Impresa sociale di comunità/Forme giuridiche: differenze tra le versioni
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=== Le forme organizzative disponibili e gli scopi ===
L’esercizio di un’impresa sociale, anche nella variante comunitaria, può essere condotto, alla luce delle norme vigenti, secondo almeno tre modelli organizzativi previsti dal codice civile: l’associazione, la fondazione
Il d. lgs. n. 155/2006 ['''''link'''''] consentirebbe altresì di impiegare la forma societaria non cooperativa, ma nell’ambito di un impianto normativo che da un lato si alimenta in misura cospicua proprio dall’armamentario organizzativo delle società lucrative, e dall’altro pone vincoli rilevanti nella gestione dell’impresa (ad esempio al finanziamento), senza assegnare congrui incentivi di tipo fiscale.
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L’associazione è descritta dalla disciplina codicistica come un ente a ''struttura corporativa'', dotato di un’assemblea, ove siedono i soggetti (soci) che hanno effettuato conferimenti iniziali, e che possono essere chiamati a versare ulteriori contributi durante il prosieguo; e di un organo amministrativo, composto secondo l’opinione dominante esclusivamente da soci, cui spetta il compito di gestire l’attività, nel caso di specie imprenditoriale. <br/>
Si tratta di un ente che può essere riconosciuto dall’Autorità Amministrativa a ciò deputata (dopo la riforma del 2000, la Regione), oppure no; nel primo caso occorre che l’atto costitutivo sia stipulato in forma pubblica notarile, e la domanda di riconoscimento deve essere svolta allegando i documenti previsti dall’art. 1 d.p.r. n. 361/2000, fra i quali la documentazione relativa alla dotazione patrimoniale iniziale.<br/>
L’Autorità Amministrativa svolge un controllo di mera legalità, e verifica la legittimità delle clausole dell’atto costitutivo, la possibilità e liceità dello scopo dichiarato,
Il riconoscimento presuppone poi, anche durante la vita dell’ente, ulteriori controlli pubblici, sempre di legittimità e mai di merito, in particolare in occasione delle modifiche dell’atto costitutivo.<br/>
Le associazioni non riconosciute sono regolate da poche scarne disposizioni (artt. 36 ss. codice civile), ma si ritiene che tale disciplina possa essere integrata dall’applicazione di parecchie delle norme dettate per le associazioni riconosciute.<br/>
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==== La fondazione ====
La fondazione è un ente che non può
Essa deve essere dotata di un organo amministrativo
Tanto le associazioni, riconosciute o meno, quanto le fondazioni, possono divenire intestatarie di beni, anche immobili.<br/>
La legge non definisce lo scopo dell’associazione, così come quello della fondazione: esso tuttavia ''non può in ogni caso essere lucrativo''. Pertanto, anche al fine di rispettare le disposizioni di natura fiscale di cui all’art. 10 d. lgs. n. 460/1997 ('''''link'''''), è necessario che lo statuto contenga espressamente una ''clausola di non distribuzione dell’utile'' o di qualsiasi avanzo di gestione, il quale deve comunque essere accantonato e destinato al raggiungimento dello scopo tipico.<br/>
È opportuno tenere presente che il già visto d. lgs. n. 460/1997 (il c. d. "decreto Onlus") ['''''link'''''] vieta la distribuzione di utili o la divisione del fondo comune anche “in via indiretta”, ad esempio attraverso l’attribuzione di una remunerazione eccessiva ai membri dell’organo di amministrazione, oppure tramite la cessione di beni o la prestazione di servizi ai membri a condizioni inadeguate. Similmente prescrive del resto l’art. 3 d. lgs. n. 155/2006 ('''''link''''').<br/>
Anche in caso di scioglimento e di liquidazione, il residuo non può comunque essere attribuito ai soci: esso deve piuttosto essere devoluto secondo quanto previsto dall’art. 31 del codice civile ad altro ente avente analoga finalità. Analogamente dispone del resto l’art. 10 d. lgs. n. 460/1997 (c.d. legge Onlus), che impone anche l’adozione di una specifica clausola statutaria.<br/>
In caso di recesso od esclusione di un associato pure non è possibile alcuna liquidazione della quota allo stesso (art. 24 codice civile).<br/>
Poiché un’opinione minoritaria ritiene che lo statuto possa derogare a tali divieti di liquidazione, nelle sole associazioni che non siano riconosciute
Sembra opportuno che lo statuto dell’associazione
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=== L'insolvenza dell'impresa sociale e le conseguenze ===
Associazioni, riconosciute o meno, e fondazioni, qualora divengano insolventi
Secondo un’opinione occorrerebbe altresì, in applicazione analogica dell’art. 2201 c.c., che l’attività d’impresa costituisca l’oggetto almeno prevalente dell’ente; tale condizione, tuttavia, per le imprese sociali è in genere normalmente rispettata.<br/>
Occorre
Al di sotto di tali soglie ''non può essere dichiarato il fallimento'', ma nemmeno applicata una qualsiasi procedura concorsuale esdebitativa, per cui l’ente, incapace di adempiere, sarà comunque esposto alle iniziative esecutive dei singoli creditori, i quali possono aggredirne ed espropriarne i singoli beni, anche essenziali per l’espletamento dell’impresa.<br/>
Nel caso di un’associazione non riconosciuta, la giurisprudenza reputa che il fallimento della stessa possa essere esteso ai singoli associati od amministratori, i quali ai sensi dell’art. 38 c.c.
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=== La rendicontazione contabile e sociale ===
Le cooperative, che sono società di capitali, sono sottoposte a tutte le norme relative ai bilanci delle s.p.a. o delle s.r.l., a seconda della “variante” prescelta. <br/>
Quanto invece ad associazioni e fondazioni, la legge non impone l’adozione di documenti contabili, se non delle ''scritture contabili'' (libro giornale e libro degli inventari) previsti dagli artt. 2214 ss. c.c. per qualsiasi imprenditore commerciale non piccolo.<br/>
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=== La selezione degli stakeholder: l'ammissione e l'esclusione dei soci ===
Un primo modo per coinvolgere gli stakeholder nella gestione dell’impresa sociale potrebbe essere costituito
==== Le associazioni ====
Nelle associazioni i requisiti necessari per poter diventare soci devono essere fissati dallo statuto, secondo le indicazioni riportate nel seguente riquadro.
{{in_pratica|1='''''Indicazioni per la redazione dello statuto in merito all’ammissione ed esclusione dei soci'''''<br/>▼
▲'''''Indicazioni per la redazione dello statuto in merito all’ammissione ed esclusione dei soci'''''<br/>
*Nello statuto si potrebbero individuare, ad esempio, i caratteri degli stakeholder interessati.
*Si ritiene che l’aspirante associato, in possesso dei requisiti statutari, non abbia un vero e proprio diritto a vedere accolta la propria domanda di ammissione; ciononostante, poiché il rispetto dei requisiti per l’accesso alla compagine è percepito come garanzia di democraticità e di rispetto da parte dell’organizzazione dei principi che si è data, sembra opportuno che lo statuto individui la ''possibilità di un ricorso'' ad un organo sovraordinato a quello amministrativo, l’assemblea (come sancisce l’art. 9 d. lgs. n. 155/2006), oppure un comitato, creato specificamente ad hoc, o più generalmente incaricato del controllo sul rispetto delle finalità dell’ente, ove potrebbero risiedere le personalità di spicco, anche dal punto di vista etico, dell’organizzazione.
*L’esclusione deve essere necessariamente deliberata dall’assemblea, e soltanto per gravi motivi (art. 24 c.c.); è opportuno che lo statuto individui come causa di esclusione la ''perdita dei requisiti'' che hanno determinato l’ammissione nella compagine. In particolare tale previsione potrebbe essere molto utile, al fine di evitare che si generino situazioni conflittuali permanenti, nei casi in cui l’interesse a partecipare all’organizzazione possa venire meno
*Sembra opportuno che lo statuto prescriva comunque il previo ricorso all’assemblea, come “filtro” per l’accesso alla tutela giudiziaria, rendendo il provvedimento di esclusione non efficace sino a che lo stesso non sia confermato dall’assemblea; il diritto dell’escluso di ricorrere all’assemblea è del resto previsto dall’art. 9 d. lgs. n. 155/2006.
*Non è da escludersi, anche se la materia è assai discussa, che i soci siano distinti in diverse categorie, ciascuna dotata di diritti e doveri particolari e differenti: ad esempio ai soci fondatori potrebbe essere riconosciuta la facoltà di partecipare all’assemblea senza obbligo di fare versamenti ulteriori nel corso della vita dell’ente, ed al limite anche poteri di nomina di una quota minoritaria degli amministratori (anche se la validità di tale clausola potrebbe essere contestata, sulla base del c.d. principio di eguaglianza e democraticità nelle associazioni); ai soci “volontari” potrebbe invece essere riconosciuta la partecipazione all’organo assembleare, senza obbligo di effettuare versamenti, ma soltanto di prestare la propria opera. Non è da escludere poi, anche se vi sono discussioni sul punto, che si possano ulteriormente “graduare” i poteri in assemblea, così come i contributi da versare, a seconda dell’appartenenza ad una specifica categoria.
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==== Le fondazioni ====
Nelle fondazioni difetta come tale un organo assembleare, anche se la prassi
==== Le cooperative ====
Nelle cooperative l’ammissione di nuovi soci è deliberata per legge (art. 2528 c.c.) dagli amministratori, ma gli aspiranti soci cui sia respinta la domanda di ammissione possono far ricorso all’assemblea. La legge non dice
Gli amministratori comunque
L’esclusione può essere deliberata dall’organo amministrativo o dall’assemblea, se lo statuto lo prevede, ma soltanto nei casi previsti dall’art. 2533 c.c., fra i quali la legge individua espressamente la perdita dei requisiti per l’ammissione.
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{{in_pratica|1=È importante
▲È importante però che lo statuto precisi se l’assemblea separata esprima semplicemente l’assenso di una categoria ad una certa decisione, oppure se costituisca il luogo ove si pronunzia una parte dei soci (ad esempio appartenenti ad una certa zona, al fine di favorire la loro partecipazione alle decisioni); soltanto nel secondo caso dovrebbe essere garantito anche ai soci che hanno partecipato all’assemblea separata di partecipare comunque all’assemblea generale, e diviene opportuno fissare altresì il criterio di ponderazione fra i voti espressi nel consesso speciale e in quello generale.}}
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