Impresa sociale di comunità/Rapporti di lavoro: differenze tra le versioni

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{{Approfondimento|1='''''La dottrina''''' <br/>
In proposito, una parte della dottrina, applicando erroneamente un principio previsto in realtà per le sole organizzazioni di volontariato – ovvero quello secondo cui “la qualità di volontario è incompatibile con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di contenuto patrimoniale con l’organizzazione di cui (questi) fa parte” (art. 2, co. 3, l. n. 266 del 1991) – ha ritenuto che la l. n. 142 del 2001 non potesse applicarsi ai soci volontari di cooperative sociali. In realtà, come si accennava, il principio enunciato riguarda soltanto il rapporto esistente tra volontari e organizzazioni di volontariato e non quello tra soci volontari e cooperative sociali, ed è dunque scorretto estendere analogicamente a questi ultimi una norma espressamente dedicata ai primi. <br/>
Non solo: sul punto va altresì rilevato che la legge istitutiva delle cooperative sociali ([[s:L. 8 novembre 1991, n.381 - Disciplina delle cooperative sociali|l. n. 381 del 1991 ['''''link''''']]), all’art. 3, co. 3, si limita ad affermare che “ai soci volontari non si applicano i contratti collettivi e le norme di legge in materia di lavoro subordinato ed autonomo, ad eccezione delle norme in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali”. Sulla base di tale disposizione può dunque concludersi soltanto che al socio volontario non si applicano leggi e contratti collettivi in materia di lavoro autonomo e subordinato, ma non certo che il medesimo socio volontario non possa instaurare con la cooperativa sociale un rapporto ulteriore rispetto a quello associativo, avente ad oggetto la prestazione di un’attività lavorativa seppur svolta a titolo gratuito.
 
Non a caso, dunque, altra parte della dottrina (quella maggioritaria), ha affermato che la l. n. 142 del 2001 si applichi anche ai soci volontari di cooperative sociali, e ciò sulla base di varie considerazioni, oltre a quella appena indicata. Infatti, non solo la l. n. 381 del 1991 non esclude espressamente la possibilità per il socio volontario di instaurare con la cooperativa un rapporto di lavoro, ma sono poi alcune norme della medesima l. n. 142 del 2001 a corroborare la tesi della sua applicabilità anche ai soci volontari. Ci si riferisce, anzitutto, all’art. 1, co. 3 della l. n. 142 del 2001, all’interno del quale si afferma che ''il socio lavoratore, instaurando con la cooperativa l’ulteriore rapporto di lavoro, contribuisce al raggiungimento degli scopi sociali'': è del tutto evidente che il socio volontario, con il proprio lavoro gratuito, concorre in maniera assolutamente significativa al conseguimento delle finalità istituzionali dell’ente. Inoltre, e ragionando in questo caso ''a contrario'', può sostenersi (come è stato opportunamente fatto) che l’esclusione dell’attività lavorativa, pur gratuita, dei soci volontari dall’ambito di applicazione della l. n. 142 del 2001, dando vita ad una evidente disparità di trattamento tra le diverse categorie di soci, sarebbe dovuta essere oggetto di una deroga espressa, che invece non ha trovato posto nelle maglie della riforma.