Forze armate mondiali dal secondo dopoguerra al XXI secolo/Italia: esercito 6: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Nessun oggetto della modifica
Riga 623:
Fecero scalpore la pubblicazione nel 1997 da parte del settimanale Panorama di alcune foto riguardanti le violenze subite da alcuni somali da parte dei Parà della Folgore (tra cui la foto di un civile con degli elettrodi posizionati sui genitali), riferite al 1993 e scattate nel campo di Johar, accompagnate dal resoconto di un Caporalmaggiore che lanciava accuse sull'intera gestione della missione. Al seguito di tale inchiesta venne aperta un'inchiesta presso la Procura di Livorno, ed una Commissione d'inchiesta governativa che sentì varie testimonianze. La Commissione, pur smentendo alcune accuse da parte dei civili somali, appurò che vi furono degli episodi di violenza da parte dei militari, e riconobbe alcune responsabilità dei comandi militari della missione.
 
 
 
 
Il 67° Reggimento fanteria "Legnano" fu costituita per il Regio Esercito il 1° agosto 1862 con il nome reggimento fanteria Palermo. Dopo aver partecipato alla Terza Guerra d'Indipendenza (1866), inviò i suoi reparti in Eritrea ed in Libia (colonie italiane, rispettivamente, dal 1890 e dal 1912 e fino al 1945). Nella Prima guerra mondiale il reggimento combatté nel Goriziano. Nel 1936 mobilitò i suoi uomini per la campagna d'Etiopia. Il 24 maggio 1939 il reggimento fanteria “Palermo” assunse la denominazione 67° reggimento fanteria "Legnano" (con il Comando nella caserma Cadorna a Legnano) e, con il 68° reggimento fanteria “Legnano” (con il comando a Como) e il 58° reggimento artiglieria, confluì nella 58ª Divisione Fanteria Legnano. Nella seconda guerra mondiale seguì la divisione Legnano, operando nel 1940 sul fronte francese e nel 1941 su quello greco-albanese. Nel 1942 fu inviato nuovamente in Francia e nei primi mesi del 1943 fu trasferito in Puglia.
 
All'8 settembre restò compatto con la Divisione. Nell’aprile del 1944 fu inserito nella II^ brigata del Corpo Italiano di Liberazione. Nel 1975 il reggimento è stato ridotto a 68° battaglione meccanizzato "Palermo". È stato definitivamente soppresso il 30 novembre 1989.
 
 
 
 
XLIII Battaglione Trasmissioni costituito il 01/10/1957 a Firenze, con il personale ed i mezzi della 6ª e 7ª Compagnia territoriale, passato alla storia con il nome di 43º Battaglione Trasmissioni "Abetone" in seguito alla ristrutturazione delle Forze Armate del 1975.
 
La Bandiera di Guerra del 43º Reggimento Trasmissioni Con D.P.R. nº 846 del 12 novembre 1976, pubblicato sulla G.U. nº 339 del 22 dicembre '76, venne concessa al 43º Battaglione Trasmissioni ABETONE costituito a Firenze il 1º ottobre 1975 per trasformazione del preesistente XLIII Battaglione Trasmissioni dipendente dal Comando Trasmissione del VII C.M.T. della R. M. Tosco Emiliana, la Bandiera di Guerra.
 
Il 43º Battaglione Trasmissioni ABETONE perse la propria autonomia il 16 settembre 1993 e il giorno successivo venne inquadrato quale Battaglione Trasmissioni ABETONE nel 43º Reggimento Trasmissioni di nuova costituzione, a cui venne trasferita la Bandiera di Guerra del 43º Battaglione Trasmissioni ABETONE.
 
In seguito all'adozione del Nuovo Modello di Difesa il Comando del 43º Reggimento Trasmissioni è stato sciolto il 10 settembre 1998 e dal giorno successivo la sua Bandiera di Guerra è custodita a Roma nel Museo delle Bandiere presso l'Altare della Patria (Vittoriano).
 
Il Battaglione Trasmissioni ABETONE è transitato alle dipendenze del Comando del 3º Reggimento Trasmissioni di Roma.
 
Missioni e Soccorsi Il Battaglione ha preso parte, inoltre, ad alcuni importanti eventi di carattere nazionale ed internazionale quali i soccorsi e l'opera di ricostruzione in occasione dell'alluvione che colpì Firenze nel 1966 e il sisma che interessò l'Italia meridionale del 1980 o la spedizione italiano in Libano con la Forza Multinazionale del 1982, nel 1991 la Missione "Pellicano".
 
 
 
 
 
 
Il 62° Reggimento Fanteria "Sicilia" viene costituito il 16 aprile 1861 e subito inserito insieme al gemello 61°rgt. f."sicilia" nella brigata "Sicilia". Nato nel periodo immediatamente successivo alla seconda guerra d'indipendenza, il reggimento partecipa alla repressione del brigantaggio in Campania, dove guadagna la prima medaglia di bronzo al Valor militare (Castel Durazzano 1861). Nel 1866, durante la terza guerra di indipendenza, guadagna la prima medaglia d'argento al Valor militare (Primolano 21 e 22 luglio; Vigolo 23 luglio 1886). Nel 1870 partecipa alla campagna per la liberazione di Roma ed entra nella città dalla breccia di Porta Pia insieme ai Bersaglieri. Nel 1895-1896, con la 3ª compagnia, viene impiegato in Eritrea. Nel 1911-1912 viene impiegato nella guerra italo-turca, mentre in Libia concorre con la mobilazione dei reggimenti.
 
Combatte durante la prima guerra mondiale guadagnandosi la croce dell'Ordine militare d'Italia all'arma di fanteria. Nel 1926 viene assegnato alla VIII Brigata Fanteria. Dal 1° Aprile 1936 viene assegnato alla Divisione Motorizzata "Trento", dove partecipa alla seconda guerra mondiale. Nel 1936 il reggimento è in Libia e successivamente viene impiegato in Africa Orientale nella campagna Etiopica. Il reggimento partecipa a tutte le operazioni in Africa Settentrionale: dalla prima offensiva italo-tedesca per la conquista della Cirenaica (Sollum, Tobruk) alla sfortuna campagna di EL Alamein, alla quale partecipa schierato a difesa nel settore della Divisione Trento, immolandosi totalmente in una lotta durata 12 giorni (23 ottobre - 3 novembre 1942) nella zona più cruenta delle operazioni.
 
Il 1° ottobre 1975, a Catania, viene ricostituito il 62° battaglione fanteria "Sicilia" che eredita le tradizione del 62° reggimento f. Sicilia. Il 27 agosto 1992, con il concorso del personale del disciolto 62° battaglione carri, il reggimento si trasforma in 62° reggimento fanteria corazzata "Sicilia". Nel 1997 si trasforma in 62° reggimento Carri. Nel 2001 riviene nuovamente convertito in reggimento fanteria. Il reggimento partecipa alle operazioni svolte in teatro nazionale: Operazione Vespri siciliani -Operazione Domino. Il reggimento partecipa ad operazioni estere: il 15 marzo 2006, in Kosovo, fornendo 2 compagnie sotto il comando del 6° bersaglieri. Dal 19 dicembre 2006 al 28 giugno 2007, il reggimento partecipa alla missione Eurofor Althea in Bosnia-Erzegovina.
 
La festa del reggimento si svolge il 23 ottobre, anniversario della battaglia di El Alamein.
 
===17° Rgt. 'Sforzesca' (2002)<ref>Mambriani, Simone: ''Il 17° RGT 'Sforzesca' RID 1/2002 pagg.64-69</ref>===
In quei tragici tempi era davvero in tema quello della difesa contraerea, con tanto di dichiarazione finale del comandante del reggimento, che non avrebbe esitato a lanciare missili anche contro aerei dirottati con moglie e figli dentro 'per evitare che i terroristi ne generassero altri' (anche se in nessun caso questo avrebbe salvato i suoi familiari). Il 17 Rgt. Sforzesca era un reparto risaltente alla fine dell'800, il 1 novembre 1888 con 8 batterie del 5° Rgt d'artiglieria, che divennero il 17° da campagna, unità usata in Libia e nelle guerre mondiali, nell'ultima delle quali venne usato nell'ambito della divisione 'Sforzesca'. Collezionò medaglie al valore, ma non impedì la disastrosa rotta sul fronte russo. Poi venne ricostituito nel 1947, a Novara, stavolta parte della divisione 'Cremona', nel '53 venne passato alla Difesa Aerea Territoriale o DAT, stavolta come 17° Raggruppamento d'artiglieria. Venne mantenuto a nord, a Lodi, a Ghedi a Savona, come unità da difesa contraerea. Nel '64 divenne 17° Reggimento d'artiglieria contraerei Leggera, a Bologna, ma con i gruppi a Villafranca, Istrana, Lodi e Ghedi. Dopo il 1975 divenne il 17° Rgt Artiglieria C./a 'Sforzesca', poi nel '93 venne sciolto. Proprio così, l'unità originaria non esiste più. In compenso bandiera e denominazione sono stati 'ereditati' dal 2 Gruppo del 121 Rgt Artiglieria C/a di Mestre, diventando quindi il 17° Gruppo artiglieria C/a Leggera. Poi, nel 1995, divenne un reggimento completo, con sezioni di fuoco basate sia sui nuovi lanciamissili Skyguard/Aspide che su cannoni da 40 mm L70 Bofors modernizzati. Ma già nel 1998 questi vennero perduti, e il Rgt venne trasferito dal 1997 a Rimini, caserma Giulio Cesare.
 
A questo punto l'unità è diventata monoarma, ma per poco: dati i pochi reparti per un vasto repertorio di sistemi (Stinger, SIDAM, SKYGUARD e HAWK) si è pensato di reintegrare nuovamente i sistemi di vario tipo, con gli HAWK destinati a rimanere in servizio in un unico reparto.
 
L'ultimo e più moderno sistema contraerei dell'Esercito è infatti lo SKYGUARD con i lanciamissili Aspide. Questi erano nel 2002 in servizio in tutti gli esemplari disponibili nel 2° Gruppo del reggimento, eccetto i sistemi necessari per la scuola C/a di Sabaudia. Il personale non era un problema: l'abbandono della leva nel 2000 venne più che compensato dai VFA (Volontari in Ferma Annuale), dato che ogni quadrimestre, a fronte della disponibilità di 200 posti c'era una richiesta di 1000. La cosa, che certamente non era comune per i reparti dell'Esercito, era spiegabile con il lavoro non eccessivamente oneroso, ma sopratutto per la dislocazione dell'unità (Rimini) non scevro di ricadute ambientali 'positive'. L'addestramento veniva curata dalla 3a Batteria, con due corsi frequentati a seconda se l'allievo è già o no proveniente dal servizio militare.
 
Ecco l'organico: Comando Reggimentale, il NED (Nucleo Elaborazione Dati per la logistica), Batteria Comando e Servizi, e il Gruppo Artiglieria, con 4 batterie SKYGUARD. Ma come erano fatte queste ultime? La loro composizione era stabilita così: si trattava di sei sezioni: sezione Comando e Servizi, Sezione Controllo fuoco, e 4 sezioni lanciamissili, l'unità operativa minima. Queste avevano 2 lanciamissili sestupli, chiamati U2, prodotti da Alenia, OTO e Bartoletti, e coordinati dalla sezione di fuoco, con una struttura chiamata U1, prodotta da Alenia, Contraves, Oerlikon. Questi sistemi non sono certo semoventi, e se è per questo, nemmeno tanto adatti al traino tattico. Il traino era possibile con gli autocarri ASTRA BM 309 6x6 chiamati U3 per il traino lanciatori, con un pacco di 6 missili sopra il pianale e una gru per la ricarica. L'analogo mezzo per la centrale U1 si chiama U4 ed è usato per il trasporto del personale, con il pianale telonato.
 
Insomma, la forza complessiva è: 4 batterie x 4 sezioni x 2 lanciamissili x 6 missili x 2 ricariche: 4 batterie, 16 sezioni di fuoco, 32 lanciamissili sestupli, 192 missili pronti al fuoco e altrettanti di ricarica pronta. Del resto il costo non era stato poco (1000 mld) e il programma prevedeva addirittura 23 sezioni di tiro originariamente, poi di qualcosa decurtate. Non è chiaro quanti missili sono stati costruiti: qualche anno fa si parlava di 4.000 ordigni costruiti, ma va detto che questo totale è da ripartire in tantissimi 'rivoli': esempio, l'Aspide è stato adottato da Esercito(SKYGUARD), AM (Spada e intercettori), MM (Albatross). Solo i missili per la ricarica più quelli pronti al tiro sarebbero quindi da soli, per il solo Esercito, il 10% di quelli prodotti. La cosa sarebbe ragionevole, ma la Marina Militare ha ricevuto lanciatori ottupli sulla 'Garibaldi' (2 lanciatori), uno su tutte le 4 'Lupo', 4 'Artigliere', 8 'Maestrale', 2 caccia 'Audace', 2 'De la Penne', 8 'Minerva' per un totale di 30 lanciatori, 240 missili pronti al lancio e per la maggior parte delle navi, il doppio delle armi in riserva. Poi ci sono le batterie Spada, con lanciatori sestupli per tutte le batterie (quante non è chiaro, forse una dozzina su 4 o più lanciatori l'una) e quindi altre centinaia di missili, mentre gli 'Aspide' aria-aria sono stati presumibilmente convertiti al lancio da terra sostituendogli le alette normali con quelle tronche (la radiazione degli F-104 li ha lasciati infatti senza utilizzatori aeroportati). Poi gli 'Aspide' sono stati esportati anche in numerose nazioni, per esempio il solo Esercito spagnolo, attorno al 1991, ne aveva ordinati oltre 200 (ma c'era anche la Marina, e inoltre non è affatto vero che in seguito non siano stati ordinati altri missili). Insomma, la dotazione di 'alcune centinaia di missili', tenendo conto anche dei numerosi lanci di prova e di addestramento, dovrebbe essere quanto prevedibile per questi ordigni, potenti, precisi ma costosi.
 
Ecco i componenti descritti: U1 è un rimorchio a due assi in vetroresina, con radar, IFF, apparato TV, computer di bordo, consolle per ufficiale e 2 sottufficiali. La torretta che porta radar e TV è ripiegata durante il trasporto, sotto il tetto. E' possibile entrare in azione in 5 minuti dalla ferma con un motore di fornitura di potenza dato da una APU VW 1600 allontanabile su carrellino fino a 30 m di distanza, per non disturbare in caso di azioni prolungate con il suo rumore. La sistemazione, grazie allo spazio, è abbastanza confortevole. E' possibile collegarsi con cavi telefonici, una coppia per lanciatore, con un massimo di due lanciatori collegabili a ciascun U1. Uno dei cavi è usato per le comunicazioni con la centrale e l'altro per quella tra le sezioni di fuoco. L'unità ha una coppia di radar: una ad antenna piana per la ricerca, a struttura piana, sormonta una più piccola, sempre nello stesso albero (come l'albero di una piccola nave), l'antenna discoidale di un radar di inseguimento. Esistono capacità moderne di scoperta di bersagli aerei multipli, anche se può capitare di beccare automobili in viaggio sulle autostrade. Esiste una telecamera 10x, non è chiaro se con capacità notturna ma di sicuro non di tipo termico, per identificare ad alcuni km il bersaglio (anche se è non ha una risoluzione elevata). La modalità d'ingaggio normale è quella di avvistare il bersaglio e poi passarlo ad una rampa di lancio, ma continuando l'illuminazione con il radar di bordo, che sembra simile ad un RTN-30X: in questo modo la rampa lancia solo il missile, puntato verso l'obiettivo (le rampe ricevono i dati in base ai cavi telefonici di cui sopra). Questo rende possibile un solo ingaggio per volta, ma esiste un altro sistema, forse meno preciso, quello di passare, dopo l'avvistamento del bersaglio, alla rampa di lancio i dati per l'ingaggio, dato che questa a sua volta è dotata di un radar di tiro Doppler ad onda continua (non è ben chiaro che significhi, sotto il lanciatore vi sono chiaramente due antenne radar, di tipo diverso: forse sono una per l'illuminazione e una per l'inseguimento del bersaglio, ma entrambe molto più piccole dell'antenna della centrale U1), con un pannello di controllo gestito da un sottufficiale e un VFA che mettono anche in opera il lanciatore sui suoi 2 martinetti laterali, il tutto motorizzato con una APU, che stavolta fa parte del rimorchio (sempre su due assi, con una ruota di scorta sistemata sul davanti, quasi fosse un fuoristrada). Il lanciamissili non ha uno shelter di tiro, è solo una rampa , per cui gli operatori devono stare ad una certa distanza per evitare la vampa del missile. Questo ovviamente non è affatto comodo né sicuro: i due soli addetti in guerra sarebbero magari aiutati anche da altri soldati di copertura, ma in ogni caso non vi è alcuna protezione diretta per questi operatori da agenti NBC o artiglierie.
 
La sequenza d’ingaggio è di 15-20 secondi, almeno come valore indicato. Per assicurarsi della sicurezza del lancio vi sono delle primitive soluzioni come ‘shock sensor’ ovvero delle bolle di vetro, sul fianco di ciascuna cella. Quando una si rompe allora il missile ha subito una ‘botta’ abbastanza forte che forse ha causato un suo danneggiamento, nonostante la cella protettiva la contenga normalmente fino al momento del lancio, quando rompe il coperchio in vetroresina. La gittata nelle ultime versioni arriva a circa 25 km grazie a vari miglioramenti, mentre la quota operativa varia da quelle bassissime a quelle medie, ma non è chiaro fino a quale quota sia possibile utilizzare queste armi. Si sono lette varie informazioni in merito: si sa dati di 2.500 m come anche di 6.000 m, ma certo dipende dalle apparecchiature di tiro, e dalla loro relativa copertura radar in elevazione.
 
Il rifornimento missili con le unità U3 avviene in circa 20 minuti, se compiuto con le procedure normali, sennò in emergenza anche alcuni minuti. I 'pallets' sono comunque di 3 t di peso totale, e vengono usate anche delle celle singole. I lanciatori non hanno comunque un disegno tale da agevolare la sua immissione nella rampa di lancio.
 
L'addestramento era svolto così: anzitutto vi era un simulatore di lancio, il TS2, sistemato in un container e collegato con la centrale U1 e registrare i risultati delle esercitazioni in cui il personale ha fatto uso delle varie tecniche e tattiche per affrontare le minacce simulate. Gli operatori hanno vari tipi di ECCM, specialmente il salto di frequenza, sia manuale che automatico con cambi continui della frequenza di lavoro (ovviamente entro un certo limite). I lanci reali, rari in quanto costosi, sono ostacolati anche dalla mancanza di aree addestrative adeguate. Come preparazione gli operatori seguono corsi di 4 settimane alla scuola di Sabaudia, poi altrettante d'addestramento in reparto alla 3a Batteria, ma solo dopo un anno di pratica si sarebbe raggiunto un livello ottimale di abilità. Questo per gli operatori di sistema, mentre i tecnici elettronici seguono corsi di ben 8 mesi. Questo da un'idea di come i sistemi d'arma moderni scoraggino di fatto l'uso di militari di leva, specie se si tratta di ferme limitate a 12 mesi o meno, e questo riduce anche l'utilità dei militari VFA: in pratica servono professionisti, non 'annuali'. Altre informazioni utili: l'addestramento in bianco avviene sul vecchio sito HAWK di Coriano o a Miramare (aeroporto), due aree sul fiume Marecchia, e altri ancora. Ma per i lanci dei missili si usa il poligono di Capo San Lorenzo, in Sardegna, che come non moltissimi sanno, è un'isola 'poligono' per le F.A., non c'é solo la ex-base americana di la Maddalena, ma anche Salto di Quirra, Decimomannu etc. perché in Sardegna ci sono pochi problemi meteo, pochi abitanti, molto spazio libero. I tiri vengono fatti contro manichette a vento con superfici visibili ai radar (con una qualche matrice metallica o simile), trainati dagli aerobersagli Mirach 2 o 4 della 639a Sqdr dell'AM. Infatti, il costo di abbattimento di un drone di questo tipo, per quanto sostenibile, non è necessario se lo si usa per trainare un bersaglio a perdere. Il rateo di successi è molto alto, mentre il Mirach scendono poi in mare con un paracadute e vengono recuperati, lavati per evitare i problemi della salsedine e rimessi a punto per successivi lanci con un minimo costo. Prima di queste esercitazioni sono previste le prove pre-lancio in bianco, a Coriano, sempre annualmente.
 
All'inizio del 2000 il passaggio dalla leva ai professionisti ha imposto una notevole attività di lavoro, ha partecipato all'esercitazione 'Isole Operative' con 8 sezioni missili, altrettante sono state portate in Sardegna per i lanci missili, poi c'é stata l'esercitazione DRAWSKO 2000 in Polonia con la 'Pozzuolo del Friuli' come unità ospite del distaccamento del 17imo. In genere una sezione serve per la difesa di punto, una batteria è invece richiesta per la difesa di un'area. Vi sono attività congiunte con gli spagnoli che hanno pure loro le batterie Skyguard, vi sono stati persino aiuti da parte del personale di una compagnia alla prefettura di Ferrara in occasione della piena del Po. Nel 2001 vi è stata l'esercitazione 'Santa Barbara' per la sorveglianza del Sud Italia, poi con l'esercitazione 'Light Eagle 2001' è stata usata una forza di 150 elementi, inquadrati in un gruppo 'cluster' con 500 artiglieri (3° Reggimento con un comando tattico, 4° con una batteria HAWK, 121° con SIDAM e Stinger). Sono andati in Polonia e l'esercitazione è durata tra l'11 e il 26 giugno, mentre lo stesso mese è stata inviata a Genova una batteria per proteggere il G8. Altri due plotoni sono stati basati a Mantova per operazioni in caso di necessità, ma operando come fanti, addestrati dai paracadutisti. A seguire il RAP CAMP per la 'pubblicità' e l'arruolamento di volontari di cui l'E.I. era disperatamente alla ricerca, con la fine imminente della Leva.
 
La caserma del 17imo risale alla II GM ma è stata aggiornata. Il servizio catering stava oramai prendendo la mano rispetto alla tradizionale autosufficienza del reparto (almeno in tempo di pace), esisteva la sezione RRR che revisionava per il 1 e 2° livello i lanciamissili risolvendo almeno l'80% dei problemi senza mandarli a Piacenza. L'efficienza dei sistemi era, per le 16 centrali di fuoco e 32 lanciatori, dell'80%.
 
Per il resto la dotazione comprendeva armi leggere da 5.56 mm AR70/90, MG42/59, veicoli tattici VM90, ACM, AR90, Beretta calibro 9 mm e in futuro, le FN MINIMI da 5,56 mm al posto delle MG.
 
Tutto perfetto dunque? Beh, no. I lanciamissili del tipo 'Skyguard' sono armi compatte, simili a quelle dell'AM, ma è difficile capire perché, per ricercare una migliore mobilità non siano stati adottati sistemi quadrupli. E' vero che questo consente di reggere meglio attacchi di saturazione, ma mentre i lanciamissili ottupli della Marina sono adatti allo scopo, quelli sestupli dell'AM sono validi per la protezione di obiettivi esclusivamente statici come gli aeroporti, le rampe dell'Esercito devono muoversi in zone campali. Sopratutto, i tempi e la protezione non sono limiti di poco conto. I lanciatori saranno anche compatti e pratici, ma sono grossi e pesanti al tempo stesso. Sia la centrale che i lanciamissili mancano totalmente della rapidità di azione richiesta per entrare in azione come copertura tattica per le unità mobili. Sebbene siano capaci di mettersi in opera in pochi minuti, questi sono sempre troppi per colonne in movimento. Molto meglio sarebbe se gli autocarri ospitassero direttamente i lanciamissili e la centrale di tiro. Invece, dovendo trainare il tutto, oltre che obiettivi problemi di movimento fuoristrada, è necessario fermarsi, preparare il tutto e collegare con i cavi telefonici le varie unità di tiro. Qualcosa di profondamente diverso da avere la centrale di fuoco e-o i lanciamissili sistemati direttamente su autocarri, e-o la disponibilità di collegamenti a microonde per le comunicazioni 'wireless'. Insomma, si tratta ancora di un sistema di difesa statica, come lo è l'HAWK, ma con molta meno gittata e tangenza. Inoltre il lanciatore con 6 celle missilistiche non pesa certo meno della semplice rampa trainata per 3 HAWK, per cui non è detto che la mobilità fuoristrada sia migliore. In altri termini, nonostante la colorazione mimetica verde-scuro, lo Skyguard non è realmente un sistema per l'esercito. Forse adottando i lanciamissili a 4 celle -come in altre applicazioni del sistema- sarebbe stato possibile usare gli autocarri come lanciamissili. Inoltre, i missili Aspide, per quanto efficienti hanno bisogno dei radar di tiro e sorveglianza per operare. Questo li rende localizzabili, disturbabili, e attaccabili con i missili ARM. Il vero problema per i lanciamissili del tipo Sparrow/Aspide è proprio questo: da un lato hanno guida radar semiattiva come gli Standard e gli HAWK, per cui sono tracciabili e attaccabili, dall'altro hanno una gittata minore. Per esempio, un aereo che attaccasse una batteria HAWK o una nave con gli Standard SM avrebbe difficoltà a lanciare i missili stando al di fuori della gittata di queste armi, e magari dovrebbe avvicinarsi a bassa quota per evitare d'essere visto anzitempo. Con un sistema a medio-corto raggio questo problema non esiste (il raggio di un HARM è tranquillamente, in pratica, di 40 km), e inoltre l'aereo non deve affrontare uno scudo completo. In assenza di un altro sistema d'arma a medio raggio complementare, basta volare semplicemente ad alta quota, per esempio attorno ai 6000-10.000 m, e in teoria si sorvola letteralmente la batteria senza che questa possa fare nulla. Le navi non hanno molta scelta pratica (anzi missili di questo tipo hanno già una gittata maggiore rispetto ai tradizionali missili di autodifesa a corto raggio come i Sea Cat o i Crotale), ma per le unità terrestri in genere si preferiscono tre tipi di missili: SAM portatili (Stinger); SAM a corto raggio ma altamente mobili e semoventi (Roland, SA-8); SAM a lungo raggio con rampe trainate per impieghi di seconda schiera (Patriot, SA-10, HAWK). Lo SKYGUARD non è nulla di tutto questo, e la sua gittata marginalmente maggiore di quella dei missili della seconda categoria non può compensare la scarsa reattività e mobilità. Per questo lo Sparrow/Aspide, tra le forze di terra non ha mai 'sfondato', anche perché il costo è tutt'altro che modesto (nel caso italiano, erano previste originariamente forse 5 batterie, in media da 200 mld l'una). In pratica, nonostante i tanti programmi (tra cui questo, dal costo di circa 1000 mld), l'E.I. non ha mai avuto un efficace sistema a gittata medio-corta interamente mobile e schierabile in prima linea (quelli presenti, gli Stinger e i SIDAM mancano di 'braccio' e di tangenza utile, più i secondi dei primi, e oltretutto non hanno alcun sensore di scoperta immediata, come accade per i Roland, SA-8, SA-6, Shanine, ADATS etc.).