Forze armate mondiali dal secondo dopoguerra al XXI secolo/Italia: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Nessun oggetto della modifica
Riga 150:
 
 
 
===I primi jet===
L'Aerfer Ariete era un prototipo di aereo da caccia progettato dall'Ing. Sergio Stefanutti, eccellente anche se dimenticato esperto in disegni di notevole finezza aerodinamica (era il 'papà' di apparecchi come l'S.7 e l'SS.4), era l'evoluzione di una serie di prototipi che però non vennero mai prodotti in serie. In effetti tutto nacque dal fatto che venne inteso per l'AMI con un nuovo aereo d'addestramento basico, rielaborando il SAI 7 prebellico, grazie anche all'esperienza con i caccia S.207 e 403 bellici. La macchina che ne volò, estremamente aereodinamica e che colpì molto per la sua eleganza, che in realtà non era altro che la ricerca della migliore aerodinamica. Volò per la prima volta nell'estate 1949 e l'AMI ne ebbe ben 117 esemplari monoposto (come se fosse un mini-caccia) e 28 biposto, non solo per reparti addestrativi, ma anche per il 5o Stormo nell'attendere gli F-47 Thunderbolt. Il 6o e il 51o Stormo li ebbero come aerei d'addestramento basici. L'S-7 fece bella figura come aereo sportivo, il 21 dicembre 1951 con un motore leggero DH Gipsy Queen da 243 hp sfruttò appieno la potenza disponibile tanto da aggiudicarsi i primati di categoria per i 100 km con 367,46 kmh e addirittura i 1000 km con 358,63 kmh. Il motore normale era però un Alfa Romeo che aveva sia raffredamento ad aria che con cilindri in linea. Il Super 7 era dotato invece di un motore DH Gipsy Queen da 355 hp con elica tripala, e ottenne un secondo posto al Daily Express Challenge Trophy Air Race in Gran Bretagna. Nel dicembre 1952 conquistò altri record sulle stesse distanza con 419,48 e 411,7 kmh. Ma era un apparecchio essenzialmente militare e non civile, e l'AMI cancellò la sua richiesta per il nuovo addestratore avanzato. Da notare che il secondo dei pochi prototipi aveva un ALfa Romeo 121 a 8 cilindi. Finita la speranza per il concorso, vennero accantonate senza seguito 10 cellule prive di motore.
 
Infine un S-7 venne dotato di ali a freccia, e sperimentato per i nuovi, successivi aerei che si prevedeva di costruire. Le caratteristiche dei tipi base e Super erano:
 
S-7/Super 7:
*Equipaggio: 1
*Primo volo: estate 1949/primavera 1952
*Costruttore: Ambrosini
*Dimensioni: lunghezza 8,17 m/8,2, apertura alare 8,7/9,2 m, altezza 2,8 m, superficie alare 12,8/13,8 m2.
*Peso: 1.105-1.375/1375-1950 kg
*Motore: 1 A.R 115 Ter a 6 cilindri a V, raffreddato ad aria, da 225 hp o in alcuni casi un Gipsy Queen 50 da 253 hp/DH G.Queen 70 a 6 cilindri da 355 hp o un AR 121 a 8 da 380 hp
*Prestazioni: v.max 365/380 km/h, v.economica 264 kmh, tangenza 5250 m, autonomia 1000 km.
 
Dopo questi aerei, che sconfissero in buona misura i Fiat G.46, venne posto mano al SAI S-1001 Grifo come quadriposto turistico o biposto militare, solo che quest'ultimo tipo non venne mai messo in produzione, seguiti dall'S-1002 Trasimenus (la SAI era a Passignano sul Trasimeno) prodotti in alcuni esemplari.
 
 
Il primo aereo a reazione aera il semplice Sagittario, un velivolo con una spinta ridotta di circa 400 kg con un Turbomeca Malboré sito nel muso, ma con una fusoliera ben avviata e con ali a freccia moderata di 45 gradi, capaci teoricamente di circa 1.300 kmh, che però era circa il doppio di quello che l'aereo poteva effettivamente raggiungere in volo orizzontale, anche se pur sempre capace di velocità in picchiata elevate (ma con oculatezza, visto che pare fosse ancora progettato in legno). Fu solo l'inizio e infatti in seguito venne progettato il Sagittario 2, stavolta con un motore più potente.
 
La macchina, come detto, era con struttura lignea e carrello posteriore. Volò il 5 gennaio 1953.
 
*Equipaggio: 1
*Primo volo: 5 gennaio 1953
*Costruttore: Aerfer, 1 prototipo
*Dimensioni: lunghezza 9.32 m apertura alare 7,50 m
*Peso: 1350-1750 kg
*Motore: 1 Turbomecà Malboré da 400 kgs nel muso con relativa presa d'aria
*Prestazioni: v.max 560 km/h, tangenza 8.000 m, autonomia 570 km
 
L'AERFER Sagittario 2 era una macchina molto potenziata, dotata di un motore britannico da 1.650 kgs circa. Era armato di 2 cannoni da 30 mm e la sua leggerezza lo rendeva rapido nel salire e nel manovrare, ma non necessariamente privo di limitazioni. Pare che fosse giudicato più maneggevole dell'F-86 (considerando quant'era piccolo, non è certo difficile crederlo) e che salisse a 12000 m in circa 10 minuti. Ma non era altrettanto valido per autonomia e armamento, così non ebbe successo operativo, anche se fu proposto anche alla specifica in cui avrebbe vinto il G.91R. L'aereo aveva un'ala a freccia accentuata, linee avviatissime nello stile di Stefanutti per ottimizzare la modesta spinta. L'ala a freccia accentuata era in posizione media sia come altezza che come fusoliera, e come i precedenti aerei a pistoni l'apparecchio aveva un abitacolo molto arretrato dato che il motore continuava a stare nel muso, con scarico sotto la fusoliera. La cosa non era ideale, ma serviva per guadagnare tempo e facilitare la progettazione complessiva. L'abitacolo, in questo modo, si trovava proprio sopra l'ala a freccia, una cosa davvero difficile a vedersi in altri velivoli, ed era chiuso da un tettuccio con ampia visuale, quasi a goccia (ma ancora con l'intramontabile 'gobba' tipica dei caccia italiani e delle macchine di F.1, anche se ridotta ai minimi termini), mentre la coda, con piani a freccia, era assai piccola. Il prototipo volò il 19 maggio '56 e il 19 dicembre superò la velocità del suono, primo aereo italiano a riuscirci. Aveva un motore RR. Derwent 9 da 1.650 kg di spinta. Il Sagittario non era solo un'iniziativa italiana: a parte gli ottimi motori inglesi e i cannoni da 30 mm, esso era finanziato dagli americani con fondi trasmessi attraverso la NATO. In base a questi accordi, vennero ordinati 3 esemplari con l'opzione di altri 7.
 
Ecco i dati complessivi:
*Dimensioni: apertura alare 7.5 m, lunghezza 9.5 m, altezza 2.02 m (senza carrello), superficie alare 14.5 m2, peso totale 3.293 kg.
*Prestazioni: picchiata supersonica, salita a 12.000 in 10 minuti, tangenza 14.000 m, velocità max orizzontale 1006 kmh a 12.000.
 
In effetti ne vennero costruiti solo 2 prototipi, MM560 e 561, il cui primo esemplare volò a Pratica di Mare il 19 Maggio 1956, presentato alla MAF 56 a Fiumicino, poi al Bourget nel '57, dove questo minuscolo aereo con due motori nel muso e in coda ebbe modo di farsi notare prima di cascare nel dimenticatoio, dato che perse il concorso NATO per il caccia leggero, vinto dal G.91R. In effetti non arrivò nemmeno alla fase finale di valutazione.
 
L'Ariete era una versione migliorata del Sagittario 2, di cui ne conservava la maggior parte delle caratteristiche, realizzata nel tentativo di realizzare un velivolo capace di essere pienamente accettato come aereo tattico operativo. Al solito, la mancanza di un motore sufficientemente potente era causa della configuarazione che si potrebbe dire: aereo con 1 motore e mezzo: Sotto il muso, retaggio del motore a pistoni del progetto originario vi era il motore principale,(un pò simile a quanto avvenne con lo Yak-15/17/23, solo che questi aerei sovietici erano solo con ali diritte e con limiti non indifferenti nel numero di mach, grossomodo 0.8). Poi però vi era anche un minuscolo motore R.R.Soar Sr.2 da 510 kgs con presa retrattile dorsalequello ausiliario forniva una spinta aggiuntiva in fase di decollo, salita o durante il combattimento. Il turbogetto era alimentato da una presa d'aria supplementare retrattile, ricavata sul dorso della fusoliera, dietro l'abitacolo. A dire il vero era una soluzione a dire il minimo strana per un caccia leggero, decisamente complicata. Il G.91R riuscì a seguire una progettazione molto più sana, simile a quella di un piccolo F-86 con un nuovo motore britannico, il Bristol Orpheus da circa 2.200 kgs. In sostanza senza un motore come questo e senza il postbruciatore per l'unico motore (praticamente impossibile, vi erano gli scarichi sotto la fusoliera) non c'era modo di ottenere prestazioni adatte per questo piccolo aereo, sorprendentemente basso (pur con carrello triciclo anteriore) a terra (come del resto il Sagittario II).
 
Il 27 marzo 1958 presso il Reparto Sperimentale di Volo effettuò il primo volo di collaudo a Pratica di Mare (RM): i risultati deludenti dei vari collaudi indussero l'Aeronautica Militare a rinunciare all'acquisizione del velivolo.
 
*Equipaggio: 1
*Primo volo: 27 marzo 1958
*Costruttore: Aerfer, 2 prototipi
*Dimensioni: lunghezza 9,60 m apertura alare 7,50 m
*Peso: 2.400-3.535 kg
*Motore: 1 Rolls-Royce Derwent 9 da 16,2 kN + 1 Rolls-Royce Soar
*Prestazioni: v.max 1080 km/h, tangenza 12000 m
*Armamento: 2 cannoni da 30 mm
 
In effetti non era certo razionale avere un caccia leggero e bimotore allo stesso tempo, tra l'altro con due motori di tipo ben diverso. L'Aerfer allora si dedicò al Leone, intercettore con un Bristol Orpheus 12 da ben 3089 kgs o un Gyron Junior da 3.180, ancora una volta nel muso (!, dopo ben 4 modelli tale formula seguitava, in splendida assonanza con i caccia della II GM, a restare applicata) e un razzo D.H. Spectre posteriore, armabile con due missili a corto raggio IR come i AIM-9, o i C-7 sperimentali italiani, o altri tipi. Ma la realizzazione si fermò all'80% per mancanza di sufficienti finanziamenti. Anche se il concetto di un caccia supersonico, addirittura capace di mach 2, era affascinante, gli sviluppi erano tutti da esplorare e non è detto che questo sarebbe stato indolore: all'epoca esistevano caccia con motori a razzo ausiliari per agevolarne la salita, e anche tipi di aerei con motori a razzo usati per l'accelerazione supersonica come il SARO S.177, ma erano decisamente più avanzati. E per il 1960 era già in servizio l'F-104 e svariati altri tipi di caccia da mach 2, tutti dotati di motori potenti e con postbruciatore, quindi con prestazioni non transitorie per mach 2, funzionamento meno pericoloso e progetto più semplice (e sopratutto col motore posteriore, il che autorizzava facilmente l'uso del post-bruciatore). Insomma il motore a razzo era una scorciatoia ma col fiato corto. L'F-104G offriva indubbiamente una soluzione più valida con il suo turbogetto di grande potenza J79 e il Leone venne mestamente dimenticato, prima che Stefanutti s'inventasse anche un caccia spaziale (sempre col motore anteriore..). Del resto lo Starfighter era perfettamente in linea con l'idea di un caccia leggero ad alte prestazioni, in più aveva abbastanza autonomia per essere usato come cacciabombardiere tattico ad alta velocità ( e ovviamente penetrare a mach 1 e passa non era possibile, a bassa quota, con un caccia a razzo, al più ottimizzato per salire e accelerare in fretta nella stratosfera). Certo che Stefanutti sarebbe stato contento di poter ottenere il motore J79 per i suoi progetti (da sistemare finalmente in coda), che avevano sempre posto cura nell'aereodinamica, ma erano sempre stati carenti in potenza, in quanto la velocità era ottenuta con motori deboli e con una cellula piccola e aerodinamica, il che non compensava un sufficiente rapporto potenza peso per la salita rapida. Il '104 era insomma quello che poteva rappresentare un ipotetico caccia di Stefanutti (il Tigre?) con un motore potente di tipo moderno, e una cellula minuscola e aerodinamica.
 
 
Descrizione
Ruolo Cacciabombardiere - Ricognitore
Equipaggio 1
Primo volo 9 agosto 1956
Entrata in servizio
Costruttore Aeritalia
Esemplari costruiti 760
Dimensioni
Lunghezza 10,29 m
Apertura alare 8,56 m
Altezza 4 m
Superficie alare 16,42 m²
Peso
A vuoto 3.100 kg
Normale
Massimo al decollo 5.500 kg
Propulsione
Motore un turbogetto Bristol Siddeley Orpheus B.Or.801
Spinta 1.837 kg/s
Prestazioni
Velocità massima 1.030 km/h
Autonomia 1.800 km
Tangenza 13.200 m
Armamento
Mitragliatrici quattro da 12,7 mm
Bombe fino a 900 kg di bombe o razzi
L'Aeritalia G-91, spesso soprannominato "Gina", era un cacciabombardiere-ricognitore di costruzione italiana realizzato a metà degli anni Cinquanta.
 
Vincitore di un concorso per una macchina d'attacco e appoggio tattico indetta dalla NATO nel 1956, ha avuto una progettazione ottimizzata per avere un'operatività effettiva da piste di fortuna, al costo però di un carico utile assai modesto, che ne ha messo in dubbio l'effettiva validità, praticamente mai comprovata in conflitti reali, escludendo l'uso che ne fecero i portoghesi in Africa. Il progetto doveva molto all'esperienza che la Fiat-Aeritalia aveva accumulato con la costruzione su licenza dell'F-86 Sabre, tanto che esso venne soprannominato talvolta "il piccolo Sabre", del quale conservava la formula aerodinamica fondamentale, con la presa d'aria nel muso e l'ala moderatamente a freccia.
 
 
G-91R-1: era il modello base, con 4 mitragliatrici da 12,7 M3 e due piloni per un carico nominale di 900 chili, ma effettivo di appena 450. Venne prodotto in vari sottotipi per l'Aeronautica Militare Italiana
G-91R-3: era il modello richiesto dalla Germania, che adottava due ben più potenti cannoni da 30 mm DEFA e quattro punti d'aggancio, che non costringevano più a dover scegliere tra un'accettabile carico bellico e un accettabile raggio d'azione. Anche l'avionica era stata migliorata
G-91R-4: era una versione ibrida, che aveva l'armamento dell'R-1 e i piloni dell'R-3.
G-91T: era un biposto d'addestramento, dal comportamento in volo non propriamente popolare, e che venne costruito in circa 166 esemplari, portando il totale a oltre 700 macchine costruite, 344 della quali R-3 e 50 R-4.
G-91Y: versione completamente nuova, tanto da essere considerata un aereo nuovo. Aveva motori più potenti, ma non ottenne lo stesso successo commerciale del G-91R.
 
 
 
 
Aeritalia G-91Y
Descrizione
Ruolo Cacciabombardiere
Equipaggio 1
Primo volo 1966
Entrata in servizio
Costruttore Aeritalia
Esemplari costruiti
Dimensioni
Lunghezza 11.67 m
Apertura alare 9.01 m
Altezza 4.43 m
Superficie alare 18.13 m²
Peso
A vuoto 3.900 kg
Normale 7.800 kg
Massimo al decollo
Propulsione
Motore due tuboreattori General Electric J85
Spinta 1.850 kg/s
Prestazioni
Velocità massima 1.140 km/h
Autonomia 3.500 km
Tangenza 12.500 m
Armamento
Mitragliatrici
Cannoni due cannoni
Bombe fino a 1.800 kg
 
 
Tutti i dati si riferiscono al G-91Y e non al precedente G-91R
Lista di aerei militari
L'Aeritalia G-91Y era un cacciabombardiere italiano, derivato dal precedente G-91R, realizzato negli anni Sessanta e che fu impiegato fino al 1994.
 
Il G-91Y era più potente del precedente R, ma non fu un progetto molto riuscito. Grazie alla sostituzione del motore Bristol Orpheus con due General Electric J85-GE 13A, la spinta aumentava del 63%, contro un aumento di circa il 37% del peso a vuoto. Le prestazioni erano leggermente migliorate, in termini di velocità, ma l'accelerazione e la potenza erano state molto incrementate, al prezzo di un consumo elevato con il postbruciatore inserito; la fusoliera appariva molto più grande in quanto i due motori ( posizionati in coda erano affiancati, avendo quindi la possibilità di imbarcare circa il doppio (3.200 kg) del carburante rispetto al precedente. Furono prodotti 65 esemplari, oltre a 2 prototipi, entrati i servizio in due gruppi cacciabombardieri dal 1972 fino al 1994, quando vennero sostituiti dagli AMX. Nonostante tutto era una macchina efficace, il suo grande problema era di avere un'unica presa d'aria che alimentava i due motori. Questo, purtroppo , faceva in modo che se uno dei due motori stallava, portava allo stallo anche l'altro. Di contro la salita fino a 10.000 piedi era migliore di quella dell'F104. L'ala, pur mantenendo circa la stessa superficie dell'R, portava con sé due grosse innovazioni; la prima era l'introduzione degli slat al bordo d'attacco che da prove effettuate davano in certi frangenti un aumento di portanza del 30%. L'altra era l'adozione di un cassone unico integrato per tutta l'apertura. L'armamento classico era composto da due cannoni DEFA 552 con al max 125 colpi per ogni arma, il percussore era di tipo elettrico. Non poteva imbarcare missili. A tal proposito fu approntata una versione per la svizzera denominata YS che aveva la possibilità di imbarcare due Sidewinder... ma il progetto si fermò allo stadio prototipico.
 
 
 
F-104 dell'Aeronautica Militare, con le insegne del 5° Stormo, posto a monumento a Lignano Sabbiadoro (UD)Dopo la rinuncia a portare avanti macchine come il "Leone" dell'AERFER, ultimo prodotto del brillante ingegno di Sergio Stefanutti, l'Italia dovette orientarsi al mercato internazionale per ottenere un nuovo e prestante aereo da caccia supersonico. Non avendo adottato le macchine della "generazione di mezzo" costituita dai primissimi jet supersonici, il salto di qualità richiesto era ovviamente molto oneroso ed impegnativo. Come velivolo da caccia di nuova generazione venne quindi scelto l'F-104, vincitore del concorso NATO a cui parteciparono tutte le macchine occidentali della categoria. Il velivolo venne prodotto in serie dalla Fiat-Aeritalia che, dopo il programma F-86K e la "ricaduta" tecnologica del G-91 soprannominato il "piccolo Sabre", venne impegnata in un ulteriore importante programma tecnologicamente avanzatissimo e foriero di innumerevoli ricadute di natura industriale ed economica. Questo perché altrimenti in Italia non esisteva nessuna possibilità di sviluppare nulla di simile: il "Leone" avrebbe potuto volare a Mach 2 solo azionando un razzo ausiliario, soluzione non certo ottimale; inoltre mancavano motori nazionali per valorizzare i progetti escogitati. Lo Starfighter ha costituito un elemento fondamentale dell'Aeronautica Militare Italiana a partire dal 1962. Il caccia ha ricoperto ogni possibile ruolo per una macchina bisonica di medio livello: ricognizione, attacco nucleare, difesa aerea, attacco al suolo, addestramento avanzato.
 
I primi 105 F-104G, 24 TF-104G e 20 RF-104G divennero operativi nel 1962, equipaggiando i migliori reparti da caccia ed attacco dell'Aeronautica per un totale di 9 gruppi: uno da addestramento, uno da ricognizione e il resto caccia intercettori e cacciabombardieri. La sigla G sta per "Germany", poiché la riprogettazione di questa specifica versione e la sua produzione su licenza videro la Germania come nazione guida in Europa.
 
Gli F-104 innalzarono l'operatività dei reparti ma richiesero anche investimenti elevati per essere considerate pronte. I piloti avevano un velivolo da pilotare "by the book", ovvero seguendo il manuale dal momento che le caratteristiche di velocità e potenza erano accompagnate da una difficoltà di pilotaggio che non tollerava manovre eseguite senza cognizione di causa. Non era un velivolo acrobatico, tanto meno quando caricato di armi esterne, e non perdonava gli errori di pilotaggio. Con esso i nostri piloti entrarono in una nuova dimensione della professionalità dell'aviatore, non meno di quanto accadde ai reparti di manutenzione. In compenso aveva la potenza per salire in quota ad altissima velocità e questo rendeva possibile le intercettazioni in maniera prima impensabile: mentre un F-86 impiegava 10 minuti a salire a 12.000 metri, lo Starfighter "G" riusciva a raggiungere i 10.600 m e ad accelerare fino a mach 2 in 7 minuti.
 
Come cacciabombardiere aveva la velocità e la stabilità, nonché l'elettronica, per compiere missioni di attacco a bassa quota senza troppo timore di superare le difese aeree dell'epoca. Anche qui la differenza con l'F-84, estremo epigono della tecnologia della Seconda guerra mondiale, era molto elevata. Non tutti i cambiamenti erano però in meglio: oltre ai problemi che manovre troppo spinte e il rischio stallo ed altre reazioni imprevedibili comportavano, esistevano ulteriori limitazioni nell'equipaggiamento.
 
Nelle missioni di caccia l'F-104 disponeva di un radar alquanto mediocre, non migliore come raggio e capacità di quello usato sull'F-86K; le attrezzature da ricognizione lasciavano molto a desiderare, in quanto ottimizzate solo per le quote più basse. Di sicuro non fece dimenticare l'RF-84F, tanto che dovettero modificare l'F-104G con un pod da ricognizione Orpheus che garantiva eccellenti risultati ma diminuiva le prestazioni (700 chili per 5,5 metri)[3].
 
Il rapporto di perdite fu poi elevato: 24 aerei nei primi 5 anni. Questo fatto, oltre alla insufficienza numerica delle consegne (9 gruppi avrebbero necessitato di 162 apparecchi, solo conteggiando quelli in carico ai reparti, mentre ne erano disponibili a quel punto 125, non oltre 80-90 dei quali presumibilmente attivi presso i reparti), spinse alla decisione di acquistare altri velivoli. Dal momento che sia le esigenze che le tecnologie erano andate evolvendosi, vennero ordinati esemplari di nuova generazione. In collaborazione con la Lockheed Corporation, la Fiat-Aeritalia realizzò la versione S, migliorata in vari equipaggiamenti.
 
Questa decisione venne presa in clamoroso controtempo con gli insegnamenti ricevuti dalla Guerra del Vietnam, dove i missili (specie lo Sparrow) stavano dimostrando la loro immaturità nel combattimento aereo. Così mentre veniva sviluppata questa versione dell'F-104, che sostituiva nel modello CI il Vulcan (nato come arma per quest'aereo), negli USA veniva introdotto lo stesso cannone sul McDonnell Douglas F-4 Phantom II, nato senza "artiglieria", che se non altro non dovette rinunciare ai missili. La rinuncia al cannone era dovuta all'esigenza di spazio per l'elettronica aggiuntiva dedicata agli Sparrow.
 
Il primo aereo della versione S, effettivamente contemporaneo al Phantom "E", arrivò ai reparti nel 1969. Se gli Sparrow potevano essere discutibili, il motore potenziato e i punti d'aggancio aumentati (da 5 a 9, ricavati in ogni spazio disponibile) rappresentarono un miglioramento non indifferente. All'inizio del 1973 venne consegnato il 100° aeroplano, rappresentando in quel periodo il caccia standard dei reparti intercettori ma anche di parte dei reparti cacciabombardieri. Nello stesso periodo il rapporto di perdite raggiunse le 50 macchine entro la fine dell'anno, con una autentica mattanza dei velivoli della prima fornitura; i caccia persi arrivavano a punte annue di 10.
 
F104 Starfighter in formazione durante il raduno mondiale di Pratica di Mare.(11/03/2004)Le consegne continuarono almeno fino al 1976 se non addirittura al 1979. In tutto furono costruiti per l'AMI ben 205 F104S, compresa un'ultima tranche di 40 velivoli ordinati a metà degli anni settanta quando già l'USAF schierava gli F15 e i primi prototipi dell'F16 prendevano il volo. Gli F-104 hanno continuato ad essere gli aerei da caccia standard per gli anni successivi e hanno avuto 2 costosi aggiornamenti successivi, l'ASA e ASA-M. Il primo era destinato ad essere una estensione delle capacità del velivolo, con l'introduzione di nuovi missili e di modalità operative del radar: questo dovuto raggiungere portate di circa 50-80 km di scoperta ma secondo i piloti era raro ottenere invece un aggancio oltre i 20-25 (molto al di sotto dello standard degli altri aerei NATO). La funzione doppler del radar Setter consentiva almeno limitate capacità di scoperta di bersagli a quote inferiori, contromisure elettroniche e malfunzionamenti permettendo. Costo complessivo: circa 600 miliardi per 140 aerei. L'ottimizzazione del sistema d'arma è risultato inoltre complesso e così i primi F-104ASA erano allo standard ASA-1, privi ancora del missile ASPIDE, poi introdotto con gli ASA-2 ma non prima del 1991, ovvero circa 15 anni dopo che il missile era entrato in servizio nella marina militare.
 
Il secondo aggiornamento, a sua volta assai costoso, venne eseguito su pochi velivoli (64) solo per avere una macchina affidabile per alcuni anni in più rispetto alle previsioni, dati i ritardi dell'EFA.
 
La soluzione adottata da molti operatori dell'F-104 fu quella di sostituirlo già negli anni ottanta passando ad un aereo molto più moderno, il General Dynamics F-16 Fighting Falcon. Visto che l'F-16 era impercettibilmente più lento e non usava i missili Sparrow come arma aria-aria principale, l'Aeronautica preferì qualcosa di meglio per sostituire la veloce macchina Lockheed. In realtà questa decisione era stata determinata da esigenze economiche ed industriali: con i fondi impegnati con il programma Tornado e quello dell'AMX, per non dire dei denari spesi per il programma F-104S/ASA, non esistevano più risorse per avviare ulteriori programmi, che in ogni caso avrebbero significato ammettere che gli sforzi economici profusi in una macchina già palesemente superata come il '104 dalla fine degli anni sessanta erano stati un sostanziale errore. Tanto più che nella stessa USAF il Phantom era in fase di sostituzione col velivolo General Dynamics.
 
Gli F-104 vennero alla fine sostituiti dagli F-16ADF statunitensi di seconda mano in leasing nel 2004.
 
Le statistiche parlano di circa un milione di ore di volo sull'F-104 da parte dell'AMI, con 928.000 volate a tutto il 1997 (pari a circa 100 anni consecutivi, ovvero a 70 ore per giorno) e la perdita per quell'anno di un totale di 137 apparecchi, pari al 38% del numero consegnato. Ogni ora di volo aveva all'inizio degli anni novanta un costo di 13.000.000 di lire. Lo Spillone (il soprannome dato dai reparti italiani) ha avuto un rapporto di perdite di 15 velivoli per 100.000 ore di volo, il triplo del valore dell'F-15 e il doppio dell'F-4.
 
La carriera italiana dell'F-104, capace di volare tra Torino e Roma in meno di 20 minuti, è stata quindi di grande intensità ed importanza, e i piloti generalmente ne sono rimasti entusiasti malgrado l'alto tasso di incidenti. Il velivolo aveva infatti un grande "carattere" e pilotarlo richiedeva abilità: la sua potenza era impressionante e l'ebbrezza del volo supersonico compensava nella popolarità del velivolo altre caratteristiche obiettivamente inquietanti, superate o entrambe le cose assieme.
 
Negli anni sessanta venivano dichiarati 18 aerei per gruppo ma vi erano 9 gruppi con 145 aerei, 25 dei quali persi per incidenti nei primi anni, per non dire delle macchine danneggiate o revisionate. La successiva fornitura di 200 F-104S aiutò la situazione. A metà degli anni '80 dopo la transizione su Tornado dei reparti (154°, 155°, e 156° Gruppo) di base a Ghedi e Gioia del Colle, rimanevano 6 gruppi intercettori (Cameri, Grosseto, Istrana, Grazzanise, Gioia del Colle e Rimini), il 102° Gruppo Cacciabombardieri (Rimini), due gruppi ricognitori (Verona Villafranca) e il 20° Gruppo Addestramento Operativo (Grosseto). I velivoli assegnati erano 18 per il 102° e 12 per i rimanenti reparti. Il 102° Gruppo acquisiva il doppio impiego (strike e convenzionale) analogamente al 154° e 156° Gruppo su Tornado.
 
 
 
Ruolo Addestratore avanzato
Equipaggio 2
Primo volo 15 luglio 2004
Entrata in servizio ancora in fase di sviluppo
Costruttore Aermacchi
Esemplari costruiti 2 prototipi, il terzo in costruzione
Dimensioni
Lunghezza 11,49 m
Apertura alare 9,72 m
Altezza 4,98 m
Superficie alare 23,52 m²
Peso
A vuoto 4.610 kg
Normale 6.700 kg
Massimo al decollo 9.000 kg
Propulsione
Motore 2 turbofan Honeywell/ITEC F124-GA-200
Spinta 27.8 kN / 2.835 kg (max)
Prestazioni
Velocità massima 1.085 km/h a 1.500m
Autonomia 2.590 km
Tangenza 13.700 m
Armamento
Cannoni un cannone da 30 mm
Bombe configurabile per attacchi al suolo con bombe e missili aria-terra o antinave
Missili 9 AIM-9X Sidewinder
 
L'Aermacchi M-346 è un aereo da addestramento avanzato di 4° generazione italiano; attualmente (2007) in fase di sviluppo. Nasce dal prototipo dello YAK-AEM130, un addestratore progettato dalla Aermacchi in collaborazione con la Yakovlev Design Bureau di Mosca.
 
L'Aermacchi M-346 è un addestratore di ultima generazione, pensato appositamente per la formazione dei piloti che opereranno sui nuovi caccia Eurofighter Typhoon acquistati dall'Aeronautica Militare e F-35 JSF, attualmente anch'esso in fase di sviluppo al cui programma partecipa anche l'Italia.
 
Per la sua struttura, l'M-346 potrebbe essere scelto dalla pattuglia acrobatica italiana, le Frecce Tricolori, per sostituire l'Aermacchi MB-339, che ormai ha accumulato più di 20 anni di storia.
 
Il Flight Control System (FCS) dell'aeromobile è stato sviluppato da Teleavio-Marconi in collaborazione con BAE Systems (British Aerospace). Si prevede che l'M-346 sarà costruito in oltre 600 esemplari entro il 2020, escludendo la versione da combattimento, a volte riferita con la designazione non ufficiale M-346K. Quest'ultima è un candidato alla sostituzione del caccia leggero F-5 tiger, diffuso in numerose aeronautiche nel mondo.
 
 
L'aereo possiede una elevatissima manovrabilità grazie alle scelte operate in fase di progettazione, come ad esempio il largo uso di materiali compositi, un rapporto peso-potenza minimo, e le soluzioni aerodinamiche. Grazie all'utilizzo di avanzate tecnologie di progettazione (come i "Vortex lift"), l'aeromobile mantiene una piena maneggevolezza fino ad un angolo di attacco di 40°.L'M-346 può raggiungere i 1085 km/h a 1500 metri ma la cellula dell'aereo può raggiungere 1,2 mach.
 
Sebbene nasca come addestratore, non sarà escluso un suo impiego come cacciabombardiere leggero, come per l'MB-339 ma non è giunta una conferma di un acquisto da parte dell Aeronautica Militare Italiana.
 
 
Paesi utilizzatori
Italia (Aeronautica Militare Italiana): 15 (consegna a partire dal 2012)
I paesi seguenti hanno il seguente requisito ma non ne hanno ordinato nessuno:
 
Grecia :37
Polonia :20
Portogallo :6-8
Singapore :10
Emirati Arabi Uniti :24-48
Qatar :6-12
Cile :18
 
 
 
Molti paesi europei sono interessati all' M-346 e tra questi c'è anche la Francia.Inoltre l'M-346 potrebbe essere il futuro addestratore degli Emirati Arabi Uniti. L'M346 è inoltre il principale candidato nel programma Eurotrainer.
 
 
 
 
 
 
 
Un MB-326 della RAAF
Descrizione
Ruolo Addestratore biposto basico
Equipaggio 2 o 1
Primo volo 12 dicembre 1957
Entrata in servizio 1962
Costruttore Aermacchi
Dimensioni
Lunghezza 10,650 m
Apertura alare 10,560m (con tip tanks - senza: 10,04 m)
Altezza 3,720 m
Superficie alare 19,350 m²
Peso
A vuoto 2237 kg
Massimo al decollo 5216 kg
Propulsione
Motore un turbogetto Bristol Siddeley Viper Mk.22
Spinta 1135 kg o 1814 kg
Prestazioni
Velocità massima 871 km/h
Autonomia 2445 km
Tangenza 12500 m
Armamento
Mitragliatrici due cannoni DEFA 553 da 30 mm
Bombe
Missili
Altro armamento fino a 1814 kg
Note
I dati sull'armamento si riferiscono alla versione da attacco. Gli altri dati si riferiscono alla versione "A"
Lista di aerei militari
L'Aermacchi MB-326 era un aereo da addestramento avanzato prodotto dalla Aermacchi di Varese e progettato dall'ingegnere Ermanno Bazzocchi. Venne anche sviluppata una versione destinata all'attacco che riscosse un discreto successo di vendite all'estero.
 
Compì il primo volo il 10 dicembre 1957 e fu realizzato per sviluppare un programma addestrativo avanzato su un jet a reazione per i piloti dell'Aeronautica Militare. Venne in seguito sostituito dal successore MB-339.
 
 
La velatura è in due parti con pianetto centrale (incorpora le prese d'aria) di continuità delle strutture del longherone , e quindi solidale alla fusoliera e alle semiali. Le ali sono a pianta trapezoidale con 8° 30' di freccia al quarto della corda alare e diedro di 2° 55'. Il profilo alare è un NACA 64A114 e 64A112 (all'estremità) del tipo laminare.
 
La fusoliera è a semiguscio in 4 tronchi: prua, tronco centrale (pressurizzato), tronco posteriore, poppino.
 
I flap (del tipo a fessura) hanno tre posizioni: DOWN (64°), T/O (28°) e UP. L'aerofreno ha un'apertura massima di 56°, e si ritrae automaticamente a 28° con l'abbassamento dei carrelli.
 
Il velivolo è dotato di seggiolino eiettabile Martin Baker Mk.04.
 
 
È stato l'aviogetto italiano più venduto nel dopoguerra, entrando in 800 esemplari nell'armamento di 12 nazioni.
Un aereo di questo tipo fu coinvolto il 6 dicembre 1990 nella Strage dell'Istituto Salvemini di Casalecchio di Reno, in seguito al quale l'intera flotta fu temporaneamente messe a terra.
 
 
 
 
 
MB-339A
 
Un MB-339 delle Frecce Tricolori
Descrizione
Ruolo aereo da addestramento
Equipaggio un istruttore
un allievo
Primo volo 12 agosto 1976
Entrata in servizio 1979
Costruttore Aermacchi
Dimensioni
Lunghezza 10,9 m
Apertura alare 10,8 m
Altezza 3,9 m
Superficie alare 19,3 m²
Peso
A vuoto 3125 kg
Normale
Massimo al decollo 5900 kg
Propulsione
Motore un turbogetto Rolls-Royce Viper 632-43
Spinta 1814 kg
Prestazioni
Velocità massima 897 km/h
Autonomia 2110 km
Tangenza 14630 m
Altro armamento fino a 1800kg.
 
 
La versione PAN è equipaggiata con impianti fumogeni
Lista di aerei militari
L'Aermacchi MB-339 è un aereo biposto italiano da addestramento e da appoggio tattico leggero in dotazione all'Aeronautica Militare Italiana progettato dall'ingegner Ermanno Bazzocchi e costruito dalla Aermacchi di Varese (M=Macchi, B=Bazzocchi). La sua cellula deriva direttamente da quella di un altro famoso aereo da addestramento italiano, l'MB-326; la parte anteriore però fu completamente ridisegnata per permettere lo scalamento in altezza dei due posti di pilotaggio per garantire migliore visibilità (soprattutto in atterraggio) all'istruttore, seduto nel sedile posteriore. I primi 101 esemplari sono entrati in servizio nel 1979. L'ultima versione sviluppata è lo MB-339CD , dotato di un'avionica avanzata, di schermi polifunzionali a colori e moderni sistemi di navigazione; il progetto è stato concepito per permettere ai piloti in addestramento di abituarsi da subito al tipo di strumentazione che troveranno sui caccia di ultima generazione.
 
Il successo commerciale dell'MB-339 non fu paragonabile a quello del suo precedecessore, l'MB-326, anche a causa della concorrenza da parte di altri aerei da addestramento come l'Hawk, l'Alpha Jet e l'Aero L-39. Fu comunque scelto da Argentina, Dubai, Ghana, Malaysia, Nigeria, Perù e Nuova Zelanda. Nel 1980 fu sviluppata una versione monoposto d'attacco, lo MB-339K, ma non ebbe successo di vendite.
 
Grazie alla sua grande manovrabilità, l'MB-339 fu scelto nel 1982 dalla pattuglia acrobatica italiana, le Frecce Tricolori, in sostituzione dei vecchi Aeritalia G-91. Gli aerei consegnati alla Pattuglia Acrobatica Nazionale sono stati ridenominati MB-339A PAN e sono equipaggiati con impianti fumogeni, usati per evidenziare la acrobazie aeree, inoltre sono state loro apportate diverse migliorie per renderli piu adatti al nuovo compito:
 
 
 
MB-339X- Due prototipi.
 
MB-339A - Produzione originale versione per l'Italia
 
MB-339PAN - Versione per la Pattuglia Acrobatica Frecce Tricolori.
MB-339RM - Versione Radio and radar calibration variant.
MB-339AM - Versione MB-339A prodotta per la Malaesia.
MB-339AN - Versione MB-339A prodotta per la Nigeria.
MB-339AP - Versione MB-339A prodotta per il Perù.
MB-339K Veltro II - Versione caccia monoposto, Primo volo 1980.
 
MB-339B - Addestratore con una maggiore capacità di attacco
 
MB-339C - Versione dotata di motore potenziato
 
MB-339CB - Versione MB-339C prodotta per la Nuova Zelanda (weapons training with laser designation, radar detection, AIM-9L and AGM-65 Maverick capability - 17 survivors - in storage at RNZAF Base Ohakea , New Zealand ).
MB-339CE - Versione MB-339C prodotta per l'Eritrea.
MB-339CM - Versione MB-339C in fase di produzione per la Malesia.
MB-339CD - Versione aggiornata nei controlli e strumentazione di volo.
MB-339FD (Full Digital) - Versione MB-339CD per il mercato estero.
 
MB-339 T-Bird II (Lockheed T-Bird II) - Versione realizzata su specifiche del bando US JPATS.
 
 
Il Comando de Aviación Naval, l'Aeronautica della Marina Argentina, è stata il primo cliente del predecessore dell'MB-339, acquistando nel 1969 8 esemplari di MB-326GB. I 10 esemplari del MB-339 acquistati nel 1979 erano, assieme ai turbogetti FMA IA-58 Pucará e T-34 Mentor, gli unici velivoli a reazione operanti dall'aeroporto di Port Stanley durante la Guerra delle Falklands (in spagnolo:Guerra de las Malvinas) del 1982.
 
Il 21 maggio durante un volo di ricognizione di routine, l'MB-339 pilotato dal Lieutenant Crippa fu il primo velivolo ad attaccare le forze anfibie della Royal Navy colpendo la fregata HMS Argonaut. Durante in conflitto 5 velivoli funrono catturati o distrutti dalle forze britanniche. Alla fine del conflitto 11 MB-326GC furono ceduti alla Forza Aerea Brasiliana i quali sono ancora in servizio con la denominazione locale MC-32.
 
Dubai Air Wing 7 MB-339A.
 
Eritrean Air Force 6 MB-339CE.
 
Ghana Air Force 4 MB-339A.
 
Aeronautica Militare Italiana 107 MB-339A e 30 MB-339CD.
 
Royal Malaysian Air Force 13 MB-339AM - 8 sopravvissuti.
 
Nigerian Air Force operates 12 MB-339AN.
 
Royal New Zealand Air Force received 18 MB-339CB usati dal No. 14 Squadron RNZAF tra il 1991 ed il 2002.
 
Peruvian Air Force 16 MB-339AP.
 
 
 
C-27J Spartan
 
Alenia C-27J a Pratica di Mare (maggio 2007)
Descrizione
Ruolo Trasporto Tattico
Equipaggio 2+1
Primo volo settembre 1999
Entrata in servizio settembre 2005
Costruttore Alenia Aeronautica
Dimensioni
Lunghezza 22,70 m
Apertura alare 28,70 m
Altezza 9,80 m
Superficie alare 82 m²
Peso
A vuoto
Normale 30.500 kg
Massimo al decollo 31.800 kg
Propulsione
Motore 2 Rolls Royce AE 2100d2
Potenza 4.637 SHP
Prestazioni
Velocità massima 602 km/h
Autonomia 5.930 km a 500 km/h
Tangenza 30.000 ft
 
 
L'Alenia C-27J Spartan è la nuova versione ampiamente aggiornata dell'aereo da trasporto tattico G.222, inizialmente prodotto in collaborazione da Alenia Aeronautica e Lockheed Martin unite sotto la sigla LMATTS (Lockheed Martin/Alenia Tactical Transport Systems). La designazione del velivolo è stata mutuata da quella dei 10 G.222 acquisiti dalla United States Air Force nel 1990 come C-27A Spartan.
 
Ordinato già dall'Aeronautica Militare e dalle forze aeree greche (12 esemplari ciascuno), dall'Aeronautica Lituana (3 esemplari), dall'Aeronautica Bulgara (5 esemplari + 3 opzione) e da quella Rumena (7 esemplari), questo moderno aeroplano punta su di un mercato di 400/500 esemplari essendo stato selezionato anche dagli USA. Il C-27J è anche in pole position in Australia, in Canada, in diversi paesi dell'Europa Orientale e del Medio Oriente. Il 13 giugno 2007 un comunicato stampa della Finmeccanica ha annunciato la vittoria della gara per la fornitura alle forze armate statunitensi di 55 C-27J (anche se è già stata concessa l'autorizzazione ad acquistarne fino a 78) per un valore di 2,04 miliardi di dollari. Si tratta della prima fase di un ampio progetto che dovrebbe portare in 10 anni alla consegna di più di 200 velivoli per un valore stimato in circa 6 miliardi di dollari.
 
Rispetto al G.222 questo aeroplano presenta un peso massimo al decollo sensibilmente aumentato (da 28.000 kg a 31.800 kg), grazie anche alla nuova e più potente motorizzazione, pressoché identica a quella del C-130J (con eliche a scimitarra Dowty R-391), ed una suite avionica (strumentazione di bordo ecc...) assai moderna.
 
La filosofia di progettazione è stata quella di garantire una forte intercambiabilità di pezzi col nuovo C-130J, fino al 65% per quanto riguarda l'elettronica di bordo.
Il carrello di questa nuova versione è ad assetto variabile, per facilitare le operazioni di carico.
 
La versione ordinata dall'Aeronautica Militare è tra le più ricche con strumentazione che comprende HUD, suite per la difesa passiva contro missili, sonda per rifornimento in volo.
 
Il C-27J è in grado di trasportare fino a 46 paracadutisti o 60 soldati (36 barelle + 6 assistenti in configurazione MEDEVAC - evacuazione medica). L'aereo può altrimenti imbarcare fino ad 11,5 tonnellate di materiali.
 
 
 
Descrizione
Ruolo Aereo da trasporto civile
Equipaggio 5
Primo volo 1947
Entrata in servizio
Costruttore Fiat
Esemplari costruiti
Dimensioni
Lunghezza 23,40 m
Apertura alare 29,34 m
Altezza 8,14 m
Superficie alare
Peso
A vuoto
Normale
Massimo al decollo 18000 kg
Capacità combustibile
Capacità di carico
Propulsione
Motore 3 radiali Pratt & Whitney R-1830-S1C3-G Twin Wasp
Potenza 1065 CV ciascuno
Prestazioni
Velocità massima
Velocità di stallo
Autonomia 2500 km
Raggio d'azione
Tangenza 7500 m
Armamento
 
Il Fiat G.212 fu un importante aereo da trasporto di progettazione italiana impiegato sia in ambito civili e militare nel secondo dopoguerra.
 
 
Il progetto fu avviato da Giuseppe Gabrielli verso la fine del 1943 con lo scopo di rimpiazzare con un aereo di maggior potenza il Fiat G.12, ma l'andamento della guerra ed un veto posto dalle autorità militari tedesche ritardarono il progetto, il cui prototipo volò il 20 gennaio 1947.
 
Il prototipo, denominato G.212 CA, era motorizzato con tre motori Alfa Romeo 128 che erogavano 860 cv ed era pensato per il trasporto civile; anche l'Aeronautica Militare Italiana si interessò al progetto e portò a termine le sue prove di valutazione.
 
A differenza del predecessore, di cui manteneva l'impostazione generale, il G.212 aveva un nuova fusoliera, in grado di trasportare fino a 30 passeggeri.
 
 
Fiat G.212 CA: prototipo dotato del motore Alfa Romeo 128 da 860 cavalli.
Fiat G.212 AV: è una versione del 1949 attrezzata per l'istruzione in volo ed impiegata dall'AMI: sotto la fusoliera vi era una gondola finestrata con due posti affiancati per allievo ed istruttore e attrezzati con apparecchiature per il puntamento e il fotorilevamento.
Fiat G.212 CP: versione destinata all'impiego commerciale, che rispetto al prototipo montava motori Pratt & Whitney R-1830-S1C3-G Twin Wasp.
Fiat G.212 TP: versione da trasporto che volò nel 1950.
 
 
Il Fiat G.212 venne impiegato prevelentemente nei servizi commerciali: 9 esemplari della variante civile venneo impiegato dalla compagnia aerea ALI a partire dal 1948, operando prevalentemente su collegamenti internazionali con base a Milano. Nello stesso periodo 3 esemplari venivano impiegati dalla egiziana SAIDE, che li impiegò fino al 1950 sulla rotta Cairo-Bengasi-Tripoli-Tunisi. Successivamente vennero incamerati nell'aviazione militare e furono impiegati nel 1957, al tempo della guerra arabo-israeliana, per lo scambio dei prigionieri.
 
L'Aeronautica Militare Italiana invece ne acquistò una decina di esemplari che li impiegò dal 1948 per compiti di addestramento e trasporto.
 
 
Un solo un G.212 si è salvato dalla demolizione ed è anche l'unico trimotore Fiat ancora esistente: è esposto al Museo Aeronautico di Vigna di Valle
 
 
 
Aeritalia G.222
 
Un G.222 RM con la caratteristica livrea all'Airshow di Fairford
Descrizione
Ruolo trasporto tattico
Equipaggio 4
Primo volo 18 luglio 1970
Entrata in servizio 21 aprile 1978
Costruttore Fiat, ora Alenia
Dimensioni
Lunghezza 22,70 m
Apertura alare 28,70 m
Altezza 10,57 m
Superficie alare 82,0 m²
Peso
A vuoto 15.700 kg
Normale
Massimo al decollo 28.000 kg
Propulsione
Motore 2 turboeliche
General Electric T64-GE-P4D
Potenza 3.447 shp
Prestazioni
Velocità massima 487 km/h
Autonomia 1.260 km (a pieno carico)
Tangenza 7.600 m
 
 
L'Alenia G.222 Panda, già Aeritalia G.222, è un bimotore a turboelica da trasporto tattico di costruzione italiana, simile per struttura e vano di carico al C-130, ma più piccolo e caratterizzato da una forte vocazione tattica e STOL, cioè la capacità di operare su piste molto corte. Nel 1990 10 esemplari furono acquisiti dalla United States Air Force, acquisendo la designazione C-27A Spartan, designazione poi mutuata dalla successiva evoluzione del progetto, l'Alenia C-27J Spartan.
 
 
Le sue orgini risalgono infatti ai lavori dell'ingegner Giuseppe Gabrielli (lo stesso che disegnò il G.50, il G.55 ed il G-91), che puntava a realizzare un progetto molto ambizioso, quello di un aereo da trasporto medio-leggero con capacità STOVL (decollo corto ed atterraggio verticale); tale progetto avrebbe dovuto chiamarsi G.222 Cervino. Come è noto tale iniziativa non andò in porto ed anzi a tutt'oggi l'unico progetto di aereo da trasporto (leggero) ad atterraggio verticale, il convertiplano americano V-22 Osprey, ha molte difficoltà.
 
Accantonata l'idea, si puntò ad un aereo da trasporto tattico il cui sviluppo fu molto lento (tanto che passarono circa 8 anni tra il primo volo dell'aereo e la prima consegna ad un reparto dell'Aeronautica Militare Italiana, cliente di lancio. Primo a ricevere l'aereo fu il 98° Gruppo della allora 46a Aerobrigata da trasporto, seguito poi dal 2° Gruppo.
 
L'attività del "Gigio" (così è stato soprannominato, affettuosamente), nel corso degli anni, è stata costantemente focalizzata sugli interventi a carattere umanitario, di protezione civile e in missioni di pace fuori area. È stato, a tali propositi, utilizzato dalle striscie in terra battuta di Etiopia, Somalia ed Eritrea alla giungla tropicale di Timor Est.
 
Il 10 settembre 2005 l'Aeronautica Militare Italiana congeda il G.222 dalla 46a Aerobrigata di Pisa con una giornata di esibizioni di caccia, elicotteri, paracadutisti e con l'ultimo volo del protagonista della manifestazione.
 
 
L'Aeronautica Militare ricevette in tutto 52 aerei, inclusi 4 esemplari modificati per eseguire la calibrazione dei radio-ausili alla navigazione (G.222 RM), consegnati al 14° Stormo di Pratica di Mare nel 1984 insieme con un G.222 VS (Versione Speciale) impiegato per le missioni di intelligence elettronica (ricevuto nel 1981). A questi reparti va aggiunto il RSV (Reparto Sperimentale di Volo), che impiegò alcuni di questi aeroplani.
 
Il G.222 ebbe fortuna nelle vendite all'estero, consegnato a vari Stati:
 
Argentina (3 esemplari consegnati a partire dal 29 marzo 1977)
Emirati Arabi Uniti (1 solo esemplare)
Libia (20 aerei denominati G.222L rimotorizzati con i motori Rolls-Royce "Tine" per scavalcare l'embargo americano, ordinati nel 1978)
Nigeria (5 esemplari consegnati tra il 1984 ed il 1985)
Somalia (2 esemplari consegnati, su 4 ordinati)
Stati Uniti (10 esemplari consegnati tra il 1991 ed il 1992, assegnati alle forze di stanza in Panama, con denominazione C-27A)
Thailandia (6 esemplari ordinati nel 1995)
Tunisia
Venezuela (2 esemplari consegnati nel 1982)
 
Il G.222 è un aereo in grado di operare da piste molto corte (a Timor Est, durante la missione ONU INTERFET, fu l'unico aereo a garantire il collegamento con l'aeroporto di Dili, immerso nella foresta), e semipreparate (terra battuta o peggio). Le sue doti acrobatiche sono tali da vederlo sovente partecipare con un proprio display alle manifestazioni aeree internazionali. Le sue capacità STOL e la buona condotta di volo in bassa quota ne fanno un aereo molto adatto al trasporto di incursori ed alle operazioni di trasporto in teatro di guerra, per le quali il G.222 difetta solo della mancanza di apparati di autoprotezione elettronica.
 
Il vano di carico, simile a quello del C-130, è molto razionale e permette di sfruttare al meglio lo spazio. Il G.222 può trasportare 44 passeggeri o 32 paracadutisti. Il suo equipaggio è costituito da 2 piloti, uno specialista ed un loadmaster (addetto al carico ed al lancio).
 
L'Aeronautica Militare ha ricevuto nel 1982 anche 5 esemplari della Protezione Civile modificati per la lotta agli incendi boschivi, impiegando un serbatoio contenente acqua mista ad un agente ritardante.
 
L'Aeronautica Militare Italiana ha subito, nel corso dell'intensa attività di volo del G.222, 4 perdite gravi, con la morte degli equipaggi:
 
8 gennaio 1982, Monte Javello, Montemurlo - Prato, durante un volo di addestramento a bassa quota
10 luglio 1982, Greve in Chianti - Firenze, durante una missione antincendio
29 agosto 1985, Laconi - Nuoro (ora Oristano), durante una missione antincendio
3 settembre 1992, in Bosnia, in volo verso Sarajevo, abbattuto da un missile spalleggiabile durante un volo umanitario per l'ONU lungo un corridoio aereo considerato sicuro
 
 
Descrizione
Tipo Anfibio trasporto executive, pattugliamento e soccorso
Equipaggio 1
Primo volo 29 agosto 1948
Entrato in servizio
Costruttore Piaggio
Esemplari costruiti 65
Dimensioni
Lunghezza 10,80 m
Altezza 3,83 m
Apertura alare 13,53 m
 
Superficie alare 25,10 m²
Peso
A vuoto 2.110 kg
Carico
Massimo al decollo 2.995 kg
Propulsione
Motore 2 Avco-Lycoming GSO-480 a 6 cilindri orizzontali contrapposti
Potenza 345 CV ciascuno
Spinta
Prestazioni
Velocità massima 335 km/h
Velocità di crociera
Autonomia 1.450 km a 4.300 m
Tangenza
Quota di servizio 7.800 m
Passeggeri 5
 
Il Piaggio P 136 è un aereo anfibio prodotto dalla Piaggio negli anni '50. Primo aereo ad essere costruito a Genova dalla "Rinaldo Piaggio" nel secondo dopoguerra è stato impiegato dalla Aeronautica Militare Italiana per pattugliamento e soccorso. Venne commercializzato nel mercato privato statunitense con il nome di Royal Gull (Gabbiano reale in inglese) riscuotendo un discreto successo.
 
Il P 136 nasceva dalla penna di diversi ingegneri della Piaggio, Alberto Faraboschi, Salvatore Bruno Mori e Giovanni Casiraghi, e puntava sulla sua versatilità di utilizzo per imporsi nel difficile mercato del dopoguerra. Era un monoplano con ala alta a gabbiano con i motori sistemati alla sommità dei tronchi alari interni. Questi azionavano eliche spingenti, una soluzione poco diffusa, ma che dal P 136 rappresenterà la caratteristica dei bimotori Piaggio che seguiranno, il P166 e il P180 Avanti.
 
L'altezza serviva a garantire che i motori e le eliche fossero nettamente al disopra del livello dell'acqua anche a pieno carico, mentre il posizionamento dei motori serviva a ridurre il rumore all'interno della cabina. La fusoliera era a scafo a doppio gradino e l'aereo presentava un carrello triciclo posteriore completamente retrattile. Le ruote anteriore si retraevano ai lati dello scafo, mentre il ruotino di coda nella parte finale dello scafo. Presentava un coppia di galleggianti stabilizzatori alari di tipo fisso.
 
Il prototipo volò per la prima volta il 29 agosto 1948, con motori Franklin B9F da 215 CV ciascuno. Nel 1949 l'Aeronautica Militare Italiana ne acquistò un esemplare per scopi di valutazione e l'anno successivo ne ordinò un lotto di 14 esemplari. La versione americana, che venne commercializzata dalla Tracker Aircraft Corporation, denominata Royal Gull fu esportata in 40 esemplari: negli Stati Uniti e in Canada. Considerando il fatto che l'aereo fu prodotto in soli 65 esemplari, il risultato ottenuto oltre oceano fu notevole. Piaggio utilizzò l'esperienza del P136 per il successivo sviluppo del Piaggio P.166 di cui un gruppo di ingegneri cominciò il progetto, verso la fine del 1955.
 
Diversi P 136 volano ancora in America settentrionale ed un P 136 dell'AMI è esposto al Museo storico dell'aeronautica di Vigna di Valle nel comune di Anguillara Sabazia.
 
 
P 136L: Versione di serie con più potenti motori Avco-Lycoming GO-435C2 da 264 CV
P 136L-1: Designazione AMI per i propri velivoli equipaggiati con Avco-Lycoming GO-480 da 274 CV con riduttore;
P 136L-2: Versione con Avco-Lycoming GSO-480 con compressore.
 
 
Piaggio P.148 in mostra al Museo Piaggio di Pontedera
Descrizione
Tipo Monoplano monomotore ad ala bassa con carrello fisso convenzionale e ruotino di coda
Equipaggio due posti affiancati con possibilità di un terzo posto posteriore centrale
Primo volo 12 febbraio 1951
Entrato in servizio 1951
Costruttore Piaggio
Esemplari costruiti
Dimensioni
Lunghezza 8,44 m
Altezza 2,40 m
Apertura alare 11,12 m
 
Superficie alare 18,81 m²
Peso
A vuoto 895 kg
Carico 305 kg
Massimo al decollo 1200 kg
Propulsione
Motore Lycoming O-435-A 6 cilindri contrapposti raffreddati ad aria
Potenza 190 CV
Prestazioni
Velocità massima 215 km/h
Velocità di crociera km/h
Autonomia 700 km
Tangenza 5.500 m
Passeggeri 1 (+1)
Capacità combustibile 45 l
 
Il Piaggio P.148 era un aereo leggero, interamente metallico ad ala bassa e carrello fisso triciclo posteriore, costruito dal 1951 su progetto dell'Ing. Giovanni Casiraghi e destinato al ruolo di addestratore di primo periodo, e cioè per volo a vista, volo strumentale, volo acrobatico, volo notturno. Date le sue dimensioni fu soprannominato "Piaggino".
 
Complessivamente furono costruiti circa 100 esemplari, di cui 70 acquistati dall'Aeronautica Militare Italiana per l'addestramento (scuole di Lecce, Latina e Rieti), il collegamento e il rimorchio di alianti. Dal 1970 al 1976 è stato utilizzato presso la scuola di Latina per la selezione al pilotaggio degli allievi dell'Aeronautica Militare ruolo naviganti. Fu utilizzato anche per i corsi di cultura aeronautica destinati ai giovani dai 16 ai 19 anni tenuti presso l'aeroporto di Gorizia e quello di Guidonia dal 1966 al 1975.
 
L'esemplare in mostra al Museo Piaggio (n. matricola MM 53562) porta le insegne della "SAP - Scuola Addestramento Plurimotori" di stanza a Latina (1955-1961), che dal 1985 ha assunto la denominazione di 70° Stormo.
 
Caratteristica dell'aereo era la capottina in plexiglass, che permetteva una visibilità notevole. La fusoliera era monoscocca a sezione circolare. Il rivestimento metallico era interamente rivettato, le semiali erano connesse alla fusoliera con due punti di attacco e rinforzate nei punti di ancoraggio del carrello (che era fisso) e le ali erano facilmente smontabili per necessità di trasporto.
 
Il P.148 utilizzava un motore Lycoming 0-435 a 6 cilindri contrapposti e raffreddamento ad aria, da 190 HP, ed un'elica bipala metallica Piaggio a passo variabile
Particolare del nome e matricola del Piaggio P.148 in mostra al Museo Piaggio di Pontedera
 
Piaggio P.148 restaurato in occasione dei 50 anni della Scuola di volo 70° Stormo
 
 
Un P.166DL3 della Guardia Costiera
Descrizione
Tipo Aereo da trasporto leggero e d'affari
Equipaggio 2
Primo volo 26 novembre 1957
Entrato in servizio
Costruttore Piaggio Aero
Esemplari costruiti oltre 150
Dimensioni
Lunghezza 11,88 m
Altezza 5,17 m
Apertura alare 14,69 m
Diametro della fusoliera
Superficie alare 26,56 m²
Peso
A vuoto 2498 kg
Carico
Massimo al decollo 4300 kg
Propulsione
Motore due turboelica Avco Lycoming LTP-101-600
Potenza 670 sHP
Prestazioni
Velocità massima 400 km/h
Velocità di crociera
Velocità variometrica
Velocità di stallo
Autonomia 2038 km
Raggio d'azione
Tangenza 8850 m
Quota di servizio
Passeggeri fino a 6
Carico utile 1800 kg
 
 
Il Piaggio P.166 è un aereo da trasporto e d'affari costruito dalla italiana Piaggio Aero nel 1957. Destinato inizialmente al mercato civile, ha riscosso molto successo come aereo per la sorveglianza del territorio, per la ricognizione e per il pattugliamento delle coste, aero-ambulanza, addestramento e fotogrammetria. In Italia è impiegato sia dall'Aeronautica Militare Italiana che da altri corpi statali, come la Guardia di Finanza, la Polizia di Stato etc.
 
 
La Piaggio riscosse un discreto successo in Italia, negli Stati Uniti e in Canada con il P.136 "Royal Gull": mentre era in piena produzione, venne sviluppato il suo successore, il P.166, che era più grande e robusto, manteneva l'ala a gabbiano, i piani di coda e la motorizzazione, ma al contrario del P.136 era completamente terrestre. Il primo volo venne effettuato da Aldo Gasperi il 26 novembre 1957 all'aeroporto di Villanova di Albenga ed ottenne la certificazione RAI/FAA il 31 luglio 1958. Il P.136 e il P.166 furono i primi aerei italiani del dopoguerra che ricevettero il "Type Certificate" della FAA.
 
I progettisti del P.166, gli ingegneri Giovanni Casiraghi e Alberto Faraboschi, lavorarono costantemente per cercare di adattarlo il più possibile al mercato internazionale: venne realizzata così la versione B, dotata di modifiche strutturali e di un nuovo motore, che sostituì la versione originale in produzione.
 
La Northrop Aircraft utilizzò per 25 anni 3 P.166 per il trasporto del proprio personale senza problemi di manutenzione e con grande affidabilità. William Piper, fondatore dell'omonima casa produttrice di aerei, venne a conoscenza di questo successo e, valutando in volo il P.166, ne rimase molto soddisfatto: venne proposta quindi una co-produzione del velivolo, ma la Piaggio non era in grado di reggere il ritmo di produzione richiesto (300 strutture) e non venne stipulato nessun accordo.
 
L'ultima versione realizzata è la DP1, dotata di nuovi motori ed un'avionica completamente rinnovata: gli esemplari attualmente operativi verranno tutti portati a questo standard.
 
Un Piaggio P.166 DP1-VMA in servizio nella Guardia di Finanza
 
Nel 1960 l'Aeronautica Militare Italiana ordinò un primo lotto di 21 P.166M da impiegare nelle squadriglie di collegamento, per il trasporto e per compiti di addestramento presso la Scuola Volo Basico Avanzato Elica di Latina. Il P.166 venne impiegato anche nel supporto logistico del caccia-bombardiere Fiat G.91: era infatti in grado di trasportare un motore Orpheus nel suo vano di carico. Nel 1985 vennero acquistati altri sei esemplari, destinati al 14° Stormo, nella versione DL3 APH che, equipaggiati con quattro-cinque fotocamere di cui una-due verticali e tre prospettiche, vennero impiegati per compiti di aerofotogrammetria. In questo ruolo vennero impiegati con in colori dell'ONU durante la missione di pace in Etiopia-Eritrea.
 
La South African Air Force acquistò invece 20 esemplari nella versione S, soprannominandoli Albatross, da destinare alla sorveglianza costiera. Il primo esemplare ordinato volò nell'ottobre del 1968 e fu certificato nel febbraio del 1969; poco venne venne spedito a Cape Town e assemblato alla Ysterplaat Air Force Base.
 
L'Alitalia impiegò due P.166DL3 come aerei da addestramento, che vennero poi passati (nel 1986) alla Guardia di Finanza.
 
La Guardia Costiera e la Guardia di Finanza hanno acquistato rispettivamente 14 e 10 esemplari destinati al pattugliamento marittimo, ricerca e soccorso, monitoraggio ambientale e lotta al contrabbando. La Guardia Costiera attualmente possiede 12 esemplari in versione Operativa con sistemi flir ,daedalus e vinten utilizzati per il pattugliamento costiero, l'antinquinamento e per l'attività di fotogrammetria. Gli ultimi 2 esemplari vengono utilizzati a scopi addestrativi, essendo sprovvisti delle apparecchiature succitate.
 
 
I sensori sono contenuti in un apposito radome nel musoPiaggio P.166: versione base.
Piaggio P.166B: versione dotata di un nuovo motore Lycoming IGSO-540-A1C di 380 sHP e modifiche strutturali; venne aumentato anche il peso massimo al decollo. Volò nel 1962 e venne battezzata Portofino; fu realizzata in 6 esemplari, di cui 5 esportati.
Piaggio P.166C: versione costruita in 3 esemplari e in grado di trasportare 12 passeggeri.
Piaggio P.166M: versione destinata all'Aeronautica Militare Italiana e dotata di motori a pistoni.
Piaggio P.166S: versione ulteriormente migliorata espressamente richiesta dalla South African Air Force.
Piaggio P.166DL3: versione dotata di motori turboelica AVCO-Lycoming LTP 101-700A1-A da 559 sHP, equipaggiamenti migliorati e predisposizione per l'impiego in diversi ruoli. Volò per la prima volta il 3 luglio 1976. Venne costruita tra il 1975 e il 1991 ed è quella impiegata ancora oggi.
Piaggio P.166 SEM-A: versione usata dalla Guardia Costiera per addestrare il personale pilota.
Piaggio P.166DL3 APH: versione usata dall'AMI equipaggiata con strumentazione per il fotorilevamento.
Piaggio P.166 DP1: versione più recente, sviluppata tra il 1998 e il 2004, dotata di motori turboelica Pratt & Whitney Canada PT6-A121 da 615 sHP, peso massimo al decollo incrementato, avionica migliorata, consolle tattica integrata, postazione di lavoro capace di gestire e visualizzare tutte le immagini dei vari sensori (immagini all'infrarosso diurne e notturne telecamera a colori radar meteo e di ricerca su 360°), confort interno migliorato e materiali ignifughi, scanner per sorveglianza ambientale con consolle dedicata nella versione VMA. I velivoli attualmente esistenti dovrebbero essere portati a questo versione con un mid-life update (MLU).
Piaggio P.166 DP1-VMA: versione militare del DP1 operata dalla Guardia di Finanza.
 
 
Un PD-808 con una speciale colorazione del 14° Stormo
Descrizione
Ruolo Aereo executive
Equipaggio 2 piloti + 1 assistente
Primo volo 29 agosto 1964
Entrata in servizio
Costruttore Piaggio-Douglas
Esemplari costruiti 29
Dimensioni
Lunghezza 12,85 m
Apertura alare 13,20 m
Altezza 4,80 m
Superficie alare 20,92 m²
Peso
A vuoto 4.830 kg
Normale
Massimo al decollo 8.165 kg
Propulsione
Motore due turbogetti Rolls-Royce Viper Mk.526
Spinta 1.524 kg/s
Prestazioni
Velocità massima 920 km/h
 
Autonomia 6.760 km
 
Tangenza 13.700 m
Armamento
Equipaggiamento ECM per la guerra elettronica
 
Il Piaggio-Douglas PD-808 era un bireattore da nove posti, con ala bassa e impennaggi convenzionali, realizzato dalla Piaggio in collaborazione con la Douglas. L'unico utilizzatore era l'Aeronautica Militare Italiana che lo usava in diverse versioni. L'ultimo esemplare è stato radiato dalla linea di volo il 30 marzo 2003.
 
Nel 1957 la Douglas iniziò lo studio di un nuovo velivolo executive imbarcato per la Marina degli Stati Uniti e giunse ad un progetto preliminare chiamato D-808. La Marina però non era disposta a sostenere da sola il costo del progetto ma si dichiarò disponibile ad acquistare 200 esemplari nel caso in cui ne fosse stata prima realizzata una versione civile.
 
La Douglas, che non aveva grande esperienza nello sviluppo di questo tipo di velivoli, cercò di coinvolgere la Northrop che non accettò ma che indicò la Piaggio come l'azienda ideale per questo progetto.
 
Dopo essersi assicurata l'interesse dell'Aeronautica Militare Italiana, l'azienda genovese firmò nell'aprile del 1961 un accordo che prevedeva la costruzione da parte sua degli esemplari destinati al mercato civile, mentre la Douglas si riservava il diritto di costruire nei suoi stabilimenti gli esemplari eventualmente ordinati dalla Marina americana ed opportunamente modificati per l'impiego sulle portaerei. L'azienda americana inoltre non avrebbe investito denaro ma avrebbe messo a disposizione il personale, i progetti e le conoscenze necessarie per lo sviluppo del velivolo.
 
Nel 1961 il progetto fu gradualmente trasferito dallo stabilimento di El Segundo in California a Finale Ligure (Savona) sotto la responsabilità dell'ingegner Alessandro Mazzoni.
 
I primi due prototipi furono costruiti a Finale Ligure e il primo volo ci fu il 29 agosto 1964 all'aeroporto di Genova-Sestri Ponente, a poco più di tre anni dall'avvio del progetto. La certificazione RAI/FAA fu rilasciata il 20 novembre 1966; inoltre il PD-808 fu il primo aereo italiano progettato e certificato con le severe norme FAR-25 per i velivoli da trasporto.
 
Nel 1967 la Douglas e la McDonnell si fusero dando vita a una delle più importanti industrie aerospaziali del mondo: la McDonnell Douglas. Uno dei primi atti della nuova società fu la cancellazione del programma del PD-808, ritenendo che non interessasse più la Marina americana.
 
Senza un partner così importante, la Piaggio non ritenne in grado di poter affrontare da sola la produzione, la vendita e il supporto sul mercato civile; l'Aeronautica Militare ne ordinò però 22 esemplari, risollevando così le sorti dell'azienda.
 
Venne utilizzato per un'ampia gamma di ruoli, come l'addestramento alla guerra elettronica (versione GE, con equipaggiamento ECM), radiomisure (RM) o trasporto VIP (TP).
 
L'ultimo esemplare, un GE, volò il 30 marzo 2003, dopo aver raggiunto il limite di vita operativa.
 
 
Complessivamente prodotti 29 esemplari: 2 prototipi, 2 trasporti VIP a 7 posti e 25 aerei in dotazione all'AMI:
 
PD-808 RM : radiomisure (calibrazione di radioassistenza alla navigazione) (12 esemplari)
PD-808 ECM: contromisure elettroniche (3 esemplari)
PD-808 TA/PD-808 GE: addestramento equipaggi (6 esemplari)
PD-808 VIP/PD-808 TP: trasporto VIP (4 esemplari)
 
 
SIAI-Marchetti S-211 (A)
 
Ruolo Aereo da addestramentoe attacco leggero
Equipaggio 1-2
Primo volo 10 aprile 1981
Entrata in servizio
Costruttore SIAI-Marchetti
Esemplari costruiti 63
Dimensioni
Lunghezza 9,50 m
Apertura alare 8,47 m
 
Altezza 3,80 m
Superficie alare 12,66 m²
 
Peso
A vuoto 1.615(A)-2.020(C) kg
Normale
Massimo al decollo 2.500 (A, configurazione addestratore), 3.100 kg (A, armato), 3.500 (C) kg
Propulsione
Motore un turbofan Pratt & Whitney Canada JT15D-4C(A)-5C (5)
Spinta 1.134 (-4C) 1.450 (-5C) kg/s
Prestazioni
Velocità massima 667 (A, max. velocità crociera), 760 (C) km/h
Autonomia 4,33h(A)-1.800 (C)km
Tangenza 12.200(A)-12.800 m
Bombe fino a 660 kg di carichi esterni su 4 piloni
 
Il SIAI-Marchetti S-211 è un aereo da addestramento basico italiano con motore a getto, con una progettazione moderna e avanzata, specialmente per l'ala supercritica e il motore turbofan. Progettato sul finire degli anni settanta ha effettuato i primi voli nel 1981 e dopo una produzione di una settantina di esemplari ne è derivato nel 2005 l'Aermacchi M-311. Purtroppo le sue prestazioni, non molto superiori a quelle dei velivoli turboelica, non lo hanno aiutato ad ottenere lo stesso successo del SIAI-Marchetti SF-260[citazione necessaria] e solo le Filippine e Singapore hanno dato luogo ad importanti ordinativi ed una limitata produzione su licenza (40 esemplari circa). La grande occasione persa fu il concorso JPATS ("Joint Primary Aircraft Training System") per un nuovo addestratore basico statunitense, vinta del Pilatus PC-9. A partire dal 1997 il progetto è passato sotto il controllo della Aermacchi.
 
La ditta SIAI-Marchetti ha fatto, con questo apparecchio, un logico passo avanti (cit. Armi da guerra, voce relativa), relativo ad un successore con migliori prestazioni della fortunata precedente realizzazione, l'SF-260. In questo caso si è voluto dare a tale nuovo apparecchio, studiato nel 1976-77, una struttura da aereo medio-avanzato, ma nondimeno ancora leggero, dotato di un motore a reazione. Per far quadrare il cerchio si è cercato un modello che abbinasse la potenza della propulsione a reazione con l'economia di velivoli ad elica, di minori prestazioni. Il compromesso si è materializzato in un velivolo a reazione, prevalentemente in lega leggera, dotato di un abitacolo in tandem e un unico motore posteriore, che costituiscono i principali passi ulteriori rispetto all'SF-260 (2-3 posti affiancati, motore anteriore ad elica). Le dimensioni sono rimaste ridotte e il peso molto ridotto.
 
 
I 2 posti sono in tandem (riducendo così la sezione dell'aereo con beneficio delle prestazioni ma non del rapporto tra istruttore ed allievo), climatizzati, pressurizzati e con seggiolini eiettabili 0-0. Essi sono scalati per quanto possibile per un velivolo lungo grossomodo quanto un caccia della seconda guerra mondiale (8,43 m). La strumentazione di base è composta da un sistema di navigazione TACAN, VOR, un IFF e strumentazione radio, in termini di opzioni vi sono un HUD Ferranti e altre attrezzature, ma in nessun caso vi è un apparato radar, tranne forse un'unità altimetrica[citazione necessaria]. Il muso è piuttosto piccolo e consente una buona visibilità anteriore.
 
L'ala è in posizione alta e le prese d'aria ne sono al di sotto e in avanti, di semplice disposizione e sezione a 'D', all'altezza del secondo abitacolo, con una parete antiscorrimento fissa, idonea per le velocità relativamente basse. Le prese d'aria anteriori e l'ala alta sono simili a quelle dell'Alpha Jet e rappresentano la principale differenza con la struttura dell'altra allora nuova velivolo italiana, l'MB-339, che ha anche una linea dorsale 'a sella', mentre il SIAI S.211 ha una linea dorsale che corre diritta inclinata in basso, dal secondo abitacolo alla coda.
 
L'ala, in posizione alta per aumentare lo spazio per eventuali carichi oltre che per ragioni aereodinamiche, ha una struttura particolare, in quanto è stata studiata con sezione 'supercritica', disegnata in collaborazione con 2 università statunitensi e provata nella galleria del vento della Boeing con un modello in scala 5:1. La principale caratteristica è data da un maggiore spessore, per offrire più spazio per il carburante, mentre il carrello è interamente confinato nella fusoliera, in configurazione triciclo anteriore. La freccia alare è modesta (15°30al 25% della corda), con una corda assai pronunciata. Tutti i serbatoi di carburante sono sistemati al suo interno, in quanto nella parte intermedia della fusoliera vi è il condotto delle prese d'aria per il motore e al di sopra, nella 'spina dorsale' vi sono cavi, cablaggi, elettronica di bordo.
 
La coda ha un impennaggio verticale a freccia, piuttosto grande, con le antenne UHF all'estremità, annegate nella struttura, e dissipatori di elettricità statica nel bordo mobile di uscita, dove vi è anche un aletta di trim. Le superfici di coda orizzontali sono sistemate leggermente posteriori al timone. Alette intermedie sul timone ospitano invece l'antenna del VOR.
 
Il motore è un'altra caratteristica di rilievo dell'aereo. Si tratta di un piccolo motore turbofan JT15, capace nella sua originaria versione di erogare 1 t. di spinta, poi incrementata nelle versioni successive. Esso era già un motore assai datato nel 1981 essendo girato al banco il 23 settembre 1967[citazione necessaria]. Pur non essendo molto potente si tratta di una macchina termodinamica molto efficiente, bialbero (un compressore assiale e uno stadio centrifugo), capace di un consumo specifico bassissimo, pari a 15,92mg/N o 0,56 Kg:Kg/s, corrispondenti ad un livello molto minore rispetto ai turbogetti puri e anche a molti modelli turbofan. Esso ha infatti un rapporto di diluizione di 3,3:1, poi a quanto pare ridotto a 2,7:1. Il motore del Tornado e del Viggen ha un rapporto bypass che per quanto elevato per un caccia supersonico, arriva a 2:1, quello dell'F-18, un esempio più convenzionale, attorno a 1,3:1. La versione originaria, la JT15D-1 non ha avuto uso militare ma è stata usata in quello civile. La versione -4C è la prima variante militarizzata, con involucro irrobustito, impianto di lubrificazione che consente il volo rovescio prolungato e un controllo elettronico dell'alimentazione. La spinta è aumentata nel contempo del 15% circa.
 
La versione -5C ha un consumo migliore del 3% (specifico, ovvero relativo alla spinta erogata), mentre la potenza è stata aumentata del 25%. La capacità di carburante nei serbatoi integrali alari è di circa 800 l, ottenuti malgrado la ridotta apertura alare, grazie all'elevato spessore della struttura.
 
In termini di armamento la macchina non ha alcuna dotazione interna, essendo un velivolo molto piccolo e pensato principalmente per la fase addestrativa primaria-intermedia. I piloni esterni hanno una portata di 165 kg e quelli interni di 330, ma il carico massimo è indicato in un totale di 660 kg. La possibilità di impiego è quella di ospitare per ciascun pilone: 1 pod con un cannone da 20 mm, uno con una mitragliatrice da 12.7 mm, uno con 2 armi da 7.62 mm.
 
Quantomeno le prime di queste armi sono sistemabili solo nei piloni interni. Altre combinazioni comprendono lanciarazzi, di tipo e peso leggeri: lanciatori da 7 razzi LAU-32 da 70 mm (di costruzione USA), AL-18-50 con un maggior numero di razzi ma molto più leggeri (18x50 mm), LR.F3 francesi di calibro doppio (4x100 mm), e infine bombe leggere, da 125 e da 250 kg.
 
 
In termini di prestazioni la macchina è leggera ed economica, e la scommessa fatta è stata di realizzare un velivolo a reazione più potente di quelli ad elica, con un'economia di esercizio appena superiore. Le caratteristiche di volo sono quelle tipiche di un piccolo jet, con i comandi di volo molto docili e pastosi, mentre il muso consente una visibilità migliore di quella delle macchine ad elica, grazie all'assenza del motore, quindi senza avere soluzioni costruttive complesse come quelle dell'EMBRAER Tucano che ha una fusoliera marcatamente arcuata per ovviare alla visibilità anteriore.
 
La macchina è capace di decollare in 500-700 m con un ostacolo di 15 m. La velocità di stallo è di 152-155 km/h con i flap estesi, uguale a quella di un caccia come l'MC.205 del periodo bellico e di simili prestazioni. L'atterraggio è compiuto in 740 m su ostacolo di 15 m. Il fattore di carico limite è -3/+6 g, ma la potenza disponibile non consente di tenere continuativamente oltre 3,5 g. La salita avviene con un rateo di 21,4 m/s. e la visibilità per l'allievo e il pilota è data da un tettuccio a grande visibilità con sfalsamento di 28 cm tra i due piloti, l'istrutture sistemato posteriormente. L'autonomia è tale da consentire circa 3,5 h di volo ad alta quota. la picchiata arriva a 740 km/h. Nell'insieme si tratta di prestazioni intermedie tra quelle di un turboelica (500 km/h circa) e quelle di una macchina addestrativa intermedia, che ha una velocità massima analoga a quella di crociera delle macchine militari di prima linea (attorno ai 900 Km/h).
 
Come prestazioni velocistiche, è interessante rilevare che questo apparecchio, pur essendo a getto, è praticamente pari ad un caccia del periodo bellico, come lo Spitfire Mk IX o il P-38 (esattamente veloce quanto l'S.211A) e non molto diverso dal Fiat G.59, una macchina ad elica concepita primariamente come addestratore. Il P-51D è leggermente più veloce dell'S.211 base, l'S.211C è un poco più veloce (circa 38 km/h) anche modello P-51D ma è più lento rispetto al P-51H di 44 km/h. La salita è di 21 o 26 ms. mentre il Mustang D e H arrivava rispettivamente a 19 e 26 ms., e lo Spitfire si poneva attorno ai 25 ms. al suo meglio, essendo probabilmente il più veloce arrampicatore dell'epoca. La tangenza di 12.200, poi 12.800 m, è pari (o persino inferiore) anch'essa a quella dei summensionati velivoli a pistoni, mentre l'autonomia risulta migliore, ma non rispetto al P-51 con serbatoi ausiliari (3,300 km). Il carico strutturale sostenibile, originariamente 6g e poi aumentati a 7 è inferiore a molte macchine classiche,(le ali del Bf-109 per esempio arrivavano a 12g a rottura), mentre il caccia tedesco era capace di manovrare su 360 gradi di virata con 3 g sostenuti, praticamente analoghi. In termini di picchiata la velocità dell'S.211 base era molto minore di quella delle macchine belliche, ma il numero di mach limite di 0,8 corrisponde a bassa quota a 980 km/h, una velocità raggiungibile dall'ultima versione con motore potenziato, ma ancora, non superiore a quello che i migliori caccia ad elica potevano raggiungere. Se non altro non vi sono i problemi di alimentazione che i carburatori di molti vecchi caccia davano nelle picchiate.[citazione necessaria]
 
Un simile differenza in negativo, autonomia a parte (grazie alla maggiore economia dei moderni motori a doppio flusso) in termini di prestazioni a danno dei turbogetti si vide a suo tempo anche con i primi Gloster Meteor e soprattutto con i P-59.
 
Questo, ovviamente, non considerando che l'S.211 non ha armi di bordo. Un'eventuale dotazione -in pod subalari- di armi analoghe a quelle di un velivolo di questa generazione (es. 2 pod con cannoni da 20 mm e 2 con mitragliatrici eguagliano esattamente la dotazione tipica di uno Spitfire) inciderebbe notevolmente sulle prestazioni e agilità del velivolo. Una eventuale versione monoposto dell'S.211, sul modello dell'MB.326K potrebbe ospitare l'armamento all'interno (al massimo, presumibilmente, 20 cannoni da 20 mm., considerando che il più grande MB.326/339K ospita 2 armi da 30).
 
Resterebbe comunque privo di corazzature protettive mentre i serbatoi alari di tipo integrale sarebbero difficilmente autostagnabili (un problema simile fu rinfacciato al Reggiane Re.2000, per esempio) e in ogni caso con una grossa riduzione del carburante interno. Versioni armate monoposto dell'S.211 sono state ipotizzate, ma mai prese seriamente in considerazione perché le prestazioni per un tale apparecchio erano troppo basse per un effettivo impiego bellico, mentre essendo monoposto avrebbe perso la sua capacità di addestratore basico. Per questo, anche macchine più prestanti hanno avuto un successo limitato o nullo come monoposto. Almeno un esempio di jet a basse prestazioni di questo tipo, comunque, esiste, con il Jastreb, monoposto derivato dal Galeb, usato in Yugoslavia, dove ebbe il dubbio primato di essere la prima vittima europea di missili AMRAAM (lanciati da F-16).
 
 
Durante i primi anni '80 la macchina ebbe un certo successo, con 4 clienti che già nel 1984 avevano posto ordini o opzioni per 90 macchine, spesso da parte di clienti già utenti dell'SF-260. Singapore, che nonostante la sua superficie di 626 km2 ha un potenziale militare formidabile (comprendente missili SAM di 4 diversi tipi, F-16 e E-2), ha ordinato inizialmente 10 macchine, 6 comprate direttamente, 4 montati su licenza e altri 20 ordinati come produzione o montaggio su licenza. Anche le Filippine hanno ordinato alcune macchine per la propria aviazione.
 
Per il concorso del JPATS, la SIAI-Marchetti si interessò al concorso, presentata localmente dalla Grumman. La società era paritetica e mirava a piazzare il velivolo per il concorso indetto dall'USAF negli anni '80, dopo il costoso fallimento del programma T-46. Dovevano essere sostituiti centinaia di obsoleti T-37 a posti affiancati, con due turboreattori Malboré. La macchina presentata, talvolta indicata anche come S.211C, era migliorata. Già in partenza l'S.211 era nato come macchina italo-americana, con motore, strumentazione e gran parte della progettazione dell'ala americani. Le prestazioni sono state migliorate con un motore potenziato, che ha portato la velocità massima della macchina da 667 a 740 km/ha a 7.600 m., velocità massima limite da 740 a 980 km/h (0,8 mach), carico alare di 250 kg/m2, tangenza da 12.200 a 12.800 m, mentre l'autonomia cadeva leggermente a 3h 15 minuti. Il carico sostenibile era passato a -3+7g. La velocità massima di salita, grazie alla maggiore potenza era di 26 ms. Altri miglioramenti sono stati l'aggiunta di 2 alette fisse, con funzione stabilizzatrice, sotto il motore e estremità alari piegate in basso.
 
La macchina era simile in particolare allo IA-63 Pampa (leggermente superiore come pesi e caratteristiche) e assieme a questo e a molti altri competé per la gara JPATS. Data la flessibilità della specifica (velocità 463 kmh a 300 m, -3/+6g, posti in tandem scalati e capacità di atterrare su piste di 1.500m), un gran numero di contendenti parteciparono al contratto per oltre 600 macchine. Vi erano velivoli rumeni, argentini, svizzeri e 2 italiani (MB 339C e S.211), sia a reazione turbojet/turbofan che turboelica. Alla fine vinse il PC-9 della Pilatus svizzera.
 
Nonostante la modernità e l'economia di esercizio dell'S.211 non ha trovato grossi successi di vendita[citazione necessaria], pari a circa un decimo di quella dell' SF-260, anche se si tratta di macchine più costose in termini unitari. La concorrenza di addestratori a turboelica avanzati con alte prestazioni e di macchine a getto intermedie ad alte prestazioni ha posto di fatto fine alla tipologia dell'addestratore basico a getto (come gli MB-326, Magister e T-37) accusati di essere più costosi in termini di consumi, nonostante la maggiore efficacia nel preparare gli allievi alle macchine a reazione operative[citazione necessaria]. L'S.211, forse l'addestratore a getto più economico ma anche più modesto, non ha saputo giustificare appieno il suo maggiore costo rispetto alle appena più lente macchine turboelica di grande potenza, che né l'S.211 né l'SF-260TP (turboelica, 430 kmh) hanno potuto contrastare.
 
 
 
SIAI-Marchetti S.208M
 
S.208 dell'Aeronautica Militare
Descrizione
Tipo Aereo da collegamento e traino alianti
Equipaggio 1 pilota
Primo volo
Entrato in servizio
Costruttore SIAI-Marchetti
Esemplari costruiti circa 620 S.205 e 120 S.208
Dimensioni
Lunghezza 8,10 m
Altezza 2,89 m
Apertura alare 10,86 m
Diametro della fusoliera
Superficie alare 16,09 m²
Peso
A vuoto 780 kg
Carico
Massimo al decollo 1500 kg
Propulsione
Motore Avco Lycoming 0-540-E4A5
Potenza 260 CV
Prestazioni
Velocità massima 285 km/h
Velocità di crociera
Velocità variometrica
Velocità di stallo
Autonomia 1200 km
Raggio d'azione
Tangenza 5400 m
Quota di servizio
Passeggeri 3
Capacità combustibile 330 litri
 
 
Il SIAI-Marchetti S.205 è un aereo da turismo e diporto italiano: volò per la prima volta nel 1965 e riscosse un buon successo commerciale. L'Aeronautica Militare ne impiega una speciale versione denominata S.208.
 
 
L'S.205 venne sviluppato dal capo progettista Alessandro Brena dalla SIAI-Marchetti nel 1964, che avviò un programma per lo sviluppo di un modello da destinare al mercato dei velivoli da turismo. Il primo fu proprio l'S.205, che è un monomotore metallico ad ala bassa e con una cabina da 4 posti potenziato da un motore Lycoming IO-360-A1B6D da 200 CV. Venne poi sviluppato il modello S.208, con un motore da 260 CV, carrello d'atterraggio retrattile e 5 posti. Altre versioni previste ma mai realizzate furono la S.206 e S.210.
 
Il primo esemplare prodotto, un S.205-18F, volò nel febbraio del 1966 e le consegne iniziarono l'anno seguente. La produzione venne cessata nel 1975, ma dal 1977 al 1980 vennero prodotti altri 140 esemplari di S.205-20R per soddisfare un ordine emesso dall'AeroClub Italia.
 
Circa 65 fusoliere vennero trasportate negli Stati Uniti per essere assemblate a Syracuse (New York) dalla WACO. Inizialmente chiamati WACO Sirrus (4 posti) e poi VELA S220 (5 posti), con la morte del presidente dell'azienda, Mr. Berger, nessun altro S.205 venne assemblato negli USA.
 
 
L'Aeronautica Militare acquistò 45 esemplari da destinare a compiti di collegamento, traino alianti e allenamento al volo. La versione destinata all'Aeronautica, denominata S.208M, differiva dalla versione civile per la strumentazione di bordo modificata, due porte per il posto di pilotaggio, la possibilità di montare il gancio per il traino alianti e la mancanza dei serbatoi alle estremità alari. I primi 4 esemplari consegnati erano S.205 riconvertiti.
 
Una paio di esemplari vennero venduti alla Tunisia, che li impiegò per compiti di addestramento[1].
 
 
S.205: versione di base, monomotore metallico da 4 posti, offerta sia con il carrello fisso (versione F) che retrattile (versione R). Era offerto con tre differenti motorizzazioni:
S.205 F/R-18: con motore Avco Lycoming O-360
S.205 F/R-20: con motore Avco Lycoming -360-A1B6D
S.205 F/R-22: con motore Franklin6A-350C1
S.206: versione da 6 posti, mai realizzata
S.208: motore da 260 CV, carrello retrattile e 5 posti
S.208M: versione destinata all'Aeronautica Militare
S.208AG: versione per usi agricoli e di avio-ambulanza.
S.210: versione bimotore, mai realizzata
 
 
 
 
SF-260AM
 
Un SF-260AM del 70° Stormo dell'Aeronautica Militare Italiana. È facilmente riconoscibile grazie alla sua accesa colorazione arancione antimimetica
Descrizione
Ruolo Addestratore
Equipaggio 1 o 2 persone
Primo volo 15 luglio 1964
Entrata in servizio 1976 nell'Aeronautica Militare Italiana
Costruttore SIAI-Marchetti
Dimensioni
Lunghezza 7,10 m
Apertura alare 8,35 m
Altezza 2,41 m
Superficie alare 10,10 m²
Peso
A vuoto 720 kg
Normale
Massimo al decollo 1.200 kg
Propulsione
Motore Un motore a pistoni Avco Lycoming 0-540-E4A5
Potenza 260 cv
 
Prestazioni
Velocità massima 439 km/h
Autonomia 1.440 km
 
Tangenza 4.660 m
 
 
Altro Nella versione W può portare fino a 300 kg di razzi, bombe e pod
Note
Viene utilizzato in 26 paesi
Lista di aerei militari
Il SIAI-Marchetti SF-260, progettato dall'ingegnere italiano Stelio Frati, è un aereo sportivo e da turismo, ma grazie alle sue grandi capacità di addestratore basico è largamente usato nelle scuole di volo, anche in quelle militari. Anche l'Aeronautica Militare Italiana lo utilizza come addestratore basico e i piloti prendono il primo brevetto della loro carriera (il BPA, Brevetto Pilota di Aeroplano) a bordo di questo aereo. È stato prodotto in più di 850 esemplari, risultando così, insieme all'Aermacchi MB-326, l'aereo italiano di maggior successo commerciale nel dopoguerra, sebbene il volume degli affari sia stato ovviamente assai inferiore, date le differenti categorie. Dal gennaio 1997 il progetto è passato in mano all'Aermacchi, che continua la produzione di nuovi modelli e l'assistenza per quelli più vecchi.
 
L'SF-260 fu progettato agli inizi degli anni '60 come sviluppo di un altro aereo di successo dell'ingegner Frati, l'F.8 Falco. L'aereo avrebbe dovuto essere più moderno e soprattutto adatto alla produzione in serie: il progetto, denominato F.250, fu acquistato dalla SIAI-Marchetti che, dopo alcune modifiche, tra cui l'adozione di un motore più potente, lo mise in produzione nel 1966. Le grandi doti acrobatiche e di addestratore basico lo resero un prodotto molto interessante per le aviazioni militari, e così ne venne prodotta la versione M, a cui furono apportate modifiche nella strumentazione e che consentiva l'utilizzo di carichi bellici a scopo addestrativo. La versione espressamente progettata per ruoli di attacco al suolo e antiguerriglia è l'SF-260W Warrior, che può portare fino a 300 kg di lanciarazzi, bombe, mitragliatrici, pod fotografici e lanciabengala. Fu anche realizzata una versione per il pattugliamento marittimo, l'SF-260SW Sea Warrior, dotata di contenitori sganciabili contenenti battelli di salvataggio e kit per la sopravvivenza in mare.
Nel 1980 volò la versione SF-260TP dotata di un motore turboelica che ne aumenta le prestazioni e facilita il supporto tecnico logistico.
La differenza, grazie ai 110hp di potenza extra, ha avuto come risultato l'incremento delle prestazioni da 330 a 422 kmh, la velocità di salita da 7,5 a 11 metri/sec. e la quota di tangenza da 4.500 a 7.500 metri. L'autonomia ne è risultata però assai inferiore, da 1.600 a 950 km. e il successo commerciale, causa ritardi tecnici e i maggiori costi ( le macchine leggere non hanno vantaggi concreti a passare ai motori a turbina, evidentemente ) hanno decretato un successo commerciale ben modesto rispetto alla macchina con il motore a pistoni, che ha continuato ad esser prodotta.
 
Gli ultimi modelli prodotti sono l'SF-260E e l'SF-260F, con motore migliorato ad iniezione per il primo dei due, presentato senza succeso al concorso per il nuovo addestratore basico USAF, motore a carburatori normali per il secondo; per l'Aeronautica Militare Italiana è stata prodotta una versione speciale, l'SF-260 EA, dotata di prestazioni e avionica migliorata, che entrerà in servizio a partire dal 2006 ( e confermando l' incredibile longevità che hanno ormai raggiunto i moderni progetti aereonautici).
 
 
L'SF-260 è interamente metallico, monoplano, di configurazione classica ma ottimamente curato come aereodinamica ed armonizzazione dei comandi. È anche una delle macchine più costose nella sua categoria. Il pilota dispone di un'ampia visuale, ma c'è posto anche per un passeggero affiancato e uno posteriore, normalmente utilizzato solo nell'impiego civile. Le ali sono basse, con un leggero diedro positivo (sono cioè inclinate verso l'alto), monolongherone, con il carrello triciclo anteriore interamente retrattile. I serbatoi alle estremità sono da 72 litri, oltre a quelli da 49,5 posti nelle ali, per un totale di 243 litri, di cui 235 usabili.
 
Il motore è un O-540 a pistoni raffreddato ad aria, a 6 cilindri contrapposti. L'elica è bipala metallica a passo variabile. È dotato di radio VFH e altri equipaggiamenti basici per il volo, mentre l'armamento (nelle apposite versioni) è trasportato in due o talvolta 4 punti d'aggancio. L'assortimento è sulla carta notevole, con razziere, bombe fino a 125 kg, fotocamere e mitragliatrici leggere binate. In realtà i margini di peso sono talmente esigui che il carico massimo di 300 kg può essere impiegato solo con un unico pilota a bordo, mentre il carico normale difficilmente supera la metà di quanto riportato (ovvero molto poco). Non pare che esistano corazzature degne di nota, almeno nell'SF 260 basico e in quelli della versione W; esiste forse nel SF-260TP, ma la differenza di peso appare molto modesta rispetto alla macchina originale
 
 
Viste le sue grandi doti velocistiche dovute ad un design avanzato (e molto inspirato al caccia P-51 Mustang) e al carrello retrattile, l'aereo richiamò l'attenzione del mondo aeronautico per alcuni record conquistati nella sua classe di velivoli
 
17 ottobre 1968: velocità di 344,51 km/h;
25 marzo 1969: velocità di 322,52 km/h su circuito chiuso di 1.000 km
29 marzo 1969: velocità di 369,43 km/h su circuito chiuso di 100 km
 
Gli SF-260 dell'Aeronautica Militare Italiana [modifica]
Oltre che per la sua maneggevolezza, si è dimostrato valido come addestratore basico grazie alla strumentazione di bordo, che permette di apprendere facilmente i rudimenti del volo, anche strumentale. Nel 1976 l'A.M. acquistò 45 esemplari della versione SF-260AM, appositamente realizzata. A partire dal 2006 verranno consegnati al 70°Stormo gli esemplari della nuova versione SF-260EA, dotata di una moderna avionica, cabina più confortevole e in grado di semplificare le operazioni di manutenzione.
 
 
Il nuovo Aermacchi SF-260EA esposto alla Giornata Azzurra 2006 a Pratica di Mare
]
La Libia, con circa 250 aerei ordinati (un numero spropositato, anche considerando che si tratta del modello armabile), è il maggior utilizzatore, nella versione specifica WL. Risulta esser stato impiegato nel conflitto Libia-Ciad di circa 20 anni fa, subendo peraltro pesanti perdite a causa delle prestazioni e della leggerezza del velivolo, troppo modeste per sopravvivere in un contesto bellico di una qualche difficoltà.
Anche le Filippine li hanno impiegati in azioni belliche antiguerriglia, così come hanno fatto anche quasi tutti i paesi del Terzo Mondo che li hanno acquistati, perché avevano bisogno di un economico aereo d'attacco più che di un costoso addestratore basico. Tra gli utilizzatori figurano Nicaragua, Ciad (esemplari catturati ai libici), Uganda, Somalia ed altri ancora.