205N2''' (MM.500). Questi aerei erano diversi dai 'normali' Macchi in quanto avevano ala riprogettata per salire ad alta quota: l'apertura alare passava da 10,58 a 11,25 m, superficie alare incrementata di conseguenza da 16,8 a 19 m2. Però anche il peso aumentava. Il primo dei due tipi aveva un cannone da 20 mm MG151 con abbondante munizionamento nel muso, e ben 4 armi da 12,7 mm pure sistemate sopra e a lato del muso stesso, che così aveva un'aspetto ancora più aggressivo del consueto dato che le canne sporgevano all'esterno. In effetti, la cappottatura era anche troppo 'attillata' e questo tendeva a surriscaldare il motore stesso. Il secondo tipo aveva finalmente la soluzione d'armamento richiesta di 3 cannoni da 20 (due alari) e 2 armi da 12,7 mm. Prima vennero ordinati 600 aerei alla Breda e 600 alla Macchi, poi venne cancellato tutto e si ritornò a 500 C.205V. In effetti la Macchi cercava di convincere che i due tipi di Macchi, il 205V e l'N, erano complementari a seconda della quota, cosa in effetti vera. Ma gli 'N' non erano così popolari, nemmeno dal punto di vista dei Guido Carestiano, il grande collaudatore dell'Aermacchi, che ha continuato a preferire il Veltro rispetto all' Orione (il tipo N). Per andare ancora avanti, il C.205 ebbe due successori: Il C.205V con ala aumentata a 21 m2, e quello con quest'ala e il DB-603. Il primo era in lavorazione fino a che venne gravemente danneggiato da un bombardamento del 1 aprile 1944, replicato il 30, il secondo, che avrebbe avuto 4 cannoni da 20 alari, era stato appena cominciato all'epoca, e non ebbe seguito. Erano rispettivamente i '''C.206''' e '''C.207'''.
 
Ecco le prestazioni comparate tra C.205V,205N1, 205N2, 206 e 207 (previste per gli ultimi due):
 
*'''Dimensioni''':
**Apertura alare (C.205V) 10,5 m; C.205N1/2 11,25 m; C.206 e C.207 12,14 m; lunghezza 8,85 m (C.205V); 9,54 m (C.205N1/2), 9,33 (C.206), 9,73 (C.207);
**superficie alare 16,8 (C.205), 19 (C.205N), 21 (C.206 e 207); **altezza 3,03 m (C.205), 3,25 (C.205N, 206 e 207)
*'''Pesi''': C.205 2.581-3.408 kg, C.205N1, 2.695-3.621 kg, C.205N2 2.759-3.794 kg; C.206 2.578-3.650 kg, C.207 3.292-4.340 kg
*'''Prestazioni''':
**C.205V, 642kmh a 7.200 m, C.205N1 629 kmh a 6.950 m, C.205N2 628 kmh a 6.500 m, C.206 640 kmh, C.207 700+ kmh;
**Tangenza C.205V 11.200 m, C.205N1 11.500 m, C.205N2 11.800 m, C.206 e 207 12.000 m;
**salita: C.205V, a 5.000 m in 4' 47 sec, 6.000 m in 5' 53 sec, 7.000 m in 7 min 6 sec, 8.000 in 9 min 9 sec; Per il C.205N1 rispettivamente 5 min 46 sec, 6 min 7 sec, 7 min 45 sec, 9 min 25 sec; C.205N2, 6 min 14 sec, 7 min 38 sec, 9 min 7 sec, 10 min 47 sec; non disponibili dati per gli altri;
**Autonomia 1.020 km (C.205N1), 950 per gli altri.
 
Nel concorso per il nuovo caccia italiano la classifica, stilata fu con il G.55 a 21 punti, Re.2005 a 20, C.205N a 18.
 
Insomma, l'ala maggiorata non era poi un grande vantaggio rispetto ai 'Veltro'. Gli 'Orione' erano più lenti in tutti i contesti e poco superiori ad alta quota. I G.55 e Re.2005 erano certamente migliori, specie i primi, ad alta quota, grazie ad un'ala e a un disegno da subito adatti allo scopo. Del resto, anche il vecchio G.50 arrivava sui 10 mila metri di tangenza, ben più degli 8.800 del Macchi 200. La costruzione dei C.206 e 207 non venne mai completata e questo chiuse la questione, anche se si trattava di caccia di indubbio interesse, e non poteva essere altrimenti data la potenza del motore e dei cannoni, associati ad una cellula complicata da costruire ma (specie nella zona di coda) molto avviata. Nel dopoguerra si ebbe notizia di un Macchi riprogettato per il R.R. Merlin, come il G.59, ma non se ne fece nulla e solo alcuni aerei vennero completati per l'Egitto. Il Fiat G.59 rimase a fare l'asso pigliatutto del settore, assieme ai tipi angloamericani (P-38,47 e 51, nonché Spit Mk IX) forniti nel frattempo.
 
 
 
====I Savoia-Marchetti<ref>Sgarlato, 'Prototipi della R.A.', op. cit</ref>====
La Savoia-Marchetti è famosa sopratutto per i suoi robusti e spesso veloci trimotori, che in ogni caso hanno una struttura tutt'altro che rivoluzionaria. L'S.M.79 è il più noto, come bombardiere e racer nel periodo prebellico, come aerosilurante dopo; ma c'erano molti altri progetti, e benché la gran parte fossero di tipo tradizionale, non mancarono anche tentativi di 'strappo' con modelli del tutto nuovi.
 
Andiamo con ordine numerico, che porta uno schieramento numericamente impressionante, certamente il più consistente di tutta la produzione italiana.
 
'''[[w:S.M.86|S.M.86 Sagitta]]''': come già accennato, l'S.M.85 era tutto fuorché un eccellente apparecchio bellico, anzi era a malapena considerabile come aereo da combattimento. Cercare di migliorarlo, già nel 1938 si pensò all'S.M.86W con i motori Walter Sagitta a 12 cilindri a V da 600 hp, 500 a 3.800 m. Questi motori cecoslovacchi, che per la cronaca sono stati estrapolati anche dai D.H. Gibsy King inglesi, permettevano prestazioni superiori e l'MM.397 volò per la prima volta nella primavera del '40, a Vergiate. Quindi era già una realtà allo scoppio della guerra. Il prototipo venne anche usato in guerra dal 96° Gruppo su Malta, iniziando le operazioni offensive il 15 settembre. Fece poche missioni, non combinò molto e nell'insieme dev'essersi dimostrato un miglioramento modesto. Il 17 agosto 1941 ne venne ordinata la demolizione. Il suo collaudatore, del resto, era rimasto ferito su di un Ju-87 durante un'altra missione per cui il suo destino era segnato anche da cause esterne. Un secondo prototipo volò solo il 7 agosto 1941 e doveva rappresentare la versione di serie, ma nonostante ordini per 12, poi 64 esemplari, la sua carriera rimase al palo.L'aereo di per sé era aggraziato, con un cupolino ad ampia visuale per il pilota, ma forse un bimotore era troppo costoso per portare una bomba di media grandezza. Inoltre era totalmente privo di difesa contro i caccia nemici.
 
*'''Dimensioni''': lunghezza 10,85 m, apertura alare 15 m, altezza 3,86 m, superficie alare 30,8 m2
*'''Pesi''': 3.357-5.077 kg
*'''Prestazioni''': V.max 412 kmh a 4.000 m, salita a 4.000 m 14 min 17 sec, tangenza 6.300 m, raggio 770 km, autonomia 1.700 km
*'''Armi''': bomba da 500 kg.
 
 
Dopo quest'apparecchio, merita certamente ricordare il bombardiere leggero multiruolo '''[[w:S.M.88|S.M.88]]''', di cui volò anche un prototipo. Era un velivolo bimotore, con alcune caratteristiche interessanti. Volò già nel 1939, quindi assieme ai vari Re.2000, Z.1018, P.108 ecc. era la 'nuova generazione' apparsa immediatamente prima della guerra. Era una sorta di bombardiere-caccia pesante bifusoliera con 3 persone di equipaggio, tutti nella navicella centrale, appesa tra le fusoliere. Aveva un tettuccio largamente vetrato e due motori DB-601, ma la struttura, specialità della SIAI-Marchetti, era ancora mista con scheletro in legno e copertura metallica. Inteso più che altro come aereo export, aveva d'interessante che il pilota si sdraiava nel muso e diventava il bombardiere, mentre il secondo pilota prendeva il comando dell'aereo; il cannoniere aveva un'arma da 12,7 mm difensiva, altre due erano offensive, montate nelle ali. Il tutto era assai prestante, ma questa costruzione originale e di basso costo aveva motori tedeschi, il cui export venne proibito.
 
*'''Dimensioni''': lunghezza 12,1 m, apertura alare 14,5 m, altezza 3,5 m, superficie alare 32,5 m2
*'''Pesi''': 5.000-7.000 kg
*'''Prestazioni''': 560 kmh, tangenza 8.700 m, salita a 5.000 m in 12,5 minuti.
*'''Armamento''': 3x12,7 mm, 600 kg di bombe
 
Nonostante le buone qualità, l'aereo rimase prototipo. Ma l'avventura tecnica per sviluppare nuovi velivoli era solo iniziata: nel '42, allorché la Regia chiese un bombardiere leggero e ricognitore con un raggio di 2.000 km, 1.500 con 500 kg di bombe, l'idea ritornò in auge. Sopratutto però ritornò con la richiesta, del luglio dello stesso anno, di un caccia pesante con i DB-605, ben 6 cannoni da 20 mm, 620 kmh e una mitragliera da 12,7 difensiva, raggio di 1.600 km. Cose molto impegnative da ottenere, specie se si considera anche il carico di 800 kg di bombe richiesto. Il fatto è che l'S.M.88 era ancora in sviluppo e solo il 15 dicembre 1942, dopo molte incertezze, la R.A. puntò tutto sull''''[[w:S.M.91 Sagitta|S.M.91]]'''. Questo era simile, forse derivato dal precedente, ma era anche un aereo nuovo. Ne vennero prodotti 2 esemplari, il primo volò l'11 marzo 1943.
 
Stavolta si trattava di un aereo totalmente metallico per ottenere un peso minore a scapito del costo. Da notare che anche l'S.M.91 era un concetto prebellico, rispondendo alla specifica del '38 o del '39 per un caccia pesante, tanto che il 7 settembre del '39 vennero ordinati i due prototipo MM.433 e 434. Inizialmente pure questo progetto aveva i DB.601, ma per raggiungere le prestazioni desiderate fu necessario montarne tre, realizzando l'unico tipo di caccia trimotore. I DB-605 resero possibile usare solo due motori, ma in ogni caso non si arrivò alla velocità di 620 kmh prevista. I cannoni erano ben 5 in avanti, 2 alla radice alare, 3, con la possibilità di un quarto, nel muso, parzialmente sporgenti. Un altro era possibile in postazione difensiva visto che l'aereo era biposto. Simile ad un P-38, ma più grande, aveva 1.600 l di carburante aumentabili a 1.800 e un'autonomia di 1.600 km. Progettare un velivolo tanto sofisticato fu difficile; realizzarlo fu anche più arduo. Il primo volò pilotato da Aldo Moggi l'11 marzo '43, per complessive 27 ore. Poi venne catturato dai Tedeschi. Il secondo prototipo era l'S.M.88 trasformato, perché le specifiche con il tempo si tesero a somigliare molto tra i due tipi e questo prototipo venne 'riciclato' nell' S.M.91. Il secondo prototipo MM.532 (il primo era l'MM.530, numeri diversi rispetto a quelli originariamente assegnati) rimase in Italia, ma volò solo il 10 luglio del '44, sempre pilotato da Moggi. Dopo non molto tempo venne distrutto a Vergiate dalle bombe americane, assieme al suo successore S.M.92.
 
*'''Dimensioni''': lunghezza 13,25 m, apertura alare 19,7 m, altezza 3,85 m, superficie alare 41,76 m2
*'''Pesi''': 6.400-8.890 kg
*'''Prestazioni''': 585 kmh a 6.700 m, tangenza 10.800 m, salita a 6.000 m in 7,66 minuti.
*'''Armamento''': 5 (fino a 7) MG-151 da 20 mm, teoricamente 1.640 kg di bombe o un siluro.
 
Molto simile al P-38 americano, di fatto era quindi molto più grande e della categoria piuttosto di un bombardiere medio-distrutture, qualcosa di simile al Do.217 o al P-61 Black Widow. Era armato pesantemente, per la prima volta omettendo del tutto le armi da 12,7 mm, ma non ebbe fortuna nonostante una lunghissima e tribolata gestazione. Un'altro aereo arrivato troppo tardi per la R.A., e anche per l'ANR.
 
Ora parliamo dell''''[[w:S.M.92|S.M.92]]'''. Qui la situazione era ancora più estremizzata: a parità di motori, qui si cercò una vera macchina bifusoliera. Al solito, alla richiesta della R.A. per un nuovo apparecchio di questo tipo, tutte le industrie aeronautiche italiane risposero disperdendo ancora una volta le loro capacità progettuali in mille rivoli. Così si ebbe il Fiat G.58 (in precedenza, per il concorso del 1938, i CR.50 e 55, tra gli altri), il Caproni Ca.380, il Re.2005 bifusoliera. Nessun risultato materiale, eccetto che con l'S.M.92. Questo aveva un abitacolo particolare: anziché essere sospeso all'ala centrale, esso era direttamente nella fusoliera di sinistra. Venne ordinato l'MM.531 il 15 dicembre 1942, ma non venne completato in tempo e volò solo il 12 novembre 1943 a Varese, pilotato dal solito duo Moggi-Balzarini. Durante i collaudi di quest'aereo, il 17 marzo 1944, vi fu un attacco da parte di un Macchi 205V che lo scambiò per un P-38, nonostante le insegne crociate tedesche. Dopo un atterraggio d'emergenza dovuto ai danni subiti, rimase in riparazione per 3 mesi. Dall'estate del '44 fu ancora disponibile per attività di volo, ma era destino che non sopravvivesse alla guerra: il 27 dicembre 1944 venne distrutto a Vergiate assieme al secondo S.M.91.
 
Come era nel dettaglio l'SM.92? Il posto di pilotaggio sulla fusoliera sinistra ovviamente dava minore resistenza aerodinamica, ma questo era pagato con una visuale meno completa del settore destro. Le due travi di coda avevano altrettanti timoni verticali, uno orizzontale invece le collegava e in mezzo c'era una carenatura che comprendeva una Breda da 12,7 mm telecomandata, forse l'unico tipo di arma caudale su di un aereo italiano. Come armi offensive c'erano due Breda in ciascun muso, due cannoni a metà ala, un altro sulla fusoliera destra (mentre la sinistra aveva il doppio abitacolo in tandem). Per il resto era un' aereo capace di prestazioni superiori al precedente, ma ancora di pochissimo inferiori ai 620 kmh richiesti. Sarebbe stato un bombardiere-silurante e caccia pesante impressionante, ma come il '91, non ebbe alcuna fortuna data la situazione critica che si viveva all'epoca.
 
*'''Dimensioni''': lunghezza 13,7 m, apertura alare 18,55 m, altezza 4,15 m, superficie alare 38,52 m2
*'''Pesi''': 6.250-8.750 kg
*'''Prestazioni''': 615 kmh a 6.700 m, tangenza 10.800 m, salita a 6.000 m in 7,2 minuti.
*'''Armamento''': 3 MG-151 da 20 mm, 5 Breda da 12,7 mm, teoricamente 1.640 kg di bombe.
 
Al dunque, per aggiungere un tocco d'ironia a tutta questa vicenda, va detto che l'unico aereo bifusoliera della R.A. a vedere combattimento fu un P-38 catturato (era atterrato per errore in territorio italiano), con il quale il Col.Tondi riuscì anche ad abbattere almeno un bombardiere Alleato (i Tedeschi fecero lo stesso, da quel che si sa, con alcuni P-38 in loro possesso).
 
 
Tra i grandi apparecchi plurimotori, il successore dell' S.M.79 era il più potente '''[[w:S.M.84|S.M.84]]''', che tuttavia dimostrerà difetti molto seri, scarsa stabilità, affidabilità, maneggevolezza. Come il Fairey Albacore con lo Swordfish, fallì nel tentativo di sostituire il bombardiere-silurante da cui derivava. Volando nel 1940, entrò in azione nel '41 rimpiazzando per lo più i BR.20. Come l'Albacore britannico, anche qui l'unico grande successo fu il danneggiamento di una corazzata, la HMS Nelson. Ma mentre nel caso dell'aereo inglese, si trattò di una vittoria pagata con la perdita di un solo aereo (quello che si avvicinò per silurare), nel caso degli aerei italiani, l'azione (sempre del '41, tanto per continuare il parallelo) vide decimato il 36° Stormo, che perse 6 aerei con almeno 30 aviatori tra cui Helmut Seidl, comandante dello Stormo. Inoltre agli Inglesi non comporterà nessun aggravio il danneggiamento della loro corazzata, agli Italiani costerà una catena di eventi culminata con Matapan e i suoi 3 mila morti e prigionieri (equipaggi di 3 incrociatori e due caccia distrutti dagli Inglesi).
 
L'S.M.84 venne costruito in circa 300 unità, delle quali solo una trentina erano ancora attive al luglio del '43, quando si opposero, con forti perdite, all'invasione Alleata. E le prestazioni dell' SM.84, pure capace di 3.000 hp complessivi, sono state largamente sbugiardate dalle azioni pratiche. La relazione presentata all'epoca dei fatti da parte della stessa R.A., dice infatti che l'S.M.84, in teoria capace di 467 kmh a pieno carico, 8.000 m di tangenza, oltre 5 ore di autonomia a 397 kmh, in pratica volava a 280 kmh (in crociera, visto che in salita erano indicati pur sempre 250 kmh), 4.400 m -non per tutti gli aerei-, meno di 4 ore di autonomia, il tutto con un carico minimale di circa 500 kg di bombe. Questo comportava anche 2 t di prezioso carburante per una missione ad appena 400 km di distanza: l'80% del carburante per assicurare la metà del raggio d'azione con la metà del carico teorici. E notare bene, tutto ciò si riferisce alla versione migliorata 'Bis'. Non stupisce che l'SM.79 Bis, opportunamente modificato e con motori da 920 hp, lo abbia superato in prestazioni, così come il CANT Z.1007 Ter. Ancora durante l'Armistizio gli SM.84 presenti erano 150 circa, ma quasi nessuno in servizio di prima linea, nonostante le perdite di bombardieri subite<ref>Per questo aereo, è usata anche Lembo, Daniele:''SM 84: il fratello 'stupido' dell'S.79'',Aerei nella Storia giu-lu 2002</ref>.
 
Dall'SM.84 nacque però un nuovo aereo, che vale la pena di ricordare: l''''[[w:S.M.89|S.M.89]]'''. Questo era un vero 'incrociatore aereo', con un'ampia capacità d'armamento. La struttura era sempre di tipo misto, ma i motori erano stati ridotti a 2, i potenti Piaggio P.XII Tornado da 1.500 hp. Così nel muso c'era spazio per due potenti cannoni automatici Breda da 37 mm e tre Breda da 12,7 mm, altre due infine erano nella postazione ventrale e dorsale (tipo IX telecomandato e tipo V). Non si sa bene quando l'aereo volò per la prima volta: forse l'autunno del '41 o la primavera del '42. Ad ottobre venne trasferito a Guidonia, nel centro sperimentale. Qui il velivolo, MM.533, rimase un pò; poi Moggi lo portò a Furbara per le prove di tiro. L'aereo prometteva bene quanto a potenza. Di fatto era molto simile, come concezione, ad un grosso Hs.129. Come questo era dotato di un abitacolo minuscolo, con il muso abbassato e piuttosto piccolo per migliorare la visibilità dell'abitacolo. La corazzatura era impressionante: 300 kg di acciaio per parte anteriore più il parabrezza blindato, 300 kg per i motori, 80 kg soltanto per la corazza posteriore. V'erano poi anche i serbatoi semapizzati (autostagnanti), sei da 2.700 l. I collaudi dell'aereo iniziarono con un solo cannone, l'altro venne poi prelevato da un FC.20 presente. Venne usato anche contro carri armati. Però il suo compito era di bombardiere-distruttore, anche come caccia. Venne considerato una piattaforma di tiro stabile, e mandato in carico alla 173a Squadriglia. Ma i piloti si avvidero che era talmente pesante, che bisognava volarlo con assetto cabrato per non perdere quota, il che rese fantascientifico (a parte le prestazioni ridotte) il compito di caccia pesante. Nonostante che avesse la stessa potenza dell' SM.84 con minor peso, si dimostrò quindi un fallimento. Avrebbe dovuto rinunciare o alle corazze, o all'armamento: le prime erano incompatibili con un caccia. In teoria con una rimotorizzazione con gli Alfa RC.135 le cose sarebbero migliorate, ma un'aereo del genere avrebbe necessitato di motori affidabili da circa 2.000 hp per essere davvero valido, cose che in Italia non erano disponibili.
 
Dopo che i Tedeschi presero possesso dell'aeroporto di Foligno, nel settembre '43, dell'aereo si persero le tracce.
 
*'''Dimensioni''': lunghezza 16,85 m, apertura alare 21,04 m, altezza 4,5 m, superficie alare 61 m2
*'''Pesi''': 8.800-12.635 kg
*'''Prestazioni''': 440 kmh a 4.300 m, tangenza 6.700 m, salita a 3.000 m in 9,25 minuti;raggio 720 km, autonomia 1.600 km
*'''Armamento''': 2 cannoni Breda da 37 mm, 5 Breda da 12,7 mm, 700 spezzoni da 2 kg, o bombe o un siluro<ref>Per questo aereo, è usata anche Lembo, Daniele:''SM 89 e FC 20: i Distruttori della Regia Aeronautica'',Aerei nella Storia Feb-mar 2006</ref>.
 
 
Tornando ai bombardieri in picchiata, la Savoia-Marchetti ideò un veloce bombardiere in picchiata, tale '''[[w:S.M.93|S.M.93]]'''. Dopo la sperimentazione con un S.M.85 con abitacolo con pilota in posizione prona, per resistere meglio le accelerazioni, che peraltro era molto scomoda per i piloti. Con un potente motore DB-605, biposto, con pilota prono sul piano del motore (era praticamente steso sopra) e mitragliere, era una macchina veloce. Pare che ne vennero ordinati 2 esemplari, ma solo il gennaio 1944 ne vide uno in volo per 16 missioni fino al 29 marzo 1944. Dopo venne fermato dai Tedeschi e demolito dopo che il 31 maggio 1945 gli Alleati lo ritrovarono, ultimo aereo da combattimento di Alessandro Marchetti. Era un velivolo interessante, capace in picchiata di arrivare ad alte velocità, con un grosso abitacolo vetrato ma con tetto opaco. Come prestazioni era grossomodo paragonabile al bombardiere navale D4Y giapponese, quindi molto alte. Ma oramai era tutto inutile, la guerra era perduta.
 
*'''Dimensioni''': lunghezza 10,93 m, apertura alare 13,9 m, altezza 3,8 m, superficie alare 31 m2
*'''Pesi''': 3.610-5.550 kg
*'''Prestazioni''': 535 kmh a 6.800 m, tangenza 8.200 m, salita a 6.000 m in 13 minuti ;raggio 720 km, autonomia 1.600 km
*'''Armamento''': 1 MG-151 da 20 mm, 3 Breda da 12,7 mm (una difensiva), teoricamente 820 kg di bombe (presumibilmente o una da 800 kg, o una da 500 kg sotto la fusoliera, due da 160 kg sotto le ali).
 
C'é infine da ricordare l''''[[w:S.M.95|S.M.95]]''', per una volta quadrimotore e non trimotore, un aereo da trasporto civile che, appositamente modificato, potrebbe garantire, carico di carburante, 11.000 km con 500 kg di carico. Questo avrebbe potuto fare, assieme ad equipaggi d'eccezione, addirittura una missione d'attacco oltreoceano, contro New York. Missione puramente simbolica, chiaramente, ma: a New York c'erano oltre un milione di italo-americani e italiani, cosa che non era certo fatto da dimenticare; e poi c'era il rischio che gli Americani per rappresaglia distruggessero le città italiane, già sotto le bombe. La missione, così ardimentosa, era quasi pronta per il settembre del '43, ma non se ne fece nulla. Mussolini, anche vedendo il carico di bombe tanto ridotto -oltre che per i motivi di cui sopra- richiese che si lanciassero solo manifestini di propaganda. Gli Americani sarebbero stati costretti ad aumentare le risorse per la propria difesa nazionale limitando le forze proiettabili all'estero. Ma dopotutto, questo lo facevano già contro i sottomarini dell'Asse e in seguito, contro i palloni giapponesi 'da bombardamento' Fu-Go. Al dunque questa missione non ebbe mai realizzazione, da fare eventualmente partendo dalla Francia settentrionale. Anche i Tedeschi ci provarono, con aerei specifici, come i Me.264 e in seguito gli esamotori Ju 290. Ma anche qui non ci fu nessun risultato: le distanze atlantiche erano troppo grandi per chiunque e anche oggi solo il rifornimento in volo rende possibile pensare ad azioni sopra l'Atlantico. Gli unici che forse ce la potevano fare sarebbero stati i B-36 americani e i Tu-95 sovietici, ma questo aveva anni per concretizzarsi. Può sembrare quindi una missione eccessivamente ambiziosa, ma del resto nel '39 un SM.75 speciale ottenne un record di autonomia di oltre 12.000 km, proprio la distanza necessaria per un'azione operativa sopra l'Atlantico<ref>Pedriali, Ferdinando: ''Le fortezze volanti italiane della II GM'' RID Novembre 1991</ref>.
 
 
 
====I caccia SAI-Ambrosini<ref>Sgarlato, Nico Op. cit</ref>====
La [[w:SAI-Ambrosini|SAI-Ambrosini]] di Passignano sul Trasimeno non era certo tra le ditte aeronautiche più famose e dalla maggiore produzione. Eppure nel febbraio del 1939 mandò in aria uno dei caccia più innovativi mai tentati nella storia dell'aviazione: l'[[w:SAI Ambrosini SS.4|SS.4]]. Il suo progettista, Sergio Stefanutti, non sarebbe stato destinato a lasciare una traccia importante al pari di molti suoi colleghi di altre ditte più blasonate; eppure era un grande interprete degli studi di aerodinamica avanzata, come dimostrò con le sue realizzazioni. Queste compresero alcuni aerei sperimentali, dalla potenza ridotta, chiamati 'Anatra' perché in configurazione canard, vecchia tipologia di costruzione aeronautica, che in sostanza implica che i comandi orizzontali di coda siano spostati davanti alle ali, il che a sua volta implica che il motore sia sistemato dietro,con l'elica spingente. Rielaborando questo tipo di configurazione, oramai abbandonata, Stefanutti volle cercarne i vantaggi: la risposta pronta ai comandi e la rapidità di decollo; meno interessanti le doti velocistiche visto che si trattava di progetti piuttosto 'resistenti' in termini aerodinamici. In pratica il suo velivolo è stato l'antisignano dei caccia 'canard' moderni. La sua struttura scintillava nella finitura grigio argenteo, probabilmente non c'era affatto vernice, dato che le dolci acque del Trasimeno non causano la corrosione tipica dell'ambiente marino. Forse l'aereo venne caricato sulla ferrovia che ancora oggi passa proprio radente agli stabilimenti della vecchia SAI, che confinano con la locale stazione; e venne da lì portato al primo volo dato che a Passignano presumibilmente non c'é mai stato un vero aeroporto. Ma poco male, perché era ed è presente un'ampia superficie di volo nella vicina Castiglione del Lago, dove aveva sede l'aeroporto 'Eleuteri', uno dei più grandi disponibili nella penisola, anche se con funzioni di scuola. Era attivo già dagli anni '20 ed era ricco di palazzine realizzate con molto gusto, tanto che persino la centrale elettrica sembrava un edificio abitativo. La presenza di quest'aereo deve avere impressionato molto chi lo vide. L'SS.4 era un monoplano con struttura interamente metallica -altra innovazione per gli standard italiani- e dato il motore posteriore, aveva un carrello triciclo anteriore, come gli aerei a reazione moderni. I piani di coda, alla fine della corta fusoliera, erano due sulle ali. Queste erano a loro volta, per 'lasciare' posto all'elica e motore, vagamente a freccia. Il motore era un Isotta-Fraschini Asso IX potenziato a circa 960 hp, con elica tripala metallica e due prese d'aria laterali sulla fusoliera a mò di aviogetto, sopratutto per raffreddarlo. Insomma, un velivolo rivoluzionario, nonostante fosse nient'altro che la 'riedizione' di un vecchio concetto. Anche la sua realizzazione non partiva dal niente, visto che la SAI esisteva, dopo lo spostamento di una ditta perugina a Passignano (all'epoca si producevano anche idrovolanti) già dal 1916 e all'epoca era forse già impegnata nella produzione del Macchi 200 (e poi forse anche del 202). Per questo ebbe l'incarico di realizzare la MM.387, che era stata a quanto pare concepita a Guidonia, dove lavorava inizialmente Stefanutti, con una cellula per prove statiche e vari studi dal '36 al '39.
 
Ma già (forse al secondo volo), il 9 marzo, si staccò una superficie di controllo e il velivolo precipitò tra Castiglione del Lago e Pozzuolo, dove a tutt'oggi esiste ancora una lapide dedicata ad Ambrogio Colombo. Il motore posteriore lasciava libero il muso di portare un pesante armamento -inizialmente si era detto un cannone da 30 e due da 20, ma oramai sembra appurato che in realtà fossero un cannone da 20 e due da 12,7, solo queste ultime armi davvero istallate. Tuttavia il motore era sistemato dietro e in caso di incidente poteva fare da 'martello' schiacciando il pilota contro il terreno, invece di fare l' ariete e proteggerlo, come accadde quel giorno. Si stabilì che la superficie di controllo era stata montata male, ma di fatto questa formula rivoluzionaria non era tanto gradita e le sorprese nella messa a punto, dalle vibrazioni al surriscaldamento, sarebbero state notevolmente spiacevoli, come sperimentarono anche giapponesi e americani che poi tentarono un approccio simile. Inoltre la visibilità, ottima anteriormente (ma non verso il basso), era limitata alle spalle, svantaggio tattico non da poco. L'aereo si poteva far decollare e atterrare senza problemi visto la bassa velocità e il carrello triciclo che portava la fusoliera ad essere parallela al terreno; ma per abbandonare la macchina, o si tentavano atterraggi d'emergenza correndo i rischi di cui sopra, oppure si saltava col paracadute, ma senza il seggiolino eiettabile si rischiava grosso con l'elica posteriore se ancora in movimento (per questo i sedili eiettabili vennero installati sul tedesco Do.335). Al dunque, un velivolo come il convenzionale D.520, che aveva quasi la stessa potenza, aveva pure quasi le stesse prestazioni e armamento. Non c'era la convenienza di costruire un caccia del genere, dalla difficile messa a punto e intrinseca pericolosità. Eppure si può solo provare ad immaginare che sarebbe successo se l'SS.4 fosse stato ordinato in quantità e davvero entrato in servizio attorno al 1940-41: si sarebbe dimostrato al fine funzionale? Gli altri belligeranti avrebbero iniziato la corsa al 'canard'? Chi può dirlo. Di fatto una configurazione del genere ha cominciato a funzionare bene solo con i motori a getto, magari con comandi computerizzati, partendo dal Viggen e dal Gripen di decenni dopo.
 
Lo stesso Stefanutti, però, non fu tanto convinto nel continuare nella via e ritornò a mettere la sua competenza su progetti più tradizionali. Così questo progetto avanzato ebbe in sorte di apparire e sparire prima ancora che la guerra scoppiasse.
 
Il caccia leggero era in auge, quantomeno da quando il francese '''Caudron 714''' aveva dimostrato che si poteva volare a quasi 500 kmh con appena 450 hp di potenza installata, sia pure accettando delle limitazioni. Stefanutti produsse un aereo che rimase essenzialmente prototipo, il '''[[w:SAI S.107|SAI S.107]]''', che aveva poco più di 500 hp disponibili. Su di questo leggerissimo apparecchio, pesante a vuoto circa 1.000 kg, il tettuccio era di forma aerodinamica, allungato fin sul cofano motore. Poi venne modificato in un tipo convenzionale, trasformandolo in un caccia leggero a tutti gli effetti con altre modifiche. Volò nel settembre del '40 a Castiglione del Lago (MM.441) con un IF Gamma a 12 cilindri da 515 hp.
 
Su quest'aereo sarebbe però rimasto ucciso il grande trasvolatore Arturo Ferrarin. Decisamente non stava andando bene con i caccia per Stefanutti e la SAI. La migliore e anche l'unica soddisfazione fu che fu proprio Stefanutti a riprogettare l'ala del C.200 rendendolo un velivolo sicuro da volare, scevro di quella tendenza a cadere in autorotazione che uccise diversi piloti, e rendendo l'aereo un affidabile capostipite per la serie dei Macchi, i più importanti caccia italiani.
 
Continuando lo sviluppo dei suoi caccia leggeri Stefanutti realizzò il SAI S.207, che volò sempre nell'autunno del '40, ottimo per velocità grazie alla finezza aerodinamica, e al motore IF Delta RC.40 che era un tipo capace di unire i due vantaggi tipici di motori a cilindri in linea e radiali: dei primi aveva il ridotto ingombro, dei secondi il leggero raffreddamento ad aria tramite una presa d'aria sotto l'elica tripala. Era un bel velivolo, che aveva una velocità variamente indicata: alcune fonti originariamente gli davano 625 kmh, ovvero grossomodo come un Bf-109F4 con motore da 1.300 hp; altre fonti più recenti gli danno un più ragionevole valore di 575 kmh, che è inferiore ai 599 del C.202 ma superiore ai 545 del Re.2001. La struttura era adesso di un tipo speciale 'autarchico' in legno, che però era di una varietà di albero americano (lo spruce), quindi non così 'autarchico'.. la velocità di picchiata, a causa della finezza, era alta, non così la salita, dove l'aerodinamica non poteva compensare la scarsa potenza dei 750 hp ad una macchina di 1.750-2.300 kg. La messa a punto fu lunga e laboriosa, e al solito, pretese una vittima tra i collaudatori, Faccioli, il 5 dicembre 1940. Un secondo pilota, Tassinari, raccontava invece di come il SAI 207 fosse un velivolo 'da corsa' scattante e nervoso, ma per essere più aerodinamico possibile aveva un'ala piccola, troppo caricata; inoltre, e sopratutto, il motore tendeva a surriscaldare, specie i cilindri posteriori. Stefanutti proponeva modifiche al progetto, che però Ambrosini respingeva. L'aereo era considerato tanto poco sicuro che si cominciò a farlo volare 'fuori vista' per non rimediare pubbliche figuracce se fosse caduto.. Tassinari un giorno provò l'aereo in volo durante una picchiata. Richiamando, il carrello di un'ala si sbloccò dal suo recesso. Per risparmiare peso non c'era una carenatura interna e il flusso dell'aria entrò violentemente nell'ala, facendone esplodere la parte posteriore e mandando fuori uso gli alettoni; Tassinari fu costretto a saltare col paracadute per finire nelle placide acque del lago. Rischiò di allungare l'elenco degli annegati del Trasimeno (insospettabilmente lungo), perché le funi del paracadute lo legarono e lo portarono giù, ma venne salvato da una barca di pescatori. L'S.207 non era certo un aereo destinato a fare storia, e i piloti guardavano con un certo fastidio un velivolo di costruzione lignea e con tempi di salita ridotti, anche se era molto veloce e armato come un caccia 'normale' (due da 12,7 mm), pur costando molto meno. Una dozzina venne messa in servizio, ma oramai era solo il 1943, iniziando a volare da Castiglione. I piani per produrne una moltitudine furono frustrati dall'Armistizio, che pose fine alla sua insignificante carriera. In tutto ne vennero costruiti 2 prototipi e 12 di serie.
 
 
Per migliorare le cose si stava pensando, durante la lunga messa a punto dell' S.207, ad un tipo con ala più grande e quindi, più maneggevole: l''''S.403 Dardo''' (progettato dall'ing Silva) dell'aprile 1943. Questo era un velivolo costruito con un legno autarchico (stavolta per davvero), aveva un'ala più grande ed era di qualcosa più perfezionato, sempre con l'elegante fusoliera molto affinata, specie nella parte posteriore, per ridurre la resistenza. Si è detto che l'armamento previsto era di due cannoni da 20 e due mtg da 12,7 mm, rispettivamente nelle ali e nel muso, come sul Macchi 205V; ma non è chiaro se venne mai montato tale armamento. Le prestazioni, originariamente venivano indicate in ben 650 kmh, paragonabili ai primi Macchi 205V. Ora la cosa è molto poco credibile visto che il motore era rimasto lo stesso per un aereo più pesante e con maggiore resistenza aerodinamica, quindi caso mai doveva essere più lento del '207. E infatti ci sono anche fonti che parlano di 560-588 kmh. In ogni caso doveva essere abbastanza valido per meritare l'idea di esser prodotto in quantità: 300 all'Ambrosini, 150 alla SIAI-Marchetti e poi altri 600. Ma tutto questo è accademia, perché durante una picchiata di collaudo, successe che le ali si staccarono e il collaudatore Piero Colombo, ancora una volta rimase ucciso, il 10 maggio 1943. Un secondo SAI 403 venne di sicuro prodotto nel luglio 1943(dopo anni di dubbi se questo davvero accadde), tanto che una foto di esso con le insegne tedesche lo ritrae certamente dopo l'armistizio. I SAI 207 e sopratutto 403 sembravano in un certo senso quei 'caccia della disperazione' modello He-162, da produrre in quantità enormi dato il basso costo. Stefanutti nel dopoguerra si dedicherà agli addestratori avanzati, come il Super 7, che surclasserà il Fiat G.46 grazie alla sua aerodinamica, venendo adottato in quantità dall' AMI postbellica. Poi tenterà la fortuna con i caccia leggeri: il Sagittario I con struttura in legno e ali a freccia, motore di 400 kgs, era capace teoricamente di 1.300 kmh in picchiata, ma volava a metà di quella velocità e comunque era un dimostratore di tecnologia; l'affusolatissimo Sagittario II con motore da circa 1.500 kgs e velocità di oltre 1000 kmh, era capace di arrivare alla velocità del suono, d'essere molto maneggevole e rapido in salita, pesando poco più di 3 t; ma non verrà scelto a vantaggio del G.91R; l'Ariete aveva un turbogetto ausiliario per ovviare alla potenza insufficiente dell'unità motrice, ma questa macchina transonica era solo un altro passo in attesa di un caccia da mach 2, il Leone, con turbogetto e motore a razzo, del 1958. Ma era già l'era dell' F-104, macchina che certo ricordava le idee di velocità e aerodinamica che Stefanutti aveva inseguito con alterne fortune.
 
Caratteristiche S.403:
*'''Dimensioni''': lunghezza 8,2 m, apertura alare 9,8, altezza 2,9, superficie alare 14,46 m2
*'''Pesi''': 1.983-2.640 kg
*'''Prestazioni stimate''': 588 kmh a 7.000 m, tangenza 10.000 m, raggio 420 km
 
====Piaggio da combattimento====
La '''Piaggio''' era una ditta minore nel panorama dell'aviazione italiana, ma curiosamente fece anche dei progetti di notevolissima fattura, anzi si può ben dire che molti dei suoi progetti erano fin troppo avanzati per non presentare dei problemi tali da renderne difficilissima la messa in servizio. Tipico fu il '''P.32''', uno degli ultimi aerei disegnati da Pegna, con un'ala molto 'caricata' e potenti sistemi di ipersostentazione: l'idea era quella di un'ala con elevata portanza per decollo e atterraggio, di ridotta resistenza in volo per una maggiore velocità. Non funzionò, anzi l'aereo fu il peggiore tra quelli presentati durante gli anni '30 come nuovo 'bombardiere medio', e anche la riprogettazione '''Ca.403 Procellaria''' non ebbe fortuna, non riuscendo a dimostrare prestazioni superiori a quelle già ottenute dai concorrenti.
 
Ci fu anche il trimotore '''P.23R''', del tutto diverso, che derivava dal P.23M, un aereo da trasporto e da record che volò il 1 agosto 1935; nel '38 portò 5 t di carico ad oltre 400 kmh per 1.000 km. La versione da bombardamento P.23R partecipò al concorso per il bombardiere pesante, ma non venne scelto. Volava a 410 kmh e pesava 8.900-23.900 kg. Nel maggio del '42 si voleva modificarlo per bombardare New York, ma rimase danneggiato in atterraggio ad Albenga. Per curioso che potesse essere, la Regia Aeronautica aveva alcuni eccezionali aviatori capaci di voli di grande difficoltà, ma al contempo il livello medio degli equipaggi era tale da averne pochi anche per il volo notturno e le missioni di bombardamento ordinarie.
 
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Quanto ai bombardieri pesanti, la Piaggio non ebbe timore di avventurarsi in uno dei più difficili settori, quello dei quadrimotori, per i quali ci voleva una progettazione particolarmente efficiente se non si voleva trasformarli in fallimenti: le ali caricate ciascuna di due motori erano davvero un elemento critico di progettazione. Il '''P.50''' era originariamente in legno, e per guadagnare peso i motori erano sistemati in maniera aerodinamica in un'unica navicella per ala: uno spingente e l'altro traente. Questo ebbe dei problemi, e in seguito l'aereo venne riprogettato con 4 gondole motore (qualcosa di simile si sarebbe verificato con l'He.177-277), ma la struttura ancora lignea era tanto pesante che il decollo a pieno carico non era possibile. Giovanni Casiraghi, che aveva lavorato negli USA e conosceva il B-17, volle mettere mano ad un progetto analogo, tanto che grazie anche a lui, e forse sopratutto a lui, il Fortress non corse 'il rischio' di essere prodotto su licenza in Italia. Ne venne fuori prima il '''P-50 Metallico''', che aveva un peso minore e finalmente prestazioni che valessero la pena d'essere apprezzate; poi proseguendo nell'esperienza si saltò su di un diverso tipo di aereo, il Piaggio P.108. Nel programma 'R' per 3.000 aerei erano previsti anche bombardieri pesanti. La Piaggio partecipò con il P.112, rielaborazione del P.50, con motori previsti P.XXII, ma poi Casiraghi propose il P.108B, anche se il programma venne vinto dal '''CANT Z.1014'''.
 
Però il '''[[w:Piaggio P.108|P.108B]]''' era arrivato secondo e Casiraghi poteva di fatto assicurare la pronta consegna di quest'apparecchio bellico, che al dunque vinse la commessa. Volò nel novembre 1939, era un velivolo anche più possente del Fortress tanto che pesava ben 30 t al decollo e aveva 4 motori da 1.350 hp. 7 mitragliatrici Breda, 5 da 12,7 e 2 da 7,7 mm, erano complessivamente presenti con circa 3.000 colpi, c'erano 3,5 t di bombe e con oltre 10.000 l di carburante il raggio d'azione con una tonnellata di armi era di circa 1.500 km. Era un velivolo poderoso, ma la sua pesantezza, se significava forte corazzatura e robustezza, era anche nociva per le prestazioni: il contemporaneo B-17C pur con motori da 1.200 hp volava 100 kmh più veloce e 3 km più in alto, con solo una marginale inferiorità nel raggio d'azione. Inoltre, che le torrette alari da 12,7 mm che racchiudevano la maggior parte delle mitragliatrici difensive, fossero realmente utili in combattimento, era tutto da dimostrare: erano vulnerabili a guasti e danni, non erano raggiungibili e avevano solo 300 colpi per arma. Il B-17 ebbe invece una torretta dorsale e una caudale, tutte e due nella fusoliera, riparabili e rifornibili di munizioni in caso di necessità. L'impiantistica del P.108B era inaffidabile e il consumo dei motori troppo elevato; le prime missioni su Gibilterra le fecero quindi gli '''SM.82''' trasporti-bombardieri, gli unici aerei a lungo raggio disponibili in quantità per la R.A. (circa 400 macchine, e quasi altrettante prodotte poi per i Tedeschi). Erano però troppo vulnerabili se si trattava di attaccare un obiettivo difeso. Il P.108B entrò in azione nel '42, fallendo un attacco contro un caccia inglese con 10 bombe da 160 kg. In seguito avrebbe fatto un certo numero di missioni nelle file della 274a squadriglia. Aveva fatto notizia prima ancora di combattere, non per qualche record, ma perché nel '41, a bordo di uno di questi apparecchi, in un incidente d'atterraggio, perse la vita '''Bruno Mussolini''', il figlio aviatore del Duce.
 
Il P.108B continuò a combattere fino alla fine, ma appena 24 aerei non potevano certo fare molto. Gli ultimi due vennero abbattuti nei cieli di Sicilia durante l'estate del '43.
 
Interessanti però gli sviluppi del P.108B: anzitutto i trasporti '''P.108C''' e '''T''', che vennero prodotti in pochi esemplari, requisiti dai Tedeschi. Erano oramai più affidabili dei bombardieri e si dimostrarono capaci aerei da trasporto pesante, cosa che i Tedeschi apprezzavano visto che il loro Ju-52 era assai più limitato e non venne mai sostituito interamente dallo Ju-90 e altri tipi. Erano capaci di sollevare, questi velivoli Piaggio, anche una decina di t di carico per missioni a breve raggio, oppure un centinaio di persone (ma il carico normale era una quarantina). Dopotutto avevano una potenza complessiva di oltre 5.000 hp.
 
Un tipo bellicamente più interessante era invece il '''P.108A''' Artigliere, che aveva un muso diverso (già con il P.108B Serie II era sparita la mitragliatrice anteriore, chiudendo il muso e rendendolo più aerodinamico, da qui l'aumento di velocità da 420 a 430 kmh), e al posto di quello strano e 'scalato' caratteristico dell'aereo (che aveva lineee molto belle come fusoliera, mentre il muso era molto meno aggraziato), c'era adesso un muso normale,perché privo di postazione per il cannoniere. Questa era separata dalla postazione difensiva anteriore, un pò come nei bombardieri inglesi. Ora invece c'era un'arma che rimase quella di maggior calibro montata da un aereo della II GM: un cannone da 102 mm. Questo non era un vecchio cannone navale riutilizzato, ma piuttosto un 90 mm contraereo, una delle migliori bocche da fuoco di questa categoria (a tutt'oggi si dice 'pezzo da Novanta' , evidentemente riferendosi a questo cannone), rialesato a 102 mm per tirare a velocità più bassa un proiettile più pesante, da circa 13 kg anziché 10. Inoltre c'era un caricatore automatico, giudicato indispensabile per un'artiglieria tanto pesante, e infine un collimatore-calcolatore S.Giorgio (questa ditta era già specializzata nei collimatori a riflessione dei caccia). Il tutto era stato provato e dimostrato assai funzionale, anche se ovviamente piuttosto pesante da usare. Il rinculo fu assorbito bene dalle trenta tonnellate del P.108A, erano previste le torrette difensive solite e varie armi, specie antinave, inclusi siluri radiocomandati. Ma tutto questo ebbe fine nel settembre del '43, quando le prove erano quasi finite con l'unico esemplare così allestito. In seguito il record di calibro venne battuto dalla cannoniera AC-130H con il pezzo da 105 mm, ma l'idea di usare un pesante quadrimotore per attacchi cannonieri non era certo ottimale e nessun altro belligerante si spinse in questo settore. Resta anche qui la validità tecnica di un apparecchio sulla carta piuttosto impressionante.
 
Poi abbiamo l'ultimo sviluppo, il '''P.133''', ex-P.108Bis richiesto nell'ottobre 1942 con ala aumentata ad 135 a 160 m2 e motori P.XII RC.35 da 1.500 hp. Ne vennero ordinati 24, poi ridotti nel maggio del '43 a 6. Esso venne ispirato più che dal B-17, dal B-24 un esemplare del quale venne visionato da Casiraghi durante il conflitto. Il prototipo del P.133 MM.26248, con doppia deriva, motori potenziati, 6 cannoni da 20 e 4 da 12,7, 4,8 t di carico, velocità prevista 490 kmh, era in costruzione ai tempi dell'armistizio;poi se ne son perse le tracce, forse è rimasto sepolto sotto la galleria usata per la sua costruzione al riparo di eventuali bombe. Del resto la Regia Aeronautica era troppo in difficoltà per apprezzare questo apparecchio, ora che era ridotta a compiti del tutto difensivi.
 
Le caratteristiche previste erano:
*'''Motore''': 4 Piaggio P.XV. RC.60 a 18 cilindri doppia stella, 1.700 hp al decollo e 1.520 continui, eliche P.1002 Piaggio tripala metalliche, 17.000 l di carburante
*'''Dimensioni''': ap. alare 36 m, lunghezza 24,6 m, altezza 4,4 m, superficie 160 m2
*'''Pesi''': 17.500 kg, max. 38.000 kg
*'''Prestazioni''': 490 kmh a 6.600 m, crociera 400 kmh a 7.000 m, salita a 6.000 in 31 minuti, raggio d'azione max. 2300 km, autonomia 3.200 km a 400 kmh, max 5.100 m
 
Già che c'erano a complicare le cose arrivarono anche: il progetto P.130 per un bombardiere stratosferico del '42, con 4 motori P.XII e un motore DB-605 per ristabilire la compressione ad alte quote, messo dentro la fusoliera; e un P-133C da trasporto passeggeri da 5.000 km di autonomia. Come la piccola Piaggio potesse pianificare con un minimo di realismo lo sviluppo pressoché contemporaneo di così tanti progetti di apparecchi quadrimotori, è chiaramente senza risposte. E infatti, di tutti questi velivoli fu a malapena possibile mettere a punto dopo anni di fatica il P.108B. Erano certo 'altri tempi': adesso progettare un quadrimotore militare è difficilissimo persino per un grande gruppo aerospaziale, oltre che un salasso finanziario per industrie e contribuenti. All'epoca, invece, una squadriglia di 9 P.108B costava circa 46 milioni, grosso modo come un gruppo di 26 S.79, ma avendo bisogno solo di 54 aviatori anziché di 130, era una scelta considerata vantaggiosa anche dal punto di vista economico<ref>Pedriali, op. cit</ref>.
 
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La Piaggio ebbe voce in capitolo anche nel settore caccia. Ovviamente con una proposta 'anticonvenzionale'. Prima studiò il '''P.118''' con due eliche controrotanti azionate da altrettanti motori radiali P.XI contrapposti a metà fusoliera. Questo era necessario per ottenere le linee aerodinamiche più avviate possibili dato che così si liberava il muso, cosa buona anche per le armi montabili, ostacolate solo dall'elica.
 
Uno studio meno 'eterodosso' portò invece ad un caccia simile ad un grosso P-39, ma con un motore più potente, il '''Piaggio P.119'''. Esso era costruito con criteri d'avanguardia, con lega leggera, pannelli d'accesso rapido, e altro ancora. Restava invece il carrello triciclo posteriore e la fusoliera era piuttosto tozza, seppure con l'abitacolo molto in avanti, perché il motore era di tipo radiale dato che la Piaggio non aveva che questo tipo di propulsori, in genere usati sopratutto per i bombardieri e trasporti. Il P.119 poteva essere un concorrente per i caccia serie '5', interamente autarchico in quanto prevedeva oltre al motore (basato parzialmente su progetti stranieri, come anche le mitragliere da 12,7), un cannone Breda da 20 mm, più potente dell'MG151 ma anche più lento e pesante. C'erano in tutto 4 armi da 12,7 mm e il cannone, con predisposizione per altre 4 da 7,7 nelle ali. Grande la quantità di carburante stivabile a bordo per un lungo raggio d'azione, mentre la velocità era di circa 620 kmh, ridotto il carico alare per via dell'ampia superficie. Il fatto è che quest'apparecchio, sia pure da molto tempo in 'gestazione', decollò solo il 19 dicembre del '42 e con armamento incompleto. Nell'agosto del '43 si danneggiò durante un atterraggio. Non era cosa grave, ma fu sufficiente. Del resto oramai i caccia 'serie 5' erano già in azione mentre il P.119 avrebbe richiesto ancora tempo per entrare in produzione. Ma di tempo non ce n'era più. Non pare che i Tedeschi rimasero molto interessanti a quest'apparecchio, nonostante la prevista possibilità di usare un motore potenziato a 1.700 hp per 640 kmh di velocità massima.
 
*'''Motore''': 1 Piaggio P.XXII RC.45 da 1.500 hp al decollo
*'''Dimensioni''': lunghezza 9,7 m, apertura alare 13 m, altezza 2,9 m, superficie 27,8 m2
*'''Pesi''': 2.750 kg, max. 4.100 kg
*'''Prestazioni''': 620 kmh a 5.500 m, crociera 400 kmh a 7.000 m, salita a 6.000 in 6,33 minuti, raggio d'azione max. 780 km, tangenza 12.000 m, autonomia 1.730 km
 
Non è chiaro se quest'aereo sarebbe stato mai passato in produzione di serie; piuttosto ne venne ricavato il progetto di un '''P.129''' con struttura convenzionale e motore DB-605, proposto al Ministero senza alcun successo, pur lavorando al progetto per quasi 1.800 ore.
 
Successivamente o quasi vi fu anche il progetto del '''P.132''', un cacciabombardiere convenzionale come struttura, ma con molte innovazioni tecniche, a cominciare dalla lega leggera (elektron) di cui era costruito -e che avrebbe certamente causato molto problemi di messa a punto-. Dopo molti studi al riguardo, non venne tuttavia concretizzato nemmeno un prototipo. Sarebbe stato, per la cronaca, motorizzato con un propulsore da 1.500 hp radiale Piaggio, capace di imprimergli oltre 600 kmh. Il peso a vuoto era limitato a 2.500 kg pur avendo: 2 cannoni da 20 mm MG151 e 2 Breda nel muso, e 4 MG 151 nelle ali (il tutto con abbondante munizionamento). Era previsto che fosse tanto leggero per avere margine di carico sufficiente per svolgere duelli aerei, attacco e aerosiluramento. Al solito per la Piaggio, si trattò di un progetto fin troppo audace e nessun prototipo venne mai allestito.
 
====I Caproni da caccia====
I '''[[w:Caproni-Vizzola F.5|Caproni-Vizzola F.5]]''' iniziarono una interessante e misconosciuta genia di caccia italiani. L'ennesimo caso di 'doppione' a cui venne data una piccola serie produttiva perché se i caccia Fiat, Reggiane e Macchi avrebbero monopolizzato la R.A, non si sarebbe negato nemmeno un contentino ad uno dei caccia presentatisi per il concorso per un nuovo monoplano da caccia. L'F.5 era di costruzione mista anziché metallica, ma costava anche poco; la sua ala era esente dall'autorotazione che affliggeva C.200 e forse anche il G.50. In ogni caso, veloce grazie ad una linea ravviata simile a quella diciamo di un Ki-43 giapponese, l'F.5 era anche molto maneggevole ed è un peccato che non sia stato posto in produzione di grande serie: nel combattimento simulato contro il G.50 pilotato da Carlo Guscagna (il fidanzato di Alida Valli), stracciò letteralmente il velivolo Fiat (su cui Carlo morirà nel '41 in una battaglia con gli Hurricane). Aveva oltretutto una radio come dotazione standard, e per questo accessorio venne destinato ad operare a difesa di Roma, anche come macchina notturna. Una dozzina gli apparecchi costruiti.
 
La linea evolutiva ovviamente non si fermò qui, visto che ben presto ebbe luogo uno sviluppo con l' '''F.6''' munito del DB-601. Esso era capace di 550 kmh, ancora lento rispetto al metro di riferimento del Macchi 202, ma nondimeno all'altezza del Re.2001. Per farne una macchina più prestante venne riprogettato come aereo metallico, e così ebbe modo di fare i 570 kmh, pur portando 4 armi da 12,7 mm. Era quindi più veloce e anche più armato del Re.2001, e sebbene più lento del C.202, poteva esprimere il doppio della sua potenza di fuoco. Questo 'cambio' (30 kmh in meno per il doppio delle armi) era ben ragionevole visto che il Macchi era scarsamente armato, specie contro i quadrimotori. Oltretutto pare che il F.6, molto leggero, fosse capace di salire di quota più rapidamente e fosse più maneggevole. Il prototipo ligneo MM.489 volò il luglio del '40, quello con ala metallica nel settembre 1941, seguito dal prototipo con ala in legno sostuita con una metallica. Infine venne affidato alla difesa di Roma nel maggio 1942 con la 303a squadriglia, la stessa degli F.5. Non ebbe successo produttivo, come del resto non l'ebbe un F.6 con motore DB-605, novità del '42.
 
Altre versioni inutilmente proposte furono progettate: unda delle più interessanti era l''''F.6Z''', con il motore I.F. da 1.250 hp, del tutto inaffidabile, ma l'aereo venne approvato il 16 giugno 1942, uscì dalla fabbrica il 19 luglio 1943 e venne poi requisito dai Tedeschi. Così si chiuse una genia di aerei che avrebbe meritato certamente 'un posto al sole', ma in pratica ebbero la peggio rispetto ai già molto numerosi concorrenti più referenziati, seppure la Caproni fosse all'epoca una grossa realtà industriale. Di fatto però furono maggiormente 'supportati' i più avanzati e costosi Reggiane.
 
 
 
====CANT<ref>Garello, G.C. ''Il CANT Z.1018: un'occasione sprecata'', Storia militare n.12 set 1994 p.15-26</ref><ref>Garello, G.C. ''Il CANT Z.1007 Alcione'', Storia militare n.20, maggio 1995 p.33-43</ref>====
I CANT di Filippo Zapata (serie Z.1000 per aerei terrestri, Z.500 per quelli navali) erano progettati da un tecnico che, tanto per cambiare, era molto bravo nell'aerodinamica e quindi nell'ottenere le migliori prestazioni con la potenza disponibile. Il '''[[w:CANT Z.1007|CANT Z.1007]]''', grossomodo coevo dello Ju-88 tedesco, era anche simile per prestazioni (circa 450 kmh), anche se questo era ottenuto con una macchina di costruzione interamente lignea.
 
Ovvero, non mista metallica-legno come i Savoia, e nemmeno metallo (e tela ) come per il Fiat BR.20, ma totalmente in legno, materiale che richiedeva ovviamente molto tempo per essere approntato e molta manodopera. Del resto anche i caccia sovietici La-5 erano in legno, e così i D.H. Mosquito, che in velocità erano superiori a qualunque bombardiere fino all'AR.234 a reazione.
 
Per realizzare i suoi aerei più aerodinamici Zapata ricorse ad alcune soluzioni, a parte la sezione di coda, al solito lunga e armoniosa per ridurre l'attrito. Una fu l'abitacolo in tandem, che contribuiva a dare al C.1007 l'aspetto di un caccia trimotore. Questa soluzione riduceva la resistenza, ma ovviamente non era l'ideale per la collaborazione tra i piloti, l'eventuale soccorso, e così via, ma la fusoliera era più stretta, pagante in termini di prestazioni.
 
Non va dimenticato nemmeno che al contempo lo Z.1007Bis adottava tre motori da 1.000 hp, per un potenziale totale di ben 3.000, quasi 1.000 più dell'S.79 o dello Ju-88, né che a differenza di questo, non aveva la capacità di eseguire bombardamenti in picchiata, anche se aveva punti d'aggancio subalari (rarità per i bombardieri italiani). Entrato in servizio nel 1940, era la derivazione del CANT Z.506 navale, ottimo trimotore che aveva stabilito numerosi record nel periodo anteguerra, e che militava in due stormi di bombardieri navali e alcune unità di soccorso-ricognizione. Il CANT aveva la stessa potenza e anche grossomodo lo stesso peso dell'S.84, ed era 'teoricamente' nondimeno più lento nonostante gli abitacoli in tandem: la ragione era presumibilmente l'ala più grande, che consentiva di volare a quote maggiori e con doti di manovra ben superiori, grazie anche all'armonizzazione dei comandi. Peraltro inizialmente dev'esserci stata una certa tendenza all'instabilità cosicché vennero adottati timoni di coda doppi. A parità d'armamento difensivo e offensivo (4 mtg e 1,5 t di carico circa, max teorico 1.200+1000 esterni), e di armamento, era un velivolo superiore all' S.84 e lo dimostrò in azioni di bombardamento e ricognizione ad alta quota. Non per niente divenne l'aereo tipico delle missioni su Malta, che era meglio volare alle quote maggiori specie per la minaccia notturna dei Beaufighters. Per gli attacchi antinave era abbastanza buono, ma forse la maggiore corazzatura dell' S.84 era migliore e così nonostante la possibilità tecnica, il Z.1007 non fece mai l'aerosilurante, ma al più bombardò in volo livellato. Al dunque, però, ne uscivano dalla linea di produzione solo 15 al mese, troppo pochi. In combattimento non era un bersaglio facile, ma in caso fosse stato colpito prendeva fuoco facilmente, non aveva corazze e struttura adatte a sopravvivere a colpi pesanti.
 
La versione C.1007 Ter era stata realizzata dal '42 e dimostrò una notevole validità rispetto all'invecchiato C.1007Bis. Costruita in circa 150 esemplari, grazie ai motori PXIX da 1.150 hp (quasi 3.500 totali) ebbe modo di raggiungere i 490 kmh e di incrementare tutte le caratteristiche tecniche, anche la corazzatura e forse l'armamento difensivo. Continuò a volare anche come trasporto con la CAF dopo il '43, ma durante una missione di 12 aerei 5 di essi vennero abbattuti e 2 danneggiati da caccia tedeschi sui Balcani, uccidendo 26 aviatori italiani.
 
*'''Motore''': 3 Piaggio P.XIbis RC.40 da 1.000 hp (Z.1007bis), o 3 P.XIX RC 45 da 1.175 hp (Z.1007Ter).
*'''Dimensioni''': lunghezza 18,6 m, apertura alare 24,8 m, altezza 5,65 m, superficie 73,3 m2
*'''Pesi''': 9.396 (bis) kg, max. 13.621 kg
*'''Prestazioni''': Bis, 458 kmh a 4.600 m, tangenza 8.400 m, salita a 5.000 in 12'42 sec, autonomia 2.000 km con 900 kg di bombe e a 360 kmh; Ter, 490 kmh a 6.150 m, tangenza 9.050 m, salita a 5.000 m in 10 min 44 sec, autonomia 2.250 km con 900 kg a 400 kmh.
*'''Armamento''': 2x12,7 e 2x7,7 oppure (Ter) 4x12,7 mm; bomba interna da 800 kg o 2x250 o 4x160 o 12x100 o 50 kg (in realtà 129 e 69 kg), o 20 da 20 o 15 kg; esternamente 4x250 o 6x100 o 50 kg, carico max teorico 2.200 kg, pratico circa 1.200 kg.
 
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Il successore del C.1007 c'era già dal '39. Era il '''[[w:CANT Z.1018|CANT Z.1018]]'''. Il Z.1007 era già un velivolo superiore all' S.79 in quasi tutti i fondamentali, anche se la sua robustezza strutturale e la resistenza agli agenti atmosferici, come ai colpi nemici, erano certamente inferiori. Rispetto all'S.79 e similmente all'S.84 aveva lo stivaggio delle bombe orizzontale e la navicella del puntatore vicina all'abitacolo del pilota per una migliore comunicazione. Ma era pur sempre un trimotore, il che sacrificava il puntatore sotto il muso, in una zona rumorosa e angusta (se non altro meno gelida..).
 
Si poteva fare di meglio con un bimotore, ed ecco il CANT Z.1018, il cui prototipo, in realtà un simulacro, volò nel 1939, ancora con struttura in legno. Raggiunse i 515 kmh, e in seguito apparvero i più pesanti ma anche più aerodinamici prototipi veri e propri, che arrivarono a 524 kmh. Il problema era che i motori disponibili non erano necessariamente all'altezza della situazione, con meno affidabilità e potenza complessive (circa 2.700 hp con due motori dello stesso tipo di quelli del P.108) e inoltre la posizione nel muso non ebbe alcuna arma difensiva, evidentemente ci si fidava della sola velocità. In totale, era un velivolo simile allo Ju-188, o meglio ancora, al Pe-2 russo, ma senza capacità d'attacco in picchiata. Zapata ne progettò versioni lignee e metalliche. L'aereo avrebbe avuto varie combinazioni di ali per farne un velivolo da media o da alta quota, e l'armamento sarebbe stato poi incrementato. In ogni caso, si trattava di un velivolo moderno, e spesso giudicato come il più bell'aereo italiano della guerra, almeno nel caso dei plurimotori.
 
Il problema fu che non c'era chiarezza di vedute su quello che questa macchina poteva fare. Forse avrebbe potuto entrare in produzione diciamo nel '41 e in servizio nel '42, ma ricordiamo sempre, che all'epoca già era un'impresa superare i 30 bombardieri al mese, quindi i risultati produttivi sarebbero stati modesti e incapaci di valorizzare le capacità del nuovo progetto. Anche perché i CANT Z.1018 Leone sarebbero andati a scapito dei CANT Z.1007 Alcione, quindi il miglioramento avrebbe dovuto essere calcolato al 'netto'.
 
Ora il problema era che il CANT Z.1018 venne tediato, progettualmente, da innumerevoli richieste, anche le più irrazionali, per migliorarlo prima di metterlo in produzione, come se vi fosse ancora tempo da perdere. Ma forse non erano solo richieste prive di ratio, perché il CANT Z.1007Ter, seppur di concezione superata e più lento, venne giudicato dai Tedeschi superiore al Z.1018. Loro erano interessati a proporre all'Italia di produrre i loro aerei 'di secondaria importanza' come il Me.410 e lo Ju.188 in cambio di G.55.
 
Ma nondimeno, il Leone non era del tutto adeguato: la tangenza di appena 7.200 m era inferiore agli 8.400 m del Z.1007Bis e ancora di più ai 9.000 dei -Ter, l'autonomia era inferiore, a quanto pare solo 1.330 km sia pure a ben 450 kmh di velocità media. Eppure v'erano 3.300 l di carburante disponibili. Strano anche che il peso indicato era di 8.800-11.500 kg, veramente poco se si considera che con 2.700 kg di carico utile era necessario scegliere tra il carico di carburante e quello di bombe, e quindi o si decollava in sovraccarico, oppure i 2.000 kg di bombe indicati come massimo erano puramente teorici, e difficilmente si sarebbe potuto avere più di 500 kg. Come paragone, va ricordato che il CANT Z.1007 bis aveva 4.225 kg di carico utile, appena di meno per il Ter. Questo consentiva un'autonomia con: 2.470 kg di carburante, 830 carico militare, 900 kg bombe, rispettivamente di 2.000 a 360 kmh, e 2.250 km a 390 kmh.
 
Al dunque, solo 17 aerei vennero approntati e forse furono protagonisti di un'unica azione sui Balcani. Gli Italiani avevano ordinato 800 apparecchi a varie industrie, molti erano in lavorazione, ma dopo l'8 settembre tra bombardamenti alla Breda e alla CANT, la produzione finì presto.
 
*'''Motore''': 3 Piaggio P.XII RC.35 da 1.350 hp al decollo
*'''Dimensioni''': lunghezza 17,6 m, apertura alare 22 m, altezza 6,1 m, superficie 63,1 m2
*'''Pesi''': 8.800 kg, max. 11.500 kg
*'''Prestazioni''': 534 kmh a 4.500 m, crociera 450 kmh a 5.500 m, salita a 6.000 in 14 minuti, autonomia 1.330 km
*'''Armamento''': 2x12,7 e 2x7,7 e fino a 2.000 kg teorici di armi
 
Ma la storia dei Leone non era finita qui, Zapata andò alla Breda, rimasta senza commesse, attorno al 1942, mentre la CANT era oberata di ordini; così vi furono proposte di cui due accettate, una per un bombardiere (BZ.301 Leone III) da 8.750-13.100 kg, due motori P.XV RC.45 da 1.500 hp, con autonomia prolungata a 1.800 km, e che per il resto aveva: apertura alare 24,8 m, lunghezza 18 m, tangenza di 9.500 m, peso massimo di 13.100 kg. Un'altra era il caccia notturno '''BZ.303 Leone II''', (Breda-Zapata). Questo era ovviamente l'aereo più interessante; esso avrebbe dovuto avere motori potenziati da 1.450 hp P.XV e ben 8 cannoni da 20 mm e una Breda da 12,7 difensiva, più un radar, con una velocità di circa 580 kmh. Ala ridotta a 20,7 m, lunghezza accorciata a 16,98 m. Era il caccia destinato a portare maggior armamento tra tutti quelli italiani (praticamente battuto solo dall'He.219 tedesco), salendo a 6.000 m in 11', con tangenza di 10.300 m, peso di 8-11.000 kg. Era infine previsto un Z.1018Bis con i DB-603, per prestazioni ancora maggiori. Ma tutto questo, e i relativi calcoli sulle prestazioni, rimasero teoria.
 
Alcuni nuovi Leone di questa 'seconda generazione' erano in via d'approntamento, ma non ebbero mai completamento, distrutti nelle loro fabbriche dai bombardamenti del 30 aprile del '44. Le loro fusoliere rimasero tra le macerie a testimoniarne la natura metallica, essendo sopravvissute alle fiamme. Poi i Tedeschi fecero rottamare tutto il materiale. Quell'aprile del '44 fu devastante per quanto restava dell'industria aeronautica italiana, sommando le incursioni anche sulla Fiat e Macchi (ma stranamente non sulla Savoia-Marchetti). Alla fine, non rimase nulla di questo bombardiere chiaramente moderno, ma che non trovò modo di farsi valere data la fine prematura della guerra.
 
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Infine da non dimenticare il '''CANT Z.1015''', aereo originariamente assemblato come versione da record del 1007, già verso la fine degli anni '30. Era privo di armi, con una carenatura che conteneva l'abitacolo, che sporgeva sopra la fusoliera. Era un vero racer, ma scoppiò la guerra e non vi fu più tempo per i record. Dopo qualche anno, l'aereo venne tuttavia ripescato dal magazzino e trasformato in aerosilurante. Venendo nel frattempo munito di 3 motori da 1.500 hp, disponeva di una potenza quasi pari a quella di un B-17 ma in metà peso; così non stupirà che venne trovato un formidabile apparecchio, tra i più veloci aerosiluranti mai realizzati, con ben 563 kmh. Ma vi erano anche delle controindicazioni: i motori italiani di maggiore potenza non erano in genere molto affidabili, a parte questo si trattava di un aereo unico. Infine, era un velivolo da ben 15 t, di costo elevato, che appariva sprecato per il compito di silurante, anche alla luce della proposta per il G.55S monoposto, ancora più veloce persino con il siluro a bordo (570 kmh) . Per giunta, non pare che il Z.1015 ebbe mai armi difensive. Così la cosa restò senza esito.
 
Un'altra soluzione senza esito fu l'impiego come bombardiere dello '''Z.511''', il più grande idrovolante a scarponi, un velivolo quadrimotore e metallico. Aveva 6.000 km d'autonomia ed era inteso come aereo passeggeri, sempre progettato dall'infaticabile Zapata. Era capace di operare con il mare forza 5 e questo idro fu visto come bombardiere per attaccare New York. Anche se superava di poco i 400 kmh, ed era privo di armi e corazze. Ma la sua capacità marina lo avrebbe fatto rifornire da un sottomarino italiano in mezzo all'Atlantico (apparentemente era proprio difficile concepire il rifornimento in volo tra aerei, all'epoca: eppure già negli anni '20 tale tecnica era stata messa in atto durante voli da record..). Data la difficoltà intrinseca di questa operazione, la cosa venne lasciata cadere e lo Z.511, rimpiazzato nell'idea dall' SM.95, provò piuttosto che le acque dell'Atlantico, quelle del Trasimeno su cui fece scalo durante le convulse vicende del '43.
 
Zapata continuò anche dopo la guerra a progettare velivoli; l'ultimo dei suoi progetti fu l'elicottero '''AZ.101''', un enorme trimotore antisignano dell'EH-101, rimasto prototipo come anche gli altri tipi proposti. Il progettista sarebbe sopravvissuto a lungo alla sua carriera, diventando centenario; la CRDA (i cantieri navali di Monfalcone, divisione aeronautica) da cui presero forma i vari apparecchi qui sopra ricordati, cessarono invece l'attività con la guerra. L'ultimo Z.1007 venne radiato nel 1948.
 
 
====Romeo<ref>Sgarlato, Prototipi, op. cit.</ref>====
Quanto ai velivoli Romeo, vale la pena ricordare, tra gli esponenti delle 'tecnologie avanzate' il '''Ro.63''', aereo STOL simile allo Storch ma di prestazioni superiori, anche se leggermente inferiore come distanze di decollo e atterraggio. Forse nell'insieme era migliore nella sua categoria, anche se non ebbe mai armi difensive; ma sopratutto, di quest'apparecchio, approntato già nel 1940 e in servizio dal '41, ne vennero prodotti solo 6 dato che scarseggiavano i motori Hirth (gli stessi dello Storch) disponibili. Così furono decimati ed entro il settembre 1943 ne rimase solo uno. Sostituire i motori originali con gli Isotta Fraschini fu un fallimento, perché erano del tutto inaffidabili. Così gli Italiani comprarono 29 Storch che furono i principali aerei STOL, anche se in termini 'strategici' di velocità e autonomia erano inferiori al Romeo. Nel dopoguerra si cercarono i piani per rilanciarne la produzione, ma i disegni erano andati persi e non se ne fece niente.
 
*'''Motore''': 1 Hirt HM.508D da 280 hp
*'''Dimensioni''': lunghezza 9,82 m, apertura alare 13,5 m, altezza 3,1 m, superficie 26,5 m2
*'''Pesi''': 1.060 kg, max. 1.500 kg
*'''Prestazioni''': 55-220 kmh, tangenza 7.000 m, autonomia 900 km
 
 
Il caccia pesante '''Ro.57''' era un buon velivolo, utilizzato inizialmente come caccia a lungo raggio. Onestamente, se la velocità di oltre 500 kmh era buona per i due motori da 800 hp che aveva, l'armamento di due Breda da 12,7, come sui caccia monoposto, era troppo poco. La maneggevolezza non cambiava molto le cose. Piuttosto nel prosieguo della guerra si pensò di farne un bombardiere in picchiata, senza molto successo se non quello di aumentarne il peso e ridurne le prestazioni a circa 450 kmh, rendendo quest'apparecchio monoposto assai vulnerabile.
 
Per superarne le deficienze venne posto mano al '''Ro.58''', un caccia pesante con i DB-605. La velocità salì a ben 605 kmh, anche se pare che il prototipo montasse solo i DB-601. L'armamento era di 3 cannoni (previsione per 5) e una mtg da 12,7 per la difesa posteriore. Il prototipo venne pare munito solo di 3 mtg da 12,7 mm più quella difensiva, d'altro canto aveva solo DB-601 di seconda mano. In ogni caso, la messa a punto fu difficile e persino pericolosa; l'aereo, tanto per cambiare, rimase esemplare unico, facendo di peggio che i Ro.57, almeno prodotti in una piccola serie -90 esemplari.
 
Pare (ma i dettagli sono molto incerti) che esso venne confrontato favorevolmente contro il Me.410, quanto per merito del primo o per il demerito del secondo (che pure sulla carta era un velivolo formidabile) è difficile dire. Di fatto era un'alternativa ai caccia pesanti più complessi, e anche questo conta: macchine cioè come il G.58, Reggiane 2005 Bifusoliera, SM.91 e 92. Era tutto sommato più semplice eppure sufficientemente armato e prestante. E forse non era un caso se somigliasse di più dello stesso Me.410 all'originario Bf-110, aereo sbeffeggiato dalla propaganda inglese ma in realtà molto valido (e il Bomber Command ne seppe qualcosa, visto che passato alla caccia notturna gli abbatté qualche migliaio di bombardieri). Per esempio nel caso del piano di coda doppio, anche per migliorare l'efficacia dell'armamento difensivo dorsale con maggior campo di tiro.
 
*'''Motore''': 2 DB-601 usati (previsti 2 DB-605)
*'''Dimensioni''': lunghezza 9,89 m, apertura alare 13,4 m, altezza 3,39 m, superficie 26,2 m2
*'''Pesi''': 4.350 kg, max. 6.100 kg
*'''Prestazioni''': 605 kmh, salita a 6.000 m in 9 min, autonomia 1500 km
 
Con quest'aereo si chiude la lunga e a tratti interessante serie dei Romeo, apparecchi in genere considerati come 'di seconda mano' o quantomeno di 'seconda linea', semplici e robusti anche se non certo molto avanzati.
 
 
====Vari====
Tra i tanti tipi del 'crepuscolo' della R.A. non vanno certo dimenticati gli '''S.79 Bis''', con motori da 920 hp, rimozione della gondola ventrale, serbatoi aumentati così come la velocità di 475 kmh, che furono gli aerosiluranti standard dell'ultima parte della guerra, e che tentarono nel '44 anche un attacco a Gibilterra con 10 aerei. Anche se i danni rivendicati (oltre 40.000 t di naviglio affondato) sono sempre stati smentiti dagli Inglesi (in effetti, non sarebbe stato facile nascondere la perdita di 4 grosse navi nel porto), l'azione, con un volo di 2.700 km dalla Francia lungo le coste della neutrale Spagna -reso possibile da un grosso quantitativo di carburante extra-, fu un colpo psicologico notevole. Anche se si trattò, più che altro, di un colpo di coda visto che gli aerosiluranti italiani non tornarono più in azione, almeno non con tali voli strategici.
 
Sul mare i ricognitori CANT Z.501, detentori di alcuni record mondiali di autonomia (poi passati di mano), si dimostrarono inesorabilmente lenti e vulnerabili se, come spesso accadeva, c'era la caccia nemica -dalle portaerei, da Malta, dall'Africa- ad attenderli. I CANT Z.506, per quanto ben addestrati al bombardamento marittimo (differentemente dagli aerei della R.A), vennero presto declassati a ricognitori e a velivoli SAR; ma erano vulnerabili e piuttosto lenti nella risposta ai comandi. C'era bisogno di un aereo più rapido e agile, questo fu il '''Fiat RS.14''', che ebbe peraltro una lunga e difficile messa a punto. Capace di 380 kmh, a bassa quota era un bersaglio difficile per l'arma da 12,7 mm dorsale e la sua agilità. Specie all'inizio, caccia anche come gli Spitfire e i P-38 vennero 'gabbati' da quest'apparecchio, talvolta persero il controllo cadendo in mare, o vennero abbattuti dalle sue armi difensive. Ma anche gli RS.14, che pure dimostrarono molta più agilità e capacità di sopravvivenza dei C.506, subirono perdite. Sopratutto, si dimostrarono velivoli da maneggiare con la dovuta cura, tanto che spesso giocarono brutti incidenti di volo ai loro stessi equipaggi, precipitando in mare per un nonnulla. Inoltre non si dimostrarono efficaci nel proteggere le navi dai sottomarini. Quindi, anche se capaci di operare meglio che i CANT, erano pur sempre macchine con luci ed ombre nella loro operatività: meno propense a lasciarsi abbattere, ma meno anche a perdonare errori di manovra. In servizio dal '42, non rimpiazzarono mai del tutto i più numerosi CANT 506.
 
 
I '''CANSA FC.20''' erano invece dei velivoli da osservazione terrestre, rivisti e rielaborati molte volte. Piuttosto grossi, di identità incerta, alla fine da ricognitori divennero aerei da attacco e persino caccia distruttori. Prodotti in pochi esemplari, ebbero nel '43 qualche azione contro i bombardieri, ma a quote tali che come il cannone sparava, l'aereo tendeva a stallare. Con un cannone da 37 mm, alcune mitragliatrici offensive e difensive da 12,7, una pesante corazzatura a 'vasca da bagno' in stile Il-2 o HS-129, erano stati approntati con ritardo (anche per la difficoltà di saldare bene la corazza) e alla fine risultarono l'ennesimo tipo minore di aereo della R.A., entrato in servizio a stento e a causa delle prestazioni modeste, senza un ruolo preciso.
 
Un tipo non tanto dissimile, prodotto in pochi esemplari, fu anche il '''Fiat CR.25''', bimotore da ricognizione piuttosto veloce e che fu usato con successo anche su Malta. Ma anche di quest'apparecchio non furono prodotti che poche unità e passò del tutto inosservato nella Storia aeronautica.
 
Il '''SAIMAN VAL''' era un progetto di bombardiere a tuffo costruito con materiali non strategici e con motre IF Delta IV da 825 hp a 5.700 m, in legno d'abete rivestito di compensato e tela. L'aereo venne distrutto dai Tedeschi nel '43 prima che venisse completato, tanto era difficile la situazione italiana all'epoca. Avrebbe avuto una massa di 2.490-3.800 kg, volando a 440 kmh e portando due Breda, cannone da 20, 630 kg di bombe. Somigliava vagamente ai SAI 207, del resto usava un motore simile.
 
 
Il '''Caproni Ca.183Bis''' era un velivolo a motoreazione, lungo 13,4 m, con apertura alare di 21 m, 5 cannoni da 20 mm, motore DB-605 e motoreattore. Raggiungeva, grazie ai due compressori azionati dal motore A.30, i 18.200 m teorici e 17.600 m pratici, salendo a 6.000 m in 12 min 2 sec, a 15.000 in 34 min 34 sec, autonomia 2.000 km, aveva infine abbondante munizionamento. La velocità era di 740 kmh a 16.000 m, anche se solo 420 a quota zero, mentre con il postbruciatore raggiungeva 780-820 kmh<ref>Lembo, Daniele: ''Gli aerei a reazione della Regia'', Aerei nella Storia</ref>.
 
Un progetto che, sulla carta, sarebbe stato eccezionale, ma non fu mai realizzato, giusto abbozzato, con lo scopo forse di applicare le esperienze d'alta quota che a suo tempo vennero fatte con l'aereo da record Ca.113. Un'ulteriore discrasia tra 'idee' e quanto v'era di realmente disponibile o in produzione. La scarsa capacità delle industrie italiane faceva sì che le capacità richieste fossero sempre più elevate per migliorare se non altro la qualità dei pochi mezzi producibili. Di fatto questo finì il più delle volte (vedi lo Z.1018) persino per peggiorare la situazione anziché alleviarla, causando gravi ritardi e la continuazione dell'attività su mezzi oramai obsoleti. Di fatto l'industria italiana fallì anche nel fornire affidabili motori oltre i 1.000 hp (eccetto i DB-605 su licenza), e questo da solo 'tagliava le ali' all'evoluzione dei progetti italiani. La Caproni, nonostante qualche progetto moderno o addirittura innovatore, di fatto continuò per tutta la guerra a produrre molti bimotori serie Ca.310/314, dall'utilità molto dubbia e con un ruolo non ben definito.
 
== Note e riferimenti ==
 
<references/>
[[Categoria: Storia]][[Categoria:Armi avanzate della II G.M.]]