Metrica classica/Introduzione: differenze tra le versioni

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==Premesse generali==
==La metrica come scienza: una breve storia==
 
La maggior parte dei metri greci, se non tutti, erano già noti ed usati in età arcaica. L'ampiezza e la varietà delle forme usate, in parte conseguenza dello stretto rapporto che nell'epoca più antica esisteva tra [[w:poesia]] e [[w:musica]], rese necessario, con il venir meno di questa relazione, la nascita della metrica intesa come studio delle forme metriche.
 
Il primo metricologo di cui si ha notizia fu [[w:Damone|Damone]], che ebbe [[w:Pericle|Pericle]] come allievo; le fonti antiche ricordano anche [[w:Aristosseno|Aristosseno]] di Taranto, discepolo di [[w:Aristotele|Aristotele]], che studiò soprattutto la ritmica, e, in epoca [[w:ellenismo|ellenistica]], [[w:Filosseno|Filosseno]].
 
Di questi più antichi studiosi non si sa poco o nulla, maggiori notizie invece si dispongono degli studiosi di [[impero romano|età imperiale]], in particolare [[w:Eliodoro]] ed [[w:Efestione grammatico|Efestione]]. Le vestigia del lavoro del primo sono stati conservati negli [[w:scolio|scoli]] metrici di [[w:Aristofane|Aristofane]], mentre del secondo, autore di voluminosi trattati, è sopravvissuto il suo Ἐγχειρίδιον περὶ μέτρων (''Encheiridion perì métron'', manuale sui metri), che rimane il testo base per ogni studio sulla metrica antica. Altre notizie, per lo più poco originali, sono riferite dai numerosi testi dei grammatici latini; altre fonti, soprattutto per la [[w:prosa metrica|prosa metrica]], sono contenuti nei trattati di [[w:retorica|retorica]], a partire da quelli di [[w:Marco Tullio Cicerone|Cicerone]] e [[w:Quintiliano|Quintiliano]]. Il trattato ''De musica'' di [[w:Agostino di Ippona|S. Agostino]] e in generale i frammenti degli antichi studiosi di musica contengono anch'essi informazioni preziose.
 
In epoca bizantina, anche se la conoscenza delle forme più complesse, come quelle della lirica corale, si era appannata, i grammatici continuarono a copiare, riassumere e rielaborare i testi scolastici degli autori più antichi, e si incontrano eruditi, come [[w:Demetrio Triclinio|Demetrio Triclinio]] (prima metà del [[w:XIV secolo|XIV secolo]]) con una conoscenza metrica sorprendente. Fu grazie a questi eruditi greci che la conoscenza metrica sopravvisse nel corso del [[w:medioevo|medioevo]] e, dopo la caduta di [[w:Costantinopoli|Costantinopoli]], furono loro a portare queste conoscenze in [[w:Italia|Italia]] e da lì si diffusero nel resto d'Europa.
 
Nei secoli successivi, la metrica non fu trattata che incidentalmente dai filologi; [[w:Richard Bentley|Richard Bentley]] e [[w:Richard Porson|Richard Porson]] studiarono soprattutto i versi del dialogo drammatico, mentre la conoscenza dei metri lirici restava lacunosa. Fu il tedesco [[w:Johann Gottfried Hermann|Johann Gottfried Hermann]], all'inizio del [[w:XIX secolo|XIX secolo]], a porre le basi della metrica moderna, partendo dalle dottrine degli antichi, e aprendo la strada a tutti gli studi successivi: pionieristici in particolare furono i suoi studi sui metri della lirica corale. La fine del XIX secolo e l'inizio del XX vide invece l'applicazione del metodo storicistico alla metrica, da parte di [[w:Ulrich von Wilamowitz-Möllendorf|Ulrich von Wilamowitz-Möllendorf]] e di O. Schröder, che si concentrarono soprattutto sull'origine dei versi conosciuti, ricercando un ipotetico "verso primordiale" (''Urvers'') da cui sarebbero derivati tutti gli altri, sebbene con risultati poco incoraggianti.
 
Nei primi decenni del XX secolo, anche gli studi sulla prosa ritmica hanno conosciuto un momento di grande sviluppo: si ricorda, fra tutti, il classico di [[w:Eduard Norden]], ''Die Antike Kunstprosa'', (La prosa d'arte antica), 1909.
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Sebbene normalmente non vincolata agli schemi metrici anche la prosa può, in determinati casi, per motivi enfatici, piegarsi ai suoi schemi. In particolare nella teorizzazione e nella pratica [[w:retorica]] divenne uso comune, tanto nel mondo greco che nel mondo romano, dare particolar rilievo al punto più importante e sensibile del periodo, la clausola finale, facendole assumere un particolare ritmo.
Tale abitudine sopravvisse alla fine della metrica quantitativa e nel corso del Medioevo rimase prassi comune, nella prosa latina, chiudere i periodi con clausule metriche, non più basate sulla quantità, ma sugli accenti, secondo diversi tipi standardizzati di ''[[cursus]]''.
 
[[Categoria:Metrica classica|Introduzione]]
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