Forze armate mondiali dal secondo dopoguerra al XXI secolo/Italia: differenze tra le versioni

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===Esercito (al 1984 circa)===
In tutto l'E.I. (Esercito Italiano ) poteva allora contare su un totale di 258.000 uomini, di cui 187.000 di leva con ferma di 12 mesi. Le riserve istruite ammontavano a 545.000 effettivi (ma di fatto, queste riserve avevano pochissimo peso in caso di mobilitazione, data anche la carenza di materiali disponibili).
 
Non erano solo queste le risorse 'in armi' del territorio. C'erano numerosissime organizzazioni, da quella a tutt'oggi misteriosa chiamata 'Gladio' e facente parte del piano 'Stay Behind', ai servizi segreti, alle forze di polizia, molto consistenti e con unità anche di tipo militare. Quanto a 'Stay Behind', significa 'dietro le linee (nemiche), ma questo è piuttosto difficile da valutare in quanto bisogna vedere cosa significhi 'dietro le linee': resistenza ad un eventuale occupante, o incursioni sul suo territorio? Di fatto dev'essere stato entrambe le cose, come diversi fatti e testimoni affermano, ma di ufficiale c'é solo la lista di poco oltre 600 nomi di 'gladiatori', incongrua anche numericamente data la durata ultraquarantennale dell'organizzazione (ne avrebbero reclutati..15 all'anno?). Tornando alla questione base, l'Esercito, la sua riorganizzazione vide una notevole riduzione degli organici e della potenza complessiva quando nel 1975 venne adottata la brigata la posto del reggimento.
 
La forza dell'esercito italiano era suddivisibile in 3 elementi: l'esercito di campagna, quello per la difesa del territorio e, per il suo vasto sviluppo, il settore dell'istruzione militare. Questo non prescinde comunque dalla debolezza che ancora verso gli anni '80 l'E.I. aveva, con reparti sotto organico e finanziamenti insufficienti, maeriali obsolescenti, anche quando relativamente recenti ma in genere non ammodernati agli ultimi standard. Questo è vero per i carri in dotazione, come il Leopard 1, comprato in grossi quantitativi come mezzo standard delle truppe corazzate, ma di fatto rimasto sempre nella sua prima 'edizione', appena leggermente migliorato rispetto ai primi tipi tedeschi, e anche se così più leggero e scattante, decisamente obsoleto come potenza di fuoco e protezione, basti pensare alla totale assenza di corazze aggiuntive e di stabilizzazione del cannone, per tacere della mancanza di sistemi elettronici di controllo del fuoco, come i telemetri laser e computer balistici. La flotta degli M113 era stata in buona parte aggiornata allo standard VCC-2, ma erano ancora mezzi assai limitati rispetto agli IFV propriamente detti: solo veicoli con una corazzatura aggiuntiva, nemmeno di tipo spaziato, che negava loro tra l'altro le capacità anfibie originarie.
 
La forza dell'esercito era rappresentata dalle brigate, divisioni e Corpi d'Armata. Questi erano 3: il III, IV e V, che raggruppavano le seguenti unità:
 
*1 divisione corazzata, la ARIETE (due brigate corazzate su M60 e una meccanizzata)
*3 divisioni meccanizzate (su due brigate meccanizzate e una corazzata su Leopard 1), FOLGORE (da non confondersi con la brigata para), MANTOVA, CENTAURO
*2 brigate meccanizzate autonome
*4 brigate motorizzate
*5 brigate alpine
*1 brigata paracadutisti
*1 brigata missili (1 gruppo su 'Lance', missili nucleari a corto raggio)
*1 raggruppamento lagunare su 2 battaglioni
*1 grande unità di artiglieria contraerei, comprendente in particolare i gruppi HAWK
* Supporti vari di artiglieria, trasmissioni e genio
 
Aviazione leggera dell'Esercito (ALE):
*4 Raggruppamenti (1 sotto l'ispettorato generale dell'ALE, gli altri per il III, IV e V C d'A) che inquadravano
*9 Gruppi squadroni (2,2, 3 e 2 per le grandi unità di cui sopra) che inquadravano
*26 squadroni (rispettivamente 5, 5, 10 e 6)
*6 gruppi squadroni di Grande Unità elementare, di questi uno per le divisioni 'Mantova', 'Folgore', 'Ariete', 'Centauro', per la brigata paracadutisti 'Folgore' e per la brigata missili, per complessivi 8 squadroni
*5 gruppi squadroni autonomi (1 dipendente dal comando militare della Regione tosco-emiliana, 1 per la Regione Militare centrale, 1 per la R.M. meridionale, 1 per la R.M. Giulia, 1 per la R.M. della Sardegna) con un totale di 6 squadroni
*4 reparti riparazioni
*1 centro aviazione leggera dell'Esercito (CALE), a Viterbo, su due reparti (1 per i corsi d'addestramento, 1 per l'efficienza velivoli)
 
Se l'aviazione leggera era molto sviluppata, come si evince dalla lettura dell'elenco unità (complessivamente non meno di 40 squadroni!), l'Esercito non aveva molte risorse, con un totale di una divisione corazzata e 3 meccanizzate, 6 brigate meccanizzate e motorizzate autonome e per il resto, retaggio della tradizione bellica del 1914-18 se non prima ancora, l'equivalente di quasi due divisioni alpine, nonché la brigata para 'Folgore', pure retaggio di tempi passati (ma non fu mai usata come unità paracadutisti, ma solo come fanteria leggera e poi anche da posizione). La consistenza relativamente ridotta di tutte queste forze, ammontanti a 25 brigate, era dovuta alle ristrutturazioni e al budget limitato.
 
Inoltre, come materiali, mentre la Marina ha avuto un miglioramento significativo sia in qualità che quantità (all'epoca delle Falklands, per esempio, aveva in tutto 14 navi di superficie di una qualche validità bellica, 3 incrociatori, 4 caccia, 7 fregate tra cui la prima 'Maestrale', mentre in seguito è arrivata a 22 tra cui 14 fregate, 4 caccia e addirittura 4 incrociatori portaelicotteri, anche se solo per qualche anno) durante gli anni '80, risentendo anche dell'effetto di traino dell'economia in rapida (e piuttosto effimera) esplosione, l'Esercito ha vissuto, come materiali, forse i momenti migliori durante gli anni '70, quando i Leopard, M60, M113, VCC, M109 e FH-70 erano ancora nuovi di zecca, ma poi le ambiziosissime programmate acquisizioni di nuovi mezzi sono state frustrate da problemi economici notevoli, per cui, entro la fine della Guerra fredda nessuno dei nuovi materiali, eccetto qualche quantitativo di M109L e di SIDAM, è entrato in servizio: Centauro, Ariete, Dardo e Puma, presentate come prototipi nei tardi anni '80, sono andate in porto solo dopo, e così gli A.129 Mangusta. Nel corso dell'intera Guerra fredda l'E.I. ha avuto, come elicotteri controcarri (se non si vuole così considerare gli AB.205 e qualche altro tipo armati con razzi da 70 mm) giusto due A.109 T sperimentati ma non adottati come macchine controcarri, con 4 TOW l'uno. Una carenza piuttosto grave, anche se onestamente, ben difficilmente dalla 'porta di Gorizia' avrebbe potuto mai entrare un 'maglio corazzato' per invadere il montuoso e difficile territorio italiano, difeso da quasi 2.000 carri e centinaia di migliaia di soldati.
 
In ogni caso, passando alla disamina dell'Esercito, colpisce il numero di scuole per quello che era, nondimeno, un esercito in grandissima parte di leva. Ecco l'elenco, forse nemmeno completo:
 
Battaglioni addestramento reclute (BAR), in cui queste venivano addestrate basicamente per un mese prima dell'assegnazione ai reparti e presenti nelle varie Regioni Militari; Scuola Militare 'Nunziatella'; accademia Militare; Scuol di specializzazione d'arma (fanteria e cavalleria, artiglieria, genio, trasmissioni, carabinieri); scuola di guerra; scuola Allievi sottufficiali; scuola militare di educazione fisica; scuola di lingue estere; scuola militare di equitazione; scuola di fanteria; scuola militare alpina; scuola di truppe corazzate, scuola militare di paracadutismo; scuola di artiglieria; scuola di artiglieria contraerei; scuola tecnici elettronici di artiglieria; scuola del genio; scuola delle trasmissioni; scuola specializzati delle trasmissioni; Centro Aviazione Leggera Esercito (CALE); scuola della motorizzazione; scuola trasporti e materiali; scuola di sanità militare; scuola militare di commissariato e amministrazione; scuola del corpo veterinario; scuola allievi sottufficiali infermieri professionali dell'esercito; poi le scuole interarma ma gestite dall'E.I: scuola di aerocooperazione; scuola unica interforze armate per la difesa NBC; scuola delle telecomunicazioni delle F.A.. Alcune di queste scuole dipendono dall'Ispettorato delle scuole, le altre dagli ispettorati delle varie armi e dall'SME (stato maggiore esercito).
 
Difficile dire come mai vi fossero tante scuole: certo la varietà delle specializzazioni era notevole, tra alpini, bersaglieri, parà, carristi etc. ma indubbiamente, era un complesso fin troppo imponente e macchinoso per produrre un soldato che era per lo più di leva, con ferma solo annuale, e che ben difficilmente poteva diventare un esperto nel settore, fosse stato solo per il tempo disponibile decisamente limitato.
 
Le Regioni Militari, di cui prima accennato, erano in tutto sei: i comandi erano a Torino, Padova, Firenze, Roma, Napoli e Palermo. Avevano essenzialmente funzioni addestrative e logistiche, oltre che di difesa del territorio, e in tutto erano disponibili solo 4 brigate motorizzate (su 1 reparto comando, 1 cp Genio, 2 o forse 3 battaglioni fanteria, 1 battaglione carri ridotto o forse il battaglione corazzato interarma, gruppo artiglieria campale, e un reparto dell'aviazione leggera).
 
L'Esercito, come del resto le altre entità statali, era 'cliente stretto' dell'industria bellica italiana, con reciproco sostegno: per esempio, l'obice OTO-Melara Mod. 56 era stato progettato proprio dall'esercito, e il fucile BM59 venne prodotto estrapolandolo dal Garand, su specifiche dell'Esercito.
 
Quanto al resto dell'arsenale, indubbiamente interessante e imponente, ancorché obsoleto, v'era un pò di tutto:
 
*Armi portatili: ancora moltissimi M1 Garand, 100.000 circa BM59 FAL, pistole Beretta Mod.34 e i primi lotti del Mod.92; mitragliatrici MG42/59, M2 HB; cannoni SR da 57 e 75 mm (praticamente pezzi da museo, al pari dei 'Super Bazooka' da 89 mm, tutte armi rimaste, già dopo gli anni '60, prevalentemente nei depositi con gli stock di munizioni probabilmente esauriti o inutilizzabili di lì a poco).
*Armi controcarri: anche qui non è che vi fossero molte risorse moderne; nonostante l'ordinativo per 870 potenti missili TOW e nonostante i lanciatori di missili MILAN fossero già in distribuzione, molti erano ancora i missili SS.11 e Cobra, oltre ai cannoni SR M40 da 106 mm, che restavano in servizio.
*Armi C.A: mitragliere quadruple da 12,7 mm 'Maxon mount', oltre 250 cannoni Bofors L70, ben 22 batterie di missili HAWK con 132 lanciatori tripli.
*Mezzi corazzati: erano ancora in distribuzione alcune centinaia (pare 550) di vecchi carri M47; in produzione l'ultimo lotto di 120 Leopard 1 (su 920 ordinati) entro il 1983; 300 M60 di cui 200 prodotti su licenza; ben 4.200 mezzi corazzati leggeri, praticamente tutti cingolati, di cui alcuni AMX-VCI francesi,che nondimeno fornirono cattiva prova meccanica, e sopratutto M113, con tanto dei derivati tra cui circa 560 VCC-1.
*Artiglieria: a parte quella contraerei e le unità controcarri di cui sopra, erano censiti 1.116 pezzi d'artiglieria di cui: 320 obici Mod.56 da 105 mm, che riflettevano il peso che le 5 brigate alpine avevano (oltre alla 'Folgore'); 36 obici da 203 mm M110 e altri trainati tipo M116, 36 cannoni semoventi M107 da 175 mm, 724 armi da 155 mm ( ma forse includendo anche gli obici da 203 mm visto che la somma è 1116 ma che quasi sicuramente v'erano più di 36 obici ,tra trainati e semoventi, da 203 mm) di cui 150 (su 164 ordinati) erano i nuovi FH-70 da 155/39 mm, trainati, e 220 gli M109 semoventi. Per il resto v'erano gli M114 da 14,5 km di gittata, gli M59 da 23 km, i semoventi M44 da 14,5 km per un totale che ancora attorno al 1990 era valutato in non meno di 220, ma che all'epoca era forse maggiore. In ogni caso era previsto il completamento delle forniture degli FH-70, l'avvio del programma MLRS, la fornitura degli obici da 155/39 mm SP-70 dal 1988.
*Elicotteri ed aerei:
 
 
 
===Marina===
Dalla sua ricostituzione la Marina Militare Italiana, nata come tale dalle ceneri della vecchia Regia Marina nel 1947, ha avuto un problema non indifferente, quello di reperire fondi di bilancio per gestire la flotta.
Dalla sua ricostituzione la Marina Militare Italiana, nata come tale dalle ceneri della vecchia Regia Marina nel 1947, ha avuto un problema non indifferente, quello di reperire fondi di bilancio per gestire la flotta. Nonostante questo, o meglio proprio per questo, ha puntato su navi molto pesantemente armate e molto prestanti, che concentrassero il meglio delle capacità di combattimento in uno scafo piuttosto piccolo. Questo ha portato a soluzioni avanzate, anche grazie agli studi delle armi di nuova generazione dell'industria nazionale nel campo dei sensori, missili, siluri, artiglierie e così via. L'Agusta ha realizzato su licenza elicotteri come i Sea King e sopratutto la versione navale del Bell 212, finalmente inteso in maniera totale come macchina ASW e antinave. Tra le prime navi di un certo livello i 2 caccia classe 'Impavido' con missili SAM Tartar, e inizialmente un piccolo hangar per elicotteri, pare poi rimosso quando questi vennero radiati in quanto rimpiazzati da macchine più grosse (ovvero gli AB.212). I due incrociatori 'Andrea Doria' sono stati i primi incrociatori-portaelicotteri, con 2 Sea King o 4 AB212, ma a parte questo, nella parte anteriore delle loro sovrastrutture avevano un lanciamissili a lunga gittata per i SAM RIM-2 Terrier, mentre per la difesa ravvicinata erano armati di una batteria di cannoni da 76 mm del tipo MM, che erano di realizzazione OTO Melara. Questi facevano seguito agli impianti tipo 'Sovrapposto', con due cannoni da 76 mm che, fuori dalla norma, erano sovrapposti anziché afficancati. Non pare che sia stata una soluzione molto indovinata, e benché garantissero una struttura compatta e 120 c.min di cadenza di tiro, la generazione successiva fu costruita come impianto singolo, con una torretta al solito chiusa e di forma squadrata, e spesso installati in impianti assai sopraelevati, per il miglior campo di tiro. Non erano molto affidabili, ma nell'insieme meglio degli impianti da 76 mm americani, superati in cadenza di tiro e gittata (60 c.min contro 45-50 e 15 km contro 13). D'altro canto erano proprio i cannoni americani che erano il metro di paragone, adottati in Italia nel dopoguerra. Erano perfettamente adatti per affrontare gli aerei ad elica, con guida radar, spolette di prossimità e alimentazione automatica: un vero salto in avanti rispetto ai cannoni, anche di maggior calibro, che erano prima disponibili. Ma l'era degli aviogetti fece sì che in Italia si pensasse (e non solo in Italia) a migliorare le prestazioni, mantenendo il calibro, il che dopo circa 10 anni portò ai cannoni da 76 mm OTO della prima generazione. In ogni caso i pezzi da 76/50 erano già qualcosa, e sostituivano gli impianti da 40 mm Bofors. Nel 1969 arrivò l'OTO 'Compatto' da 76 mm, con cadenza di tiro portata a 85 c.min, più leggero, con torretta automatica e con caratteristica copertura in vetroresina a sfera, per ridurre il peso a poco oltre 7 t, nonché circa 90 colpi disponibili nel carosello sotto la torretta. Quest'arma fu la prima che ebbe successo all'export. Di lì a poco arrivò anche il cannone Compatto da 127/54 mm, che era simile e come questo, pensato per offrire un'efficace reazione contrarea, raggiungendo i 45 colpi al minuto per le munizioni da 32 kg, anche se il peso era piuttosto elevato (34 t). Ben 66 colpi erano nelle tre giostrine coassiali di caricamento sotto la torretta. Questi nuovi cannoni debuttarono con i due 'Audace', e poi i pezzi da 127 mm vennero adottati anche dalle 'Lupo', di alcuni anni successive. Visto che nemmeno queste armi, abbinate tra l'altro ai radar di controllo del tiro RTN-10X della Selenia, non erano ancora in grado di affrontare del tutto i missili antinave, allora vennero anche ideati anche i CIWS, tra i primissimi costruiti nel settore. Questi erano i Breda Dardo, ancora in servizio. Questi hanno, al posto delle mitragliere di piccolo calibro ad altissima cadenza di tiro tipo i Phalanx, due cannoni Bofors L70 con munizioni capaci di esplodere per prossimità vicino al bersaglio, ottimizzando i 600 colpi al minuto di cui queste armi sono capaci (con una ampia riserva di munizioni, nella versione più sofisticata oltre 700), e senza perdere importanti capacità come la gittata massima d'impiego (magari contro aerei o bersagli navali, piuttosto che contro i missili antinave). Questa soluzione è rimasta di fatto unica nel campo dei CIWS, e in seguito venne superata dagli OTO Super Rapido, i cannoni da 76 mm ulteriormente migliorati con 120 c. min di cadenza di tiro, radar migliorari al posto degli RTN-20X dei Dardo, (erano gli RTN-30X con maggiore portata e capacità anche di guida dei missili come gli Aspide), maggiore precisione e così via. Nel frattempo venivano messi in servizio importanti altri assetti, come i SAM Aspide (partendo praticamente dalla 'clonazione' dei Sea Sparrow e dei lanciatori Mk 29 ottupli), i missili antinave a lunghissima gittata OTOMAT (in collaborazione con la Francia), siluri e mine, nonché radar di scoperta, ECM, lanciatori di chaff e flare multiruolo (gli SCLAR, utilizzabili anche come sistemi d'artiglieria, se necessario, per razzi da 51 o 105 mm). Insomma, di tutto un pò, e con un notevole successo di export data la panoplia di armi e sensori disponibili. La motorizzazione, fino agli 'Audace' data da turbine a vapore, venne poi modificata nell'efficiente configurazione CODAG, con le turbine G.E. LM-2500, coprodotte dalla Fiat Avio, e i Diesel GMT per le andature di crociera, per ottimizzare l'autonomia e quando richiesto, la velocità massima, tanto che se i diesel esprimevano circa 10.000 hp, le turbine arrivavano a 50.000. Le fregate 'Lupo' furono le prime ad avere tutto questo armamentario, invero senza paragone per l'epoca: in uno scafo di poco oltre le 2.000 t vennero implementati il cannone da 127/54 mm, due CIWS Dardo da 40 mm a poppa, con in mezzo un hangar telescopico per ub AB.212ASW con capacità multiruolo (con sonar, radar di ricerca, sistemi di navigazione sofisticati, siluri e missili vari) e addirittura un lanciamissili Sea Sparrow appena dietro l'hangar, mentre sui fianchi della sofrastruttura erano piazzati anche 4 degli 8 lanciamissili OTOMAT da 180 km di gittata (grazie al turbogetto francese). La velocità era di 35 nodi al massimo della potenza, l'autonomia superava nondimeno le 4.000 miglia con i diesel, lo scafo aveva 14 compartimenti stagni per sopravvivere ai danni. Secondo alcuni si tratta, più che di una piccola fregata, dell'estrema evoluzione della motocannoniera missilistica. Quando entrarono in servizio attorno al 1977 erano effettivamente navi senza paragoni come completezza di sensori e armi, e vennero ordinate in 4 esemplari dalla MM e 14 da altre 3 nazioni. La loro evoluzione furono le 'Maestrale', più lente, con meno missili antinave ma il doppio dei siluri e degli elicotteri, nonché un sonar filabile. Erano più grosse e filavano ancora i 32 nodi per circa 3.000 t di dislocamento. La prima entrà in servizio nei primi anni '80, poi ne arrivarono altre 7 entro il 1985. Erano in sostanza la versione ASW delle 'Lupo', ma pur avendo notevoli capacità non sono state mai esportate.
 
Nonostante questo, o meglio proprio per questo, ha puntato su navi molto pesantemente armate e molto prestanti, che concentrassero il meglio delle capacità di combattimento in uno scafo piuttosto piccolo. Questo ha portato a soluzioni avanzate, anche grazie agli studi delle armi di nuova generazione dell'industria nazionale nel campo dei sensori, missili, siluri, artiglierie e così via e nell'insieme la Marina Militare Italiana (poi MM) è rimasta la forza tecnicamente più avanzata di quelle italiane, e una delle prime 10 al mondo come potenza e persino stazza (nonostante la concentrazione di cui sopra in scafi piuttosto piccoli, favorita anche dal ridotto raggio d'azione richiesto per le operazioni attorno alla penisola).
 
Dalla sua ricostituzione la Marina Militare Italiana, nata come tale dalle ceneri della vecchia Regia Marina nel 1947, ha avuto un problema non indifferente, quello di reperire fondi di bilancio per gestire la flotta. Nonostante questo, o meglio proprio per questo, ha puntato su navi molto pesantemente armate e molto prestanti, che concentrassero il meglio delle capacità di combattimento in uno scafo piuttosto piccolo. Questo ha portato a soluzioni avanzate, anche grazie agli studi delle armi di nuova generazione dell'industria nazionale nel campo dei sensori, missili, siluri, artiglierie e così via. L'Agusta ha realizzato su licenza elicotteri come i Sea King e sopratutto la versione navale del Bell 212, finalmente inteso in maniera totale come macchina ASW e antinave. Tra le prime navi di un certo livello i 2 caccia classe 'Impavido' con missili SAM Tartar, e inizialmente un piccolo hangar per elicotteri, pare poi rimosso quando questi vennero radiati in quanto rimpiazzati da macchine più grosse (ovvero gli AB.212). I due incrociatori 'Andrea Doria' sono stati i primi incrociatori-portaelicotteri, con 2 Sea King o 4 AB212, ma a parte questo, nella parte anteriore delle loro sovrastrutture avevano un lanciamissili a lunga gittata per i SAM RIM-2 Terrier, mentre per la difesa ravvicinata erano armati di una batteria di cannoni da 76 mm del tipo MM, che erano di realizzazione OTO Melara. Questi facevano seguito agli impianti tipo 'Sovrapposto', con due cannoni da 76 mm che, fuori dalla norma, erano sovrapposti anziché afficancati. Non pare che sia stata una soluzione molto indovinata, e benché garantissero una struttura compatta e 120 c.min di cadenza di tiro, la generazione successiva fu costruita come impianto singolo, con una torretta al solito chiusa e di forma squadrata, e spesso installati in impianti assai sopraelevati, per il miglior campo di tiro. Non erano molto affidabili, ma nell'insieme meglio degli impianti da 76 mm americani, superati in cadenza di tiro e gittata (60 c.min contro 45-50 e 15 km contro 13). D'altro canto erano proprio i cannoni americani che erano il metro di paragone, adottati in Italia nel dopoguerra. Erano perfettamente adatti per affrontare gli aerei ad elica, con guida radar, spolette di prossimità e alimentazione automatica: un vero salto in avanti rispetto ai cannoni, anche di maggior calibro, che erano prima disponibili. Ma l'era degli aviogetti fece sì che in Italia si pensasse (e non solo in Italia) a migliorare le prestazioni, mantenendo il calibro, il che dopo circa 10 anni portò ai cannoni da 76 mm OTO della prima generazione. In ogni caso i pezzi da 76/50 erano già qualcosa, e sostituivano gli impianti da 40 mm Bofors. Nel 1969 arrivò l'OTO 'Compatto' da 76 mm, con cadenza di tiro portata a 85 c.min, più leggero, con torretta automatica e con caratteristica copertura in vetroresina a sfera, per ridurre il peso a poco oltre 7 t, nonché circa 90 colpi disponibili nel carosello sotto la torretta. Quest'arma fu la prima che ebbe successo all'export. Di lì a poco arrivò anche il cannone Compatto da 127/54 mm, che era simile e come questo, pensato per offrire un'efficace reazione contrarea, raggiungendo i 45 colpi al minuto per le munizioni da 32 kg, anche se il peso era piuttosto elevato (34 t). Ben 66 colpi erano nelle tre giostrine coassiali di caricamento sotto la torretta. Questi nuovi cannoni debuttarono con i due 'Audace', e poi i pezzi da 127 mm vennero adottati anche dalle 'Lupo', di alcuni anni successive. Visto che nemmeno queste armi, abbinate tra l'altro ai radar di controllo del tiro RTN-10X della Selenia, non erano ancora in grado di affrontare del tutto i missili antinave, allora vennero anche ideati anche i CIWS, tra i primissimi costruiti nel settore. Questi erano i Breda Dardo, ancora in servizio. Questi hanno, al posto delle mitragliere di piccolo calibro ad altissima cadenza di tiro tipo i Phalanx, due cannoni Bofors L70 con munizioni capaci di esplodere per prossimità vicino al bersaglio, ottimizzando i 600 colpi al minuto di cui queste armi sono capaci (con una ampia riserva di munizioni, nella versione più sofisticata oltre 700), e senza perdere importanti capacità come la gittata massima d'impiego (magari contro aerei o bersagli navali, piuttosto che contro i missili antinave). Questa soluzione è rimasta di fatto unica nel campo dei CIWS, e in seguito venne superata dagli OTO Super Rapido, i cannoni da 76 mm ulteriormente migliorati con 120 c. min di cadenza di tiro, radar migliorari al posto degli RTN-20X dei Dardo, (erano gli RTN-30X con maggiore portata e capacità anche di guida dei missili come gli Aspide), maggiore precisione e così via. Nel frattempo venivano messi in servizio importanti altri assetti, come i SAM Aspide (partendo praticamente dalla 'clonazione' dei Sea Sparrow e dei lanciatori Mk 29 ottupli), i missili antinave a lunghissima gittata OTOMAT (in collaborazione con la Francia), siluri e mine, nonché radar di scoperta, ECM, lanciatori di chaff e flare multiruolo (gli SCLAR, utilizzabili anche come sistemi d'artiglieria, se necessario, per razzi da 51 o 105 mm). Insomma, di tutto un pò, e con un notevole successo di export data la panoplia di armi e sensori disponibili. La motorizzazione, fino agli 'Audace' data da turbine a vapore, venne poi modificata nell'efficiente configurazione CODAG, con le turbine G.E. LM-2500, coprodotte dalla Fiat Avio, e i Diesel GMT per le andature di crociera, per ottimizzare l'autonomia e quando richiesto, la velocità massima, tanto che se i diesel esprimevano circa 10.000 hp, le turbine arrivavano a 50.000. Le fregate 'Lupo' furono le prime ad avere tutto questo armamentario, invero senza paragone per l'epoca: in uno scafo di poco oltre le 2.000 t vennero implementati il cannone da 127/54 mm, due CIWS Dardo da 40 mm a poppa, con in mezzo un hangar telescopico per ub AB.212ASW con capacità multiruolo (con sonar, radar di ricerca, sistemi di navigazione sofisticati, siluri e missili vari) e addirittura un lanciamissili Sea Sparrow appena dietro l'hangar, mentre sui fianchi della sofrastruttura erano piazzati anche 4 degli 8 lanciamissili OTOMAT da 180 km di gittata (grazie al turbogetto francese). La velocità era di 35 nodi al massimo della potenza, l'autonomia superava nondimeno le 4.000 miglia con i diesel, lo scafo aveva 14 compartimenti stagni per sopravvivere ai danni. Secondo alcuni si tratta, più che di una piccola fregata, dell'estrema evoluzione della motocannoniera missilistica. Quando entrarono in servizio attorno al 1977 erano effettivamente navi senza paragoni come completezza di sensori e armi, e vennero ordinate in 4 esemplari dalla MM e 14 da altre 3 nazioni. La loro evoluzione furono le 'Maestrale', più lente, con meno missili antinave ma il doppio dei siluri e degli elicotteri, nonché un sonar filabile. Erano più grosse e filavano ancora i 32 nodi per circa 3.000 t di dislocamento. La prima entrà in servizio nei primi anni '80, poi ne arrivarono altre 7 entro il 1985. Erano in sostanza la versione ASW delle 'Lupo', ma pur avendo notevoli capacità non sono state mai esportate.
 
Negli anni '70, in sostanza, vi erano, come navi moderne, i 2 incrociatori 'Doria', l'unico 'Vittorio Veneto (versione ingrandita dei precedenti, francamente poco soddisfacenti), due fregate 'Alpino' con capacità ASW (furono le prime navi italiane con elicottero a bordo, con un elicottero e 6 cannoni MM da 76 mm), due caccia 'Impavido' antiaerei e due 'Audace' assai migliorati, che come le 'Lupo' di qualche anno dopo, riuscivano ad 'incastrare' i lanciamissili Tartar Mk 13 nell'hangar che aveva anche due elicotteri AB.212ASW (mentre le costruzioni navali straniere avevano o gli elicotteri o i missili), una batteria di 4 pezzi da 76 a mezzanave e due cannoni da 127 mm OTO a prua, oltre a 4 lanciasiluri da 324 e 533 mm. In seguito avrebbero perso, alla fine degli anni '80 (ma entrarono in servizio attorno al 1973) i siluri pesanti e un pezzo da 127 acquisendo 8 OTOMAT e un lanciamissili Albatross con 24 Aspide (riuscendo inusitatamente ad ottenere un armamento ancora più pesante). L'apparato motore da 70.000 hp e passa, a vapore, consentiva attorno a 33 nodi di velocità. I 'De la penne' sarebbero stati la successiva evoluzione, restando coi pezzi da 76 mm, ma disposti diversamente (3 pezzi, uno sistemato in mezzo all'hangar e gli altri due sono a prua) per consentire un maggior campo di tiro (invero non molto buono). Inizialmente vi erano 3 pezzi da 40 mm Dardo nei progetti, ma poi è stato adottato il 'Super Rapido', apparso attorno alla metà degli anni '80, per il resto vi erano nuovi sistemi elettronici, e sopratutto un apparato CODAG come quello delle fregate missilistiche per 31 nodi.
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*Varie unità minori: trasporto acqua (per rifornire le isole), rifornimento fari, rimorchiatori etc.
 
Fanteria di marina:
*750 uomini del battaglione S.Marco (quelli operativi meno di 300)
*30 VCC-1, 24 LVTP-7, 16 mortai da 81 mm, 8 cannoni SR M40 da 106 mm, 6 sistemi MILAN
 
Personale: 36.650, oltre a 1.500 dell'aviazione navale (3 gruppi) e 750 del S.Marco, un centinaio del CONSUBIN.
 
La formazione dei marinai italiani avveniva all'accademia Navale per gli ufficiali, poi nelle navi scuola; i sottufficiali frequentavano invece le scuole di Taranto e di La Maddalena. Le basi principali erano relativamente poche, tra tutte probabilmente quella di Taranto era la più importante, come del resto lo era anche ai tempi dell'attacco inglese del 1940, essendo questa base avanzata, ne consegue che fosse sia molto esposta agli attacchi che molto adatta ad esercitare il contollo sul Mediterraneo.
 
 
Tra i programmi già figuravano le prime 4 corvette classe 'Minerva': MINERVA, DANAIDE, URANIA e SFINGE, già ordinate ai Cantieri Navali Riuniti, che ebbero anche il contratto per una prima nave da sbarco (che poi sarà seguita da un'altra a ruota, e una terza anni dopo) classe S.Marco, con la capacità di portare 400 uomini equipaggiati, 36 APC, 3 LCM (mezzi da sbarco a motore) nel bacino allagabile poppiero, 3 mezzi da sbarco LCVP per veicoli e personale sul ponte di coperta. La struttura è a isola sul lato dritto, quindi con una linea ininterrotta tra prua e poppa, anche se il settore centrale in pratica è occupato dalle strutture per gli LCVP. Il ponte sarebbe stato ampio a sufficienza per far atterrare anche i CH-47, ma attenzione, non esistono hangar sottostanti per poterli mantenere a lungo in azione sul mare.