Impresa sociale di comunità/Rapporto pubblico-privato: differenze tra le versioni

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All’interno della categoria dei servizi pubblici rientrano i ''servizi sociali'' la cui definizione è stata fornita per la prima volta dal decreto legislativo n. 112/1998 ('''''link''''')[[http://www.parlamento.it/leggi/deleghe/98112dl.htm]], attuativo della legge n. 59/1997, nota come legge Bassanini.
 
 
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In particolare a partire dagli anni ’80, i costi elevati del welfare state, l’inefficienza con cui il soggetto pubblico ha gestito le attività di servizio sociale, l’impatto della normativa comunitaria, unitamente alla nascita di nuovi bisogni che richiedono modalità di risposta flessibili e dinamiche che mal si conciliano con gli strumenti formali e burocratici della pubblica amministrazione, hanno determinato la ''necessità di riformare'' il sistema di erogazione di tali servizi ricorrendo in maniera sempre più frequente a procedure di affidamento a ''soggetti privati''.
 
Tuttavia, la svolta si è avuta solo con la legge n. 328/2000 ('''''link''''')[[http://www.senato.it/parlam/leggi/00328l.htm]], che ha riformato la disciplina dei servizi sociali puntando sulla necessità di creare un sistema integrato di interventi e servizi, rafforzando il ruolo dei privati non solo nell’offerta dei servizi stessi ma anche nella loro progettazione e programmazione. L’art. 1, co. 5 della legge n. 328/2000 prevede infatti che “alla gestione ed all’offerta dei servizi provvedono soggetti pubblici nonché, in qualità di ''soggetti attivi nella progettazione e nella realizzazione concertata degli interventi'', organismi non lucrativi di utilità sociale, organismi della cooperazione, organizzazioni di volontariato, associazioni ed enti di promozione sociale, fondazioni, enti di patronato ed altri soggetti privati”.<br/>
La legge, ponendo al centro del sistema il ''bisogno'', stabilisce che l’attribuzione della funzione sociale di progettazione, programmazione e soddisfazione del “benessere sociale” dovrà essere indirizzata verso quelle organizzazioni che saranno maggiormente in grado di rispondere in maniera adeguata alle situazioni di bisogno degli utenti.<br/>
Vi si desume un modo completamente nuovo di concepire il rapporto con i soggetti privati, che va al di là delle logiche formali e burocratiche che hanno caratterizzato, per diversi anni, le modalità di raccordo fondate su un modello “bipolare”, che vedeva il soggetto pubblico in una posizione di supremazia ed il privato in una posizione di mero destinatario. La legge quadro fonda infatti il sistema integrato di interventi e servizi sociali su un modello “multipolare” che coinvolge pubblico e privato in una posizione paritaria rispetto all’attuazione di attività d’interesse generale, secondo un sistema di responsabilità condivise.