Divina Commedia/Inferno/Canto II: differenze tra le versioni

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{{quote|E qual è quei che disvuol ciò che volle}}
*'''37-42''' Tra la domanda di Dante e la risposta confortatrice di Virgilio, questa similitudine raffigura l'atteggiamento interiore del protagonista, con lo stesso procedimento di I 55-7 (cfr. lo stesso attacco: ''E qual è quei...''), che tende a cogliere un processo psicologico comune a tutti gli uomini, e quindi da tutti riconoscibile. Come se dicesse: come ogni uomo che... Questo volere e disvolere, tipica debolezza umana, è l'inizio della ''guerra'' annunciata al v.4, ed è il filo conduttore del canto.
*37.'''che disvuol...''':che non vuole più ciò che prima ha voluto.
 
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{{quote|e temo che non sia già sì smarrito,}}
*64.'''e temo...ch'io mi sia tardi...(64-65)''':tutta la terzina esprime trepidazione, quel timore che è tipico dell'amore (è l'amore infatti che muove Beatrice, v.72); posta al centro del discrorso di Beatrice, è forse la più rilevante connotazione della sua umanità femminile, evidentemente fuori dal simbolo, e anche dalla sua realtà ormai oltre l'umano (come beata dovrebbe saper bene, infatti, che non è troppo tardi); se vi accostiamo il premuroso attacco (''O anima cortese...'') e la motivazione el tutto personale del v.69 (sì ch'i' ne sia consolata), ne risulta in pochi cenni una ben determinata persona umana, con quel tratto delicato e schivo che sarà proprio di tutte le giovani donne dantesche. Beatrice, come Virgilio, appare come realtà storica prima che come figura.
*64.'''e temo...ch'io mi sia tardi...(64-65)''':
*'''smarrito''':per la perdita della ''diritta via''(I 3).
 
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{{quote|Or movi, e con la tua parola ornata}}
*67.'''ornata''':quell'ornamento, che è bellezza, rende efficace la parola. È questo il valore profondo dell'arte poetica, che ha la virtù di muovere il cuore umano.
*67.'''ornata''':
 
 
{{quote|e con ciò c'ha mestieri al suo campare,}}
*68.'''e con ciò ch'ha mestieri''':con ciò che è necessario (''è di mestiere'') alla sua salvezza (al suo scampare da quell'impedimento); cioè con l'aiuto che gli darai per il cammino da intraprendere. È
*68.'''e con ciò ch'ha mestieri''':
 
 
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{{quote|I' son Beatrice che ti faccio andare;}}
*70.'''I' son Beatrice...''':il nome-così importante nella vita di Dante, quel nome che già annuncia la funzione di chi lo porta-è pronunciato solo alla fine, quando la persona è già delineata nel suo aspetto esteriore e nei movimenti dell'animo. È il nome della fanciulla amata nella giovinezza, per cui Dante compose il giovanile "libello" della ''Vita Nuova'', raccogliendo la maggior parte delle rime scritte per lei in un racconto che vuol celebrare appunto un rinnovamento della sua vita-e della sua poesia-dovuto alla forza elevatrice dell'amore disinteressato (si veda D. De Robertis, ''Il libro della "Vita Nuova"'', Firenze 1970, cap. V). Essa è personaggio ben storico, non meno di Virgilio (di lei ci informa già Pietro di Dante: "in realtà, una nobildonna di nome Beatrice, insigne per costumi e per bellezza, nata nella famiglia dei Portinari, visse al tempo dell'autore nella città di Firenze"). Beatrice Portinari, coetanea di Dante (''Vita Nuova'' II 2), morì giovanissima nel 1290, come egli stesso narra. A questa persona, che già rappresentò per lui il richiamo sensibile alle realtà ultrasensibili (''Vita Nuova'' XXVI), Dante affida nel poema la propria salvezza, raffigurando in lei ciò che conduce l'uomo, oltre i limiti posti dalla natura, alla beatitudine eterna, e cioè-in largo senso-la grazia divina o, come i più intendono, la scienza delle cose divine. Essa è dunque, come Virgilio, una figura, cioè insieme realtà storica e simbolo, alla maniera delle realtà dell'Antico Testamento (cfr. ''Conv''. II, I 6-8). Pur rappresentando, come apparirà in modo indubbio alla fine del ''Purgatorio'', una realtà che la trascende, Beatrice non cessa mai di essere se stessa, suscitando nell'animo di Dante lo stesso tremore e commozione dei giorni fiorentini, proprio come Virgilio suscita il grido d'amore ''nel gran diserto''. In questo modo, che lega l'evento terreno a quello divino, risiede la grande forza dell'invenzione di Dante.
*70.'''I' son Beatrice...''':
 
 
{{quote|vegno del loco ove tornar disio;}}
*71.'''del loco...''':dal luogo dove desidero tornare, cioè dal cielo (per la prep. ''di'' per il moto da luogo cfr. I 74 e nota). Questo verso allontana Beatrice, dal Limbo dove è scesa, di una distanza infinita. Ella appartiene a un altro mondo, come già il suo aspetto e il suo modo di parlare hanno chiaramente detto.
*71.'''del loco...''':